15 marzo '15 - sabato 15th March / Sunday visione post - 23
KAI ABBANDONATO CON I GIOCHI PREFERITI
E' stato legato fuori da una stazione in Scozia.
La foto commuove la Rete: corsa per adottarlo.
(da 'Corriere della Sera' - 8 gennaio 2015 - Fabio Cavalera / Londra)
Kai è la star del web La sua foto rimbalza dal Regno Unito a Singapore, dagli Stati
Uniti al Perù e a Hong Kong. E' un cane, di razza Shar Pei che è molto vecchia e ori-
gina dalla Cina, trovandosene traccia nei disegni risalenti alla dinastia Han, secondo
secolo. Inconfondibili e unici perchè hanno il corpo ricoperto di pliche.
Potrebbe essere, quella di Kai, una storia di abbandono come purtroppo ci sono ogni
giorno in ogni angolo del mondo. Padroni di animali che all'improvviso si sbarazzano
del loro amico, persone che perdono il cuore e lasciano il fedele amico di una vita in
mezzo alla strada (se va bene) nella speranza forse che altri se ne prendano cura.
Ma Kai nella sua sfortuna ha avuto anche un pizzico di buona sorte. Il suo padrone o
la sua padrona lo hanno abbandonato nella stazione di Ayr che è una città della Sco-
zia meridionale con un passato glorioso: qui si è riunito per la prima volta il parlamento
scozzese nel 1315 e qui è stato incoronato re il guerriero e condottiero Robert Bruce,
eroe dell'indipendenza. Kai è stato legato a una inferriata con al fianco una valigia nel-
la quale c'erano la ciotola del cibo, la coperta, il cuscino, i suoi giochi. E non gli è anda-
ta malissimo. - David Brown, un ferroviere di Ayr, il 2 gennaio ha cominciato il turno di
lavoro a metà pomeriggio e lo ha trovato lì, accucciatom buono e in attesa di ritrovare
i padroni. Lo ha fotografato e ha pensato di stargli in compagnia. Fino a che ha realizza-
to che Kai non sarebbe mai tornato a casa. E lo ha affidato a un'organizzazione, la
"Scottish SPCA" che se ne è presa cura.
Ma quella foto, scattata per pura curiosità, è valsa più di ogni cosa. E' entrata nel circui-
ito di internet in Scozia, poi nel Regno Unito tutto, poi in Europa, in Asia e in America.
Un cane ha mobilitato la rete. A migliaia si sono proposti per adottare Kai che ha 3 anni
e, sotto pelle, il microchip da cui è stato possibile risalire al primo padrone. Lo aveva
venduto, nel 2013, attraverso "Gumtree", un sito di annunci. Non è lui il colpevole. Così
è scattata la caccia all'"amico", o presunto tale, di Kai, quello che lo ha comperato e
mollato. L'ultimo atto di "carità" (la valigia con la coperta e i giochi) non lo rende immu-
ne da una punizione. La legge scozzese e la legge britannica sono severe. A Londra chi
abbandona un cane può essere condannato a 20 mila sterline (25 mila euro) e condanna-
to a sei mesi di carcere. Se l'asbbandono procura rischio all'incolumità di altre persone
la pena sale fino a 5 anni (nell'eventualità di ferite) e a 14 anni (nell'eventualità di morte).
Si dice che il Regno Unito sia un Paese che ama gli animali e i cani in particolare . Eppure
i numeri offrono una diversa fotografia. Il "Dog's Trust", che è un'associazione non profit,
ogni anno realizza il censimento delle "separazioni forzate", dei cani dimenticati, buttati
fuori, respinti: sono 110 mila in dodici mesi, diecimila (grazie ai microchip) rientrano, mol-
ti trovano nuove famiglie, tanti alla fine vengono soppressi. Il picco si è avuto nel periodo
più nero della crisi finanziaria: fra il 2009 e il 2010, quando furono segnalati ben 130 mila
casi. E si parla di cifre ufficiali.
La storia di Kai, tutto sommato, si sta concludendo nel migliore dei modi. Un padrone
l'avrà, vista la catena di soliodarietà che si è formata. La foto ha prodotto il suo effetto.
Persino la Bbc si è mobilitata spedendo una sua inviata ad Ayr per raccontare la sorte
del cane. Del bel Shar Pei con la valigia. Che ora starà anche meglio di prima.
