13 settembre '15 - domenica 13th September / Sunday visione post - 7
ESTERI . Emergenza migranti
Naufragio in Grecia: strage di bambini / Controlli al confine con Austria
Grecia: affonda barcone, tragedia in mare.
La Germania sospende i treni in Austria. Alla stazione di Monaco 13 mila arrivi
da sabato. Il ministro dell'interno tedesco: "Servono zone di attesa anche in Italia"
ITALIA - Scuola
Tornano sui banchi 9 milioni di studenti
Tra le regioni con più alunni, la Lombardia seguita da Campania, Sicilia, Lazio.
Il caos supplenti che incombe sull'inizio dell'anno. più del 97% dei professori
accetta la cattedra. Ma la Puglia fa ricorso. I sindacati: "La battaglia contro
la Buona scuola non è finita".
Gran Bretagna - Politica
Corbyn, nuovo leader Labour
Jeremy: ribelle vegetariano che odia austerity e Nato. E canta "bandiera rossa".
Italia - Meteo
Allerta in Liguria / Allagamenti a Genova
Perturbazioni massiccie anche su Toscana, Umbria e Lazio.
Firenze: tre feriti da un fulmine. Rinviata la gara di calcio Samp-Bologna.
ESTERI - Emergenza migranti 2
L'Austria manda l'esercito al confine / Da ottobre blitz navali
contro gli scafisti
Oggi vertice dei ministri a Bruxelles. Anche la Slovacchia reintroduce i controlli
Il giorno dopo l’annuncio della Germania di ripristinare il controllo alle frontierel’Austria ha deciso di inviare l’esercito (a supporto della polizia) al confine con l’Ungheria. La misura è stata decisa dopo gli oltre 10 mila arrivi di ieri, ma come ha ribadito il cancelliere Werner Faymann, il diritto di chiedere asiItalialo non viene messo in discussione. E anche la Slovacchia ha deciso di reintrodurre i controlli. Intanto oggi a Bruxelles è prevista una riunione dei ministri degli Interni dell’Ue per approvare le nuove proposte della Commissione europea sull’immigrazione che non prevedono le discusse quote obbligatorie per i Paesi.
Italia - Meteo 2
Nubifragi nel Piacentino: un morto e due dispersi
Esonda lo Scrivia, danni in Liguria. In Emilia ponti chiusi e auto travolte
ITALIA - Beppe Grillo
Grillo condannato a un anno per diffamazione / Lui risponde: io
come Pertini e Mandela
Beppe Grillo è stato condannato dal tribunale di Ascoli Piceno a un anno di reclusione (pena sospesa) per diffamazione aggravata nei confronti del professor Franco Battaglia, docente del Dipartimento di Ingegneria «Enzo Ferrari» dell’Università di Modena e Reggio Emilia. I fatti risalgono all’11 maggio del 2011, durante un comizio elettorale tenuto da Grillo a San Benedetto del Tronto, dove era giunto per un incontro pubblico in vista della referendum sul nucleare.
Grillo sul suo blog ha commentato così: «Oggi è stata emessa la sentenza dal tribunale professor Franco Battaglia, docente di Chimica ambientale del Dipartimento di Ingegneria Enzo Ferrari dell’Università di Modena e Reggio affermava delle coglionate in merito al nucleare». «Il pm - pdi Ascoli Piceno contro di me per diffamazione, per aver detto in un comizio che il recisa il leader M5S - aveva chiesto una multa di 6.000 euro. Il giudice mi ha invece tolto la condizionale condannandomi a un anno di prigione e a 50.000 euro di risarcimento». «Se Pertini e Mandela - afferma - sono finiti in prigione potrò andarci anch’io per una causa che sento giusta e che è stata appoggiata dalla stragrande maggioranza degli italiani al referendum». «Io sono fiero - conclude - di aver contribuito a evitare la costruzione di nuove centrali nucleari in Italia. È un’eredità che lascio ai nostri figli che potranno evitare incidenti come Chernobyl e Fukushima».
Lucianone
DI TUTTO e di PIU Ambiente / Appuntamenti / Arte / / Cibo-cucina / Commenti / Cultura / Curiosità-comicità / Dossier / Economia-Finanza / Fotografia / Inchiesta / Intervista / Istruzione / Lavoro / Lettere / Libri / Medicina / Motori / Musica / Natura / Opinione del Giovedì / Personaggi / Psicologia / Reportage / Riflessioni-Idee / Salute / Scienze / Società-Politica / Spettacoli (cinema/tv) / Sport / Stampa-giornali / Storie / Tecnologia-Internet / Ultime notizie / Viaggi
domenica 13 settembre 2015
Spettacoli - Cinema / Festival di Venezia 2015
13 settembre '15 - domenica 13th September / Sunday
VENEZIA 72
3 settembre
(da 'la Repubblica')
L' "Everest" kolossal: è delusione al Lido / Cast stellare e budget
da 65 milioni di dollari, ma non convince il film sul tetto del mondo
La Mostra in salita
"Everest", film fuori concorso:
gelo finale per la montagna di Kormàkur
Inutilmente lungo, Everest è un film molto bruttoche costringe lo spettatore con gli
occhiali 3D sul naso ad aspettare per due ore e rotti che muoiano tutti quelli che fin
dall'inizio si sa che moriranno. Perchè è la vera storia della rovinosa spedizione del
maggio 1996 magistralmente raccontata da Jon Krakauer in uno dei più bei libri
mai scritti sulla passione per la montagna, Aria sottile.
E il regista, l'islandese Baltasar Kormàkur, fa in modo si capisca dalla prima inquadratura
a chi toccherà. Bisogna dunque solo aspettare tra conati di vomito, sputi di sangue, pzzi di
mani che cadono congelate, tormente apocalittiche e abissali crepacci in cui precipitare.
L'insensatezza della quantità di persone comuni - il postino, l'impiegato, la ragazza qua-
lunque - che spendono cifre folli per farsi accompagnare in un'odissea di sofferenze atroci
pur di toccare qualche secondo la cima del monte non trova qui nessuna spiegazione.
Nè poetica, nè esistenziale, nè razionale. Il cast spaziale non basta. Incomprensibile la
scelta di farne il film di apertura del Festival. Gelo in sala, mai come questa volta è il
caso di dire.
7 settembre
In concorso / "Rabin, the last day" (sull'attentato del 4 novembre 1995)
"Rabin, the last day" dell'israeliano Amos Gitai è una grandissima lezione di cinema
e storia contemporanea, e insieme un'impressionante descrizione delle dinamiche poli-
tiche del tempo presente e dei pericoli, niente affatto imprevedibili, che il mondo tutto
attorno a noi coltiva. Quel che è accaduto in Israele 20 anni fa sta accadendo adesso:
lì erano la destra ultraortodossa e un gruppo di rabbini che - documenta il film - esor-
tavano a liberarsi del "traditore", oggi sono i fondamentalisti islamici e la propaganda
dell'Is nel mondo, le piccole destre che fomentano odio in ogni paese. Con la differenza
che negli anni 90 la globalizzazione non aveva ancora reso il proselitismo un fenomeno
su scala mondiale. - Nel suo film, centrato sul lavoro della commissione d'inckiesta del
primo ministro Isaac Rabin /4 novembre 1995), Gitai mostra ancora una volta come or-
mai il confine fra cinema di finzione e documentario sia svanito.
Continua... to be continued...
