27 novbembre '18 - martedì 27th November / Tuesday visione post - 8
(da 'il manifesto' - 30 ottobre '18 - Roberto Livi)
Tremano le vene dell'America Latina
La netta vittoria di Jair Bolsonaro mette in pericolo 30 anni di democrazia in Brasile
Un candidato neo fascista sale al potere non grazie alla forza delle armi ma a un consen-
so popolare basato su un pericolosissimo cocktail. Da un lato un (falso) populismo nazio-
nalista e antisistema, dall'altro l'appoggio della corrente più integralista dell'evangelismo
americano, scatenato in una guerra senza quartiere a Sodoma e Gomorra.
Non è solo il Brasile che trema. Bolsonaro sarà il presidente di estrema destra in una re-
gione dove di recente gli elettori hanno scelto leader conservatori o di destra in paesi co-
me Argentina, Cile, Paraguay, Perù e Colombia. Il Cono sud dell'America latina corre
il pericolo di precipitare - se non ai tempi orribili dell'Operazione Condor condotta dal-
le dittature militari di Pinochet e Videla - nella tenaglia di un blocco autoritario, neoli-
berista e subordinato alla politica imperiale degli Usa ai tempi di Trump.
Le conseguenze non tarderanno a farsi sentire per il Venezuela bolivariano, che vede al-
le sue frontiere due governi di destra (Colombia) ed estrema destra (Brasile) pronti ad
appoggiare un eventuale azione militare "umanitaria" degli Stati Uniti. E per Cuba che
torna a subire una politica da guerra fredda da parte dell'Amministrazione di super fal-
chi di Donald Trump. - Fernando Haddad, il candidato sconfitto del partito dei lavora-
tori (Pt) lo ha detto chiaramente e con coraggio nel suo intervento dopo i risultati finali
delle presidenziali: il Brasile popolare deve prepararsi a un periodo di resistenza e di
lotta per la democrazia. Non si tratta di difendere un partito o una parte della sinistra
ma di organizzare un vasto movimento popolare per la difesa della libertà di espressio-
ne e di organizzazione popolare e della vita democratica. Nel gigante sudamericano vi
sono molti movimentio popolari e di lotta sociale, dai Senza terra ai Senza tetto, dagli.
ecologisti alle femministe-. Tutti sono ora in pericolo. "O se ne vanno fuori dal paese
o vanno in galera", è la ricetta promossa da Bolsonaro. Il suo programma di sicurez-
za fa tremare le vene: pene più severe e riduzione dell'età (a 16 anni) per essere re-
sponsabili penalmente, armi per tutti e licenza d'uccidere per le forze dell'ordine, che
già hanno un triste primato continentale. Secondo il Forum Brasileiro de Seguranca
Pùblica, tenuto conto delle proporzioni tra le popolazioni, la polizia brasiliana uccide
19 volte di più di quella statunitense. A Bolsonaro però va bene così perchè "un poli-
ziotto che non uccide non è un poliziotto".
Il nuovo presidente ha promesso mano dura anche contro le riserve degli indios e le
aree di conservazione dell'Amazzonia, le principali barriere di contenimento alla de-
vastazione della più grande foresta tropicale e polmone verde del mondo. "Non avran-
no nemmeno un centimetro di terra". Il ministero dell'Ambiente sarà incorporato a
quello dell'Agricoltura che - parola di Bolsonaro - agirà in consonanza col "settore
produttivo". Ovvero lascerà "mano libera" all'agrobusiness, ai pascoli delle grandi
fazendas, ai latifondisti della soja, alle attività minerarie e ai grileiros, potenti locali
che si impadroniscono delle terre pubbliche a colpi di pistola. E che poi le disbosca-
no selvaggiamente.
Il "fenomeno" Bolsonaro - un parlamentare semisconosciuto che in 28 anni non è
riuscito a far approvare un solo progetto di legge e che vede il suo partito passare
da un pugno di parlamentari a 53 deputati - non si può spiegare senza l'appoggio
dei poteri forti militari, economici e finanziari e dei maggiori mass media.
Perchè le classi dominanti si sono sbilanciate a favore di una sorta di psicopatico
come Bolsonaro, il cui prossimo governo, come afferma l'analista Xosè Hermida,
promette una società polarizzata e "con licenza di odisre"? Come osserva Gram-
sci nei Quaderni, in situazione di "crisi organica", quando si produce una rottura
nell'articolazione esistente tra le classi dominanti e i loro rappresentanti politici e
intellettuali, la bporghesia e i suoi alleati si sbarazzano dei loro portavoce tradizio-
li e cercano una figura provvidenziale che permetta di affrontare le sfide del mo-
mento. - In questo caso le classi dominanti brasiliane si propongono di portare a
compimento il "golpe" attuato due anni fa con Temer e che l'attuale presidente -
e i suoi alleati conservatori - non sono stati in grado di assicurare: mettere un pun-
to finale all'"eredità" dei governi del Pt. E iniziare un'epoca di neoliberismo con
un presidente malleabile, che si affida in materia economic a un Chicago boy col
tu rbo, Paulo Guedes, con una sola filosofia: privatizzare e privatizzare.
Di recente un noto commentatore "liberal" ha affermato che in questa fase i nemi-
ci della democrazia in America latina rischiano di essere i giudici (che in Brasile
hanno messo in galera Lula) e non i generali. E che in questa situazione rappresen-
ta un progresso per il sub-continente. L'elezione di Bolsonaro è una solenne smentita.
Lucianone
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martedì 27 novembre 2018
Società / Italia - RIACE: Mimmo Lucano e le ragioni profonde di chi lo avversa
27 novembre '18 - lunedì 27th November / Monday visione post - 11
(da 'il manifesto' - 25 ottobre '18 - Vincenzo Romania)
E' un errore credere che Mimmo Lucano costituisca un problema solo per Salvini,
o solo per gli intolleranti. Così come è limitante soffermarsi sulla liceità dei rilievi critici
mossi alle sue decisioni da amministratore del Comune e dello Sprar di Riace.
Il dispositivo legale che lo allontana dalla sua comunità svela piuttosto la materia del
vulnus democratico: la lotta simbolica che fa da perno all'alleanza - non più implicita e
certamente inopportuna - fra varie forme di potere, nazionali e locali.
