giovedì 8 ottobre 2015

IDEE / Parlando di accoglienza - Migranti, profughi, rifugiati: niente distinzioni, ma fare di più

8 ottobre '15 - giovedì             8th October / Thursday               visione post - 23

(da la Repubblica - 25 settembre '15 - LettereCommenti&Idee / Carlo Petrini)
LA SOLIDARIETA' DAL BASSO
"Traditi da un mercante menzognero, vanno, oggetto di scherno allo straniero. Bestie da
soma, dispregiati iloti. Carne da cimitero. Vanno a campar d'angoscia in lidi ignoti".
De Amicis nel 1882 cantava così ne Gli emigranti le esistenze di coloro che a Genova face-
vano la fila per salire sulle navi in partenza per altre terre, per scappare lontano da casa.  
E' certo utile tener presente la nostra storia nel momento in cui non passa giorno in cui i
media snocciolino il loro drammatico bollettino sulla tragedia che ben conosciamo. Una
moltitudine di persone cerca di varcare confini chiusi, s'imbarca e s'incammina in cerca
di futuro, scappa da orrori tremendi, o semplicemente dalla fame. Già, anche la fame cau-
sata dal landgrabbing e dall'ingordigia neocolonialista e non soltanto le guerre e la ferocia
cieca e idiota di certi fanatici. Perchè non si possono fare distinzioni tra mtigranti, profughi,
rifugiati e le cause che li spingono a fuggire.  Ciò che si può fare è prendere atto  che quest'-
onda di umanità disperata non si fermerà, si protrarrà per anni e cambierà profondamente 
la geopolitica europea, la composizione sociale di interi territori e città.  Ma rendersi piena-
mente conto della situazione è ciò che si può fare come minimo, mentre in verità è giunto il
momento di non limitarsi ad aprire gli occhi.   
Si può fare di più. Una società civile matura deve essere capace di superare ogni ostacolo e
appartenenza, deve saper compattarsi e reagire con forza, senza esitazione e senza distinguo.
In Italia questo tipo di realtà di base esiste, il terreno è fertile, ma non può dare frutto se non
è dissodato.   Mi sento di fare un appello affinchè questa progettualità comune si concretizzi 
in forme di accoglienza semplici e minime, ma diffuse in tutto il Paese e molto solide, struttu-
rate e coordinate. Una rete umana in cui  ogni soggetto partecipante  garantisce di superare
le differenze e gli steccati che lo separano dagli altri suoi componenti e quindi in qualche mo-
do rinuncia a un pezzo della propria "sovranità" fuper condividere - con le altre associazioni,
sindacati, parrocchie, comitati locali, partiti e chiunque lo voglia - la missione civile di dare 
tutta l'assistenza, l'aiuto e l'amicizia di cui ha bisogno chi arriva, disperato, impaurito, scos-
so, morto di fatica e distrutto nell'anima. Un'aggregazione dal basso che si faccia carico di noncondizioni per realizzar sie quell'accoglienza che non può essere lasciata  nelle mani di 
prefetti  e  sindaci proprio  perchè  non passa solo  da strutture  e  numeri ma richiede una comunità accogliente.  
Nel piccolo, l'associazione che rappresento, Slow Food insieme alla rete di Terra Madre, sta rispondendo a livello europeo, in particolare in Germania, Francia e Belgio. Perchè se
da un lato c'è un preoccupante stallo della politica, finora inadeguata, dall'altro c'è anche
un diffuso senso di impotenza da parte di chi invece è motivato da un afflato solidale. Tante persone che, al contrario di chi è animato da intolleranza ignorante, vorrebbero fare qualco-
sa di utile e solidale ma non sanno come agire o a chi rivolgersi. E' necessario, improrogabi-
le, auspicabile creare  situazioni di accoglienza  stabili e durature, per stemperare gli attriti, offrire risposte, lavorare in direzione, compreso di un'integrazione civile e pacifica.  Bisogna attivarsi.
Nel mio Piemonte, dove in un passato  neanche tanto lontano  fatto di migrazioni interne si
leggeva sui portoni delle case "non si affitta ai meridionali", sono già tanti gli esempi virtuo-
si. Associazioni, parrocchie che hanno risposto all'appello del Papa, comitati spontanei, sem-
plici cittadini che si sono mossi, e bene. L'Arci, per esempio, si sta attivando con tenacia ac-
canto alla Caritas attraverso uno straordinario impegno di volontari. Cito ancora, sempre
a mo' di esempio, soltanto il caso del Centro policulturale Baobab in via Cupa a Roma, che
ha saputo mettere insieme tante diverse realtà,compreso il quartiere in cui si trova, per ac-
cogliere moltitudin i di bambini che viaggiano soli e che devono raggiungere le loro famiglie
già in Europa, riuscendo anche a coinvolgere i migranti nella gestione del centro stesso.
Tanti pezzi di quella che si descrive come società civile si stanno mettendo insieme, in ma-
niera magari disordinata ma spontanea e generosa. -   Penso che da questo punto di vista,
in considerazione anche della grande tradizione solidaristica della sinistra italiana, si pos-
sa ricostruire e far nascere, in un contesto straordinario, per così dire "interassociativo",
un nuovo soggetto che nobiliti la politica nella sua capacità di essere concreta quando è
fatta e ispirata dal basso, dall'intraprendenza dei semplici cittadini.

Lucianone

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