VENEZIA 72
3 settembre
(da 'la Repubblica')
L' "Everest" kolossal: è delusione al Lido / Cast stellare e budget
da 65 milioni di dollari, ma non convince il film sul tetto del mondo
La Mostra in salita
"Everest", film fuori concorso:
gelo finale per la montagna di Kormàkur
Inutilmente lungo, Everest è un film molto bruttoche costringe lo spettatore con gli
occhiali 3D sul naso ad aspettare per due ore e rotti che muoiano tutti quelli che fin
dall'inizio si sa che moriranno. Perchè è la vera storia della rovinosa spedizione del
maggio 1996 magistralmente raccontata da Jon Krakauer in uno dei più bei libri
mai scritti sulla passione per la montagna, Aria sottile.
E il regista, l'islandese Baltasar Kormàkur, fa in modo si capisca dalla prima inquadratura
a chi toccherà. Bisogna dunque solo aspettare tra conati di vomito, sputi di sangue, pzzi di
mani che cadono congelate, tormente apocalittiche e abissali crepacci in cui precipitare.
L'insensatezza della quantità di persone comuni - il postino, l'impiegato, la ragazza qua-
lunque - che spendono cifre folli per farsi accompagnare in un'odissea di sofferenze atroci
pur di toccare qualche secondo la cima del monte non trova qui nessuna spiegazione.
Nè poetica, nè esistenziale, nè razionale. Il cast spaziale non basta. Incomprensibile la
scelta di farne il film di apertura del Festival. Gelo in sala, mai come questa volta è il
caso di dire.
7 settembre
In concorso / "Rabin, the last day" (sull'attentato del 4 novembre 1995)
"Rabin, the last day" dell'israeliano Amos Gitai è una grandissima lezione di cinema
e storia contemporanea, e insieme un'impressionante descrizione delle dinamiche poli-
tiche del tempo presente e dei pericoli, niente affatto imprevedibili, che il mondo tutto
attorno a noi coltiva. Quel che è accaduto in Israele 20 anni fa sta accadendo adesso:
lì erano la destra ultraortodossa e un gruppo di rabbini che - documenta il film - esor-
tavano a liberarsi del "traditore", oggi sono i fondamentalisti islamici e la propaganda
dell'Is nel mondo, le piccole destre che fomentano odio in ogni paese. Con la differenza
che negli anni 90 la globalizzazione non aveva ancora reso il proselitismo un fenomeno
su scala mondiale. - Nel suo film, centrato sul lavoro della commissione d'inckiesta del
primo ministro Isaac Rabin /4 novembre 1995), Gitai mostra ancora una volta come or-
mai il confine fra cinema di finzione e documentario sia svanito.
Continua... to be continued...
Lettere - Il coraggio di Papa Francesco / Il lavoro per un giovane
13 settembre '15 - domenica 13th September / Sunday visione post - 13
(da la Repubblica - 10 /09 /'15 - LettereCommenti&Idee / Corrado Augias)
Un Papa fuori dalle righe
Gentile Augias, c'è un Papa che non sta al posto suo. "Sai che novità!", dirà qualcuno.
Ma stavolta il posto che il Papa occupa non è davvero il suo. Richiama sì - come i pre-
decessori - i cardini del messaggio della Chiesa nei secoli (pace, carità, misericordia)
però li reitera, non molla la presa, insomma non fa "passar la festa e gabbar lo santo".
Il santo in questione è un Francesco del III millennio, giusto, povero - e "sociale".
Accade che, mentre la destra piange, la sinistra non ride, perchè nel mirino sul terreno
che le è proprio: famiglia, lavoro, povertà, immigrazione, perfino salari, perchè è lì che
punta il Francesco papa - come il santo di secoli fa. Come andrà a finire? Pare iniziata
una gara inedita nella nostra storia a chi oggi si proponga come interprete "del rinno-
vamento civile degli italiani" nonchè "del primato morale e civile degli italiani". Questi
due noti corsivi diventati compiti ardui per Savoia e Dc, proibiti per Mussolini, negati
alla sinistra e giunti ora sui banchi di un premier di sinistra centrista e di un Papa di
centro sinistrorso: una strana coppia.
Giovanni Moschini
Risposta di C. Augias
Il PAPA romano ha ereditato due spaventose questioni. La prima è il vertice della sua
Chiesa negli ultimi anni incupito e fiacco di fronte a se stesso e al mondo. La seconda è
una teologia ormai inadatta ad affrontare i problemi delle persone comuni: affettivi,
sessuali, di comportamento, di preghiera. Poco prima di morire in un prezioso libretto
di conversazione, il cardinale Martini aveva sintetizzato la situazione in una frase du-
rissima: "La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni". Nell'ultima intervista aveva ag-
giunto: "La nostra cultura è invecchiata, le nostre Chiese sono grandi, le nostre case
religiose sono vuote e l'apparato burocratico della Chiesa lievita, i nostri riti e i nostri
abiti sono pomposi. (...) Il benessere pesa". Ci fu anche allora chi tentò di "interpreta-
re" l'atto d'accusa, dicendo per esempio che la "distanza" sì c'era ma era la distanza
di Gesù Cristo e del Vangelo, quindi della Chiesa, rispetto a qualsiasi tempo, da quello
in cui visse Gesù fino al nostro.
... La mia impressione, da estraneo e da uomo della strada, è che Francesco abbia fatto
proprio il messaggio di Martini che del resto era. come lui un gesuita. Leggo per esempio
queste parole di Martini alla vigilia della sua morte: "Dove sono le persone piene di ge-
nerosità come il buon samaritano? Che hanno fede come il centurione romano? Che
sono entusiaste come Giovanni Battista? Che osano il nuovo come Paolo? Che sono
fedeli come Maria di Magdala? Io consiglio al Papa e ai vescovi di cercare dodici perso-
ne fuori dalle righe per i posti direzionali. Uomini che siano vicini ai più poveri e che
nel desertosiano, circondati da giovani e che sperimentino cose nuove". Mi sembra di scorgervi il programma che Francesco cerca d'attuare.
Il mio lavoro estivo: la paga è un miraggio
Sono da poco maggiorenne e quest'estate, al termine delle lezioni, mi sono messo
alla ricerca di un lavoro per mettere da parte un pò di soldi. Ho trovato la porta
aperta di un call center. Mi sono impegnato molto, tanto da portare il lavoro a ca-
sa per rendere di più. Ci ho dedicato molto tempo, tanto da ricevere elogi dai diri-
genti. Le promesse fatte e i ringraziamenti però, nel giorno dei pagamenti crollano.
Delle ore lavorate, della puntualità e dell'impegno non hanno tenuto conto. Il fisso
mensile promesso era come un'oasi nel deserto, l'hanno fatto sparire come un truc-
co di magia. Vorrei esprimere il mio dispiacere e soprattutto la mia rabbia. Come
me chissà quanti vengono sfruttati ogni giorno.
Amleto De Vito
Commento personale
Di Papa Francesco avrò modo di parlare in futuro, sviluppando a fondo tanti punti
della sua grande, immensa umanità.