Mimmo Lucano dà fastidio non soltanto perchè ospita dei rifugiati, facendoli lavorare
per il bene proprio e quello del suo Comune. Dà fastidio anche e soprattutto perchè af-
ferma la possibilità si un modello partecipativo al bene comune, reale ed efficace. Un
esempio, quasi unico in Calabria, di privati che collaborano al bene pubblico, senza
subire intermediazioni mafiose. Una forma di ristrutturazione delle architetture della
convivenza che contrasta con gli aridi calanchi, i prati bruciati e gli scheletri di opere
abusive che s'incontrano percorrendo la strada statale 106 jonica verso Riace e vol-
gendo gli occhi al mare. Ma anche con quella religiosità popolare, estaticamente di-
sperata, che a settembre celebra i santi Cosimo e Damiano, protettori di Riace. E che
ricorda piuttosto le teorie di quel Tommaso Campanella che secoli prima scappò dal-
la vicina Stilo, quando il potere religioso e quello politico lo perseguirono a causa del-
la sua concezione utopica. - Chi, come chi scrive, ha vissuto in quelle terre sa come
l'esempio di Mimmo Lucano contrasti nettamente con il modello sociale su cui si ba-
sano le ndrine e su cui si basa il successo della Lega anche in Calabria. Entrambi si
avvalgono di un modello atomizzato di spazio pubblico, privatizzato fino all'osso,
che impedisce la costituzione di legami sociali solidi alternativi. Uno scheletro di go-
vernance federalista di piccoli poteri ,locali connessi, che arrogano a sè il controllo
degli affari pubblici. Un modello che trova opposizioni e resilienze non solo a Riace,
ma anche nella vicina Roccella Jonica, dove il tessuto associativo ha reso più appeti-
bile la vita culturale e civica. A Gioiosa Jonica, dove lo Sprar ha fatto, al pari di Ria-
ce, un ottimo lavoro negli ultimi anni. O in tutte quelle aree della Locride ove gli at-
tori del terzo settore e quelli del mondo religioso si sono alleati per contrastare l'ar-
retramento civico e sociale delle comunità e hanno provato a usare i beni confisca-
ti alle mafie per finalità educative e sociali. Con tutte le difficoltà del caso.
Ma c'è ancora troppa gente che odia Mimmo Lucano, anche fra i suoi conterranei.
Chi commenta con ironico disprezzo le sue vicende sui social media. Chi cela il pro-
prio disprezzo dietro le paure per 'un pericolo nero', irrilevante rispetto a quel pe-
ricolo mafioso che per tanti anni hanno tollerato. O subito.. Sono animati, i suoi
detrattori, da un mix di rancore storico per un abbandono reale delle infrastruttu-
re e dei servizi (dal ponte sull'Allaro, alle ferrovie, all'ospedale di Locri) e da una
rassegnazione fatalistica, che guarda con invidia e quasi fastidio a tutto ciò che
non vi si adatta. Un kafkiano "tanto peggio tanto meglio", ormai troppo aduso al-
le architetture spoglie delle case mai terminate che ingombrano il cielo, per riusci-
re a guardare con speranza all'orizzonte prossimo.
Mimmo Lucano può far bene alla rifondazione civile della Locride, tanto quanto
ha fatto del bene alle persone che ha accolto. Il suo esempio rinnova in questa ter-
ra quei valori di accoglienza ereditati dalla Magna Grecia e mai del tutto smarriti.
Spero pertanto che vi resti a lungo, e che la sua piccola Città del Sole restituisca
un pò di vista all cecità istituzionale e civica di chi lo contrasta .
(Sociologia, Università di Padova)
Lucianone
(da 'il manifesto' - 25 ottobre '18 - Vincenzo Romania)
E' un errore credere che Mimmo Lucano costituisca un problema solo per Salvini,
o solo per gli intolleranti. Così come è limitante soffermarsi sulla liceità dei rilievi critici
mossi alle sue decisioni da amministratore del Comune e dello Sprar di Riace.
Il dispositivo legale che lo allontana dalla sua comunità svela piuttosto la materia del
vulnus democratico: la lotta simbolica che fa da perno all'alleanza - non più implicita e
certamente inopportuna - fra varie forme di potere, nazionali e locali.
Mimmo Lucano dà fastidio non soltanto perchè ospita dei rifugiati, facendoli lavorare
per il bene proprio e quello del suo Comune. Dà fastidio anche e soprattutto perchè af-
ferma la possibilità si un modello partecipativo al bene comune, reale ed efficace. Un
esempio, quasi unico in Calabria, di privati che collaborano al bene pubblico, senza
subire intermediazioni mafiose. Una forma di ristrutturazione delle architetture della
convivenza che contrasta con gli aridi calanchi, i prati bruciati e gli scheletri di opere
abusive che s'incontrano percorrendo la strada statale 106 jonica verso Riace e vol-
gendo gli occhi al mare. Ma anche con quella religiosità popolare, estaticamente di-
sperata, che a settembre celebra i santi Cosimo e Damiano, protettori di Riace. E che
ricorda piuttosto le teorie di quel Tommaso Campanella che secoli prima scappò dal-
la vicina Stilo, quando il potere religioso e quello politico lo perseguirono a causa del-
la sua concezione utopica. - Chi, come chi scrive, ha vissuto in quelle terre sa come
l'esempio di Mimmo Lucano contrasti nettamente con il modello sociale su cui si ba-
sano le ndrine e su cui si basa il successo della Lega anche in Calabria. Entrambi si
avvalgono di un modello atomizzato di spazio pubblico, privatizzato fino all'osso,
che impedisce la costituzione di legami sociali solidi alternativi. Uno scheletro di go-
vernance federalista di piccoli poteri ,locali connessi, che arrogano a sè il controllo
degli affari pubblici. Un modello che trova opposizioni e resilienze non solo a Riace,
ma anche nella vicina Roccella Jonica, dove il tessuto associativo ha reso più appeti-
bile la vita culturale e civica. A Gioiosa Jonica, dove lo Sprar ha fatto, al pari di Ria-
ce, un ottimo lavoro negli ultimi anni. O in tutte quelle aree della Locride ove gli at-
tori del terzo settore e quelli del mondo religioso si sono alleati per contrastare l'ar-
retramento civico e sociale delle comunità e hanno provato a usare i beni confisca-
ti alle mafie per finalità educative e sociali. Con tutte le difficoltà del caso.
Ma c'è ancora troppa gente che odia Mimmo Lucano, anche fra i suoi conterranei.
Chi commenta con ironico disprezzo le sue vicende sui social media. Chi cela il pro-
prio disprezzo dietro le paure per 'un pericolo nero', irrilevante rispetto a quel pe-
ricolo mafioso che per tanti anni hanno tollerato. O subito.. Sono animati, i suoi
detrattori, da un mix di rancore storico per un abbandono reale delle infrastruttu-
re e dei servizi (dal ponte sull'Allaro, alle ferrovie, all'ospedale di Locri) e da una
rassegnazione fatalistica, che guarda con invidia e quasi fastidio a tutto ciò che
non vi si adatta. Un kafkiano "tanto peggio tanto meglio", ormai troppo aduso al-
le architetture spoglie delle case mai terminate che ingombrano il cielo, per riusci-
re a guardare con speranza all'orizzonte prossimo.
Mimmo Lucano può far bene alla rifondazione civile della Locride, tanto quanto
ha fatto del bene alle persone che ha accolto. Il suo esempio rinnova in questa ter-
ra quei valori di accoglienza ereditati dalla Magna Grecia e mai del tutto smarriti.
Spero pertanto che vi resti a lungo, e che la sua piccola Città del Sole restituisca
un pò di vista all cecità istituzionale e civica di chi lo contrasta .