Lucianone
DI TUTTO e di PIU Ambiente / Appuntamenti / Arte / / Cibo-cucina / Commenti / Cultura / Curiosità-comicità / Dossier / Economia-Finanza / Fotografia / Inchiesta / Intervista / Istruzione / Lavoro / Lettere / Libri / Medicina / Motori / Musica / Natura / Opinione del Giovedì / Personaggi / Psicologia / Reportage / Riflessioni-Idee / Salute / Scienze / Società-Politica / Spettacoli (cinema/tv) / Sport / Stampa-giornali / Storie / Tecnologia-Internet / Ultime notizie / Viaggi
domenica 15 marzo 2015
sabato 14 marzo 2015
Sport . calcio / Serie B - 31^ giornata - 2104/15
14 marzo '15 - sabato 14th March / Saturday visione post - 5
Risultati delle partite
Spezia 3 Bari 3 Brescia 1 Carpi 1 Cittadella 0
Livorno 0 Varese 0 Latina 2 Pescara 2 Crotone 0
Frosinone 3 Perugia 3 Trapani 4 Lanciano 1
Entella 3 Pro Vercelli 2 Ternana 2 Avellino 0
Bologna Vicenza
Modena Catania
(domenica / ore 15:00) (lunedì / ore 20.30)
Lucianone.
Risultati delle partite
Spezia 3 Bari 3 Brescia 1 Carpi 1 Cittadella 0
Livorno 0 Varese 0 Latina 2 Pescara 2 Crotone 0
Frosinone 3 Perugia 3 Trapani 4 Lanciano 1
Entella 3 Pro Vercelli 2 Ternana 2 Avellino 0
Bologna Vicenza
Modena Catania
(domenica / ore 15:00) (lunedì / ore 20.30)
Lucianone.
Medicina / scienza - L'ultima frontiera contro il cancro
14 marzo '15 - sabato 14th March / Saturday
Ecco la pillola che blocca
le mutazioni del dna
Risultati incoraggianti negli Stati Uniti. Il farmaco
colpisce i geni impazziti e risparmia gli organi malati
(da 'la Repubblica' - 27 febbraio '15 - di Gina Kolata)
Dopo che chemioterapia e radioterapia non erano riuscite a fermare la rara forma
di leucemia che aveva colpito Erika Hurwitz, il suo medico ha pensato a un'alternati-
va: un farmaco per combattere il melanoma. E il risultato è stato strabiliante.
Nel giro di quattro settimane - durante le quali tutta la pelle del suo corpo si è rico-
perta di un grave sfogo cutaneo rossastro, così doloroso da rendere necessaria l'as.
sunzione di un anestetico e di un antidolorifico - il tumore è scomparso. Letteralmente
sparito. "E' stato un farmaco miracoloso" ha detto Hurwitz, una signora di 78 anni che
abita nella Contea di Westchester e che era entrata a far parte di un gruppo di ricerca
nazionale per curare il cancro non nell'organo colpito, ma nelle mutazioni che ne accele-
rano la crescita.
I tumori tendono spesso a essere indotti da mutazioni nei geni che accrescono la cresci.
ta delle cellule tumorali e le diffondono in altre parti del corpo. Esistono ora sempre più
farmaci in grado di inibire queste mutazioni genetiche. - Adesso alcune strutture medico
sanitarie come il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, dove si ò fatta
curare la signora Hurwitz, stanno iniziando a coordinare i loro sforzi nel tentativo di tro-
vare nuove risposte. La prossima primavera un programma nazionale finanziato a livel-
lo federale inizierà lo screening dei tumori di migliaia di pazienti per verificare quali pos-
sano essere presi di mira da uno dei dieci-dodici farmaci di nuova produzione.
Gli studi si questo nuovo metodo, denominati "basket study" perchè raggruppano forme
tumorali diverse, sono condotti su un numero molto inferiore di casi rispetto agli studi tra-
dizionali e non necessitano di gruppi di controllo di pazienti che ricevono la terapia stan-
dard. I ricercatori e le società farmaceutiche hanno chiesto alla Food and Drug Admini-
stration la sua opinione, consapevoli che senza di essa nessun farmaco potrebbe essere
autorizzato. La Fda ha fatto sapere che li autorizzava ed era in grado di approvare farma-
ci sperimentali solo in basket study. - Invece di insistere con le ricerche tradizionali, ha
detto il dottor Richard Pazdur, direttore della divisione della Fda che approva i nuovi far-
maci antitumorali, si è deciso provare a chiedersi: "La popolazione americana starà me-
glio con questo farmaco o senza?".
Nel caso della signora Hurwitz, la mutazione della sua rara forma tumorale si trovava nel
gene BRAF, scoperto nel 50 per cento dei melanomi, ma raro in altre forme di cancro. A
quel punto la paziente è stata inserita in un gruppo di una dozzina di malati con la stessa
mutazione ma con forme tumorali diverse, ed è stata sottoposta a un nuovo studio speri-
mentale che prevede l'assunzione di farmaci che di norma curano i melanomi aggredendo
la mutazione. - I basket study sono possibili soltanto da poco, da quando il sequenziamen-
to genetico è diventato eccellente e possibile a prezzi contenuti, al punto che i medici pos-
sono cercare nei tumori la cinquantina o sessantina di mutazioni che provocano il cancro.