Di questi giovani disoccupati, che oggi sono tantissimi e troppi, voglio e devo parlarne
subito, prendendo spunto proprio dalla lettera di Amleto (su 'la Repubblica'). Di giovani
trattati male, ma prima ancora sfruttati (come dice lui) ce ne sono a valanga da nord a
sud d'Italia, sia precari appena diplomati sia laureati. La cosa che poi fa specie, o fa
(come si preferisce) senso, è che in tv si dia spazio a camorristi e mafiosi come i Lamo-
nica piuttosto che pensare di andare a fare trasmissioni mirate su come risolvere que-
sta piaga disoccupazionale insieme a quella della precarietà, facendo intervenire i gio-
vani diretti interessati. E magari pensare di trovare soluzioni che scuotano l'apatica
indifferenza di questo governo che pensa solo di stabilizzare i giovani già stabili. Ma
gli altri? E magari allora facciamo come in Germania: sempre più istituti superiori
che diano possibilità nelle ultime classi (quarte e quinte) di fare gli "Stage" nelle
aziende di competenza, che assumano a contratti di tipo indeterminato. Questo può
essere un senso pratico di dare sicurezza di lavoro almeno ai più giovani, per esempio,
e non sarebbe poco, o no?
Luciano Finesso
Lucianone
(da la Repubblica - 10 /09 /'15 - LettereCommenti&Idee / Corrado Augias)
Un Papa fuori dalle righe
Gentile Augias, c'è un Papa che non sta al posto suo. "Sai che novità!", dirà qualcuno.
Ma stavolta il posto che il Papa occupa non è davvero il suo. Richiama sì - come i pre-
decessori - i cardini del messaggio della Chiesa nei secoli (pace, carità, misericordia)
però li reitera, non molla la presa, insomma non fa "passar la festa e gabbar lo santo".
Il santo in questione è un Francesco del III millennio, giusto, povero - e "sociale".
Accade che, mentre la destra piange, la sinistra non ride, perchè nel mirino sul terreno
che le è proprio: famiglia, lavoro, povertà, immigrazione, perfino salari, perchè è lì che
punta il Francesco papa - come il santo di secoli fa. Come andrà a finire? Pare iniziata
una gara inedita nella nostra storia a chi oggi si proponga come interprete "del rinno-
vamento civile degli italiani" nonchè "del primato morale e civile degli italiani". Questi
due noti corsivi diventati compiti ardui per Savoia e Dc, proibiti per Mussolini, negati
alla sinistra e giunti ora sui banchi di un premier di sinistra centrista e di un Papa di
centro sinistrorso: una strana coppia.
Giovanni Moschini
Risposta di C. Augias
Il PAPA romano ha ereditato due spaventose questioni. La prima è il vertice della sua
Chiesa negli ultimi anni incupito e fiacco di fronte a se stesso e al mondo. La seconda è
una teologia ormai inadatta ad affrontare i problemi delle persone comuni: affettivi,
sessuali, di comportamento, di preghiera. Poco prima di morire in un prezioso libretto
di conversazione, il cardinale Martini aveva sintetizzato la situazione in una frase du-
rissima: "La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni". Nell'ultima intervista aveva ag-
giunto: "La nostra cultura è invecchiata, le nostre Chiese sono grandi, le nostre case
religiose sono vuote e l'apparato burocratico della Chiesa lievita, i nostri riti e i nostri
abiti sono pomposi. (...) Il benessere pesa". Ci fu anche allora chi tentò di "interpreta-
re" l'atto d'accusa, dicendo per esempio che la "distanza" sì c'era ma era la distanza
di Gesù Cristo e del Vangelo, quindi della Chiesa, rispetto a qualsiasi tempo, da quello
in cui visse Gesù fino al nostro.
... La mia impressione, da estraneo e da uomo della strada, è che Francesco abbia fatto
proprio il messaggio di Martini che del resto era. come lui un gesuita. Leggo per esempio
queste parole di Martini alla vigilia della sua morte: "Dove sono le persone piene di ge-
nerosità come il buon samaritano? Che hanno fede come il centurione romano? Che
sono entusiaste come Giovanni Battista? Che osano il nuovo come Paolo? Che sono
fedeli come Maria di Magdala? Io consiglio al Papa e ai vescovi di cercare dodici perso-
ne fuori dalle righe per i posti direzionali. Uomini che siano vicini ai più poveri e che
nel desertosiano, circondati da giovani e che sperimentino cose nuove". Mi sembra di scorgervi il programma che Francesco cerca d'attuare.
Il mio lavoro estivo: la paga è un miraggio
Sono da poco maggiorenne e quest'estate, al termine delle lezioni, mi sono messo
alla ricerca di un lavoro per mettere da parte un pò di soldi. Ho trovato la porta
aperta di un call center. Mi sono impegnato molto, tanto da portare il lavoro a ca-
sa per rendere di più. Ci ho dedicato molto tempo, tanto da ricevere elogi dai diri-
genti. Le promesse fatte e i ringraziamenti però, nel giorno dei pagamenti crollano.
Delle ore lavorate, della puntualità e dell'impegno non hanno tenuto conto. Il fisso
mensile promesso era come un'oasi nel deserto, l'hanno fatto sparire come un truc-
co di magia. Vorrei esprimere il mio dispiacere e soprattutto la mia rabbia. Come
me chissà quanti vengono sfruttati ogni giorno.
Amleto De Vito
Commento personale
Di Papa Francesco avrò modo di parlare in futuro, sviluppando a fondo tanti punti
della sua grande, immensa umanità.
Di questi giovani disoccupati, che oggi sono tantissimi e troppi, voglio e devo parlarne
subito, prendendo spunto proprio dalla lettera di Amleto (su 'la Repubblica'). Di giovani
trattati male, ma prima ancora sfruttati (come dice lui) ce ne sono a valanga da nord a
sud d'Italia, sia precari appena diplomati sia laureati. La cosa che poi fa specie, o fa
(come si preferisce) senso, è che in tv si dia spazio a camorristi e mafiosi come i Lamo-
nica piuttosto che pensare di andare a fare trasmissioni mirate su come risolvere que-
sta piaga disoccupazionale insieme a quella della precarietà, facendo intervenire i gio-
vani diretti interessati. E magari pensare di trovare soluzioni che scuotano l'apatica
indifferenza di questo governo che pensa solo di stabilizzare i giovani già stabili. Ma
gli altri? E magari allora facciamo come in Germania: sempre più istituti superiori
che diano possibilità nelle ultime classi (quarte e quinte) di fare gli "Stage" nelle
aziende di competenza, che assumano a contratti di tipo indeterminato. Questo può
essere un senso pratico di dare sicurezza di lavoro almeno ai più giovani, per esempio,
e non sarebbe poco, o no?
Luciano Finesso
Lucianone
venerdì 11 settembre 2015
Sport / Tennis - Us Open: impresa di Roberta Vinci! Stroncata Serena Williams al terzo set
12 settemnre '15 - sabato 12th September / Saturday visione post - 13
Roberta spezza il sogno del Grande Slam di Serena Williams. Giorno storico per il tennis italiano: 2-6 6-4 6-4 e finale con la Pennetta!
Roberta spezza il sogno del Grande Slam di Serena Williams. Giorno storico per il tennis italiano: 2-6 6-4 6-4 e finale con la Pennetta!