(Sociologia, Università di Padova)
Lucianone
sabato 24 novembre 2018
Ultime notizie - dall'italia e dal Mondo / Latest news
24 novembre '18 - sabato 24th December / Saturday visione post - 9
PARIGI
Gilet gialli, scontri sugli Champs-Elysées: lancio di lacrimogeni e
guerriglia a Parigi
Soltanto quando cala la sera, dopo le 19, la polizia riesce a liberare gli Champs-Elysees. Restano le luminarie appena accese per Natale, tutte rosse come i fuochi che ancora divampano sulla «avenue più bella del mondo», devastata da 8 ore di guerriglia. «Grazie alle forze dell’ordine, vergogna per chi le ha aggredite», ha tuonato Macron. Sfila via tristemente, in secondo piano, la stragrande maggioranza di gilet gialli arrivati dalla campagna, dalla Francia dimenticata. Cercavano giustizia fiscale e potere d’acquisto, hanno trovato i lacrimogeni e gli idranti.
PARIGI
Gilet gialli, scontri sugli Champs-Elysées: lancio di lacrimogeni e
guerriglia a Parigi
Soltanto quando cala la sera, dopo le 19, la polizia riesce a liberare gli Champs-Elysees. Restano le luminarie appena accese per Natale, tutte rosse come i fuochi che ancora divampano sulla «avenue più bella del mondo», devastata da 8 ore di guerriglia. «Grazie alle forze dell’ordine, vergogna per chi le ha aggredite», ha tuonato Macron. Sfila via tristemente, in secondo piano, la stragrande maggioranza di gilet gialli arrivati dalla campagna, dalla Francia dimenticata. Cercavano giustizia fiscale e potere d’acquisto, hanno trovato i lacrimogeni e gli idranti.
Le donne, i pensionati, i lavoratori delle campagne, danno appuntamento al «terzo atto, sabato prossimo». Ma ci credono in pochi, oggi erano 106.000 in tutta la Francia contro i 280.000 di una settimana fa. A Parigi, a ferro e fuoco per tutta la giornata, erano soltanto in 8 mila. I casseur, i black bloc, un centinaio di estremisti di destra sono stati i protagonisti della giornata. «C’è il freddo e la pioggia, la stanchezza dopo una settimana di blocchi stradali. E per molti di noi anche la difficoltà di trovare i soldi per venire a Parigi», ha detto uno dei manifestanti, un signore di mezza età arrivato dal sud della Francia e alla sua prima manifestazione di protesta.
Le ragioni di gilet gialli sono passate in secondo piano per una giornata. Si temeva che la giornata sarebbe stata difficile, gli Champs-Elysees e la Concorde erano stati vietati, la prefettura aveva autorizzato i manifestanti a riunirsi nella grande spianata di Champ de Mars, più controllabile e lontana dai luoghi nevralgici del potere, l’Eliseo, l’Assemblea nazionale, l’ambasciata americana. Tutto è diventato subito surreale: prima delle 10 i gilet gialli erano già sugli Champs-Elysees, con la polizia che è arretrata a protezione dello sbocco sulla Concorde. La piazza e la zona dell’Eliseo sono diventati in breve due bunker, mentre un drappello di un centinaio di casseur pronti a tutto ha dato fuoco alle polveri.
Scontri e cariche della polizia, in breve la celebre avenue è stata avvolta dal fumo dei lacrimogeni. Lo scenario evidenziava una spaccatura fra una parte degli Champs Elysees in guerra, con i passamontagna neri e intenta a spaccare panche e addirittura fare a pezzi il selciato per costruirsi sassi da lanciare agli agenti. L’altra pacifica e in attesa degli eventi, che si limitava a cori contro Macron e che arrivava in molti casi a simpatizzare con la polizia.
ROMA
Cortei e manifestazioni: di donne e studenti / Un'alleanza contro Salvini
A migliaia hanno partecipato alla manifestazione contro la violenza sulle donne
a Roma. In piazza anche molti giovani, gli stessi che hanno partecipato alle
proteste delle scorse settimane. A unire le due proteste è lo stesso nemico: la
società delineata dalla Lega.
Scontri e cariche della polizia, in breve la celebre avenue è stata avvolta dal fumo dei lacrimogeni. Lo scenario evidenziava una spaccatura fra una parte degli Champs Elysees in guerra, con i passamontagna neri e intenta a spaccare panche e addirittura fare a pezzi il selciato per costruirsi sassi da lanciare agli agenti. L’altra pacifica e in attesa degli eventi, che si limitava a cori contro Macron e che arrivava in molti casi a simpatizzare con la polizia.
Il pomeriggio è trascorso fra incendi di auto, distruzione di tutto l’arredo urbano, sedie dei ristoranti, tavolini, materiale degli innumerevoli cantieri lasciati aperti e disponibili ai teppisti. Molte le vetrine dei negozi di lusso degli Champs-Elysees che sono andate in frantumi, alcuni punti vendita di grandi marche di lusso sono stati saccheggiati e svuotati. I feriti sono stati una ventina, fra i quali 4 poliziotti. I fermati 130 in tutta la Francia, 42 a Parigi ma in serata la situazione era ancora bollente, nonostante l’evacuazione degli Champs-Elysees.
ROMA
Cortei e manifestazioni: di donne e studenti / Un'alleanza contro Salvini
A migliaia hanno partecipato alla manifestazione contro la violenza sulle donne
a Roma. In piazza anche molti giovani, gli stessi che hanno partecipato alle
proteste delle scorse settimane. A unire le due proteste è lo stesso nemico: la
società delineata dalla Lega.
«Odio la Legaaaa...», canta la parte giovane del corteo. «Odio la Legaaaa...» cantano dopo un istante tutte e tutti senza distinzioni di età. Era uno dei cori delle due piazze degli studenti, è lo stesso che si sente in questo pomeriggio in cui a sfilare per le strade di Roma sono le donne ma anche tanti studenti uniti dallo stesso obiettivo e dagli stessi nemici: Matteo Salvini, i politici della Lega e l'Italia che stanno provando a creare.
Sono migliaia di persone, arrivate come ogni anno per manifestare contro la violenza sulle donne da tutte le regioni d'Italia. Stavolta però oltre agli slogan di protesta contro i femminicidi da parte di compagni, mariti o ex che non accennano a calare, c'è anche altro.
Lucianone
«Non abbiamo mai avuto governi amici, figuriamoci oggi!» avvertono dal carro dell'organizzazione all'inizio del corteo. Dietro quel «figuriamoci oggi» ci sono sei mesi di carezze continue all'Italia cattolica, maschilista e conservatrice con proclami e annunci di epocali riforme tutte sulle spalle delle donne, dal ddl Pillon alle città antiaborto a partire da Verona.
Ci sono state altre occasioni per farsi sentire nelle scorse settimane ma la manifestazione del 24 novembre organizzata dal movimento «Non una di meno» diventa la platea nazionale da cui far arrivare la propria voce.
«La notte ci piace, vogliamo uscire in pace. Ci piace anche il giorno, levatevi di torno» scandiscono.
«La notte ci piace, vogliamo uscire in pace. Ci piace anche il giorno, levatevi di torno» scandiscono.
Oppure: «Salvini, sessista: sei il primo della lista!»
Ancora: «Donne alla riscossa, Salvini nella fossa!»
