25 settembre '21 - sabato 25th September / Saturday visone post - 6
(da la Repubblica - 15 settembre '21 - di Luca Fraioli / Gran Sasso)
L'agonia del Gran Sasso: l'Appennino perde
il suo unico ghiacciao
il suo unico ghiacciao
Lezione di clima a 2600 metri d'altezza. Sullo sfondo niente lavagna o diapositive, ma ciò che resta
di un ex ghiacciaio condannato a morte dal riscaldamento globale. Oltre 100 tra studenti universitari,
ricercatori, docenti e rettori si sono arrampicati fin sotto la vetta del Gran Sasso per toccare con mano
l'ultimo ghiaccio del Calderone, quello che una volta poteva vantare il titolo di ghiacciaio più a sud
d'Europa. Nel 2007 è stato declassato a "glacionevato" e oggi appare come una macchia di neve
sporca sul fondo della conca di roccia, incastrata tra le vette del Corno Grande e del Corno Piccolo.
"E pensare", spiega nella sua lezione ad alta quota Massimo Frezzotti, presidente del Comitato
Glaciologico Italiano, "che all'inizio del secolo scorso il ghiaccio riempiva tutto il Calderone. Anzi
secondo alcune testimonianze in alcune occasioni tracimava e lasciava cadere acqua e frammenti
di ghiaccio sul versante teramano del Gran Sasso". Un colosso gelato alto decine di metri che si è
fuso in poco più di un secolo. Con un processo che ora sta persino accelerando. "I nostri dati, ed
è notizia di qualche giorno fa, dicono che si è ridotto del 65% negli ultimi 25 anni", conferma
Masimo Pecci, anche lui del comitato Glaciologico Italiano, che ha dedicato gli studi di una vita
all'ormai ex ghiacciaio del Calderone.
"La prima volta ci sono salito 40 anni fa. Le volte successive ci ho camminato sopra con i rampo-
ni, ci ho sciato. E si vedevano chiaramente le strutture tipiche di un ghiacciaio: il fronte, la lingua.
Ora è irriconoscibile", racconta Simone Gozzano, alpinista, filosofo e prorettore dell' Università
dell'Aquila, unodegli atenei abruzzesi, insieme al Gran Sasso Science Institute, l'Università di Te-
ramo, l'Università d'Annunzio di Chieti-pescara, padroni di casa in questa iniziativa.
Ma Climbing for Climate nascein realtà a Brescia. E' infatti l'Università lombarda ad averla ideata
con una visita all'Adamello nel 2019. "Due anni fa abbiamo pensato di cambiare le modalità che usavamo per comunicare l'urgenza della crisi climatica: i convegni non bastavano più. Se i retto-
ri facendo anche un pò di fatica vanno a vedere e fanno vedere quello che sta succedendo forse
l'effetto è migliore, ci siamo detti. E a giudicare dalla giornata di oggi sul Gran Sasso direi che ha
funzionato", dice soddisfatto Maurizio Tira, docente di ingegneria ambientale e rettore dell'Uni-
versità di Brescia. Climbing for Climate è stata subito adattata dalla Rete delle Università per lo
Sviluppo sostenibile (Rus), che raccoglie una ottantina di atenei particolarmente sensibili al tema.
"Iniziative come questa contribuiscono non solo alla costruzione di una comunità consapevole,
ma anche al rafforzamento delle relazioni tra atenei che vivono e hanno un impatto rilevante sui
territori", spiega Patrizia Lombardi, presidente della Rus e vice-rettrice del Politecnico di Torino.
Organizzata nell'anno in cui il nostro Paese ha assunto la Presidenza del G20 e la copresidenza
di COP26, questa terza edizione del Climbing for Climate rappresenta un tassello importante
nella promozione del 2021 come anno dell'ambizione climatica. E contribuisce a valorizzare
l'impegno degli atenei italiani nel perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'A-
genda 2030 dell'Onu. Oggi anche l'Anvur ha incluso questi temi tra i criteri di valutazione del-
le università".
"In effetti", aggiunge Eugenio Coccia, rettore del Gran Sasso Science Institute, "le università
sono un avamposto della sostenibilità, non solo ambientale ma anche sociale, un luogo dove
si sensibilizzano gli studenti e i cittadini. E se oggi siamo qui a oltre 2000 metri è per essere
più convinti noi e più convincenti con loro". - "Certo, è un atto simbolico, ma comunque si-
gnificativo: toccare con mano quel che resta del ghiacciaio più a sud d'Europa", interviene il
rettore dell'Università di Teramo Dino Mastrocola. - "Tuttavia, aldilà dei gesti dimostrativi,
per le università è ormai un imperativo occuparsi di sostenibilità e lotta ai cambiamenti cli-
matici. Noi a Teramo, negli ultimi tre anni abbiamo varato cinque corsi di laurea che nel no-
me hanno la parola sostenibilità". - "In generale, le università italiane stanno lavorando mol-l
tissimo", conferma Tira. "E' stato appena istituito un dottorato di ricerca nazionale, con un
centinaio di borse e l'adesione di 31 atenei. E a fine agosto è arrivato dal ministero un finan-
ziamento di circa 220 milioni complessivi per posizioni di ricercatori, con il vincolo però che
si concentrino soprattutto su tematiche green. E ci sono 1,4 miliardi di euro per l'edilizia uni-
versitaria, che naturalmente sarà un'edilizia sostenibile. Ma come università abbiamo abbia-
mo anche fatto raccolta differenziata, piantato alberi, distribuito borracce per ridurre il consu-
mo di plastica". Dunque, anche guardando questi studenti arrivati fin quassù, è ottimista sul-
l'emergenza climatica? Il mondo accademico contribuirà a trovare le soluzioni? "Ottimista se
guardo ai giovani. Realista se osservo fenomeni ormai irreversibili. Come questo ghiacciaio
che non c'è più".
Lucianone
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