Fantastico, memorabile: mai un'italiana era
arrivata alla finale di Flushing Meadows. In un colpo solo ne abbiamo
due! Saranno Flavia Pennetta e Roberta Vinci a giocarsi domani alle ore
21 italiane il titolo a Flushing Meadows. Dopo la vittoria di Flavia
Pennetta su Simona Halep, la tarantina Roberta Vinci ha compiuto
l'impresa della vita impedendo a Serena Williams di completare il Grande
Slam
Due ore folli — La Vinci ha battuto per la prima volta in carriera la numero 1 del mondo per 2-6 6-4 6-4 in 2 ore esatte qualificandosi per la sua prima finale della carriera in uno Slam. Il tutto a 32 anni. Una magia. Roberta ha iniziato il match carica a mille e nell'interminabile terzo game, durato 14 punti, ha strappato la battuta alla Williams andando a servire avanti 2-1. Ma l'americana ha piazzato 6 game di fila per il 6-2, 1-0. Nel quinto game del secondo set Roberta ha fatto il break decisivo che ha tenuto con le unghie fino alla conclusione del set. Ma nessuno poteva ancora credere all'impresa con Serena che non perdeva un match negli Slam dal terzo turno di Wimbledon 2014 contro Alize Cornet.
Che terzo set! — Il terzo set è stato una follia pura! Una super Roberta soffriva i primi due giochi, con la numero 1 del mondo che saliva avanti un break: ma dallo 0-2 è arrivata la svolta decisiva. Roberta iniziava il suo show che mandava in tilt la testa di Serena, sempre più nervosa, sempre più agitata: non più efficace sul servizio, a un certo punto Serena ha iniziato a caricarsi con urlacci pazzeschi a ogni singolo punto conquistato. La tensione saliva alle stelle, ma Roberta sorrideva scanzonata a ogni urlo della rivale e l'apice dello show della Vinci veniva raggiunto per la clamorosa standing ovation sul 3-3 40-40 a seguito di uno spettacolare punto ottenuto a rete dalla tarantina. Roberta ha urlato sbracciandosi verso il pubblico: "Applaudite anche me!". E poi piazzava la stoccata vincente nel settimo game, saliva 4-3 e servizio e poi arrivava a servire per la gloria sul 5-3. Arrivava sul 30-0 con uno spettacolare demi volée di rovescio e poi chiudeva il match con una meravigliosa demi volée di dritto.

Serena Williams e Roberta Vinci si stringono la mano al termine del match
Nervosismo — Un match in salita, poi la svolta quando Serena ha perso il secondo set dando in escandescenze. "Mi hanno aiutato tante cose: la prima è stata vedere Serena che ha spaccato la racchetta alla fine del secondo set. Poi quando ha fatto quei 2 doppi falli sul 3 pari del terzo set. Me lo sono ripetuta ancora una volte che lei era molto nervosa. Io sentivo la partita, ma la sentiva terribilmente anche lei. E' stato decisivo. Se si fosse tenuta tutto dentro, forse non avrei reagito come ho fatto". Roberta lotta per 2 ore contro la rivale più forte di sempre e contro il pubblico, tutto dalla parte dell'americana. "Era naturale che il pubblico fosse tutto per lei. Per come gioca a tennis e per come ha dominato questi anni, meritava ampiamente di realizzare il Grande Slam. Questa credo sia la sorpresa più grande nella storia del tennis. Sto toccando il cielo con un dito". Ora è già tempo di pensare alla finale di sabato. "Domani io e Flavia saremo tese come due corde di violino. Peccato che la felicità duri poco. Non ho neanche tanto tempo per godermi questa vittoria che è già tempo di pensare alla finale di domani. Io e Flavia ci conosciamo da quando avevamo 9-10 anni. Tra la mia città e la sua ci sono 65 chilometri. Molte volte nei tornei Under 12 arrivavamo io e lei in finale. Vincevo sempre io perché ero più calma e lei più nervosa. Domani? Chissà, non ho niente da perdere".

Due ore folli — La Vinci ha battuto per la prima volta in carriera la numero 1 del mondo per 2-6 6-4 6-4 in 2 ore esatte qualificandosi per la sua prima finale della carriera in uno Slam. Il tutto a 32 anni. Una magia. Roberta ha iniziato il match carica a mille e nell'interminabile terzo game, durato 14 punti, ha strappato la battuta alla Williams andando a servire avanti 2-1. Ma l'americana ha piazzato 6 game di fila per il 6-2, 1-0. Nel quinto game del secondo set Roberta ha fatto il break decisivo che ha tenuto con le unghie fino alla conclusione del set. Ma nessuno poteva ancora credere all'impresa con Serena che non perdeva un match negli Slam dal terzo turno di Wimbledon 2014 contro Alize Cornet.
Che terzo set! — Il terzo set è stato una follia pura! Una super Roberta soffriva i primi due giochi, con la numero 1 del mondo che saliva avanti un break: ma dallo 0-2 è arrivata la svolta decisiva. Roberta iniziava il suo show che mandava in tilt la testa di Serena, sempre più nervosa, sempre più agitata: non più efficace sul servizio, a un certo punto Serena ha iniziato a caricarsi con urlacci pazzeschi a ogni singolo punto conquistato. La tensione saliva alle stelle, ma Roberta sorrideva scanzonata a ogni urlo della rivale e l'apice dello show della Vinci veniva raggiunto per la clamorosa standing ovation sul 3-3 40-40 a seguito di uno spettacolare punto ottenuto a rete dalla tarantina. Roberta ha urlato sbracciandosi verso il pubblico: "Applaudite anche me!". E poi piazzava la stoccata vincente nel settimo game, saliva 4-3 e servizio e poi arrivava a servire per la gloria sul 5-3. Arrivava sul 30-0 con uno spettacolare demi volée di rovescio e poi chiudeva il match con una meravigliosa demi volée di dritto.
Serena Williams e Roberta Vinci si stringono la mano al termine del match
Nervosismo — Un match in salita, poi la svolta quando Serena ha perso il secondo set dando in escandescenze. "Mi hanno aiutato tante cose: la prima è stata vedere Serena che ha spaccato la racchetta alla fine del secondo set. Poi quando ha fatto quei 2 doppi falli sul 3 pari del terzo set. Me lo sono ripetuta ancora una volte che lei era molto nervosa. Io sentivo la partita, ma la sentiva terribilmente anche lei. E' stato decisivo. Se si fosse tenuta tutto dentro, forse non avrei reagito come ho fatto". Roberta lotta per 2 ore contro la rivale più forte di sempre e contro il pubblico, tutto dalla parte dell'americana. "Era naturale che il pubblico fosse tutto per lei. Per come gioca a tennis e per come ha dominato questi anni, meritava ampiamente di realizzare il Grande Slam. Questa credo sia la sorpresa più grande nella storia del tennis. Sto toccando il cielo con un dito". Ora è già tempo di pensare alla finale di sabato. "Domani io e Flavia saremo tese come due corde di violino. Peccato che la felicità duri poco. Non ho neanche tanto tempo per godermi questa vittoria che è già tempo di pensare alla finale di domani. Io e Flavia ci conosciamo da quando avevamo 9-10 anni. Tra la mia città e la sua ci sono 65 chilometri. Molte volte nei tornei Under 12 arrivavamo io e lei in finale. Vincevo sempre io perché ero più calma e lei più nervosa. Domani? Chissà, non ho niente da perdere".
Lucianone
ARTE / Pittura - Gli affreschi di Antonio da Tradate
11 settembre '15 - venerdì 11th September / Friday visione post - 9
Un libro racconta l'emozionante ciclo
tardo quattrocentesco di Palagnedra.
Antonio da Tradate: un maestro popolare
capace di parlare agli umili.
(da 'la Repubblica' - 24/ 08 / '15 - Milano/ Cultura / Chiara Gatti)
Antonio da Tradate:
il rinascimento in salsa pulp e pop
San Michele Arcangelo impugna la spada in una mano e la bilancia nell'altra.