«Vogliamo pillole, non Pillon!» Lucianone
venerdì 23 novembre 2018
SPORT - calcio / Serie B - 12^ giornata 2018/19
23 novembre '18 - venerdì 23rd November / Friday visione post - 8
Risultati e classifica
Perugia 2 Ascoli 2 Carpi 2 Cremonese 1 Salernitana 1
Crotone 1 Padova 3 Benevento 2 Livorno 0 Spezia 0
Cosenza 2 Brescia 4 Cittadella 3 Palermo 3
Lecce 3 Verona 2 Venezia 2 Pescara 0
PALERMO 24 / Pescara 22 / Salernitana 20 / Lecce, Cittadella19 /
H. Verona, Brescia 18 / Benevento, Perugia 17 / Spezia 16 / Cremonese, Ascoli 15 /
Venezia, Crotone 12 / Padova 11 / Cosenza 8 / Foggia, Carpi 7 / Livorno 5
Lucianone
Risultati e classifica
Perugia 2 Ascoli 2 Carpi 2 Cremonese 1 Salernitana 1
Crotone 1 Padova 3 Benevento 2 Livorno 0 Spezia 0
Cosenza 2 Brescia 4 Cittadella 3 Palermo 3
Lecce 3 Verona 2 Venezia 2 Pescara 0
PALERMO 24 / Pescara 22 / Salernitana 20 / Lecce, Cittadella19 /
H. Verona, Brescia 18 / Benevento, Perugia 17 / Spezia 16 / Cremonese, Ascoli 15 /
Venezia, Crotone 12 / Padova 11 / Cosenza 8 / Foggia, Carpi 7 / Livorno 5
Lucianone
giovedì 15 novembre 2018
Personaggio - Il cantante Aviv Geffen, idolo israeliano contro il governo
15 novembre '18 - giovedì 15th November /Thursday visione post - 9
(da la Repubblica - 26 gennaio '18 - Alberto Stabile / Beirut)
Aviv Geffen contro Avigdor Lieberman. La stella del rock israeliano contro il ministro
della Difesa. La creatività a volte sfrontata che ammicca alla sinistra contro il conformi-
smo nazionalista preoccupato di conservare il potere. Più distanti di così non potrebbe-
ro essere. Ma a metterli l'uno di fronte all'altro è stata la poesia che il padre del cantan-
te, il poeta Yehonatan Geffen, ha composto per Ahed Tamimi, la sedicenne palestinese
diventata un'icona della lotta contro l'occupazione, incarcerata e messa sotto processo
per aver schiaffeggiato un soldato israeliano. - Nella sua lirica, Geffen padre paragona
Ahed ad Anna Frank (oltre che alla poetessa israeliana di origine ungherese Hanna Sze-
nes, considerata un'eroina nazionale, e a Giovanna D'Arco). Apriti cielo. Per Lieberman
quel confronto con Anna Frank è blasfemo e allora ordina immediatamente che Yehona-
tan Geffen venga bandito dalla radio militare. Il poeta che ha osato tanto non dovrà più
essere intervistato, nè le sue canzoni (anche Yehonatan è un apprezzato autore di musi-
ca) dovranno più essere trasmesse.
Ovviamente non finisce qui. La prima a contrattaccare è la figlia del poeta, l'attrice e a
sua volta poetessa, Shira Geffen che interviene con una sua poesia in difesa del padre.
Poi, scende in campo Aviv, il mito rock di un'intera generazione di giovani israeliani
cresciuti ascoltando le sue canzoni che parlavano di amore e di suicidio, di pace, di
politica e di vita militare, i temi ricorrenti nell'esistenza di una gioventù alla quale
vengono imposti molti sacrifici che ai giovani di altri paesi non vengono chiesti.
"The moonlight children", i ragazzi del chiaro di luna, come li avev a battezzati Aviv,
lo avrebbero seguito ovunque, quel folletto che si presentava al suo pubblico avvolto
in costumi luccicanti di lustrini (un pò alla Renato Zero) e con gli occhi cerchiati di
rimmel. - Ma qui, nella sua risposta a Lieberman in difesa della libertà di espressio-
ne Aviv è serio e tagliente. Per cominciare, ricorda al ministro della Difesa di chi è
figlio ("mio padre èstato un ufficiale dei paracadutisti", in israele considerato il cor-
po d'elite per antonomasia) e soprattutto di chi è nipote. Una sorella di Moshè Dayan,
è infatti la sua nonna materna. "In famiglia abbiamo avuto un ministro della Difesa -
dice Aviv - che sapeva guardare da lontano alla sicurezza d'israele, nonostante aves-
se un occhio soltanto". Un ministro che prevalse sui paesi arabi e venne considerato
un eroe. "Lei invece è un eroe soltanto a parole". Per concludere che finchè Lieber-
man sarà ministro della Difesa, "Anyeh (Ismail, il leader di Hamas, ndr) e i versi di
mio padre potranno stare tranquilli". Parole che sicuramente Lieberman non gradi-
rà. Ma che mettono in luce la spaccatura profonda che percorre la società israelia-
na in questi anni segnati dal dominio della destra nazionalista e religiosa.
Aviv <geffen appartien ad un altro mondo, inconciliabilmente lontano da quello di
Lieberman e di molti ministri del governo Netanyahu. Nella esperienza formativa
di Aviv c'è sicuramente la sua partecipazione alla grande manifestazione di soste-
gno al processo di pace che si tenne a Piazza del Re d'Israele, oggi rinominata Piaz-
za Yitzhak Rabin, a Tel Aviv, il 4 novembre del 1995. Davanti ad un mare di gente,
il popolo della pace, Aviv cantò una sua canzone, "Livkot lekhà" (Piangere per te).
C'era anche Ytzhak Rabin quella sera fra le personalità schierate a favore del ne-
goziato, anzi la manifestazione era per lui e per Shimon Peres. Quella sera stessa,
lasciando la piazza, Rabin venne ucciso da Ygal Amir. Solo dopo si seppe che Aviv
aceca scritto quella canzone presentendo e temendo la fine di Rabin.
Il procuratore generale, Mendelblit ha deliberato che Lieberman non ha l'autorità
per emanare gli ordini emessi contro Yehoanatan Geffen.
Lucianone
(da la Repubblica - 26 gennaio '18 - Alberto Stabile / Beirut)
Aviv Geffen contro Avigdor Lieberman. La stella del rock israeliano contro il ministro
della Difesa. La creatività a volte sfrontata che ammicca alla sinistra contro il conformi-
smo nazionalista preoccupato di conservare il potere. Più distanti di così non potrebbe-
ro essere. Ma a metterli l'uno di fronte all'altro è stata la poesia che il padre del cantan-
te, il poeta Yehonatan Geffen, ha composto per Ahed Tamimi, la sedicenne palestinese
diventata un'icona della lotta contro l'occupazione, incarcerata e messa sotto processo
per aver schiaffeggiato un soldato israeliano. - Nella sua lirica, Geffen padre paragona
Ahed ad Anna Frank (oltre che alla poetessa israeliana di origine ungherese Hanna Sze-
nes, considerata un'eroina nazionale, e a Giovanna D'Arco). Apriti cielo. Per Lieberman
quel confronto con Anna Frank è blasfemo e allora ordina immediatamente che Yehona-
tan Geffen venga bandito dalla radio militare. Il poeta che ha osato tanto non dovrà più
essere intervistato, nè le sue canzoni (anche Yehonatan è un apprezzato autore di musi-
ca) dovranno più essere trasmesse.
