martedì 22 settembre 2020

AMBIENTE / Come si sono dimezzati i ghiacciai - Intervista allo scienziato Marco Giardino

 22 settembre '20 - martedì                         22nd September / Tuesday                  visione post - 7

(da l'ExtraTerrestre-manifesto - 27 agosto '20 - Mauro Ravarino)

"Così i ghiacciai si sono dimezzati"

L'essere la sentinella del cambiamento climatico investe i ghiacciai di un ruolo fondamentale nella comprensione dello stato di salute del pianeta. Ci svelano rischi e scenari futuri e ci possono aiuta-
re a prendere le misure per evitare effetti devastanti sugli ecosistemi.
Marco Giardino, docente di geografia fisica e geomorfologia all'Università di Torino, nonchè segre-
tario del Comitato Glaciologico Italiano, l'organismo più autorevole in materia, è uno degli scienzia-
ti al seguito della Carovana dei ghiacciai in viaggio sulle nostre Alpi.  
 - Professor Giardino, qual è il contributo del Comitato Glaciologico Italiano alla Carovana, promos-
sa da Legambiente?
- Mettiamo a disposizione metodologie di studio per avvicinarsi all'ambiente glaciale e misurare gli
effetti el cambiamento climatico. E tutto ciò lo dimostriamo sul campo, nelle varie tappe della Caro-
vana. Poi condividiamo un patrimonio scientifico che il Comitato, fondato nel 1985, sin dal 1914
aggiorna annualmente stilando un resoconto sullo stato dei ghiacciai italiani. Un archivio fra i più 
ricchi al mondo che testimonia un trend duraturo di riduzione glaciale. Ora, è utile divulgarlo alla
popolazione, anche per dare riconoscimento e nuovo sostegno al prezioso lavoro su base volonta-
ria degli operatori glaciologici.
 - Qual è complessivamente lo stato dei ghiacciai alpini? Quanto si sono accelerati in questi ultimi
anni i cambiamenti dovuti all'innalzamento delle temperature?
- Vivono uno stato di netta riduzione rispetto alla massima espansione  storica registrata a metà 
Ottocento, con una rapida accelerazione della contrazione negli ultimi decenni. Misurando l'arre-
tramento delle fronti del ghiacciaio  tracciamo  il cambiamento climatico  dell'ultimo secolo. Che
non è lineare. Ci sono state pulsazioni positive negli anni Venti e Settanta del Novecento prima
del più recente rapido collasso dei ghiacciai. L'aumento della velocità del cambiamento è la no-
stra preoccupazione. Se i ghiacciai delle Alpi occidentali intorno al 1850 si estendevano per 390
chilometri quadrati, una superficie poco più grande del Lago di Garda, oggi si sono praticamen-
te dimezzati. La velocità della riduzione è aumentata in modo esponenziale negli ultimi dieci an-
ni. Il ghiacciaio del Gran Paradiso ha avuto nell'ultimo anno un regresso di lotre 300 metri della
fronte e questo significa un vero e proprio collasso.
 - Avete presentato i primi risultati sul Miage e sul ghiacciaio del Monte Rosa. Cosa dicono?
- La superficie del ghiacciaio del Miage che scende dal Monte Bianco, dagli anni Novanta a oggi,
è sprofondata di circa trenta metri nel suo settore frontale. Quasi un metro l'anno. Rispetto all'ini-
zio del secolo scorso, la copertura detritica ne ha cambiato le caratteristiche della superficie, fa-
cendolo classificare da ghiacciaio bianco a nero. La mancanza di sostegno della massa glaciale
ha causato l'abbassamento della morena laterale destra in alcuni punti di oltre sei metri. Le mi-
sure effettuate sul Miage  durante la prima tappa della Carovana dei ghiacciai  sono particolar-
mente importanti perchè trasformano la percezione del cambiamento di questo ghiacciaio in da-
ti concreti e misurati , una condizione indispensabile per intervenire in modo efficace nella mi-
tigazione dei rischi.  Ma ogni ghiacciaio  si comporta  in modo diverso: per quanto riguarda il
ghiacciaio di Indren sul Monte Rosa non abbiamo, per esempio, potuto effettuare la misura del-
