lunedì 3 luglio 2017

Ambiente - Il Mediterraneo di plastica

3 luglio '17 - lunedì                        3rd July / Monday                             visione post - 22

Uno studio del Cnr ha individuato dove le correnti portano
l'immondizia galleggiante. La massima concentrazione tra
Toscana e Corsica: 10 chili per chilometro quadrato

(Da la Repubblica - 17 dicembre '16 - L'ambiente / Elena Dusi - Roma)
Il Mediterraneo  è diventato  una zuppa di plastica.  Un chilometro quadro, nei mari
italiani, ne contiene in superficie fino a 10 chili. E' questo il record del Tirreno setten-
trionale, fra Corsica e Toscana. Attorno a Sardegna, Sicilia e coste pugliesi, la media 
è invece di 2 chili. Sono valori superiori perfino alla famigerata "isola di plastica" nel
vortice del Pacifico del nord: un'area di circa un milione di chilometri quadri in cui le
correnti accumulano la spazzatura dell'oceano. Qui la densità delle microplastiche - i
frammenti do pochi millimetri das cui è formata la "zuppa" - è di 335mila ogni chilo-
metro quadrato. Nel Mediterraneo arriva a 1,25 milioni. Per evitarlo, tutta la spazza-
tura dovrebbe andare nei cassonetti anzichè nell'ambiente.
L'analisi che ha riguardato i mari della penisola  arriva  da un gruppo di biologi del 
Cnr ed è pubblicata su Scientific Reports.  "A finire in mare sono soprattutto i rifiuti
della nostra vita quotidiana"  spiega  uno dei coordinatori, Stefano Aliani, che con i 
colleghi nel 2013  ha raccolto  i campioni di spazzatura  a bordo  della nave  del Cnr 
Urania. "Sacchetti e bottiglie vengono degradati dalla luce. Nel giro di anni o perfino
secoli, a seconda del tipo di plastica e dell'ambiente in cui finiscono, questi rifiuti si ri-
ducono in poltiglia". I frammenti microscopici sono stati raccolti con una rete specia-
le trainata dall?Urania in 74 punti di Adriatico e Tirreno. "Nel complesso - scrivono
i biologi nello studio - la plastica è meno abbondante nell'Afriatico, con una media di
468 grammi per chilometro quadro, rispetto  al Mediterraneo occidentale"   con una 
media di 811 grammi.  "La gravità della situazione del Mediterraneo non ci stupisce"
dice Aliani. "E' un mare sostanzialmente chiuso, in cui una particella ha un tempo di 
permanenza di circa mille anni. Teoricamente, cioè, impiega tutto quel tempo  per at-
traversare la stretta imboccatura di Gibilterra. Nelle sue acque sboccano anche fiumi
importanti come Danubio, Don, Po e Rodano". Anche se i mari diventano sempre più
torbidi (si calcola  che  dei 300 milioni di tonnellate all'anno  di plastica  prodotta  nel
mondo, una dozzina finiscano in mare), quale sia la sorte di buona parte della spazza-
tura resta un mistero. "Non sappiamo dove sia oggi tutta la plastica che abbiamo pro-
dotto" spiega Aliani.  "Quella che ritroviamo  nelle nostre spedizioni  non si avvicina
neanche lontanamente all'ammontare che secondo i nostri calcoli dovrebbe esere fini-
to in mare.  Può darsi  che molta si perda  in fondo agli oceani, dove non abbiamo  la 
possibilità di osservarla". -   La responsabilità delle zuppe marine va in buona parte
al packaging non riciclabile. In Europa scatole e involucri contribuiscono al 40% del-
la produzione di questo materiale e a più del 10% dei rifiuti. Il 92% della plastica tro-
vata in mare è composta da frammenti di meno di 5 millimetri. Tracce sono comparse
in Artide e Antartide. Sono finite inglobate in alcune rocce (un campione dei cosiddet-
ti "plastiglomerati" è stato osservato alle Hawaii nel 2014)  e  si sono infilate nei sedi-
menti dei fondali oceanici. Questo materiale è perfino stato proposto come uno dei se-
gni distintivi dell'antropocene, l'era geologica caratterizzata dai segni della presenza
umana sulla Terra.  "Per l'ecosistema marino, i danni sono molteplici" conferma Alia-
ni. "Il pericolo più evidente per gli animali è il soffocamento".  Ma questi frammenti
possono anche essere ingoiati dal plancton, le minuscole creature  che si trovano  alla
base della catena alimentare del mare.  In Spagna è nata un'azienda - la Ecoalf - che
raccoglie sacchetti e bottiglie finite nelle reti dei pescatori e li ricicla producendo vesti-
ti.  "Il problema non è solo la plastica in sè"  prosegue il biologo del Cnr    "Mancano 
studi approfonditi, ma si pensa che questo materiale sia inerte per gli organismi". Più
pericolose sono le sostanze che alla plastica  vengono combinate  durante i processi in-
dustriali, per fornirle le caratteristiche volute. "Potrebbero agire come pseudo-ormoni,
creando scompensi nel sistema endocrino. "Abbiamo osservato il problema nelle balene".
Le tappe e i dati
Le spedizioni -
I campioni di plastica sono stati raccolti durante due spedizioni nel 2013 sulla nave
Urania del Cnr.  I 74 campionamenti sono avvenuti fra Tirreno e Adriatico.
La rete -
La rete era trainata per 5 minuti a 1,5-2 nodi. Le plastiche sono state suddivise per
dimensioni e osservate al microscopio.



Lucianone

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