Ovviamente non finisce qui. La prima a contrattaccare è la figlia del poeta, l'attrice e a
sua volta poetessa, Shira Geffen che interviene con una sua poesia in difesa del padre.
Poi, scende in campo Aviv, il mito rock di un'intera generazione di giovani israeliani
cresciuti ascoltando le sue canzoni che parlavano di amore e di suicidio, di pace, di
politica e di vita militare, i temi ricorrenti nell'esistenza di una gioventù alla quale
vengono imposti molti sacrifici che ai giovani di altri paesi non vengono chiesti.
"The moonlight children", i ragazzi del chiaro di luna, come li avev a battezzati Aviv,
lo avrebbero seguito ovunque, quel folletto che si presentava al suo pubblico avvolto
in costumi luccicanti di lustrini (un pò alla Renato Zero) e con gli occhi cerchiati di
rimmel. - Ma qui, nella sua risposta a Lieberman in difesa della libertà di espressio-
ne Aviv è serio e tagliente. Per cominciare, ricorda al ministro della Difesa di chi è
figlio ("mio padre èstato un ufficiale dei paracadutisti", in israele considerato il cor-
po d'elite per antonomasia) e soprattutto di chi è nipote. Una sorella di Moshè Dayan,
è infatti la sua nonna materna. "In famiglia abbiamo avuto un ministro della Difesa -
dice Aviv - che sapeva guardare da lontano alla sicurezza d'israele, nonostante aves-
se un occhio soltanto". Un ministro che prevalse sui paesi arabi e venne considerato
un eroe. "Lei invece è un eroe soltanto a parole". Per concludere che finchè Lieber-
man sarà ministro della Difesa, "Anyeh (Ismail, il leader di Hamas, ndr) e i versi di
mio padre potranno stare tranquilli". Parole che sicuramente Lieberman non gradi-
rà. Ma che mettono in luce la spaccatura profonda che percorre la società israelia-
na in questi anni segnati dal dominio della destra nazionalista e religiosa.
Aviv <geffen appartien ad un altro mondo, inconciliabilmente lontano da quello di
Lieberman e di molti ministri del governo Netanyahu. Nella esperienza formativa
di Aviv c'è sicuramente la sua partecipazione alla grande manifestazione di soste-
gno al processo di pace che si tenne a Piazza del Re d'Israele, oggi rinominata Piaz-
za Yitzhak Rabin, a Tel Aviv, il 4 novembre del 1995. Davanti ad un mare di gente,
il popolo della pace, Aviv cantò una sua canzone, "Livkot lekhà" (Piangere per te).
C'era anche Ytzhak Rabin quella sera fra le personalità schierate a favore del ne-
goziato, anzi la manifestazione era per lui e per Shimon Peres. Quella sera stessa,
lasciando la piazza, Rabin venne ucciso da Ygal Amir. Solo dopo si seppe che Aviv
aceca scritto quella canzone presentendo e temendo la fine di Rabin.
Il procuratore generale, Mendelblit ha deliberato che Lieberman non ha l'autorità
per emanare gli ordini emessi contro Yehoanatan Geffen.
Lucianone
lunedì 12 novembre 2018
Riflessioni - Tra l'Afro e la Lega: la scelta di una maglia
12 novembre '18 - lunedì 12th November / Monday visione post - 10
Può la calciatrice di una squadra antirazzista (si chiama Afro-Napoli United), per giunta
con la fascia da capitano, candidarsi in una lista pro Salvini? Il quesito, in epoca post-ideo-
logica è più scivoloso di quanto sarebbe stato in anni di più solidi (anche troppo ideali).
Per una semplice ragione: è probabile che la ragazza non capisca del tutto il motivo del con-
tendere. Ovvero consideri perfettamente compatibile portare la maglia di una squadra nata
per favorire l'integrazione e fare politica al fianco di un partito che dice chiaro e tondo "pri-
ma gli italiani" (anche nelle mense delle scuole materne...). Non un'avanguardia xenofoba,
ma un partito di massa che i sondaggi danno al trenta per cento, segno che la ragazza non è
certo la sola ad avere, in materia di integrazione e uguaglianza, idee piuttosto lasche.
Difatti le compagne di squadra sono solidali con lei. Circostanza che ha suggerito un collo-
quio chiarificatore. Ha fatto bene il presidente a sollevare il problema? Secondo me, sì. E
non lo dico perchè, tra l'Afro e la Lega, faccio il tifo per l'Afro anche se è destinato a per-
dere 30 a zero. Ha fatto bene perchè ha provato a introdurre un principio di coerenza, e
aggiungerei di logica, in un momento così caotico, nel quale tutto si tiene, tutto galleggia
nello stesso mare, e dunque niente è davvero importante, niente davvero grave, niente co-
sì conflittuale da costringere a scelte e rinunce. Una maglia va scelta; e scegliere ha sem-
pre il suo prezzo.
(da la Repubblica - 17 ottobre '18 - L'Amaca / Michele Serra)
Lucianone
Può la calciatrice di una squadra antirazzista (si chiama Afro-Napoli United), per giunta
con la fascia da capitano, candidarsi in una lista pro Salvini? Il quesito, in epoca post-ideo-
logica è più scivoloso di quanto sarebbe stato in anni di più solidi (anche troppo ideali).
Per una semplice ragione: è probabile che la ragazza non capisca del tutto il motivo del con-
tendere. Ovvero consideri perfettamente compatibile portare la maglia di una squadra nata
per favorire l'integrazione e fare politica al fianco di un partito che dice chiaro e tondo "pri-
ma gli italiani" (anche nelle mense delle scuole materne...). Non un'avanguardia xenofoba,
ma un partito di massa che i sondaggi danno al trenta per cento, segno che la ragazza non è
certo la sola ad avere, in materia di integrazione e uguaglianza, idee piuttosto lasche.
Difatti le compagne di squadra sono solidali con lei. Circostanza che ha suggerito un collo-
quio chiarificatore. Ha fatto bene il presidente a sollevare il problema? Secondo me, sì. E
non lo dico perchè, tra l'Afro e la Lega, faccio il tifo per l'Afro anche se è destinato a per-
dere 30 a zero. Ha fatto bene perchè ha provato a introdurre un principio di coerenza, e
aggiungerei di logica, in un momento così caotico, nel quale tutto si tiene, tutto galleggia
nello stesso mare, e dunque niente è davvero importante, niente davvero grave, niente co-
sì conflittuale da costringere a scelte e rinunce. Una maglia va scelta; e scegliere ha sem-
pre il suo prezzo.
(da la Repubblica - 17 ottobre '18 - L'Amaca / Michele Serra)
Lucianone
giovedì 8 novembre 2018
L'Opinione del Giovedì - L' integrazione-migranti: occasione unica, e perdendola ce ne accorgeremo...
