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(da la Repubblica - 13 maggio 2018 - Figurine / Enrico Sisti
Il saluto a Roberta e al suo tennis d'altri tempi
E' l'amore per il tennis che ti fa giocare bene, diceva. Forse è l'amore per il tennis
che l'ha convinta a lasciare, a 35 anni. Roberta/Robertina, quella che aveva iniziato al-
la chetichella con un cappellino in testa, che poi avrebbe sistemato in un cassetto per-
chè era ora di diventare grande e di guardare il mondo senza visiera. Non c'era più
niente da cui proteggersi: "Non avrò ripensamenti", ha ammesso ieri. Gli Internazio-
nali saranno l'ultimo torneo di Roberta/Robertina Vinci. Con quel cognome del resto
perdere più di tanto non poteva. Con quel talento "anticato", con quei colpi d'altri
tempi e con quel ritmo interiore che dalla vita lei trasferiva al campo, più di tanto
non poteva regalare sotto forma di punti. Dalla sua parte sinistra riusciva sempre a
spacciare un attacco per una difesa. Roberta è stata una provocatrice. Ha tramato per
accendere la giostra della felicità nel nostro tennis femminile. Anni irripetibili. Quat-
tro Fed Cup, cinque slam vinti in doppio con Sara Errani, dieci titoli Wta in singolare,
7a al mondo nel 2016, una passione sincera trasmessa e ricevuta su qualunque super-
ficie e ovunque. E sempre portando con sè quel tratto distintivo che le donava un non
so che di magico, di cosa preziosa, come se il tempo si fermasse ogni volta, forse anche
lui per ammirare la naturale completezza di quell'estetica così diversa dai deltoidi
sporgenti e dai servizi a 190 kmh delle sue colleghe. Roberta è stata unica: "Non so co-
sa farò, magari resterò nel tennis ad allenare i bambini nella mia Taranto". Una città
vissuta troppo poco. Forse questo è il suo unico rimpianto. Gli occhi e i pensieri, ragio-
nando di Roberta, vanno a quel giorno in cui sommersa, quasi schiacciata dallo stupo-
re del centrale più grande del mondo, l'Arthur Ashe di Flushing Meadows, disse:
"Scusatemi!". Aveva battuto in semifinale Serena Williams. L'immagine più bella del-
la sua vita. Qualche minuto prima, dopo un colpo meraviglioso, con lo sguardo eccita-
to chiedeva alla gente assiepata: "Adesso applaudite me!". La crisalide era diventata
farfalla davanti a tutti. E poi la finale con Flavia. in un derby pugliese che almeno per
un giorno rese New York più piccola della Little Italy di quella fantastica finale che
Roberta perse ma in fondo vinse, perchè Flavia e lei erano una cosa sola, venivano
dalla stessa terra, avevano condiviso i primi sorrisi e le prime racchette, perchè Fla-
via e lei sono la storia di uno sport che non aveva mai così tanto a lungo e così tanto
bene parlato italiano, alternando forza e delicatezza. E scendendo a rete in nome di
un intero paese. Per amore del tennis.
Lucianone
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