domenica 4 dicembre 2016

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5 dicembre '16 - lunedì                5th December / Monday                    visione post - 24

POLITICA E SOCIETA'  - Italia
REFERENDUM: la sconfitta di Matteo Renzi 
Renzi annuncia le dimissioni da primo ministro / Tutto il popolo del NO 
esulta, ma le piazze sono pressochè deserte
IL RACCONTO
Ecco l'Italia che ha detto NO: gli invisibili che non credono più ai leader. E' stato
un voto anti-establishment, ha vinto la gente che non si fida più. Sarà difficile per
qualunque leader trasformare la protesta in consenso.
ROMA -
La vittoria c’è ma i vittoriosi dove sono? Li si è cercati per tutto il giorno a Roma, e per il semplice gusto della conferma: non li si sarebbe trovati. Non fino a notte, in nessuna piazza, non c’era una sede di comitato o di partito, non c’erano luoghi di fermento al Testaccio o alla Garbatella né tantomeno in centro, già festival di luminarie ed esultanze per il derby che uscivano dalle birrerie. 
E invece - e non è nemmeno un paradosso - di sconfitti se ne trovavano, qua e là, dentro le loro trincee novecentesche, le stanze del Partito democratico al Nazareno, quelle del Comitato per il Sì a piazza Santi Apostoli, dove erano stati costruiti il successo e la breve vita dell’Unione di Romano Prodi; posti di attesa classica, dove a sera sarebbero arrivati i leader per i commenti all’impiedi a beneficio di questa o quella emittente televisiva, e il distacco è lì che appare in tutta evidenza. È una rivoluzione - piccola o grande lo dirà il tempo - senza manifestazioni oceaniche, senza popolo dietro a capopopolo, senza casematte attorno a cui radunarsi: e quanto aveva ragione Beppe Grillo quando anni fa, all’inizio dell’avventura a cinque stelle, lo chiamavano a casa cercando il segretario del Movimento e lui gli passava il figlioletto Ciro. È la sostanza stessa che non è richiesta: ieri Roma e il resto d’Italia sono state percorse e scosse dal complotto delle matite, sequel del complotto delle lavatrici denunciato dal sindaco Virginia Raggi, e di tanti altri complotti delle banche, delle lobby, della finanza, della Nasa, di grandi mostri calati sulle nostre teste ad avvelenare i pozzi.  
Le notizie infatti ci spingevano verso Castelnuovo di Porto, dove si tiene lo spoglio dei voti degli italiani all’estero, e dove quelli del Comitato per il No erano rimasti fuori, intanto che all’interno - spiegavano - si stavano consumando irregolarità fino al broglio; e poi alla scuola Garrone di Ostia, dove un insegnante denunciava, centesimo o millesimo di giornata, la truffa delle matite copiative, i cui segni su un foglio bianco venivano via con una gomma. E non c’era verso di spiegare che le matite copiative funzionano indelebilmente soltanto sulla carta delle schede elettorali. Erano piccoli epicentri della grande rivolta dove, quando li si raggiungeva, non c’era più niente perché intanto si erano spostati in un altro seggio, o in un altra città. E l’imprevedibile ed effimero leader di giornata è diventato Piero Pelù, il cantante dei Litfiba che ai tempi d’oro cantava «dittatura e religione / fanno l’orgia sul balcone». Perfetto inno per i sentimenti di oggi: il post su Facebook di Piero Pelù sulla frode di Stato ha avuto 62 mila like, 10 mila commenti, più di 100 mila condivisioni, e quella è stata l’unica vera grande manifestazione fisica del popolo degli infuriati, diretto ai seggi armato di gomma e foglietto bianco per verificare che anche il loro voto fosse falsificabile dalla planetaria associazione per delinquere. 
Inutile farci sopra dell’ironia. Ha vinto la gente, il mare di gente che non si fida più, molto ben disposta verso l’inverosimile e diffidente verso il verosimile, per intima ed esasperante convinzione che là fuori c’è qualcuno che lavora alla sua infelicità, perché manca il lavoro, perché si indeboliscono le garanzie, per invidia sociale, perché l’investimento in banca è andato storto, perché ci sono i poteri forti, perché c’è l’Europa, perché c’è una classe dirigente che in quanto tale campa sulla pelle delle periferie, fisiche o esistenziali. Ognuno è partecipe di quella massa per una ragione diversa, e col minimo comune denominatore del rifiuto feroce dell’establishment farabutto, una condizione che non riguarda soltanto l’Italia, come raccontano di recente la Brexit e Donald Trump.  
 (Da www.lastampa.it -  Mattia Feltri)

IL COMMENTO
Così il Pd ha rottamato se stesso  /  La vecchia guardia del centrosinistra 
ha ottenuto il risultato che inseguiva dal 2013: la caduta di chi aveva sottratto
loro guida del Paese e del partito.
Il Centrosinistra ha vinto ancora. Per la terza volta è riuscito, con una coraggiosa spallata, a buttare giù un governo di Centrosinistra. Era successo nel 1998 con Prodi. Era risuccesso nel 2008 sempre con Prodi. 
 Dal giorno stesso in cui Matteo Renzi si era insediato a Palazzo Chigi dopo la non vittoria di Bersani alle Politiche del 2013 e il conseguente governo Letta, gli sconfitti nel Pd, D’Alema e Bersani, hanno lavorato per ottenere il loro risultato: la caduta di chi aveva sottratto loro guida del Paese e del partito. Risultato ottenuto. E infatti ieri notte brindavano, ridevano, si congratulavano. Tutto un darsi pacche sulle spalle e ridere di fronte alle telecamere rivendicando la vittoria contro il segretario del loro partito, avendo almeno il buongusto di non nominare nemmeno la questione referendaria, la vittoria era su Renzi: «Voleva rottamarci, è stato rottamato» esultava garrulo D’Alema. 
La sostanza è che il Partito Democratico, al di là di ogni bizantinismo di palazzo, è definitivamente morto, sepolto sotto le macerie di un matrimonio mai veramente avvenuto tra le diverse anime del Centrosinistra. Da subito è stato molto chiaro come il Referendum non fosse sulla Costituzione, ma un plebiscito pro o contro il presidente del Consiglio. Renzi ha giocato l’azzardo: e l’ha sontuosamente perso. Naturale che le opposizioni gli votassero contro, un po’ meno (in un’ottica di sanità mentale) che lo facesse parte del suo partito. Ma tant’è. 
Del resto è sempre apparso molto chiaro come per una certa classe politica italiana-europea, diciamo, fosse molto più importante comandare nel partito che governare il Paese. Al Pd servirà probabilmente un ultimo congresso. Per decidere se avere un futuro o restare ai margini a godersi i ricordi delle sue grandi vittorie contro i governi di Centrosinistra. 
(Da www.lastampa.it -  Alberto Infelise)

L'AllARME DEL  Financial Times:  "Ora l'Italia minaccia il futuro dell'Ue
più di Brexit"
L'analisi del quotidiano economico: le dimissioni di Renzi potrebbero lasciare
spazio al populismo. E l'instabilità potrebbe impaurire gli investitori.

Commento Così il  Pd ha rottamato se stesso Renzi ha un problema con i giovani italiani

Il primo ministro Matteo Renzi annuncia le sue dimissioni

Lucianone

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