Nord Italia - coronavirus
Inizio di epidemia da coronavirus in Lombardia e Veneto
I casi sono 47 in Lombardia e 15 in Veneto / Primi casi di positivi a Torino e Milano
Un caso anche a Roma / Due le vittime / 64 per ora i contagiati
Le vittime sono un uomo a Schiavonia (Veneto) e una donna a Casalpusterlengo (Lombardia,
Lodi). Si scopre che il presunto paziente zero di Codogno (Lodi) non ha mai avuto il virus.
Si estende il coronavirus in Italia che, al momento, è il primo Paese europeo per numero di casi positivi al Covid-19: sono 64, quasi tutti al nord Italia. Due le vittime: ieri l'uomo deceduto in Veneto, oggi una donna. Si chiamava Giovanna Carminati e aveva 77 anni. È stata trovata morta nella sua villetta a Casalpusterlengo, nel Lodigiano, ed è risultata positiva al coronavirus nel tampone fatto post-mortem. L'anziana, che si era recata all'ospedale di Codogno nei giorni scorsi - lo stesso in cui era stato il 38enne di Codogno indicato come "paziente 1" - aveva altre patologie e quindi, come ha spiegato l'assessore al Welfare Giulio Gallera, si attende l'esito dell'autopsia per conoscere l'esatta causa della morte. Certo è che aveva contratto il coronavirus. E' stata già seppellita. Il sindaco del paese Elia Delmiglio ha spiegato che la sepoltura è avvenuta in tempi tanto celeri per "motivi igienico-sanitari".
Paesi in isolamento, chiuse scuole, uffici, tribunali e università. In chiesa stop al segno di pace con la stretta della mano. Sale la preoccupazione tra i cittadini, invitati a rimanere a casa nelle aree interessate. Quanto al presunto "paziente zero", il manager di ritorno dalla Cina, si è scoperto che non ha mail avuto il coronavirus. Dai test effettuati sull'amico del 38enne di Codogno (il paziente 1) che era stato a cena con lui dopo esser tornato dalla Cina, "è emerso che non ha sviluppato gli anticorpi", ha spiegato in serata il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri. "L'uomo era già risultato negativo al primo test per il coronavirus. Dunque, non è partita da lui la diffusione del virus nel lodigiano.
E' una mappa che si sta definendo di ora in ora e che porta sempre allo stesso posto, in maniera diretta o indiretta: l'ospedale di Codogno. E a un arco temporale preciso: tra il 18 e il 19 febbraio. Perché è qui e in quelle ore che, dicono tutte le prime evidenze, si crea il link tra le persone che in Lombardia, a oggi, risultano contagiate dal coronavirus e che, al momento, non hanno invece collegamenti con i casi del Veneto. "Abbiamo la conferma che l'area del basso lodigiano è centro di un focolaio. Possiamo dirlo in maniera abbastanza certa, tutte le situazioni di positività hanno avuto contatti nei giorni 18 e 19 con il pronto soccorso e l'ospedale di Codogno. Tutti i 39 casi hanno avuto a che fare con quel territorio, o per rapporti personali o per contatti con ospedali. E' tutto riferibile a quel territorio", dice l'assessore Gallera, a meno di 40 ore dal momento in cui, nella notte tra giovedì e venerdì, si sa con certezza che in Italia c'è un primo contagiato da coronavirus, un uomo di 38 anni di Codogno ricoverato da due giorni in quell'ospedale. Ma come si è sviluppato il contagio? Proviamo a ricostruirlo insieme.