Due simboli che esprimono il suo doppio ruolo: angelo armato nella lotta contro
i mali del mondo e di anime salve nel giorno del giudizio. Semplicissimo.
Così semplice che anche gli umili analfabeti, non introdotti ai passi dell'antico
testamento. potessero comprenderlo. E, infatti, i contadini rudi ma devoti che
nell'alto Medioevo affollavano la pieve di San Michele a Palagnedra, immersa
nei boschi fitti delle prealpi sul confine italo-svizzero, capivano al volo le storie
sacre di Cristo o della genesi illustrate per i loro occhi da un artista capace di
parlare agli animi incolti. - Antonio da Tradate (1465 - 1511). autore di un
Quattrocento periferico, lontano dalle città d'arte più illuminate e cortesi, si
ritagliò un ruolo di primo piano come narratore di episodi biblici riscritti coi
pennelli: ingenui nelle semplificazioni didattiche, ma sempre umani e trasci-
nanti. Lo si vede bene nel ricco apparato iconografico pubblicato a corredo
del libro "Gli affreschi di Antonio da Tradate in San Michele a Palagnedra".
Edito da Nomos e curato da Renzo Dionigi, ex rettore dell'Università dell'In-
subria, medico col pallino per le storie locali, ricostruisce la vicenda di un pic-
colo oratorio che conserva ancora, dopo 500 anni, un impianto decorativo ric-
chissimo e miracolosamente intatto. Fra i ritratti degli evangelisti e dei padri
della chiesa, le madonne in trono e le scene della Passione, prende vita, in ogni
parete dipinta fino all'ultimo spicchio di muro, un racconto palpitante che sa
di cinema e stop-motion, simile - ma non in 3D - al "gran teatro montano" che
Gaudenzio Ferrari avrebbe siglato, di lì a poco, per il Sacro Monte di Varallo.

Lucianone
Un libro racconta l'emozionante ciclo
tardo quattrocentesco di Palagnedra.
Antonio da Tradate: un maestro popolare
capace di parlare agli umili.
(da 'la Repubblica' - 24/ 08 / '15 - Milano/ Cultura / Chiara Gatti)
Antonio da Tradate:
il rinascimento in salsa pulp e pop
San Michele Arcangelo impugna la spada in una mano e la bilancia nell'altra.
Due simboli che esprimono il suo doppio ruolo: angelo armato nella lotta contro
i mali del mondo e di anime salve nel giorno del giudizio. Semplicissimo.
Così semplice che anche gli umili analfabeti, non introdotti ai passi dell'antico
testamento. potessero comprenderlo. E, infatti, i contadini rudi ma devoti che
nell'alto Medioevo affollavano la pieve di San Michele a Palagnedra, immersa
nei boschi fitti delle prealpi sul confine italo-svizzero, capivano al volo le storie
sacre di Cristo o della genesi illustrate per i loro occhi da un artista capace di
parlare agli animi incolti. - Antonio da Tradate (1465 - 1511). autore di un
Quattrocento periferico, lontano dalle città d'arte più illuminate e cortesi, si
ritagliò un ruolo di primo piano come narratore di episodi biblici riscritti coi
pennelli: ingenui nelle semplificazioni didattiche, ma sempre umani e trasci-
nanti. Lo si vede bene nel ricco apparato iconografico pubblicato a corredo
del libro "Gli affreschi di Antonio da Tradate in San Michele a Palagnedra".
Edito da Nomos e curato da Renzo Dionigi, ex rettore dell'Università dell'In-
subria, medico col pallino per le storie locali, ricostruisce la vicenda di un pic-
colo oratorio che conserva ancora, dopo 500 anni, un impianto decorativo ric-
chissimo e miracolosamente intatto. Fra i ritratti degli evangelisti e dei padri
della chiesa, le madonne in trono e le scene della Passione, prende vita, in ogni
parete dipinta fino all'ultimo spicchio di muro, un racconto palpitante che sa
di cinema e stop-motion, simile - ma non in 3D - al "gran teatro montano" che
Gaudenzio Ferrari avrebbe siglato, di lì a poco, per il Sacro Monte di Varallo.
Lucianone
Ultime notizie - dal Mondo / Latest news
11 settembre '15 - venerdì 11th September / Friday
Stati Uniti / Sport - Tennis
Flushing Meadows - New York
La Pennetta stritola la Halep / E' in finale agli Us Open
E' la prima volta per una tennista italiana
La campionessa pugliese vince per 6-1, 6-3 una gara dominata dall'inizio alla fine.
Flavia Pennetta ce l'ha fatta. E' la prima donna nella storia del tennis italiano a
giungere in finale agli Us Open. C'è riuscita battendo nettamente in semifinale
la romena Halep.
VITTORIA LAMPO - Una gara senza storia: la Haòep, numero 2 del mondo, è
stata sconfitta in soli 59 minuti di gioco. L'azzurra affronterà la vincente tra
Serena Williams e Roberta Vinci.
Gran Bretagna - Londra
Musulmano e figlio di immigrati, Khan è candidato
sindaco di Londra per i laburisti
Sadiq Khan, di origini pachistane, 45 anni, ha vinto le primarie del Labour per scegliere il candidato nella corsa alla carica di sindaco della capitale britannica.
Lucianone
Stati Uniti / Sport - Tennis
Flushing Meadows - New York
La Pennetta stritola la Halep / E' in finale agli Us Open
E' la prima volta per una tennista italiana
La campionessa pugliese vince per 6-1, 6-3 una gara dominata dall'inizio alla fine.
Flavia Pennetta ce l'ha fatta. E' la prima donna nella storia del tennis italiano a
giungere in finale agli Us Open. C'è riuscita battendo nettamente in semifinale
la romena Halep.
VITTORIA LAMPO - Una gara senza storia: la Haòep, numero 2 del mondo, è
stata sconfitta in soli 59 minuti di gioco. L'azzurra affronterà la vincente tra
Serena Williams e Roberta Vinci.
Musulmano e figlio di immigrati, Khan è candidato
sindaco di Londra per i laburisti
Sadiq Khan, di origini pachistane, 45 anni, ha vinto le primarie del Labour per scegliere il candidato nella corsa alla carica di sindaco della capitale britannica.
