lunedì 20 luglio 2015

Società - Politica / Tra le nuove sfide del futuro: governare il disordine

20 luglio '15 - lunedì              20th July / Monday                      visione post - 20

(da la Repubblica - 23 /05 /2015  - LettereCommenti&Idee / Thomas L. Friedman)
Governare il disordine, la sfida dei nuovi leader
Per essere una campagna elettorale iniziata con largo anticipo, è sorprendente che la
maggior parte dei candidati  abbia  così poca voglia di affrontare i temi più caldi del mo-
mento, tanto meno quelli che si prospettano in futuro. Hillary Clinton non prende posizio-
ne in modo chiaro su due importanti questioni  che lei stessa  ha contribuito a negoziare
da Segretario di stato: l'accordo di libero scambio transPacifico e l'accordo nucleare con
l'Iran. La campagna di Jeb Bush sembra impantanata sul fatto di decidere se egli è o non 
è il custode di suo fratello.  Marco Rubio era favorevole  a una riforma  ad ampio raggio
dell'immigrazione, poi ha cambiato idea e ora è contrario.  E  se i senatori   Rand Paul  e 
Bernie Sanders sono motivati da chiare ideologie, per il momento gli altri candidati mani-
festano un'ambizione a voler diventare presidente molto più persuasiva delle motivazioni
per le quali dovrebbero diventarlo.
Le cose non potranno andare avanti così. Per rendersene conto è sufficiente ascoltare i ti-
toli dei notiziari: ci troviamo nel bel mezzo di alcune enormi flessioni perturbatrici nell'am-
bito della tecnologia, del mercato del lavoro e della geopolitica che solleveranno questioni scottanti sul futuro del contratto del lavoro e del contratto sociale tra i governi  e i loro im-
piegati e tra i datori di lavoro e i lavoratori. Questi problemi esploderanno tutti durante la prossima presidenza.  -  Quali ne sono i segni premonitori? Beh, per adesso il mio candida-
to preferito  al titolo di autore  del miglior incipit  di un articolo di informazione  quest'anno 
è Tom Goodwin, dirigente di Havas Media, il cui intervento del 3 marzo su Techcrunch.com
iniziava così: "Uber, la più grande compagnia di taxi al mondo, non possiede vetture, Face-
book, proprietario del social network più popolare del mondo, non crea contenuti. Alibaba,
il rivenditore più efficace al mondo, non ha beni inventariati. E Airbnb, il più grosso fornito-
tre al mondo di soluzioni ricettive, non possiede alcun bene immobiliare reale. Stiamo assi-
stendo a qualcosa di molto interessante".
Questo è poco ma sicuro. Ci troviamo all'inizio di una trasformazione molto significativa 
di ciò che vale la pena possedere. Le aziende di cui parlavamo hanno in comune una cosa: 
tutte hanno creato piattaforme fiduciarie nelle quali l'offerta incontra la domanda per og-
getti e servizi che nessuno  aveva pensato in precedenza  di mettere a disposizione - una 
camera da letto in più nella propria casa, un posto a bordo della propria auto, un contatto 
commerciale tra un piccolo negoziante del Nord Dakota e un piccolo artigiano in Cina; op-
pure sono tutte piattaforme comportamentali  che hanno generato  come sottoprodotto in-
formazioni di altissimo valore  per i rivenditori al dettaglio  o  i pubblicitari, o ancora sono 
tutte piattaforme  comportamentali nelle quali la gente comune può farsi un nome - per co-
me guida, per come ospita qualcuno o per qualsiasi altra competenza si possa immaginare
- per poi offrirsi al mercato su scala globale.
Tutto ciò nasce dalla crescita esponenziale dell'informatica - dalla potenza alla possibilità
di archiviare e fare rete, a quella di generare  e  far interagire sensori e software - che ci
consente sia di raccogliere enormi quantità di dati sia di applicare a questi ultimi program-
mi software in grado di evidenziarne gli schemi a una velocità e con una portata finore sco-
nosciute. Tutto ciò sta rendendo meno complicate molte cose, come chiamare un taxi, pre-
