lunedì 30 aprile 2012

IDEE / recuperate - La religione del denaro

30 aprile 2012  - lunedì        30th April / Monday         visioni del post - 11
                                                                                       
Ho ripescato dalla  stampa, esattamente da 'la Repubblica', un'interessante
pezzo di Agamben che in prima pagina, nell'inserto de Le idee, fa un'esatto
quadro di quella che è diventata   la filosofia del super capitalismo dei no- 
stri giorni, dove regna sovrano  (oltre al debito)    il Dio Dollaro o in altri
termini il Denaro divino, su cui   è stato edificato  questo    nostro mondo
supertecnologico e supercivilizzato, ma anche sottomesso alle multinazio-
nali, sottomesso alle società dei Rating, schiavizzato da banche e banchieri,
che chiedono/pretendono soprattutto alle/dalle nazioni della zona sud-Europa
sacrifici enormi e impossibili per saldare debiti infiniti ma nello stesso tempo
pretendono una crescita  irraggiungibile  dati ì presupposti sostenuti  da una 
crescita   (ecco, quasta sì continua e sempre più alta)   del fisco  con tasse che
hanno raggiunto l'apice, ma solo per il momento presente...
Insomma non c'è via d'uscita per la grande massa dei poveri. medio-poveri e 
poveracci mentre la piccola parte che ha in mano il capitale vi sguazza libera
e comanda il mondo a suo piacimento. 
E tutto è partito dall'importanza sempre più grande che si è data al Denaro 
Grande Capo Assoluto  Questo articolo di G. Agamben    ce lo spiega molto, 
ma molto bene.
Buona lettura!
                             Luciano Finesso    

Se la feroce religione del denaro divora il futuro
Per capire che cosa significa la parola 'futuro', bisogna prima capire
che cosa significa un'altra parola, che non siamo più abituati a usa-
re se non nella sfera religiosa: la parola "fede".
Senza fede o fiducia non è possibile futuro, c'è futuro solo se possiamo
sperare o credere in qualcosa. Già, ma che cos'è la fede? David Flusser,
un grande studioso di scienza delle religioni  -  esiste anche una disci- 
plina con questo strano nome  -  stava appunto lavorando  sulla parola 
pistis, che è il termine greco che Gesù e gli apostoli usavano per "fede".
Quel giorno si trovava per caso in una piazza di Atene e a un certo pun-
to, alzando gli occhi, vide scritto a caratteri cubitali davanti a sè Trapeza
tes pisteos. Stupefatto per la coincidenza, guardò meglio e dopo pochi se-
condi si rese conto di trovarsi semplicemente davanti a una banca: Tra-
peza tes pisteos significa in greco  "banco di credito".    Ecco qual era il
senso della parola pistis, che stava cercando da mesi di capire: pistis che
è "fede" è semplicemente il credito di cui godiamo presso Dio e di cui
la parola  di Dio  gode presso di noi, dal momento che le crediamo.
Per questi Paolo può dire   in una famosa definizione    che "la fede è
sostanza di cose sperate": essa è ciò che dà realtà a ciò che non esiste
ancora, ma in cui  crediamo e abbiamo fiducia, in cui  abbiamo messo
in gioco il nostro credito e la nostra parola.  Qualcosa come un futuro
ssiste nella misura in cui la nostra fede riesce a dare sostanza,  cioè
realtà alle nostre speranze.
Ma la nostra, si sa, è un'epoca di scarsa fede o... di malafede, cioè di 
fede mantenuta a forza e senza convinzione. Quindi un'epoca senza
futuro e senza speranze  o di futuri vuoti  e senza speranze.    Ma in
quest'epoca troppo vecchia per credere veramente in qualcosa e troppo
furba per essere veramente disperata, che ne è del nostro credito, che
ne è del nostro futuro?   Perchè, a ben guardare, c'è ancora una sfera
che gira tutta intorno al perno del credito, una sfera in cui è andata a
finire tutta la nostra pistis, tutta la nostra fede.    -    Questa sfera è il 
denaro e la banca  (la trapeza tes pisteos) è il suo tempio. Il denaro non
è che un credito  e  su molte banconote      (sulla sterlina, sul dollaro, 
anche se non  - chissà perchè, forse  questo  avrebbe dovuto  insospet-
tirci - sull'euro) , c'è ancora scritto che la banca centrale promette di
garantire in qualche modo quel credito.
La cosiddetta "crisi" che stiamo attraversands - ma ciò che si chiama 
"crisi", questo è ormai chiaro, non è che il modo normale in cui fun-
ziona il capitalismo  del nostro tempo - è cominciata  con  una  serie
sconsiderata di operazioni sul credito, su crediti che venivano sconta-
ti e rivenduti decine di volte prima di poter essere realizzati. Ciò si-
gnifica , in altre parole, che il capitalismo finanziario - e di riflesso
le banche che  ne sono  l'organo principale - funziona  giocando sul 
credito  - cioè sulla fede - degli uomini.
Ma ciò significa, anche, che l'ipotesi di Walter Benjamin, secondo
il quale  il capitalismo è, in verità, una religione   e la più feroce  e
implacabile che sia mai esistita, perchè non conosce redenzione nè
tregua, va presa alla lettera .    La Banca - coi suoi grigi funzionari 
ed esperti - ha preso il posto  della Chiesa e dei suoi preti e, gover-
nando il credito, manipola e gestisce la fede - la scarsa, incerta  fi-
ducia - che il nostro tempo ha ancora in se stesso. E lo fa nel modo
più irresponsabile e privo di scrupoli, cercando   di lucrare denaro
dalla fiducia e dalle speranze degli esseri umani, stabilendo il cre-
dito di cui ciascuno può godere e il prezzo che deve pagare per esso
(persino il credito degli Stati, che hanno docilmente abdicato alla
loro sovranità).       In questo modo, governando il credito, governa 
non solo il mondo, ma anche  il futuro degli uomini, un futuro che 
la crisi fa sempre più corto e a scadenza.   E se oggi la politica non 
sembra più possibile, ciò è perchè il potere finanziario ha di fatto
sequestrato tutta la fede e tutto il futuro, tutto il tempo  e tutte le
attese.
Finchè dura questa situazione, finchè la nostra società che si crede
laica resterà asservita alla più oscura e irrazionale delle religioni.
sarà bene che ciscuno si riprenda il suo credito e il suo futuro dalle
mani di questi tetri, screditati pseudosacerdoti, professori e funzio-
nari delle varie agenzie di rating. -  E forse la prima cosa da fare è
di smettere di guardare soltanto al futuro, come essi esortano a fa-
re, per rivolgere invece lo sguardo al passato. 
Soltanto comprendendo che cosa è avvenuto e soprattutto cercando
di capire come è potuto avvenire   sarà possibile, forse, ritrovare la 
propria libertà.  L'archeologia - non la futurologia - è la sola via di 
accesso al presente.
(da 'la Repubblica'  di 16-02-2012 / Le idee  di Giorgio Agamben)

Lucianone

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