Lucianone
Appuntamenti - Arte, fotografia e spettacolo/musica
11 settembre '15 - venerdì 11th September / Friday visione post - 6
GIOTTO - l' ITALIA
Palazzo Reale - Milano / dal 2 settembre 2015 al 10 gennaio 2016
mostragiottoitalia.it
palazzorealemilano.it
Scultura
HENRY MOORE
Museo Nazionale Romano - Terme di Diocleziano, Grandi Aule
Roma, Piazza della Repubblica
dal 24 settembre 2015 al 10 gennaio 2016
Fotografia
SGUARDO DI DONNA
Da Diane Arbus a Letizia Battaglia
LA PASSIONE E IL CORAGGIO
Venezia / TRE OCI - dal 11 settembre '15 al 8 dicembre 2015
25 donne 25 storie - 25 sguardi sul mondo
Fotografia
EDWARD BURTYNSKY / Acqua Shock
Palazzo della Ragione Fotografia
Piazza dei Mercanti, 1 - Milano
dal 3 settembre al 1 novembre 2015
www.palazzodellaragionefotografia.it
Creberg Teatro - BERGAMO
Malika Ayane - 16 ottobre 2015
Marco Masini - 22 ottobre '15
NEK - 10 novembre ' - '15
Sabina Guzzanti (satira politica) - "Come ne veniamo fuori" - 13 novembre '15
Jethro Tull di Ian Anderson - 1 dicembre '15
Federico Buffa (affabulatore) - "Le Olimpiadi del 1936" - 19 dicembre '15
PAOLO CONTE (ALBUM "Snob") - 18 marzo 2016
GIOTTO - l' ITALIA
Palazzo Reale - Milano / dal 2 settembre 2015 al 10 gennaio 2016
mostragiottoitalia.it
palazzorealemilano.it
Scultura
HENRY MOORE
Museo Nazionale Romano - Terme di Diocleziano, Grandi Aule
Roma, Piazza della Repubblica
dal 24 settembre 2015 al 10 gennaio 2016
Fotografia
SGUARDO DI DONNA
Da Diane Arbus a Letizia Battaglia
LA PASSIONE E IL CORAGGIO
Venezia / TRE OCI - dal 11 settembre '15 al 8 dicembre 2015
25 donne 25 storie - 25 sguardi sul mondo
Fotografia
EDWARD BURTYNSKY / Acqua Shock
Palazzo della Ragione Fotografia
Piazza dei Mercanti, 1 - Milano
dal 3 settembre al 1 novembre 2015
www.palazzodellaragionefotografia.it
Creberg Teatro - BERGAMO
Malika Ayane - 16 ottobre 2015
Marco Masini - 22 ottobre '15
NEK - 10 novembre ' - '15
Sabina Guzzanti (satira politica) - "Come ne veniamo fuori" - 13 novembre '15
Jethro Tull di Ian Anderson - 1 dicembre '15
Federico Buffa (affabulatore) - "Le Olimpiadi del 1936" - 19 dicembre '15
PAOLO CONTE (ALBUM "Snob") - 18 marzo 2016
Psicologia/ salute - L'influenza negativa dei Social Media
11 settembre '15 - venerdì 11th September / Friday visione post - 93
I troppi messaggi negativi producono ansia e assuefazione.
Inoltre ci rendono vulnerabili alle manipolazioni dall'alto.
( DA 'CORRIERE DELLA SERA' - 6 SETTEMBRE 2015 - La Lettura / di LAURA OLIN )
Cinici e infelici, colpa del notiziario
Il fruitore medio di notizie su internet, nel corso di un paio di settimane di quest'estate
ha probabiolmente visto: il video di un furgone spazzato via da un tornado
ripreso da una telecamera di sorveglianza; il fermo immagine di un boia dell'Isis ve-
stito di nero dietro a un uomo con il volto stravolto che sta per essere decapitato;
una rag azza che viene accoltellata nel corso di un gay pride a Gerusalemme.
E' facile che chi segue le notizie sui social media sia indotto a credere che il mondo
sia pieno di crudeltà, che stia andando alla deriva. Tanto più che, nell'età della televisione,
vediamo ora sequenze di catastrofi svolgersi in tempo reale, arricchite da colori e sonoro -
assieme alle foto di laurea di nostro cugino e all'annuncio del fidanzamento di un amico.
Siamo la prima generazione di esseri umani a disporre di questo flusso costante di
informazioni . E' una buona cosa? E che effetto ha su di noi?
A livello individuale, una saturazione di notizie ha conseguenze tangibili sulla salute.
Alcuni studi hanno provato che un'esposizione continua a cattive notizie può generare
ansia, depressione e disturbi da stress post-traumatico. - Come ha detto lo psicologo
Graham Davey all' "Huffington Post" : "Le notizie negative possono cambiare in
modo significative l'umore di un individuo, soprattutto se vengono trasmesse mettendo
in evidenza la sofferenza e le componenti emotive della storia".
Le componenti emotive di una storia sono proprio quel che i sistemi informativi dei social
media sottolineano e addirittura enfatizzano, perchè sono le risposte emotive a spingerci a condividere le cose online.
Per valutare le conseguenze della saturazione da social media, i ricercatori della University
of California a Irvine hanno studiato le reazioni della gente all'attentato della maratona di
Boston del 2013, e hanno rilevato che "le persone che si esponevano a sei o più ore di media
al giorno manifestavano sintomi da stress più acuti di quelli sofferti da chi era stato diretta-
mente esposto all'evento, cioà da chi si era trovato sul luogo dell'attentato". Seguire ossessi-
vamente una storia, in altre parole, può essere altrettanto sed non più stressante che esserne
coinvolti direttamente.
Un altro studio condotto dall'Università di Toronto su un gruppo di giornalisti che lavorano
con contenuti generati dagli utenti, ha rilevato che la continua esposizione a scene di violen-
za esplicita ci rende insensibili a essa, proprio come ci si abitua a tutto quello che si vede
spesso. Chi, di fronte a un inarrestabile flusso di sofferenze umane, penserebbe di poter in
qualche modo influire sulla vita di una vittima di un terremoto o di una guerra lontana?
Sul piano collettivo, sappiamo che quando le persone si sentono poco sicure sono più pro-
pense a sostyenere politiche di destra. Questi sentimenti possono avere conseguenze di
larga portata nella vita reale. Un recente, inquietante esempio, riportato da un articolo del
New York Magazine nella sezione "The Science of Us" ("La scienza di noi stessi"), è il
modo in cui il presidente George W. Bush usò il clima di paura negli Stati Uniti, dopo gli
attacchi terroristici del settembre 2001 ,per convincere gli elettori americani che il Paese
era minacciato dall'Iraq, e ottenere un consenso del 75 per cento all'invasione di quel
Paese. - Cosa dovrebbero fare allora gli irriducibili fan dei social media: smettere com-
pletamente di guardare le notizie e prendere le informazioni solo dai melensi talk show
del mattino? Forse in questo modo saremmo più felici, ma chiudere gli occhi su quello
che succede nel mondo non è una soluzione.
Lucianone
I troppi messaggi negativi producono ansia e assuefazione.
Inoltre ci rendono vulnerabili alle manipolazioni dall'alto.
( DA 'CORRIERE DELLA SERA' - 6 SETTEMBRE 2015 - La Lettura / di LAURA OLIN )
Cinici e infelici, colpa del notiziario
Il fruitore medio di notizie su internet, nel corso di un paio di settimane di quest'estate
ha probabiolmente visto: il video di un furgone spazzato via da un tornado
ripreso da una telecamera di sorveglianza; il fermo immagine di un boia dell'Isis ve-
stito di nero dietro a un uomo con il volto stravolto che sta per essere decapitato;
una rag azza che viene accoltellata nel corso di un gay pride a Gerusalemme.
E' facile che chi segue le notizie sui social media sia indotto a credere che il mondo
sia pieno di crudeltà, che stia andando alla deriva. Tanto più che, nell'età della televisione,
vediamo ora sequenze di catastrofi svolgersi in tempo reale, arricchite da colori e sonoro -
assieme alle foto di laurea di nostro cugino e all'annuncio del fidanzamento di un amico.
Siamo la prima generazione di esseri umani a disporre di questo flusso costante di
informazioni . E' una buona cosa? E che effetto ha su di noi?
A livello individuale, una saturazione di notizie ha conseguenze tangibili sulla salute.
Alcuni studi hanno provato che un'esposizione continua a cattive notizie può generare
ansia, depressione e disturbi da stress post-traumatico. - Come ha detto lo psicologo
Graham Davey all' "Huffington Post" : "Le notizie negative possono cambiare in
modo significative l'umore di un individuo, soprattutto se vengono trasmesse mettendo
in evidenza la sofferenza e le componenti emotive della storia".