8 novembre '18 - giovedì 8th November / Thursday visione post - 8
Il grande tema-problema dell'emigrazione che oggi tanto è al centro del dibattito politico
italiano, e non solo, è prima di tutto un fatto epocale, cioè è sempre esistito, fin da epoche
molto lontane: le grandi migrazioni da un continente all'altro non sono per niente una no-
vità.
La grande onda regressiva sociale, civile e politica che si è andata ingigantendo in tante
zone del Pianeta va di pari passo, sembrerebbe, con i guasti climatici sempre più devastan-
ti che stanno stravolgendo buona parte della nostra Terra. Ma di ciò non c'è nulla da stu-
pirci. Anzi, non può che essere benissimo la causa e la conseguenza reciproche al tempo
stesso. Il progresso tecnico-scientifico cui è giunta l'umanità non ha portato ad elevare
una qualità di vita accettabilmente dignitosa ed economicamente fruibile in modo percen-
tualmente vicino a una minima uguaglianza per tutti gli abitanti della Terra, ma ha portato
invece, attraverso un persistente modello capitalistico feroce, alla creazione di una frat-
tura ancora più profonda tra ricchi e poveri, ricchezza e povertà. Ma ciò che questo pro-
gresso - giunto fino alla creazione di robot umanoidi e alla possibile conquista-esplorazio-
ne di Marte - ha portato di negativo, sotto la guida del monopolio capitalista avanzato, è
costituito essenzialmente di due distruttività evidenti: 1) avere creato una forte divisione
tra chi detiene il potere della ricchezza e delle risorse naturali (da cui la ricchezza deriva)
e chi quel potere lo subisce e ne usufruisce; in più i detentori di ricchezza sono diventati
pochi (rispetto al passato) mentre i poveri, tra i quali si deve ormai inglobare il ceto me-
dio, si sono moltiplicati, fino ad assumere la dimensione di massa. 2) avere portato a un
massiccio decadimento ambientale, dall'effetto serra alla produzione di sostanze tossiche
attraverso prodotti e materiali inquinanti.
La grande onda regressiva odierna ha avuto il suo input con la crisi economica america-
na di Wall Street del 2008, e prima ancora con il fatidico crollo delle Twin Towers, 2001.
Quest'ultimo avvenimento epocale, che ha portato il terrorismo islamico a raggiungere
il suo primo apice inaspettato con il seguito di paure e angoscie dell'Occidente, ha poi
cominciato a deflagare su una crisi latente ma via via più scoperta del capitalismo glo-
balizzato. Fino a portare, attraverso la Grande crisi del 2008, all'attuale instabilità del
mondo globalizzato e alla instaurazione in grandi zone del pianeta di governi autorita-
ri e in certi casi fascistizzati che minacciano le democrazie moderne e post moderne.
continua...
to be continued...
Il grande tema-problema dell'emigrazione che oggi tanto è al centro del dibattito politico
italiano, e non solo, è prima di tutto un fatto epocale, cioè è sempre esistito, fin da epoche
molto lontane: le grandi migrazioni da un continente all'altro non sono per niente una no-
vità.
La grande onda regressiva sociale, civile e politica che si è andata ingigantendo in tante
zone del Pianeta va di pari passo, sembrerebbe, con i guasti climatici sempre più devastan-
ti che stanno stravolgendo buona parte della nostra Terra. Ma di ciò non c'è nulla da stu-
pirci. Anzi, non può che essere benissimo la causa e la conseguenza reciproche al tempo
stesso. Il progresso tecnico-scientifico cui è giunta l'umanità non ha portato ad elevare
una qualità di vita accettabilmente dignitosa ed economicamente fruibile in modo percen-
tualmente vicino a una minima uguaglianza per tutti gli abitanti della Terra, ma ha portato
invece, attraverso un persistente modello capitalistico feroce, alla creazione di una frat-
tura ancora più profonda tra ricchi e poveri, ricchezza e povertà. Ma ciò che questo pro-
gresso - giunto fino alla creazione di robot umanoidi e alla possibile conquista-esplorazio-
ne di Marte - ha portato di negativo, sotto la guida del monopolio capitalista avanzato, è
costituito essenzialmente di due distruttività evidenti: 1) avere creato una forte divisione
tra chi detiene il potere della ricchezza e delle risorse naturali (da cui la ricchezza deriva)
e chi quel potere lo subisce e ne usufruisce; in più i detentori di ricchezza sono diventati
pochi (rispetto al passato) mentre i poveri, tra i quali si deve ormai inglobare il ceto me-
dio, si sono moltiplicati, fino ad assumere la dimensione di massa. 2) avere portato a un
massiccio decadimento ambientale, dall'effetto serra alla produzione di sostanze tossiche
attraverso prodotti e materiali inquinanti.
La grande onda regressiva odierna ha avuto il suo input con la crisi economica america-
na di Wall Street del 2008, e prima ancora con il fatidico crollo delle Twin Towers, 2001.
Quest'ultimo avvenimento epocale, che ha portato il terrorismo islamico a raggiungere
il suo primo apice inaspettato con il seguito di paure e angoscie dell'Occidente, ha poi
cominciato a deflagare su una crisi latente ma via via più scoperta del capitalismo glo-
balizzato. Fino a portare, attraverso la Grande crisi del 2008, all'attuale instabilità del
mondo globalizzato e alla instaurazione in grandi zone del pianeta di governi autorita-
ri e in certi casi fascistizzati che minacciano le democrazie moderne e post moderne.
continua...
to be continued...
Sport - calcio / Serie A - 10^ giornata 2018 / 19
8 novembre '18 - giovedì 8th November / Thursday
Risultati e classifica
Atalanta 3 Empoli 1 Torino 1 Sassuolo 2 Cagliari 2 Genoa 2
Parma 0 Juventus 2 Fiorentina 1 Bologna 2 Chievo 1 Udinese 2
Spal 0 Milan 3 Napoli 1 Lazio 0
Frosinone 3 Sampdoria 2 Roma 1 Inter 3
JUVENTUS 28 / Inter, Napoli 22 / Milan, Lazio 18 / Fiorentina, Sampdoria, Roma,
Sassuolo 15 / Torino, Genoa 14 / Caglisri, Parma 13 / Atalanta, Spal 12 /
Udinese, Bologna 9 / Empoli 6 / Frosinone 5 / Chievo - 1
CONTINUA...
to be continued...