Continua... to be continued...
Ecco la pillola che blocca
le mutazioni del dna
Risultati incoraggianti negli Stati Uniti. Il farmaco
colpisce i geni impazziti e risparmia gli organi malati
(da 'la Repubblica' - 27 febbraio '15 - di Gina Kolata)
Dopo che chemioterapia e radioterapia non erano riuscite a fermare la rara forma
di leucemia che aveva colpito Erika Hurwitz, il suo medico ha pensato a un'alternati-
va: un farmaco per combattere il melanoma. E il risultato è stato strabiliante.
Nel giro di quattro settimane - durante le quali tutta la pelle del suo corpo si è rico-
perta di un grave sfogo cutaneo rossastro, così doloroso da rendere necessaria l'as.
sunzione di un anestetico e di un antidolorifico - il tumore è scomparso. Letteralmente
sparito. "E' stato un farmaco miracoloso" ha detto Hurwitz, una signora di 78 anni che
abita nella Contea di Westchester e che era entrata a far parte di un gruppo di ricerca
nazionale per curare il cancro non nell'organo colpito, ma nelle mutazioni che ne accele-
rano la crescita.
I tumori tendono spesso a essere indotti da mutazioni nei geni che accrescono la cresci.
ta delle cellule tumorali e le diffondono in altre parti del corpo. Esistono ora sempre più
farmaci in grado di inibire queste mutazioni genetiche. - Adesso alcune strutture medico
sanitarie come il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, dove si ò fatta
curare la signora Hurwitz, stanno iniziando a coordinare i loro sforzi nel tentativo di tro-
vare nuove risposte. La prossima primavera un programma nazionale finanziato a livel-
lo federale inizierà lo screening dei tumori di migliaia di pazienti per verificare quali pos-
sano essere presi di mira da uno dei dieci-dodici farmaci di nuova produzione.
Gli studi si questo nuovo metodo, denominati "basket study" perchè raggruppano forme
tumorali diverse, sono condotti su un numero molto inferiore di casi rispetto agli studi tra-
dizionali e non necessitano di gruppi di controllo di pazienti che ricevono la terapia stan-
dard. I ricercatori e le società farmaceutiche hanno chiesto alla Food and Drug Admini-
stration la sua opinione, consapevoli che senza di essa nessun farmaco potrebbe essere
autorizzato. La Fda ha fatto sapere che li autorizzava ed era in grado di approvare farma-
ci sperimentali solo in basket study. - Invece di insistere con le ricerche tradizionali, ha
detto il dottor Richard Pazdur, direttore della divisione della Fda che approva i nuovi far-
maci antitumorali, si è deciso provare a chiedersi: "La popolazione americana starà me-
glio con questo farmaco o senza?".
Nel caso della signora Hurwitz, la mutazione della sua rara forma tumorale si trovava nel
gene BRAF, scoperto nel 50 per cento dei melanomi, ma raro in altre forme di cancro. A
quel punto la paziente è stata inserita in un gruppo di una dozzina di malati con la stessa
mutazione ma con forme tumorali diverse, ed è stata sottoposta a un nuovo studio speri-
mentale che prevede l'assunzione di farmaci che di norma curano i melanomi aggredendo
la mutazione. - I basket study sono possibili soltanto da poco, da quando il sequenziamen-
to genetico è diventato eccellente e possibile a prezzi contenuti, al punto che i medici pos-
sono cercare nei tumori la cinquantina o sessantina di mutazioni che provocano il cancro.
Continua... to be continued...
domenica 8 marzo 2015
Sport - calcio / Serie B - 30^ giornata - 2014/15
8 marzo '15 - domenica 8th March / Sunday
Risultati delle partite
Catania 2 Crotone 1 Latina 0 Livorno 3 Modena 1 Perugia 0
Spezia 2 Trapani 0 Carpi 1 Ternana 1 Frosinone 0 Lanciano 0
Pescara 2 Pro Vercelli 0 Varese 1 Avellino 2 Entella
Vicenza 2 Brescia 0 Bologna 3 Bari 0 Cittadella (lunedì - 20:30)
Lucianone
Risultati delle partite
Catania 2 Crotone 1 Latina 0 Livorno 3 Modena 1 Perugia 0
Spezia 2 Trapani 0 Carpi 1 Ternana 1 Frosinone 0 Lanciano 0
Pescara 2 Pro Vercelli 0 Varese 1 Avellino 2 Entella
Vicenza 2 Brescia 0 Bologna 3 Bari 0 Cittadella (lunedì - 20:30)
Lucianone
CIBO - Ogni piatto una storia
8 marzo '15 - domenica 8th March / Sunday visione post - 5
STORIE DI CUCINA
"Il cibo è un luogo della fantasia al quale
ogni epoca associa culture e utopie"
Quello che mangiamo parla di noi e diventa specchio delle
nostre vite: una specialità può bastare anche per caratterizzare
un personaggio, dai biscotti di Baudelaire ricordati da Toklas
alle aringhe di Maigret.
