mercoledì 1 luglio 2015

Economia Europea / Idee recuperate - Cambiamo i trattati UE

1 luglio '15 - mercoledì             1st July / Wednesday                  visione post - 17

(da 'la Repubblica' - 27 settembre 2013 - Luciano Gallino)

Poco prima delle elezioni, una nota rivista tedesca di studi politici ha pubblicato un articolo
intitolato "Quattro anni di Merkel, quattro anni di crisi europea". L'autore, Andreas Fisahn,
non si riferiva  affatto  al rinnovo  ch'era ormai certo  del mandato alla Cancelliera, bensì al 
precedente periodo 2010-2013, in cui l'austerità imposta da Berlino tramite Angela Merkel 
ha rovinato i paesi Ue. Ma la sua diagnosi ci porta a dire che  la riconferma  di quest'ultima
assicura che senza mutamenti di rilievo  nelle politiche dell'Unione  il prossimo quadriennio
potrebbe essere anche peggio.
Sui guasti pan-europei delle politiche di austerità  come ricetta  per risolvere la crisi, in 
nome della stabilità dei bilanci pubblici, non ci possono essere dubbi. I disoccupati nella
Ue hanno superato i 25 milioni, di cui oltre 19 nella sola zona euro, e 4 in Italia. La com-
pressione dei salari e dei diritti dei lavoratori  ha creato  decine di milioni  di lavoratori 
poveri, a cominciare dalla Germania dove i salari reali, caso unico in Europa, sono ogg
i inferiori a quelli del 2000. 
Quasi ovunque  sono stati brutalmente  tagliati  i trattamenti pensionistici - da noi ne san-
no qualcosa gli esodati, ma  non soltanto loro - insieme  con i fondi  per l'istruzione, la sa-
nità, i trasporti pubblici.   Paesi  quali la Grecia  e  il Portogallo sono stati  letteralmente 
strangolati dalle prescrizioni della troika venuta dal Nord, senza che esse  abbiano mini-
mamente giovato ai loro bilanci. In tutta la Ue i comuni devono fronteggiare difficoltà di 
bilancio mai viste per continuare ad assicurare i servizi locali ai residenti.
Codesti risultati delle politiche di austerità, imposte alla fine dalla Germania, dovrebbero
bastare per concludere che è necessario cambiare strada. Per contro i governi europei in-
sistono sul sentiero battuto, a riprova del fatto che gli dèi fanno prima uscire di senno co-
loro che vogliono abbattere. La loro persistenza nell'errore ha preso sempre più forma di
misure autoritarie, ideate e avallate da Berlino, Francoforte e Bruxelles. Hanno stanziato quattromila miliardi per salvare le banche, di cui oltre duemila impiegati soltanto nel 2008-
2010, ma se i cittadini provano a dire che con 500 euro di pensione o 800 di cassa integra-
zione non si vive li mettono a tacere con cipiglio affermando che i tagli è l'Europa a chie-
derli. Come si legge in un altro articolo della stessa rivista citata sopra (firmata da H. - J.
Urban), l'autoritarismo dei governi Ue trova un solido alimento nella retorica in tema di
sorveglianza e disciplina finanziaria della Bce. La quale parla, nei suoi documenti ufficia-
li, di "processi di comando permanente"; "regole rigorose e vincolanti di disciplina poli-
tico-fiscale"; "credibilità ottenuta tramite sanzioni"; "sorveglianza rafforzata sui bilanci
pubblici", nonchè di "robusti meccanismi di correzione" (leggasi pesanti sanzioni) che do-
vrebbero scattare in modo automatico. Giusto quelli che nei giorni scorsi han messo in fi-
brillazione il nostro governo, perchè forse il bilancio dello Stato ha superato il fatidico li-
mite del 3 per cento sul Pil di un decimo di punto percentuale. 
Allo scopo di contrastare sia le politiche dissennate che pretendono di curare la crisi ri-
correndo alle stesse dottrine che l'hanno causata, sia il crescente autoritarismo con cui 
i governi Ue le impongono sotto la sferza costruita da Berlino  ma brandita  ogni giorno
dalla troika di Bruxelles (che in realtà è un quartetto, poichè molte  delle sue  più  aspre
prescrizioni sono elaborate dal Consiglio europeo, di cui fanno parte i capi di Stato e di
governo dei paesi Ue), esiste una sola strada: la riforma dei trattati Ue, ovvero dei trat-
tati di Maastricht, Lisbona ecc. oggi ricompresi nella versione consolidata che compren-
de le norme di funzionamento dell'Unione. I trattati particolari che ne sono discesi, fino
all'ultimo dissennato "Patto fiscale", che se fosse mai rispettato, assicurerebbe all'Ita-
lia una o due generazioni di miseria, hanno come base il Trattato Ue, per cui da questo
bisognerebbe partire.
Tra le revisioni principali da apportare al Trattato (alcune delle quali sono prospettate anche da
Fishan, l'autore citato all'inizio; ma articoli e libri  che avanzanoa proposte a tale scopo, in quel
tanto di pensiero critico che sopravvive in Europa, sono dozzine) la prima sarebbe di attribuire
al Parlamento Europeo dei poteri reali, laddove oggi chi elabora i veri atti di governo è un orga-
no del tutto irresponsabile, non eletto da nessuno, quale è la Commissione europea. Lo statuto
della Bce dovrebbe includere la facoltà , sia pure a certe condizioni, di prestare denaro direttta-
mente ai governi, rimuovendo l'assurdità per cui è l'unica banca centrale del mondo cui è vietato
di farlo. Inoltre, esso dovrebbe porre accanto alla stabilità dei prezzi, quale finalità primaria delle
sue azioni, un vincolo miope imposto a suo tempo dalla Germania  che non ha ancora elaborato 
il lutto per l'inflazione del 1923, lo scopo di promuovere la piena occupazione. Dovrebbe altresì
prevedere, la revisione del trattato Ue, una graduale riforma radicale del sistema finanziario euro-
peo volta a ridurre i suoi difetti strutturali, cioè l'eccesso di dimensioni, complessità, opacità (il si-
stema bancario ombra pesa nella Ue quanto il totale degli attivi delle banche), di facoltà di creare
denaro dal nulla mediante il debito; laddove nella versione attuale il Trattato si preoccupa soprat-
tutto di liberalizzare ogni aspetto del sistema stesso, con i risultati disastrosi  che si sono visti  
dal 2008 in avanti: in special modo in Germania. A fronte di tale indispensabile riforma, gli inter-
venti in atto o in gestazione, tipo il Servizio europeo di vigilanza bancaria o l'unione bancaria so-
no palliativi da commedia di Molière. Infine l'intero trattato  dovrebbe essere riveduto  in modo 
da prevedere modalità concrete di partecipazione democratica dei cittadini a diversi livelli di de-
cisione, dai comuni ai massimi organi di governo dell'Unione. Come diceva Hannah Arendt, senza
tale partecipazione la democrazia non è niente.
So bene che a questo punto chi legge sta pensando che tutto ciò + impossibile. Stante la situazione
politica attuale, nel nostro paese come in altri e specialmente ion Germania, non ho dubbi al riguar-
do. Ma forse si potrebbe cominciare a discuterne. Ci sarebbe un politico italiano volonteroso e ca-
pace di avviare simile discussione? Anche perchè l'alternativa è quella di continuare a discutere per
altri venti o trent'anni, intanto che il paese crolla, di come fare a ridurre il deficit di un decimo dell'un
per cento.

Lucianone


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