giovedì 11 giugno 2015

Riflessioni / recuperate - Su: Berlusconi e l'Italia dei processi politici // Salvini e i campi nomadi

11 giugno '15 / venerdì           11th June - Friday                      visione post - 21

Hanno ragione l'Avvenire e la Cei, non c'è coincidenza  tra assoluzione giudiziaria  e
giudizio morale. Peccato e reato non sono la stessa cosa, e dunque - dicono in sostan-
za i vescovi - Berlusconi non gongoli più di tanto.     Ma il problema (uno dei tanti) di 
questo Paese è che la moralità (anche nella sua forma più banale, che è il senso del-
la misura)  quasi non ha peso nella vita pubblica, nelle fortune politiche, nelle scelte 
elettorali. Valesse qualcosa, il giudizio morale, Berlusconi non sarebbe stato votato
da milioni di bravi cattolici, 
L'abnorme quantità di processi "politici", da Tangentopoli in poi, è anche conseguenza 
del mancato vaglio che, in una comunità sana, seleziona in modo un pò meno lasco  la
classe dirigente. E' come se la magistratura si fosse sentita costretta a mettere le mani
in una matassa che altri avrebbero dovuto sbrogliare, e ben prima di arrivare davanti a
una toga. Con tutte le conseguenti storture e goffaggini, e l'impressione, non del tutto
infondata, che sotto inchiesta siano finiti non solamente i reati, ma anche i peccati. Che
non sono, come è noto, competenza della magistratura. Il ricorso alle carte bollate, nel
nostro Paese, è direttamente proporzionale alla paurosa incapacità della società di auto-
regolamentarsi. Siano reati, siano peccati, sono troppi i cittadini che se ne lavano le ma-
ni
(da la Repubblica - 13 marzo '15 / L'amaca - Michele Serra)

La TOURNE'E di Matteo Salvini nei campi nomadi (ieri a Milano Chiesa Rossa) ha
oramai più date del Neverending Tour di Bob Dylan. Metterne in evidenza gli aspetti
propagandistici sarebbe più facile  se la presenza  quasi ossessiva  del capo leghista 
tra quelle lamiere, tra quegli stracci, quelle stoppie, fosse raffrontabile  con quella di
altri leader politici. Magari per mettere a confronto parole diverse e intenzioni diver-
se spese, però, nello stesso scenario periferico e malandato. 
Su quelle trincee desolate la politica che conta non si avventura mai. Lo fanno i preti,
i volontari, al massimo qualche sindaco e qualche assessore coraggioso. Non certo i
pari-grado di Salvini. E dire che attorno  a quegli snodi cigolanti della nostra vita so-
ciale trascorre l'esistenza non solo dei Rom, ma di milioni di persone, italiane e stra-
niere, che della parola 'abbandono' si sentono testimoni fissi.
La demagogia è una brutta bestia, e Salvini sa come cavalcarla. Ma su quei terreni
(non edificabili) dove la società è più brutta, più impaurita, più incattivita, la politica,
specie quella che si considera più virtuosa e/o operosa, non ha più il coraggio ( o la
coscienza, o l'incoscienza) di avventurarsi.    Salvini, tra i tanti evidentissimi difetti,
ha il pregio di non avere paura di sporcarsi la cravatta.
(da la Repubblica - da la Repubblica - 3 aprile 2015 - L'amaca - Michele Serra)

Lucianone

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