(da 'Corriere della Sera' - 28/01/2015 - di Paolo Di Stefano)
Come si spiega tutta questa cucina nei romanzi? In ogni tempo e ad ogni latitudine, nella
letteratura, dalla Bibbia in poi, non si fa che mangiare, assaporare, piluccare, qualche vol-
ta abbuffarsi senza ritegno. Ci ricordano Laura Grandi e Stefano Tettamanti, nella loro
raccolta di citazioni gastronomiche (Il cibo non era niente di speciale, da poco pubblicato
per la Utet) che già nel frammento di Semonide , VII-VI secolo a,C,, compare il "trimolio",
un formaggio prelibato proveniente dall'Acaia.
Parlare di cibo significa accennare non solo al prodotto o alla pietanza che si manda giù,
ma anche ai propri gusti e al contesto: con chi, dove, quando. Senza dire che la situazio-
ne conviviale compare spesso in letteratura proprio nei momenti di confidenza, magari
laddove la storia prende una svolta decisiva. "L'Iliade e l'Odissea - dice Massimo Mon-
tanari - sono un grande banchetto". Montanari studia da anni la cultura e la storia del-
l'alimentazione , con particolare attenzione al nostro Medioevo, e di recente ha scritto
I racconti della tavola (Laterza), attratto anche lui dalle potenzialità narrative del cibo.
"Essendo un elemento centrale dell'esperienza umana, il cibo è uno specchio della vita
materiale, della quotidianità, racconta la società, l'economia, la politica, la cultura, le
idee, il territorio: basta accennare a un piatto, a una ricetta, a un ingrediente per evoca-
re il mondo che sta intorno. Per questo la letteratura si è servita molto e continua a ser-
virsi del cibo, perchè la cucina è davvero una chiave narrativa".
Il cibo è un espediente, è in sè un patrimonio di intrecci, un narratore straordinario: "E'
il punto d'arrivo di tante storie: la terra, gli animali, il lavoro, il mercato, la distribuzione,
le politiche di un Paese, la cultura che trasforma in pietanza una materia prima, il condi-
videre a tavola con altri un gusto e un piacere".
Continua... to be continued...
STORIE DI CUCINA
"Il cibo è un luogo della fantasia al quale
ogni epoca associa culture e utopie"
Quello che mangiamo parla di noi e diventa specchio delle
nostre vite: una specialità può bastare anche per caratterizzare
un personaggio, dai biscotti di Baudelaire ricordati da Toklas
alle aringhe di Maigret.
(da 'Corriere della Sera' - 28/01/2015 - di Paolo Di Stefano)
Come si spiega tutta questa cucina nei romanzi? In ogni tempo e ad ogni latitudine, nella
letteratura, dalla Bibbia in poi, non si fa che mangiare, assaporare, piluccare, qualche vol-
ta abbuffarsi senza ritegno. Ci ricordano Laura Grandi e Stefano Tettamanti, nella loro
raccolta di citazioni gastronomiche (Il cibo non era niente di speciale, da poco pubblicato
per la Utet) che già nel frammento di Semonide , VII-VI secolo a,C,, compare il "trimolio",
un formaggio prelibato proveniente dall'Acaia.
Parlare di cibo significa accennare non solo al prodotto o alla pietanza che si manda giù,
ma anche ai propri gusti e al contesto: con chi, dove, quando. Senza dire che la situazio-
ne conviviale compare spesso in letteratura proprio nei momenti di confidenza, magari
laddove la storia prende una svolta decisiva. "L'Iliade e l'Odissea - dice Massimo Mon-
tanari - sono un grande banchetto". Montanari studia da anni la cultura e la storia del-
l'alimentazione , con particolare attenzione al nostro Medioevo, e di recente ha scritto
I racconti della tavola (Laterza), attratto anche lui dalle potenzialità narrative del cibo.
"Essendo un elemento centrale dell'esperienza umana, il cibo è uno specchio della vita
materiale, della quotidianità, racconta la società, l'economia, la politica, la cultura, le
idee, il territorio: basta accennare a un piatto, a una ricetta, a un ingrediente per evoca-
re il mondo che sta intorno. Per questo la letteratura si è servita molto e continua a ser-
virsi del cibo, perchè la cucina è davvero una chiave narrativa".
Il cibo è un espediente, è in sè un patrimonio di intrecci, un narratore straordinario: "E'
il punto d'arrivo di tante storie: la terra, gli animali, il lavoro, il mercato, la distribuzione,
le politiche di un Paese, la cultura che trasforma in pietanza una materia prima, il condi-
videre a tavola con altri un gusto e un piacere".
