sabato 20 maggio 2023

SOCIETA' / La storia - Quella coppia che accoglie i migranti

 20 maggio - sabato                                      20th May / Saturday                              visione post - 7

(da la Repubblica , 1 aprile '23 -  La Storia /la coppia di Ventimiglia / - inviato Massimo Calandri) 

Ventimiglia - 

Il primo ospite si chiamava Hossein, agosto 2020. "Un ragazzo tunisino, camminava a fatica".
Si era storto una caviglia a Lampedusa qualche giorno prima, allontanandosi dal centro di acco-
glienza. Poi aveva preso il treno per Ventimiglia, il più possibile vicino al confine con la Francia,
 ma il campo Roja della Croce Rossa era appena stato chiuso.   "E'' andata che Filippo, mio mari-
to, lo ha portato a casa.  Non mi ha detto nulla, non c'era bisogno.  Hossein è rimasto da noi due settimane. Aveva paura di non farcela, di non avere il coraggio. Una sera gli ho fatto scivolare un biglietto sotto la porta della camera: Se non te la senti puoi restare qui. Per sempre'. Invece il mat-
tino dopo non c'era più".  Loredana Lombardi racconta che quel giorno ha guardato negli occhi il marito. "E gli altri?", gli ha chiesto. Da allora, nella loro casa  iin frazione San Lorenzo - sulle altu-
re, a due passi dalla frontiera - hanno accolto non meno di trecento migranti. Ragazzi, donne coi lo-
ro bimbi, intere famiglie.    "A volte, solo per una doccia e un pasto caldo. O per una notte. Oppure,
per giorni e settimane". Dipende da loro. Da quando se la sentono.  "Arriva sempre il momento in
 cui provano a passare di là: dove hanno sempre voluto andare. Francia. E poi, chi può dirlo? 
Spesso va subito bene. Quando non va, ci provano due, tre volte: alla fine ce la fanno. Tutti. Chi
resta in Italia lo conti sulle dita di una mano".
Il telefonino di Loredana è pieno di messaggi, e fotografie: "Scrivono per salutare, per ringraziare -
che Dio vi benedica! - per raccontare che il viaggio è finalmente concluso. Mandano selfie dalla
Tour Eiffel o davanti a Buckingham Palace. Sono felici. E noi con loro".  Loredana faceva la ca-
posala in ospedale. Filippo era titolare di una piccola azienda edile. Pensionati, due figli ora aduti. 
due nipoti. Cattolici. "La religione non c'entra: io sono praticante, Filippo no. Facciamo  parte  di 
una associazione - Scuola di Pace - che raccoglie laici, suore, valdesi, la fratellanza islamica e
Don Rito Alvarez, un prete colombiano. Però quando abbiamo cominciato, abbiamo deciso per
conto nostro". -  Dopo Hossein è arrivata una famiglia afghana con tre bimbi piccoli- Un mino-
re africano. Per due settimane ospitano papà, 4 figli grandi e la mamma - dalla Libia - che stava
per partorire. "Poi abbiamo perso il conto. Ti gira la testa per l'emozione, l'impegno. Filippo va 
col suo furgone sotto il ponte del Roja, all'uscita dell'autostrada,  O alla stazione.   C'è  sempre 
qualcuno che ha bisogno  La casa nell'entroterra l'ha costruita Filippo con le sue mani: al piano
terreno la cucina, un camino, una sala  piena  di giocattoli  per i bimbi; una grande stanza  più 
grande, dove prima dormiva la figlia che ora è a Roma, attrezzata con brande e materassi; un
bagno. Al piano di sopra la loro camera matrimoniale e un'altra stanza (quella del figlio, che 
ora a sua volta vive e lavora altrove), un secondo bagno. All'esterno è stato riadattato un gara-
ge, con una tenda sopraelevata che può accogliere tre adulti o un genitore con alcuni bambini.
Ma alla fine chi cucina? "Naturalmente, io", sorride paziente Loredana. "Anche se col tempo 
ci siamo attrezzati. Filippo passa dal piazzale del cimitero, dove le varie associazioni di aiuto
alla sera distribuiscono i pasti. In casa nostra c'è sempre una pentola per un piatto di pasta, o
un cous-cous . "Spesso sono i nostri ospiti, a volersi sdebitare in qualche modo mettendosi ai
fornelli. Ci sono tante cose da imparare", dice Loredana. Insiste su questa parola: imparare. 
"E' uno scambio di esperienze, di parole, di sguardi". Non indulge. "Non è mica facile. Anzi.
All'inizio, forse. Ma dopo tanto entusiasmo, ti rendi conto  che quello dell'accoglienza  è un
percorso pieno di ostacoli: il clima disteso, l'amicizia, non sono mai scontati. Hai davanti per-
sone disperate, che hanno sofferto : a volte diffidenti, impaurite. Capisci che l'amicizia, il cli-
ma disteso, in qualche modo, li devi conquistare. C'è un problema dietro l'angolo che sembra
senza soluzione. Invece". Ne vale sempre la pena. "Ricevi molto più di ciò che dai".  Guarda
ancora i messaggi sul telefonino, le fotografie. "Ti fanno sapere che ce l'hanno fatta. Ma che 
la loro vita ha cominciato a cambiare. Il giorno che sono rimasti da noi, anche solo per poche
ore. E non esiste nulla di più gratificante".
Di questi trecento e passa 2ospiti", solo una decina è rimasta in Italia. A piedi o in treno, gli
altri vanno via. "Dipende dalle disponibilità economiche. Ricordo  dei ragazzi iraniani  che
24 ore dopo averci salutato erano già a Londra. Una famiglia africana ha impiegato mesi a
raggiungere Parigi".  L'ultima è stata Fatima, tunisina, un bimbo in braccio. "E' uscita di ca-
sa l'altro pomeriggio. A piedi, da sola, in piena notte ha superato il confine francese di San
Luigi. Ci ha telefonato da Nizza. Era felice. E questa felicità, voleva condividerla".

Lucianone

Nessun commento:

Posta un commento