notare una stanza a casa di qualcuno a Timbuctu, comprare verdura fresca, imparare  da
chiunque e ovunque a disegnare un pezzo di aeroplano da produrre con una stampante 3D
in una sola settimana invece che in sei mesi. Ogni complessità sta per emanciparsi.
Un recente studio dell'Oxford Martin School è giunto alla conclusione che negli Stati Uni-
ti entro i prossimi vent'anni il 47 per cento dei posti di lavoro corre un rischio molto alto
di essere sostituito da macchine e software intelligenti. La cosa più singolare, fa notare
James Manyika, direttore del Mckinsey Global Institute  e  coautore di  No Ordinary Di-
sruption, è che contrariamente a quanto  si potrebbe supporre  da questo punto di vista
corrono maggiori rischi i lavoratori della conoscenza che occupano i vertici e le posizio-
ni intermedie, rispetto a chi svolge il lavoro fisico vero e proprio. Per generare oltre tre-
mila comunicati finanziari al trimestre, per esempio, l'Associated Press  adesso  utilizza
computer, non più giornalisti. Questo processo da un lato può affrancare i lavoratori  e
far sì che si occupino di mansioni più creative, per svolgere le quali dall'altro lato devo-
no essere formati.  -  In geopolitica sussistono grandi contarpposizioni di potere, ma lo
spartiacque più rilevante  nel mondo di oggi  non è più quello  tra Oriente e Occidente, 
capitalisti e comunisti: sempre più spesso sarà quello tra Mondo dell'ordine e Mondo 
del Disordine, a mano a mano che le pressioni di natura ambientale, settaria ed econo-
mica faranno piazza pulita di stati deboli e falliti. Tutti i giorni, ormai, leggiamo sui quo-
tidiani di chi fugge dal Mondo del Disordine verso il Mondo dell'Ordine.   -  I rohingya,
un gruppo composto per lo più da musulmani, stanno cercando  di raggiungere Talilan-
dia e Malesia dal Myanmar e dal Bangladesh; africani e arabi fanno di tutto per guada-
re il Mediterraneo e raggiungere l'Europa; dall'America centrale alcuni genitori hanno
mandato negli Stati Uniti migliaia di loro figli. La settimana scorsa il Washington Post
ha reso noto che il governo di Israele ha iniziato a spedire una lettera ai 45mila profu-
ghi eritrei e sudanesi - arrivati in Israele a piedi, con mezzi di fortuna o via mare, alla
ricerca di ordine e lavoro - per comunicare loro che hanno un mese di tempo a disposi-
zione per accettare 3.500 dollari in contanti e un biglietto di sola andata per rimpatria-
re o trasferirsi in un non ben identificato paese terzo in Africa, perchè in caso contra-
rio potranno finire in carcere. L'anno scorso l'agenzia delle Nazioni Unite per i profughi
e i rifugiati ha comunicato che in tutto il globo si contano più sfollati - 50 milioni circa - 
di quanti ce ne siano mai stati dalla Seconda guerra mondiale in poi.
Il guaio è che non sappiamo proprio che cosa fare. Un tempo, per controllare molti di
questi paesi nei quali regna il disordine facevamo affidamento su imperi, colonizzatori
e dittatori, ma ormai viviamo in un'era post-imperialista, post colonialista e in qualche
caso perfino post-dittatoriale. Nessuno vuole occuparsi delle zone nelle quali il disordi-
ne permea ogni cosa, perchè tutto ciò che se ne ha in cambio è un conto da pagare. Per
di più, la maggior parte di questi paesi è del tutto incapace  di autogovernarsi in modo
democratico. Chi assumerà dunque il controllo di queste aree? E se la risposta fosse 
"nessuno"? Questa sarà iuna delle più serie sfide di leadership del prossimo decennio.
In conclusione, volendo parafrasare Trotskij ancora una volta, possiamo dire che i no-
stri candidati preferiti alla presidenza forse non sono ancora interessati a parlare seria-
mente di futuro, ma il futuro sarà interessato a interloquire con loro. 
(Traduzione di Anna Bissanti - 2015 The New York Times)

Lucianone..

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