Continua... to be continued...
sabato 28 febbraio 2015
Sport - calcio / Serie A - 24^ giornata - 2014/15
28 febbraio '15 - sabato 28th February / Saturday
Risultati delle partite
Juventus 2 Empoli 3 Verona H. 1 Lazio 2 Milan 2 Parma
Atalanta 1 Chievo 0 Roma 1 Palermo 1 Cesena 0 Udinese (rinv.)
Fiorentina 1 Napoli 2 Cagliari 1 Sampdoria 1
Torino 1 Sassuolo 0 Inter 2 Genoa 1
Classifica
JUVENTUS 57 / Roma 48 / Napoli 45 / Lazio 40 / Fiorentina 39 /
Genoa, Sampdoria 36 / Inter 35 / Milan, Torino, Palermo 33 / Sassuolo 29 /
Udinese 28 / Empoli 27 / Verona H. 25 / Chievo 24 / Atalanta 23 /
Cagliari 20 / Cesena 16 / Parma 10
Continua... to be continued...
Risultati delle partite
Juventus 2 Empoli 3 Verona H. 1 Lazio 2 Milan 2 Parma
Atalanta 1 Chievo 0 Roma 1 Palermo 1 Cesena 0 Udinese (rinv.)
Fiorentina 1 Napoli 2 Cagliari 1 Sampdoria 1
Torino 1 Sassuolo 0 Inter 2 Genoa 1
Classifica
JUVENTUS 57 / Roma 48 / Napoli 45 / Lazio 40 / Fiorentina 39 /
Genoa, Sampdoria 36 / Inter 35 / Milan, Torino, Palermo 33 / Sassuolo 29 /
Udinese 28 / Empoli 27 / Verona H. 25 / Chievo 24 / Atalanta 23 /
Cagliari 20 / Cesena 16 / Parma 10
Continua... to be continued...
venerdì 27 febbraio 2015
SCIENZE - Norvegia / Cacciatori di aurore boreali
27 febbraio '15 - venerdì 27th February / Friday visione post - 12
Quei cacciatori di Aurore Boreali
che regalano sogni al Circolo polare.
Ogni notte a Tromso, in Norvegia, vanno alla ricerca della 'danza di luci'
(da la Repubblica - 30 gennaio 2015 / R2 - Il reportage / di Paolo G. Brera)
Tromso
"Ecco, questo è il posto giusto", dice Anita, la cacciatrice di aurore boreali. Bloccato
il fuoristrada nel nulla surgelato, sparisce nel buio di una baia da poesia. Cento metri
a piedi affondando nella neve fresca verso le rive del fiordo, ed eccola là accanto al
led rosso della macchina fotografica. Naso all'insù, aspetta alla posta come si fa con
le beccacce sulle marcite del Po. Spiana treppiedi e obiettivo, poi si sdraia sulla neve
infagottata in una tuta polare. Immobile, implora il cielo di farlo di nuovo.
Sono almeno una decina i giovani cacciatori italiani di aurore boreali sguinzagliati
ogni notte intorno a Tromso, alta Norvegia, 350 chilometri a nord del Circolo polare.
Fiutano il buio assoluto come segugi, poi attendono per ore sospesi nella lunga notte
diaccia e silenziosa dell'Artico. Le rincorrono in grosse auto dalle ruote chiodate, co-
steggiando i fiordi e attraversando la tundra innevata. Percorrono decine, "spesso
centinaia di chilometri" per esaudire il sogno dei turisti in arrivo da tutto il mondo:
urlare di stupore e meraviglia per quella incredibile danza di luci colorate che illumi-
na la notte all'improvviso, una magia che affascina il genere umano da millenni.
Dev'essere un destino, dopotutto: se la prima vita umana a vederle e a scriverne fu,
2.600 anni prima di Cristo, Fu-Pao, mamma dell'Imperatore giallo Hsuanyuan; ma il
nome a quell'incredibile fenomeno che sconvolgeva i cieli di colore e luce glielo diede
un italiano, Galileo Galilei, nel 1619: "Aurora borealis", l'alba del Nord. Ne fraintese
un pò l'origine, supponendola un gioco di riflessi della luce solare,m ma mica poi trop-
po: è proprio dal sole che il fenomenon nasce. Sono fotoni impazziti al contatto con il
campo magnetico terrestre, figli dell'incontro tra il vento solare e la magnetosfera.