Le componenti emotive di una storia sono proprio quel che i sistemi informativi dei social
media sottolineano e addirittura enfatizzano, perchè sono le risposte emotive a spingerci a condividere le cose online.
Per valutare le conseguenze della saturazione da social media, i ricercatori della University
of California a Irvine hanno studiato le reazioni della gente all'attentato della maratona di
Boston del 2013, e hanno rilevato che "le persone che si esponevano a sei o più ore di media
al giorno manifestavano sintomi da stress più acuti di quelli sofferti da chi era stato diretta-
mente esposto all'evento, cioà da chi si era trovato sul luogo dell'attentato". Seguire ossessi-
vamente una storia, in altre parole, può essere altrettanto sed non più stressante che esserne
coinvolti direttamente.
Un altro studio condotto dall'Università di Toronto su un gruppo di giornalisti che lavorano
con contenuti generati dagli utenti, ha rilevato che la continua esposizione a scene di violen-
za esplicita ci rende insensibili a essa, proprio come ci si abitua a tutto quello che si vede
spesso. Chi, di fronte a un inarrestabile flusso di sofferenze umane, penserebbe di poter in
qualche modo influire sulla vita di una vittima di un terremoto o di una guerra lontana?
Sul piano collettivo, sappiamo che quando le persone si sentono poco sicure sono più pro-
pense a sostyenere politiche di destra. Questi sentimenti possono avere conseguenze di
larga portata nella vita reale. Un recente, inquietante esempio, riportato da un articolo del
New York Magazine nella sezione "The Science of Us" ("La scienza di noi stessi"), è il
modo in cui il presidente George W. Bush usò il clima di paura negli Stati Uniti, dopo gli
attacchi terroristici del settembre 2001 ,per convincere gli elettori americani che il Paese
era minacciato dall'Iraq, e ottenere un consenso del 75 per cento all'invasione di quel
Paese. - Cosa dovrebbero fare allora gli irriducibili fan dei social media: smettere com-
pletamente di guardare le notizie e prendere le informazioni solo dai melensi talk show
del mattino? Forse in questo modo saremmo più felici, ma chiudere gli occhi su quello
che succede nel mondo non è una soluzione.
Lucianone
martedì 8 settembre 2015
INTERVISTA - Allo scrittore MOHSIN HAMID
8 settembre '15 - martedì 8th September / Tuesday visione post - 33
Mohsin Hamid, il famoso scrittore autore di "Il fondamentalista riluttante",
parla dei migranti e di Jihadi John, e del sentimento che oggi ci accomuna,
l'ansia: "Credo che più della paura il sentimento che ci accomuna
tutti è l'ansia. Intesa come paura emotiva".
(da la Repubblica - 25/ 08/ '15 - L'intervista / di Anna Lombardi)
"Viviamo in una sorta di guerra permanente. Ogni giorno, aprendo il giornale fronteggiamo scenari di guerra. Ci guardiamo intorno con sospetto, continuamente". Mohsin Hamid è lo scrittore pachistano famoso in tutto il mondo per il suo Il fondamentalista riluttante, il romanzo-chiave della
letteratura post 11 settembre, dove affrontava il delicato tema della tentazione esercitata
dal fondamentalismo sui giovani musulmani. Ora, con un saggio presentato al Sidney Writers
Festival pubblicato anche sull'inglese The Guardian, torna a riflettere su quali sono le insidie
di un mondo dove la paura è diventata globale. Un mondo dove, ad esempio, il figlio di immigrati
integrati può trasformarsi nel macellaio dell'Is, Jihadi John.
Cos'è, esattamente, quel che chiama guerra permanente? -
"Quella che vive la gente sotto le bombe in Siria: ma anche quella di un padre che accompagna
i figli a scuola a Peshawar temendo che i Ta gi e si trova all'improvviso nel mirino dei terroristi.
Senza dimenticare quella tutti è lche in America vivono tanti ragazzi neri, che rischiano di farsi sparare addosso solo perchè a un poliziotto bianco il loro comportamento appare sospetto...".
Lo considera un effetto collaterale della globalizzazione? -
"Credo che più della paura il sentimento che ci accomuna tutti è l'ansia. Intesa come paura emotiva
che la nostra società, così come la conosciamo, venga completamente ribaltata. Cioè il punto non è
la globalizzazione, che fin dai tempi dell'Impero romano, in fondo, è sempre esistita, ma la veloci-
tà, data oggi dalla tecnologia, con cui certi cambiamenti accadono. La tecnologia sta cambiando
le nostre vite a una velocità inaudita fino a poco tempo fa: penso a certi villaggi qui in to
dove 20 anni fa nessuno sapeva leggere e scrivere e oggi invece i bambini sono continuamente
collegati a Internet, sanno cose che i loro genitori non immaginavano nemmeno 5 anni fa. Ma
poi i cambiamenti concreti - sociali, economici, politici - non seguono lo stesso passo. Questo
crea ansia: e èprta la gente a chiudersi, a creare distinzioni. Nuove tribù".
Cosa intende per tribù? -
"Sistemi di identità rigidi: cattolici o musulmani, per esempio, nel caso delle religioni. Ma anche
bianchi o neri, europei o americani e così via per sottogruppi. Questo fa sì che stiamo perdendo
ogni vocabolario comune, ogni modo articolato per parlare in modo universale. Prendiamo la
religione: da sempre dovrebbe essere questo, un sitema universale. Ma sempre di più in questo
ambito, nessuno accetta quel che viene detto al di fuori dei propri canoni e parametri, rifiutando,
ad esempio, quello che le altre religioni dicono. Lo stesso accade per la democrazia...".
La democrazia? Che cosa c'è che non va con la democrazia? -
"Anche questo in teoria è un concetto universale. Ma non è affatto vero che ogni essere uimano
è un voto. Se lo fosse dovremmo chiedere a tutta l'umanità di votare per sapere se davvero ci de-
vono essere restrizioni sulle migrazioni. Se davvero abbiamo il diritto di buttare a mare chi fugge
da una guerra. Come possiamo parlare di diritti umani se non accogliamo chi è in pericolo? Allo-
ra non siamo tutti uguali... Ecco, penso che molti dei concetti che fin qui abbiamo usato per valu-
tare il mondo stiano fallendo: socialismo, religione, nazionalismo, democrazia...".
E' da questo che nasce il nuovo fondamentalismo? E' per questo che un ragazzo come Jihadi John,
laureato in un'università inglese, lascia tutto per andare a tagliar gole in Siria? -
"Abbiamo già visto nel corso della Storia che i giovani sono quelli che più facilmente si lasciano
sedurre da ideologie pericolose. Vale per chi ha fatto parte della Gioventù hitleriana, per gli
squadristi mussoliniani, gli anarchici che mettevano bombe come per chi gira icappucciato con
le insegne del Ku Klux Klan. Cercare è nella natura dei giovani: e qui il discorso si fa complesso,
intervendono innumerevoli fattori. Ma sono convinto che quello più importante oggi sia la geron-
tocrazia.La crisi dei giovani è un problema globale, ma lo è a maggior ragione in Occidente dove
mai come ora i vecchi hanno denaro, potere, influenza, case, pensioni: sicurezze che ai giovani vengono negate. I fondamentalismi nascono dalla marginalizzazione. E lo sbilanciamento del po-
tere è un fattore di marginalizzazione che prende, fra le tante forme, anche quella religiosa".