E' un manager italiano, un 28enne di Fiorenzuola d'Arda, nel Piacentino, che lavora per gran parte dell'anno in Cina. Torna in Italia il 21 gennaio e nei giorni successivi - per tre volte - incontra il suo amico, il 38enne di Codogno a cena e al pub con altre persone, l'ultima volta è il 4 febbraio. Intorno al 10 febbraio, racconterà poi, ha qualche linea di febbre, di cui non si preoccupa. Giovedì notte, quando il suo amico è già diventato il primo contagiato italiano da coronavirus, le autorità sanitarie suonano a casa sua, gli spiegano la situazione e lo portano subito all'ospedale Sacco di Milano. Il tampone dà un risultato negativo, gli esperti spiegano che se il virus è stato preso in una forma leggera potrebbe non risultare, o potrebbe averlo preso ed essere guarito nel frattempo. "Ma dai test effettuati è emerso che non ha sviluppato gli anticorpi", quindi non ha mai avuto il coronavirus. Lo ha detto ai cronisti il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri.Il test viene fatto anche a tutti i suoi parenti: suo cognato risulta positivo.
Reggio Emilia - terremoto
A Correggio (reggio Emilia) scossa di terremoto: magnitudo 3,4
Nel primo pomeriggio, a 6 chilometri di profondità.
Bologna
In una scuola del bolognese un tredicenne indossa maglietta
che inneggia a Hitler: sei in condotta.
Al ragazzo anche il compito di fare una ricerca sulla Costituzione..Il padre vuole
denunciare l'istituto contro il provvedimento.
Ogni anno per il torneo di pallavolo della scuola gli alunni si scelgono la maglietta con nome e numero. Ma quando è arrivato dalla stamperia il pacco e l'insegnante ha visto la t-shirt con il nome "Adolf" e il numero 32, riferimento all'anno prima delle elezioni in Germania che portarono al successo del partito nazista, non ci voleva credere. Quel giorno lo studente era assente. Ma subito la scuola si è mossa. E dopo aver cercato di capire le motivazioni del ragazzo, che 13 anni, ha deciso di dare un segnale: 6 in condotta. Accompagnato dall'obbligo di studiare la Costituzione e l'apologia di fascismo. Come ha reagito la famiglia? Minacciando una denuncia contro il provvedimento.
L'episodio è accaduto in una scuola media della provincia di Bologna all'indomani del Giorno della Memoria. "Il ragazzino non si è giustificato, ha scelto quella maglietta per ridere - racconta la dirigente - gli abbiamo spiegato che su certe cose non si scherza, la gravità della sua azione. Non lo abbiamo punito, ma accompagnato in una riflessione, cercato di far crescere: è il compito educativo della scuola".
Egitto - Patrick Zaky
Prima udienza per Patrick Zaky: "Sono innocente" / Ma resta in carcere altri 15 giorni
A Mansura, 120 chilometri a Nord delCairo, Gaser Abdel Razek, presidente di Eipr:
"Siamo qui per portarlo a casa, siamo speranzosi".
SONO innocente. Conosco la legge e se fossi stato a conoscenza di qualsiasi illegalità non sarei tornato. Non capisco perché sono stato arrestato. Sono cristiano e avrei anche potuto chiedere asilo in Italia, ma non ho voluto". Così Patrick Zaky nel giorno della sua prima udienza davanti al giudice, al procuratore e ai due diplomatici presenti in rappresentanza dell'Italia e dell'Ue. Ma le parole del giovane non sono bastate. Il procuratore di Mansura, 120 chilometri a Nord del Cairo, ha deciso di lasciarlo in carcere per altri 15 giorni. Allo scadere dei quali le accuse contro di lui - diffusione di informazioni dannose per lo stato, propaganda sovversiva - potrebbero essere discusse e il giovane potrebbe avere la possibilità di difendersi. Oppure la detenzione potrebbe essere rinnovata fino a 200 giorni.
Patrick è apparso forte di fronte ai giudici: ha i capelli corti, gli sono stati tagliati in carcere senza spiegazione, un'infezione a un occhio e qualche diffcoltà a respirare a causa del sovraffollamento della cella. Ma ha potuto ricevere medicine dalla sua famiglia e il procuratore ha promesso ai familiari un accesso più lungo.
Lucianone
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