Termometro a meno dieci, mani intirizzite per manovrare interruttori e inquadrature,
adesso sono proprio gli italiani come Sara Lupini o Francesco Galbiati - che ha addi-
rittura fondato una compagnia di cercatori d'aurora, la NorthernShots Tours - a gui-
dare in prima fila la caccia alle "Northern lights", come le chiamano oggi i popoli del
Nord. - "Abbiamo a che fare con i sogni di persone che hanno fatto migliaia di chilo-
metri per vederle. e ci implorano di garantirgli che gliele troveremo", dice Alessandro
Belleli, antropologo artico laureato in Groenlandia e da qualche anno cacciatore di au-
rore a Tromso, dove sta terminando il secondo master. "Fino a pochi anni fa - raccon-
ta Simone Tomassini, 33enne organizzatore di cacce per Arctic guide service - non c'era
nessuno che organizzava espressamente questi tour, e i turisti il più delle volte tornava-
no a mani vuote.
Le condizioni fondamentali per vedere le aurore boreali sono tre: l'oscurità, cosa che
implica allontanarsi dalla città, dai villaggi e dalle case sparse, su strade difficili e in
piena notte; l'attività solare intensa che potrebbe generarle, e che viene misurata; e
infine il cielo perfettamente limpido. "La fortuna di Tromso è che èpossiamo sceglie-
re molte aree climaticamente molto differenti per trovare il luogo giusto, dalla costa
oceanica alle montagne delle Lyngen Alps verso la Finlandia", dice Simone.
"Non glielo puoi distruggere quel sogno - dice Anita Fabellini, 34 anni, arrivata sei
mesi fadalla provincia di Rieti ed entusiasta della sua nuova vita in alta Norvegia, do-
ve il sole sparisce per mesi d'inverno e poi ti tortura l'intero giorno d'estate - ma non
puoi mai avere certezze: Arriverà? Sarà intensa? Non verrà nascosta da nuvole im-
previste?". - Ma quando il cielo gioca con la tavolozza dei colori e le luci s'attorci-
gliano e si rincorrono... "Corona! Eccola, questo è il massimo, che fortuna", dice Ani-
ta sdraiata sulla neve puntando diton e obiettivo a un'incredibile corona di luce verda-
stra che fiammeggia. Sembra disegnata da Disney. Nella baia, per ore, solo lo sbuffo
di una famiglia di balene vicine alla riva. "La mia aurora più bella? Il 23 dicembre -
dice Alessandro - la montagna è diventata fucsia, con riflessi verdi alla base. Ero con
un gruppo di turisti italiani, urlavano come bambini".
Lucianone
Quei cacciatori di Aurore Boreali
che regalano sogni al Circolo polare.
Ogni notte a Tromso, in Norvegia, vanno alla ricerca della 'danza di luci'
(da la Repubblica - 30 gennaio 2015 / R2 - Il reportage / di Paolo G. Brera)
Tromso
"Ecco, questo è il posto giusto", dice Anita, la cacciatrice di aurore boreali. Bloccato
il fuoristrada nel nulla surgelato, sparisce nel buio di una baia da poesia. Cento metri
a piedi affondando nella neve fresca verso le rive del fiordo, ed eccola là accanto al
led rosso della macchina fotografica. Naso all'insù, aspetta alla posta come si fa con
le beccacce sulle marcite del Po. Spiana treppiedi e obiettivo, poi si sdraia sulla neve
infagottata in una tuta polare. Immobile, implora il cielo di farlo di nuovo.
Sono almeno una decina i giovani cacciatori italiani di aurore boreali sguinzagliati
ogni notte intorno a Tromso, alta Norvegia, 350 chilometri a nord del Circolo polare.
Fiutano il buio assoluto come segugi, poi attendono per ore sospesi nella lunga notte
diaccia e silenziosa dell'Artico. Le rincorrono in grosse auto dalle ruote chiodate, co-
steggiando i fiordi e attraversando la tundra innevata. Percorrono decine, "spesso
centinaia di chilometri" per esaudire il sogno dei turisti in arrivo da tutto il mondo:
urlare di stupore e meraviglia per quella incredibile danza di luci colorate che illumi-
na la notte all'improvviso, una magia che affascina il genere umano da millenni.
Dev'essere un destino, dopotutto: se la prima vita umana a vederle e a scriverne fu,
2.600 anni prima di Cristo, Fu-Pao, mamma dell'Imperatore giallo Hsuanyuan; ma il
nome a quell'incredibile fenomeno che sconvolgeva i cieli di colore e luce glielo diede
un italiano, Galileo Galilei, nel 1619: "Aurora borealis", l'alba del Nord. Ne fraintese
un pò l'origine, supponendola un gioco di riflessi della luce solare,m ma mica poi trop-
po: è proprio dal sole che il fenomenon nasce. Sono fotoni impazziti al contatto con il
campo magnetico terrestre, figli dell'incontro tra il vento solare e la magnetosfera.
