CHIEVO
Non rinunciare ai gol di Pellissier
Non rinunciare ai gol di Pellissier
Una bandiera ammainata? Macchè. Un leone in gabbia, piuttosto. Se cercate una fotografia di Sergio Pellissier, oggi, non fate fatica, non sprecate immaginazione. Non è un orizzonte su cui si sta appoggiando un sole al tramonto. E' l'esatto contrario. E' un campione che s'interroga, si cerca, si aspetta. Magari s'incazza pure. E sa che prima o poi (meglio prima che poi...) ripasserà la palla giusta al momento giusto e lui sarà lì. Come sempre. Più di sempre. Questo non è un inno a Pellissier, nè un glorioso revival. Questo è, semplicemente, il momento di rifarsi una domanda. Facile facile, semplice semplice, persino banale e scontata. "Può il Chievo fare a meno di Pellissier?". Piano con le risposte, che non sono e non possono essere mai soltanto risposte tecniche. Il calcio ha altri valori, non c'è soltanto il modulo, lo schema, le diagonali, la difesa a 3 e l'attacco a 2. Ci sono sentimenti, valori, sensazioni, equilibri, che sono altrettanto fondamentali. E che distinguono una bandiera da un compagno di squadra. Un capitano dagli altri dello spogliatoio. Un simbolo, da tutto il resto. Sergio Pellissier è la bandiera, il capitano, il simbolo del Chievo. E allora, dove sta l'errore? L'ASPETTO TECNICO-TATTICO. Il bomber manca al Chievo, c'è poco da fare. Se c'erano dubbi, basta ripensare al match di Marassi. Dove il Chievo è stato bellino senza essere concreto, ha giocato bene ma non ha mai messo, per davvero, paura alla Samp. Obiezione: s'è vinto anche senza Pellissier. Seconda obiezione: magari, se avesse sempre giocato lui, non sarebbe esploso Paloschi. Vere, tutte e due. Ma qui non è in discussione il valore di Paloschi, nè tantomeno le legittime ambizioni di Samassa, Stoian, Hauche eccetera eccetera. Il discorso è diverso ed è tecnico e psicologico al tempo stesso. Pellissier non è un giocatore al tramonto. Può aver avuto momenti belli e meno belli, può aver accusato, anche, il peso di stagioni in cui s'è caricato il Chievo sulle spalle. In cui ha giocato acciaccato, mezzo rotto, influenzato, col mal di schiena, senza allenamento. Perchè senza di lui, non era Chievo. Non era tutto, ma è stato molto, di quel Chievo. In campo e fuori. Come gol e come esempio. Pellissier è stato al centro del Chievo. Anzi, il centro del Chievo. Oggi non lo è più. Le parole e le pacche sulle spalle non gli servono, come forse non gli servivano prima. Gli servirebbe giocare. La cosa che gli riesce meglio. L'ASPETTO PSICOLOGICO. Se lo conosci, non puoi aspettartelo diverso. Come può stare, sul piano umano, un giocatore simbolo di una squadra, che non gioca (quasi) da 12 partite? Male, risposta scontata. Nè gli si può chiedere di dare comunque l'esempio, di trascinare gli altri. Ma come fai a farlo, se non sei in pace con te stesso? Se ti senti improvvisamente messo all'angolo? Per carità, ci possono essere esempi diversi e giocatori che reagiscono in altro modo. Questione di carattere, anche. La realtà è che il Chievo, oggi, rischia di «perdere» Pellissier. Di non averlo al top nel momento clou del campionato. Quando negli anni scorsi, toccava a lui, quasi sempre solo a lui, inventarsi qualcosa. Più difficile farlo in 10 minuti, o in un quarto d'ora. Neanche Messi, ce la potrebbe sempre fare. Ultima osservazione: il calcio di oggi è cambiato, un tecnico non può trascurare gli indizi che gli arrivano dall'allenamento. Cioè, tradotto in altre parole, "tutti i giocatori sono uguali, gioca chi sta meglio". Scusate, frase bella, ma poco vera. O falsa, se preferite. I giocatori non sono uguali, sono profondamente diversi. Per caratteristiche, carattere, sensibilità, esperienza, qualità tecniche, doti morali. Se uno arriva al Chievo e vede Pellissier, sa di avere davanti uno che ha scritto un bel pezzo di storia del Chievo. Capisce di avere davanti una bandiera. Il capitano. Il simbolo. Senza offesa per nessuno, quelli come Pellissier non sono mai uguali agli altri.
(da L'Arena.it Raffaele Tomelleri)
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