23 aprile '22 - Sabato 23rd April / Saturday visione post - 10
(da la Repubblica - 15 aprile '22 - di Gian Mauro Costa, cronista-scrittore)
L'aperitivo con Letizia e l'attimo fuggente
del delitto Mattarella
del delitto Mattarella
Quando salutai Letizia e Franco, quel giorno, non potevo certo immaginare che da lì a qualche
istante mentre io rientravo a casa, loro, a bordo della R4, sarebbero invece entrati nella Storia.
Era il 6 gennaio 1980, avevamo trascorso qualche ora del giorno di festa tra i tavolini del bar di Villa
Sperlinga diventato il punto di riferimento della variopinta fauna della sinistra. Si parlava di politica.
di letteratura, fantascienza, arte. E Letizia, quando arrivava portava allegria, solarità, passione. Le
piaceva ascoltare i discorsi e poi, subito dopo, interrogare, chiedere spiegazioni, con una curiosità
smaniosa sempre addosso, bruciando una sigaretta dopo l'altra, e ogni tanto, come se fosse un tic -
e invece era una pulsione esistenziale - agguantando la semiautomatica per scattare una foto, fissare
un'immagine, raccontare un frammento di vita. Accanto a lei, immancabile, teneramente innamorato,
Franco Zecchin, compagno nella vita e nel lavoro. - Il giorno dell'Epifania 1980, lasciata la Villa,
Letizia e Franco imboccarono via Libertà e qualche centinaio di metri dopo, notarono un'auto ferma
e alcune persone in preda all'agitazione, Forse un incidente, pensarono, ma comunque l'istinto gior-
nalistico, la febbre onnipresente negli occhi diventati tutt'uno con l'obiettivo, li portarono a fermarsi.
Non sapevano ancora che quell'uomo sanguinante tirato fuori dall'auto da un giovane uomo di 39
anni ma già brizzolato, era il presidente della Regione Piersanti Mattarella. E quel giovane uomo.
tanti anni dopo, sarebbe diventato a lungo il principale inquilino del Quirinale. Mattarella, come
notai poi arrivando anch'io sul posto, era caduto proprio sotto un'insegna che pubblicizzava un'ini-
ziativa editoriale: "Storia della Sicilia", un simbolico segno del destino. E nella storia della Sicilia
in quel momento anche Letizia, con il suo Franco, entrarono a pieno titolo. Come due Robert Capa
del dopoguerra: e sempre di guerra si trattava, quello della mafia contro lo Stato. - E così per una
volta, la foto scattata per caso a Villa Sperlinga - non di Letizia, ma su Letizia - avrebbe raccontato
in un'immagine un'intera stagione. Quella che l'ha avuta come protagonista. "Per caso, soltanto per
caso", minimizzava lei a proposito dello scoop che la consacrò a livello internazionale e la ripagò
di tnte amarezze. L'amarezza per le diffidenze del suo essere donna in un ambiente allora prevalen-
temente maschile, l'amarezza per il lavoro del fotografo erroneamente svilito a ruota di scorta del
giornalismo. Un'accidentalità vera sino a un certo punto: Letizia aveva il dono magico dell'ubiquità.
Era presente dappertutto, si materializzava ovunque fosse necessario, per le esigenze del giornale
l'Ora e per quelle, meno pressanti forse ma non per questo meno preziose , di un'intera città, ritratta
anche nei suoi momenti gioiosi, nei suoi tentativi di resistenza culturale e politica.
Me ne resi conto solo qualche giorno dopo, quando entrai anch'io nella redazione de L'Ora, con l'incarico di cronista di nera. Il che significava lavorare a stretto gomito con Letizia. Un numero
telefonico interno metteva metteva i cronisti in diretto contatto con il suo studio, a poche decine
di metri dalla redazione. Era sufficiente sentire la nostra voce perchè Letizia, sciarpa o foulard
colorati al collo a seconda della stagione, si trovasse già all'angolo della strada pronta per partire.
Talvolta, arrivavamo sul luogo del delitto prima della polizia, ci univamo alle prime grida di do-
lore dei parenti della vittima, ai sussurri dei passanti. Lei, rapida e nello stesso tempo flemma-
tica, entrava in azione con delicatezza, con implacabile umanità. Documentava con crudezza
ma nello stesso tempo solidarizzava con il dolore, ingentiliva la morte. Lavorare con lei rende-
va leggeri i momenti più traumatici, le esperienze più sofferte. Durante le trasferte più lunghe,
quando il delitto avveniva in luoghi distanti, i tragitti erano fitti di conversazioni e quasi mai
si parlava di morte . Anzi le vidende private, le vicissitudini sentimentali erano spesso al cen-
tro ei discorsi. Questo suo amore per gli altri, per i negletti, per i diversi, per i fiori da cogliere
in mezzo al letame, prese poi il soparvvento nella seconda parte della sua vita professionale,
quando si sentì stanca di essere considerata la "fotografa della mafia" e privilegiò il suo incan-
tamento per le bellezze nascoste, il suo stupore eternamente infantile per la realtà.
Si è discusso a lungo sul perchè Palermo non abbia ancora il romanzo che la rappresenti. Non
è vero, c'è già: basta mettere in fila le fotografie di Letizia.
Lucianone
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