Termometro a meno dieci, mani intirizzite per manovrare interruttori e inquadrature,
adesso sono proprio gli italiani come Sara Lupini o Francesco Galbiati - che ha addi-
rittura fondato una compagnia di cercatori d'aurora, la NorthernShots Tours - a gui-
dare in prima fila la caccia alle "Northern lights", come le chiamano oggi i popoli del
Nord. - "Abbiamo a che fare con i sogni di persone che hanno fatto migliaia di chilo-
metri per vederle. e ci implorano di garantirgli che gliele troveremo", dice Alessandro
Belleli, antropologo artico laureato in Groenlandia e da qualche anno cacciatore di au-
rore a Tromso, dove sta terminando il secondo master. "Fino a pochi anni fa - raccon-
ta Simone Tomassini, 33enne organizzatore di cacce per Arctic guide service - non c'era
nessuno che organizzava espressamente questi tour, e i turisti il più delle volte tornava-
no a mani vuote.
Le condizioni fondamentali per vedere le aurore boreali sono tre: l'oscurità, cosa che
implica allontanarsi dalla città, dai villaggi e dalle case sparse, su strade difficili e in
piena notte; l'attività solare intensa che potrebbe generarle, e che viene misurata; e
infine il cielo perfettamente limpido. "La fortuna di Tromso è che èpossiamo sceglie-
re molte aree climaticamente molto differenti per trovare il luogo giusto, dalla costa
oceanica alle montagne delle Lyngen Alps verso la Finlandia", dice Simone.
"Non glielo puoi distruggere quel sogno - dice Anita Fabellini, 34 anni, arrivata sei
mesi fadalla provincia di Rieti ed entusiasta della sua nuova vita in alta Norvegia, do-
ve il sole sparisce per mesi d'inverno e poi ti tortura l'intero giorno d'estate - ma non
puoi mai avere certezze: Arriverà? Sarà intensa? Non verrà nascosta da nuvole im-
previste?". - Ma quando il cielo gioca con la tavolozza dei colori e le luci s'attorci-
gliano e si rincorrono... "Corona! Eccola, questo è il massimo, che fortuna", dice Ani-
ta sdraiata sulla neve puntando diton e obiettivo a un'incredibile corona di luce verda-
stra che fiammeggia. Sembra disegnata da Disney. Nella baia, per ore, solo lo sbuffo
di una famiglia di balene vicine alla riva. "La mia aurora più bella? Il 23 dicembre -
dice Alessandro - la montagna è diventata fucsia, con riflessi verdi alla base. Ero con
un gruppo di turisti italiani, urlavano come bambini".
Lucianone
sabato 21 febbraio 2015
Riflessioni - Dillo in italiano / Comunità poco evoluta
21 febbraio '15 - sabato 21st February / Saturday visione post - 20
Questo quadratino di carta aderisce con entusiasmo alla campagna "dillo in italiano",
appoggiata sull'Internazionale da Anna Maria Testa e sulla Stampa da Massimo Gra-
mellini. Per leggere la petizione, e firmarla, i riferimenti sono Change.org e #dilloinita-
liano. Di mio vorrei aggiungere questo: che alla corrosione "esterna" della nostra lin-
gua da parte di un simil-inglese spesso non necessario, e pigramente imitativo, si ag-
giunge una aggressione "interna" più subdola e forse ancora più pericolosa. Parlo del
ripiegamento dialettale e vernacolare (specialmente romanesco) nettamente percepi-
bile perfino nei palinsesti Rai, un tempo autentico baluardo della dizione corretta.
Il friulano di Pasolini o il romano di Trilussa o il gradese di Biagio Marin avevano di-
gnità di lingue.; lo sciatto italiano "local" che funesta molta televisione e molta radio
è invece un ripiegamento ciabattone che mortificala lingua che ci ha resi (tra gli ulti-
mi in Europa) liberi e moderni. "Dirlo in italiano" ha significato per generazioni di
connazionali usciti dall'ignoranza e dalla subalternità, conquistare dignità culturale e
identità nazionale. Ora che "la politica", in Rai, è spesso pronunciata "'a bolidiga",
detta come la dicono (anzi, "'a digono"), le macchiette quiriti, è tempo di rivalutare
forma e sostanza dell'italiano.
(da 'la Repubblica' - 20/02/'15 - L'AMACA / Michele Serra)
C'è un'intervista ('Repubblica Tv') a un giovane panettiere di Torino che spiega
meglio di cento studi sociologici perchè abbiamo poche speranze di diventare una
comunità evoluta. Uscito in strada assieme ad altri negozianti della zona per pro-
testare contro i vigili che multavano le auto in doppia fila, il ragazzo ha avuto una
discussione con loro; richiesto di mostrare i documenti si è rifiutato; è stato con-
dotto al posto di polizia più vicino.