Risultati e classifica
Atalanta 3 Empoli 1 Torino 1 Sassuolo 2 Cagliari 2 Genoa 2
Parma 0 Juventus 2 Fiorentina 1 Bologna 2 Chievo 1 Udinese 2
Spal 0 Milan 3 Napoli 1 Lazio 0
Frosinone 3 Sampdoria 2 Roma 1 Inter 3
JUVENTUS 28 / Inter, Napoli 22 / Milan, Lazio 18 / Fiorentina, Sampdoria, Roma,
Sassuolo 15 / Torino, Genoa 14 / Caglisri, Parma 13 / Atalanta, Spal 12 /
Udinese, Bologna 9 / Empoli 6 / Frosinone 5 / Chievo - 1
CONTINUA...
to be continued...
venerdì 2 novembre 2018
Storie - Josefa: la migrante simbolo
2 novembre '18 - venerdì 2nd November / Friday visione post - 8
(da la Repubblica - 11 0ttobre '18 / Marco Mensurati - Da bordo della 'Mare Jonio')
LA VITA DI JOSEFA DOPO IL NAUFRAGIO
"Così ho ricominciato a camminare"
Un messaggio vocale di pochi secondi, una fotografia, una lettera scritta a mano con
la calligrafia di una bambina. A quasi tre mesi di distanza, emergono nuovi elementi
sul naufragio di Josefa. la ragazza camerunense salvata in mare a 80 miglia da Koms,
a est fi Tripoli. Come se il mare, che quella notte ingoiè il gommone di Josefa, avesse
cominciato lentamente a restituire i resti del relitto, ed insieme ad essi, la sua verità.
A quasi tre mesi di distanza. Amettere insieme i frammenti di una storia che deve
ancora essere raccontata per intero, sono stati gli equipaggi della Mare Jonio e di
Astral che, ieri mattina, all'inizio dell'ottavo giorno della missione "Mediterranea"
nelle acque davanti a Tripoli, sono stati raggiunti da un messaggio vocale Whats
App, in francese. Era proprio Josefa: "Vi penso sempre, vi faccio gli auguri. Quan-
to a me... volevo dirvi che questa mattina ho finalmente ricominciato a camminare".
Dal 17 luglio, giorno del naufragio, Josefa è rimasta in contatto con chi l'ha salvata,
in particolar modo con Riccardo Gatti e Oscar Camps, i capi di Open Arms, l'ong
spagnola che operò il salvataggio. Ma anche con Erasmo Palazzotto, il parlamenta-
re di Sinistra italiana che quella notte era a bordo con loro per mettere a punto il
Progetto Mediterranea. Dopo la polemica surreale scoppiata per via dello smalto
rosa che una volontaria della ong aveva avuto l'ardire di applicare alle unghie del-
la donna durante le lunghe ore di traversta successive al recupero, di Josefa nessu-
no ha più avuto notizie. Si sapeva solo che era stata portata in Spagna, in una loca-
lità protetta, sotto la cura della Croce Rossa. Le sue condizioni di salute erano
drammatiche. Per tutte quelle ore (la prima segnalazione è del 16 luglio alle 12.42,
il salvataggio è della mattina del 17) era stata immersa nella miscela tossica di ben-
zina e acqua di mare insieme ai cadaveri di un bambino e di una donna adulta.
Una volta a bordo della Open Arms diceva di non sentire più braccia e gambe. E
parlava a fatica. Le ci sono voluti quasi tre mesi per tornare a camminare da sola.
I volontari che l'hanno soccorsa sono rimasti però sorpresi da un altro elemento,
emerso solo ieri via WhatsApp. Josefa ha infatti inviato anche una sua foto in cui
posa sorridente dal letto di ospedale. Si vede però che nel giro di tre mesi i capelli
le sono diventati bianchi: "Capita spesso - commenta il medico di bordo della Ma-
re Jonio Roberto Scaini - quando le persone vengono sottoposte a forte stress emo-
tivo" Come quello che deve aver sofferto Josefa. Testimoniato anche dalla lettera
che ha inviato all'equipaggio, per ringraziare. La calligrafia è vagamente infanti-
le, da bella copia, e il testo simile a una preghiera. "Ero in mare con molte perso-
ne africane. Quando mi hanno abbandonata, e sono andati tutti via con un'altra
barca, ho pensato di essere già morta. Ho cominciato a pregare, ho invocato la
"Stella del Mare" (uno dei nomi più antichi usati per la Madonna, ndr). Dicevo:
Madre, tu sei mia madre, sei la Stella del Mare, e qui siamo solo io e te. Fa un
miracolo, vieni a prendermi. Dicevo a Gesù: Padre, tu sei mio padre, io so che
sei qui e so che niente è impossibile per te.. Non abbandonarmi. Io non ho paura.
Ho cantato una canzone. Quando ho finito, mi sono addormentata. Mi sono sve-
gliata qui, su questa barca. Dove sono con persone dal cuore grande, che si pren-
dono cura di me. In tutta la mia vita, fino ad ora, non avevo mai incontrato perso-
ne come queste". Gli equipaggi dell'Astral e della Mare Jonio aspettano di co-
noscere l'esito dell'indagine penale spagnola nata dalla loro denuncia per omici-
dio volontario e omissione di soccorso, presentata contro la Guardia Costiera li-
bica e il comandante della nave Triades, che vide il gommone e che se ne andò
prima dell'arrivo dei soccorsi. Lo scenario che si presentò ai volontari, quella
mattina, resta inspiegabile: sul luogo del naufragio, dove le segnalazioni dava-
no un'imbarcazione in avaria e piena di persone, trovarono un gommone taglia-
to dalla lama di un coltello con a bordo i due cadaveri e Josefa viva.
Lucianone
(da la Repubblica - 11 0ttobre '18 / Marco Mensurati - Da bordo della 'Mare Jonio')
LA VITA DI JOSEFA DOPO IL NAUFRAGIO
"Così ho ricominciato a camminare"
Un messaggio vocale di pochi secondi, una fotografia, una lettera scritta a mano con
la calligrafia di una bambina. A quasi tre mesi di distanza, emergono nuovi elementi
sul naufragio di Josefa. la ragazza camerunense salvata in mare a 80 miglia da Koms,
a est fi Tripoli. Come se il mare, che quella notte ingoiè il gommone di Josefa, avesse
cominciato lentamente a restituire i resti del relitto, ed insieme ad essi, la sua verità.
A quasi tre mesi di distanza. Amettere insieme i frammenti di una storia che deve
ancora essere raccontata per intero, sono stati gli equipaggi della Mare Jonio e di
Astral che, ieri mattina, all'inizio dell'ottavo giorno della missione "Mediterranea"
nelle acque davanti a Tripoli, sono stati raggiunti da un messaggio vocale Whats
App, in francese. Era proprio Josefa: "Vi penso sempre, vi faccio gli auguri. Quan-
to a me... volevo dirvi che questa mattina ho finalmente ricominciato a camminare".
Dal 17 luglio, giorno del naufragio, Josefa è rimasta in contatto con chi l'ha salvata,
in particolar modo con Riccardo Gatti e Oscar Camps, i capi di Open Arms, l'ong
spagnola che operò il salvataggio. Ma anche con Erasmo Palazzotto, il parlamenta-
re di Sinistra italiana che quella notte era a bordo con loro per mettere a punto il
Progetto Mediterranea. Dopo la polemica surreale scoppiata per via dello smalto
rosa che una volontaria della ong aveva avuto l'ardire di applicare alle unghie del-
la donna durante le lunghe ore di traversta successive al recupero, di Josefa nessu-
no ha più avuto notizie. Si sapeva solo che era stata portata in Spagna, in una loca-
lità protetta, sotto la cura della Croce Rossa. Le sue condizioni di salute erano
drammatiche. Per tutte quelle ore (la prima segnalazione è del 16 luglio alle 12.42,
il salvataggio è della mattina del 17) era stata immersa nella miscela tossica di ben-
zina e acqua di mare insieme ai cadaveri di un bambino e di una donna adulta.