la fronte perchè coperta di neve e questo significa che il ghiacciaio ha cambiato il suo compor-
tamento. Normalmente la neve si conserva soprattutto nella parte superiore del ghiacciaio, ora
le valanghe ne percorrono tutta la superficie facendo diventare più consistente l'accumulo fron-
tale, e nel contempo la temperatura elevata  accelera  la fusione a monte.  I nostri operatori  ci
hanno segnalato, inoltre, che sul ghiacciaio i crepacci sono disposti in modo sempre più caoti-
co non solo longitudinali o trasversali, ma anche curvi, e questo significa che la massa è priva
di tensione e sta collassando.
 - Come avviene in sintesi il monitoraggio di un ghiacciaio?
- Ne abbiamo due tipologie. Sin dal 1914 il monitoraggio annuale della fronte del ghiacciaio
avviene dal confronto tra un segnale posto dagli operatori del Comitato Glaciologico e la po-
sizione effettiva del ghiacciaio, con strumenti semplici come rotelle metriche, distanziometri,
teodolite, Gps. Un altro tipo di misurazione più tecnologica avviene attraverso laser scanner,
per ricostruire modelli tridimensionali  della fronte glaciale  e  interpretarne gli spostamenti 
con precisione centimetrica. Sul sito web del Comitato sono liberamente accessibili e scari-
cabili i dati delle campagne glaciologiche annuali, che contribuiscono ad aggiornare il World
Glacier Inventory promosso dall' Unesco.
 - Quali sono gli interventi di mitigazione possibili per ridurre gli effetti del surriscaldamento
sui ghiacciai?
- Come scienziati definiamo lo stato dell'ambiente e possiamo suggerire misure di adattamenti,
ma la mitigazione dipende dal sistema economico e politico e da come questo sviluppa tecno-
logie e interventi. Noi, però, possiamo quantificare  le risorse  di un ghiacciaio, come l'acqua
messa a disposizione, e delinearne  gli scenari di utilizzo  tramite proiezioni; in questo modo 
possiamo contribuire a formulare politiche di adattamento, per l'uso della risorsa idrica come
per il turismo ad alta quota. Uno studio dell'Arpa Valle d'Aosta sul Lys (un bacino glaciale del
onte Rosa), stima che circa il 60% del deflusso totale annuale derivi dalla fusione nivale, fino
al 20% dalla fusione glaciale e che il resto sia generato dalle precipitazioni estive. Con misure
precise e diffuse sui bacini glaciali si potrebbe pianificare meglio l'uso idrico delle diverse val-
li alpine.
 - Come docente dell'Università di Torino, partecipa al progetto Ue ArcticHubs per la sostenibi-
lità dell'Artico, rappresentando i casi di studio sulla geodiversità alpina e sui servizi alle comu-
nità locali. Quale relazione esiste tra lo stato delle Alpi e quello dell'Artico?
- Le due situazioni sono legate  sia dalla fragilità dell'ambiente di fronte alle pressioni antropiche
 e al cambiamento climatico, sia dalla necessità di mitigare i conflitti che ne possono derivare. 
Diciassette istituzioni provenienti dai territori artici hanno considerato utile il confronto con una
ragione alpina, in particolare quella del Monte Rosa, in cui la popolazione da lungo tempo ha ma-
turato un atteggiamento attento e consapevole rispetto ai cambiamenti climatici. Dopo una precisa analisi delle componenti ambientali e delle possibili trasformazioni nell'uso del territorio, nelle Al-
pi come in Artico, è necessario dare vita  a un sistema pubblico partecipato  in cui la popolazione,
le imprese e le istituzioni diventino attori ella mitigazione. Proprio durante la Carovana dei ghiac-
ciai promossa da Legambiente abbiamo verificato sul territorio alpino che il dialogo fra le parti è
vivo e favorisce il raggiungimento degli obiettivi del progetto ArcticHubs.

I ghiacciaio dell'Aletsch (Svizzera), il più esteso delle Alpi

Lucianone

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