Vede una via d'uscita? -, cui tutti apparteniamo"
"Bisogna contrastare la narrazione degli ideologi religiosi, dei razzisti, dei demagoghi politici.
Ricordarci che anche l'Is racconta storie. E questo, oggi, è il ruolo degli intellettuali, degli arti-
sti, degli scrittori, della letteratura. Dobbiamo riscoprire valori universali che ci facciano parla-
re la stessa lingua e rompano i tabù delle tribù. Usare la creatività, la filosofia per avere nuove
idee che c'impediscano di piangerci addosso perchè l'economia va a è qualcosa dirotoli, ma spingano a cercare soluzioni post-capitalistiche, post-religiose, post-nazionaliste...".
E' per questo che la cultura è nel mirino dei fondamentalisti? -
" Sì, è esattamente questo il motivo per cui lo Stato islamico distrugge opere d'arte, uccide gli
intellettuali. Se vuoi imporre un sistema unico, dove solo tu sei nel giusto, la cultura è il tuo
nemico perchè ti dice che non ha senso, che non ci sono cose giuste o sbagliate, la mia gente
o la tua gente. Ma che la civiltà è qualcosa di molto più sfumato, cui tutti apparteniamo".
Lucianone
...
Mohsin Hamid, il famoso scrittore autore di "Il fondamentalista riluttante",
parla dei migranti e di Jihadi John, e del sentimento che oggi ci accomuna,
l'ansia: "Credo che più della paura il sentimento che ci accomuna
tutti è l'ansia. Intesa come paura emotiva".
(da la Repubblica - 25/ 08/ '15 - L'intervista / di Anna Lombardi)
"Viviamo in una sorta di guerra permanente. Ogni giorno, aprendo il giornale fronteggiamo scenari di guerra. Ci guardiamo intorno con sospetto, continuamente". Mohsin Hamid è lo scrittore pachistano famoso in tutto il mondo per il suo Il fondamentalista riluttante, il romanzo-chiave della
letteratura post 11 settembre, dove affrontava il delicato tema della tentazione esercitata
dal fondamentalismo sui giovani musulmani. Ora, con un saggio presentato al Sidney Writers
Festival pubblicato anche sull'inglese The Guardian, torna a riflettere su quali sono le insidie
di un mondo dove la paura è diventata globale. Un mondo dove, ad esempio, il figlio di immigrati
integrati può trasformarsi nel macellaio dell'Is, Jihadi John.
Cos'è, esattamente, quel che chiama guerra permanente? -
"Quella che vive la gente sotto le bombe in Siria: ma anche quella di un padre che accompagna
i figli a scuola a Peshawar temendo che i Ta gi e si trova all'improvviso nel mirino dei terroristi.
Senza dimenticare quella tutti è lche in America vivono tanti ragazzi neri, che rischiano di farsi sparare addosso solo perchè a un poliziotto bianco il loro comportamento appare sospetto...".
Lo considera un effetto collaterale della globalizzazione? -
"Credo che più della paura il sentimento che ci accomuna tutti è l'ansia. Intesa come paura emotiva
che la nostra società, così come la conosciamo, venga completamente ribaltata. Cioè il punto non è
la globalizzazione, che fin dai tempi dell'Impero romano, in fondo, è sempre esistita, ma la veloci-
tà, data oggi dalla tecnologia, con cui certi cambiamenti accadono. La tecnologia sta cambiando
le nostre vite a una velocità inaudita fino a poco tempo fa: penso a certi villaggi qui in to
dove 20 anni fa nessuno sapeva leggere e scrivere e oggi invece i bambini sono continuamente
collegati a Internet, sanno cose che i loro genitori non immaginavano nemmeno 5 anni fa. Ma
poi i cambiamenti concreti - sociali, economici, politici - non seguono lo stesso passo. Questo
crea ansia: e èprta la gente a chiudersi, a creare distinzioni. Nuove tribù".
Cosa intende per tribù? -
"Sistemi di identità rigidi: cattolici o musulmani, per esempio, nel caso delle religioni. Ma anche
bianchi o neri, europei o americani e così via per sottogruppi. Questo fa sì che stiamo perdendo
ogni vocabolario comune, ogni modo articolato per parlare in modo universale. Prendiamo la
religione: da sempre dovrebbe essere questo, un sitema universale. Ma sempre di più in questo
ambito, nessuno accetta quel che viene detto al di fuori dei propri canoni e parametri, rifiutando,
ad esempio, quello che le altre religioni dicono. Lo stesso accade per la democrazia...".
La democrazia? Che cosa c'è che non va con la democrazia? -
"Anche questo in teoria è un concetto universale. Ma non è affatto vero che ogni essere uimano
è un voto. Se lo fosse dovremmo chiedere a tutta l'umanità di votare per sapere se davvero ci de-
vono essere restrizioni sulle migrazioni. Se davvero abbiamo il diritto di buttare a mare chi fugge
da una guerra. Come possiamo parlare di diritti umani se non accogliamo chi è in pericolo? Allo-
ra non siamo tutti uguali... Ecco, penso che molti dei concetti che fin qui abbiamo usato per valu-
tare il mondo stiano fallendo: socialismo, religione, nazionalismo, democrazia...".
E' da questo che nasce il nuovo fondamentalismo? E' per questo che un ragazzo come Jihadi John,
laureato in un'università inglese, lascia tutto per andare a tagliar gole in Siria? -
"Abbiamo già visto nel corso della Storia che i giovani sono quelli che più facilmente si lasciano
sedurre da ideologie pericolose. Vale per chi ha fatto parte della Gioventù hitleriana, per gli
squadristi mussoliniani, gli anarchici che mettevano bombe come per chi gira icappucciato con
le insegne del Ku Klux Klan. Cercare è nella natura dei giovani: e qui il discorso si fa complesso,
intervendono innumerevoli fattori. Ma sono convinto che quello più importante oggi sia la geron-
tocrazia.La crisi dei giovani è un problema globale, ma lo è a maggior ragione in Occidente dove
mai come ora i vecchi hanno denaro, potere, influenza, case, pensioni: sicurezze che ai giovani vengono negate. I fondamentalismi nascono dalla marginalizzazione. E lo sbilanciamento del po-
tere è un fattore di marginalizzazione che prende, fra le tante forme, anche quella religiosa".
Vede una via d'uscita? -, cui tutti apparteniamo"
"Bisogna contrastare la narrazione degli ideologi religiosi, dei razzisti, dei demagoghi politici.
Ricordarci che anche l'Is racconta storie. E questo, oggi, è il ruolo degli intellettuali, degli arti-
sti, degli scrittori, della letteratura. Dobbiamo riscoprire valori universali che ci facciano parla-
re la stessa lingua e rompano i tabù delle tribù. Usare la creatività, la filosofia per avere nuove
idee che c'impediscano di piangerci addosso perchè l'economia va a è qualcosa dirotoli, ma spingano a cercare soluzioni post-capitalistiche, post-religiose, post-nazionaliste...".
E' per questo che la cultura è nel mirino dei fondamentalisti? -
" Sì, è esattamente questo il motivo per cui lo Stato islamico distrugge opere d'arte, uccide gli
intellettuali. Se vuoi imporre un sistema unico, dove solo tu sei nel giusto, la cultura è il tuo
nemico perchè ti dice che non ha senso, che non ci sono cose giuste o sbagliate, la mia gente
o la tua gente. Ma che la civiltà è qualcosa di molto più sfumato, cui tutti apparteniamo".
Lucianone
...
Iscriviti a:
Post (Atom)