Una volta a bordo della Open Arms diceva di non sentire più braccia e gambe. E
parlava a fatica. Le ci sono voluti quasi tre mesi per tornare a camminare da sola.
I volontari che l'hanno soccorsa sono rimasti però sorpresi da un altro elemento,
emerso solo ieri via WhatsApp. Josefa ha infatti inviato anche una sua foto in cui
posa sorridente dal letto di ospedale. Si vede però che nel giro di tre mesi i capelli
le sono diventati bianchi: "Capita spesso - commenta il medico di bordo della Ma-
re Jonio Roberto Scaini - quando le persone vengono sottoposte a forte stress emo-
tivo" Come quello che deve aver sofferto Josefa. Testimoniato anche dalla lettera
che ha inviato all'equipaggio, per ringraziare. La calligrafia è vagamente infanti-
le, da bella copia, e il testo simile a una preghiera. "Ero in mare con molte perso-
ne africane. Quando mi hanno abbandonata, e sono andati tutti via con un'altra
barca, ho pensato di essere già morta. Ho cominciato a pregare, ho invocato la
"Stella del Mare" (uno dei nomi più antichi usati per la Madonna, ndr). Dicevo:
Madre, tu sei mia madre, sei la Stella del Mare, e qui siamo solo io e te. Fa un
miracolo, vieni a prendermi. Dicevo a Gesù: Padre, tu sei mio padre, io so che
sei qui e so che niente è impossibile per te.. Non abbandonarmi. Io non ho paura.
Ho cantato una canzone. Quando ho finito, mi sono addormentata. Mi sono sve-
gliata qui, su questa barca. Dove sono con persone dal cuore grande, che si pren-
dono cura di me. In tutta la mia vita, fino ad ora, non avevo mai incontrato perso-
ne come queste". Gli equipaggi dell'Astral e della Mare Jonio aspettano di co-
noscere l'esito dell'indagine penale spagnola nata dalla loro denuncia per omici-
dio volontario e omissione di soccorso, presentata contro la Guardia Costiera li-
bica e il comandante della nave Triades, che vide il gommone e che se ne andò
prima dell'arrivo dei soccorsi. Lo scenario che si presentò ai volontari, quella
mattina, resta inspiegabile: sul luogo del naufragio, dove le segnalazioni dava-
no un'imbarcazione in avaria e piena di persone, trovarono un gommone taglia-
to dalla lama di un coltello con a bordo i due cadaveri e Josefa viva.
Lucianone
giovedì 1 novembre 2018
Ultime notizie - dall'Italia e dal Mondo / Latest news
1 novembre '18 - giovedì 1st November / Thursday visione post - 7
Italia - Economia/manovra
Rincari sigarette in vista / Assunzioni agevolate per i 110 e lode / Fondi per
900 specializzandi in medicina
Fondi per 900 specializzandi in medicina in più. Molti interventi di minore impatto. Decontribuzione per un anno e 8mila euro a dottorati e laureati a pieni voti da università non telematiche. Aumenta il prelievo sulle "macchinette". Il Mise può investire in fondi di venture capital. Il bonus "resto al Sud" sale fino a 45 anni. Stretta sulle banche.
Italia - immigrazione
Catania - Caso Diciotti: i pm chiedono l'archiviazione delle accuse a Salvini / La procura di Catania: "Scelta politica insindacabile"
Il ministro dell'Interno apre la busta in diretta Facebook: "Quanti soldi hanno speso per questa indagine?". La Procura: "Malta avrebbe dovuto indicare il porto sicuro".
Stati Uniti - elezioni midterm
Nel Michigan John James, un afro-repubblicano candidato / In
Florida il candidato democratico governatore afro-americano
Andrew Gillum se le dà con Trump: "Ladro" lo accusa
il presidente, "maiale" gli ribatte Gillum
NEW YORK. «Andrew Gillum è un ladro, e sindaco di Tallahassee che è una delle città più corrotte d’America». «Ha ragione mia nonna: mai degradarsi a lottare con un maiale. Vi sporcate tutti e due, ma lui ci prende gusto». La prima è del presidente degli Stati Uniti. La seconda è la replica di Andrew Gillum che tra cinque giorni potrebbe passare alla storia come il primo governatore afroamericano della Florida.
Italia - meteo
Maltempo colpisce di nuovo l'Italia e fa 4 vittime: quattro morti al Nord
Allerta in Veneto, Lazio, Sicilia e Liguria / Situazione critica nel Bellunese
In Val D'Aosta due persone schiacciate da un albero. Altre due vittime in Alto Adige. Allerta rossa in Veneto, arancione nel Lazio, in Liguria e Sicilia, gialla in Piemonte, Toscana e Campania. A Palermo allagamenti e auto in trappola
Lucianone
Italia - Economia/manovra
Rincari sigarette in vista / Assunzioni agevolate per i 110 e lode / Fondi per
900 specializzandi in medicina
Fondi per 900 specializzandi in medicina in più. Molti interventi di minore impatto. Decontribuzione per un anno e 8mila euro a dottorati e laureati a pieni voti da università non telematiche. Aumenta il prelievo sulle "macchinette". Il Mise può investire in fondi di venture capital. Il bonus "resto al Sud" sale fino a 45 anni. Stretta sulle banche.
Italia - immigrazione
Catania - Caso Diciotti: i pm chiedono l'archiviazione delle accuse a Salvini / La procura di Catania: "Scelta politica insindacabile"
Il ministro dell'Interno apre la busta in diretta Facebook: "Quanti soldi hanno speso per questa indagine?". La Procura: "Malta avrebbe dovuto indicare il porto sicuro".
Stati Uniti - elezioni midterm
Nel Michigan John James, un afro-repubblicano candidato / In
Florida il candidato democratico governatore afro-americano
Andrew Gillum se le dà con Trump: "Ladro" lo accusa
il presidente, "maiale" gli ribatte Gillum
NEW YORK. «Andrew Gillum è un ladro, e sindaco di Tallahassee che è una delle città più corrotte d’America». «Ha ragione mia nonna: mai degradarsi a lottare con un maiale. Vi sporcate tutti e due, ma lui ci prende gusto». La prima è del presidente degli Stati Uniti. La seconda è la replica di Andrew Gillum che tra cinque giorni potrebbe passare alla storia come il primo governatore afroamericano della Florida.
Italia - meteo
Maltempo colpisce di nuovo l'Italia e fa 4 vittime: quattro morti al Nord
Allerta in Veneto, Lazio, Sicilia e Liguria / Situazione critica nel Bellunese
In Val D'Aosta due persone schiacciate da un albero. Altre due vittime in Alto Adige. Allerta rossa in Veneto, arancione nel Lazio, in Liguria e Sicilia, gialla in Piemonte, Toscana e Campania. A Palermo allagamenti e auto in trappola
Lucianone
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