Dall'intervista , rilasciata il giorno dopo, risulta evidente che il ragazzo è un bravo
ragazzo, si esprime educatamente, non è un bullo nè un emarginato, ma un lavora-
tore come tanti. Proprio per questo è terribile constatare come non abbia alcuna
percezione, neanche vaga, di avere torto: perchè i vigili hanno non solo il diritto,
ma il dovere di multare le auto in doppia fila; perchè non è lecito ostacolarli men-
tre lo fanno: perchè è corretto da parte loro chiedere i documenti, mentre è grave-
mente scorretto (un reato) non volerglieli mostrare. Quel bravo, bravissimo ragaz-
zo ha capito solamente, della vicenda, che quelle multe disturbavano la sua attivi-
tà e i suoi interessi. Ed è questa la sola ragione che può davvero indignare e mobi-
litare la maggioranza degli italiani. Che sono quasi tutti brava gente: ma di regole
e di doveri non capiscono proprio l'essenza, che raramente coincide con i propri
comodi.
(da 'la Repubblica' - 14/11/'14 - L'AMACA - Michele Serra)
Lucianone
Questo quadratino di carta aderisce con entusiasmo alla campagna "dillo in italiano",
appoggiata sull'Internazionale da Anna Maria Testa e sulla Stampa da Massimo Gra-
mellini. Per leggere la petizione, e firmarla, i riferimenti sono Change.org e #dilloinita-
liano. Di mio vorrei aggiungere questo: che alla corrosione "esterna" della nostra lin-
gua da parte di un simil-inglese spesso non necessario, e pigramente imitativo, si ag-
giunge una aggressione "interna" più subdola e forse ancora più pericolosa. Parlo del
ripiegamento dialettale e vernacolare (specialmente romanesco) nettamente percepi-
bile perfino nei palinsesti Rai, un tempo autentico baluardo della dizione corretta.
Il friulano di Pasolini o il romano di Trilussa o il gradese di Biagio Marin avevano di-
gnità di lingue.; lo sciatto italiano "local" che funesta molta televisione e molta radio
è invece un ripiegamento ciabattone che mortificala lingua che ci ha resi (tra gli ulti-
mi in Europa) liberi e moderni. "Dirlo in italiano" ha significato per generazioni di
connazionali usciti dall'ignoranza e dalla subalternità, conquistare dignità culturale e
identità nazionale. Ora che "la politica", in Rai, è spesso pronunciata "'a bolidiga",
detta come la dicono (anzi, "'a digono"), le macchiette quiriti, è tempo di rivalutare
forma e sostanza dell'italiano.
(da 'la Repubblica' - 20/02/'15 - L'AMACA / Michele Serra)
C'è un'intervista ('Repubblica Tv') a un giovane panettiere di Torino che spiega
meglio di cento studi sociologici perchè abbiamo poche speranze di diventare una
comunità evoluta. Uscito in strada assieme ad altri negozianti della zona per pro-
testare contro i vigili che multavano le auto in doppia fila, il ragazzo ha avuto una
discussione con loro; richiesto di mostrare i documenti si è rifiutato; è stato con-
dotto al posto di polizia più vicino.
Dall'intervista , rilasciata il giorno dopo, risulta evidente che il ragazzo è un bravo
ragazzo, si esprime educatamente, non è un bullo nè un emarginato, ma un lavora-
tore come tanti. Proprio per questo è terribile constatare come non abbia alcuna
percezione, neanche vaga, di avere torto: perchè i vigili hanno non solo il diritto,
ma il dovere di multare le auto in doppia fila; perchè non è lecito ostacolarli men-
tre lo fanno: perchè è corretto da parte loro chiedere i documenti, mentre è grave-
mente scorretto (un reato) non volerglieli mostrare. Quel bravo, bravissimo ragaz-
zo ha capito solamente, della vicenda, che quelle multe disturbavano la sua attivi-
tà e i suoi interessi. Ed è questa la sola ragione che può davvero indignare e mobi-
litare la maggioranza degli italiani. Che sono quasi tutti brava gente: ma di regole
e di doveri non capiscono proprio l'essenza, che raramente coincide con i propri
comodi.
(da 'la Repubblica' - 14/11/'14 - L'AMACA - Michele Serra)
Lucianone
Istruzione - Francia / La scuola ribelle dei computer
21 febbraio '15 - sabato 21st February / Saturday visione post - 17
Aperta 24 ore, niente curriculum nè nozioni
"Insegniamo ai ragazzi a diventare geni"
La scuola, fondata da Xavier Niel, ex prodigio dell'informatica,
è la "42" di Parigi, e muta gli studenti in talenti della programmazione.
(da 'Corriere della Sera' - 11 gennaio 2015 - LA LETTURA / Orizzonti,
di Stefano Montefiori - da Parigi)
La distesa di iMac fa impressione, più del prevedibile spazio per i videogiochi, della
musica a tutto volume negli ascensori o dei ragazzi che arrivano in skateboard e felpa,
fedeli all'iconografia da Silicon Valley. La scuola 42 di parigi è per i giovani dai 18 ai
28 anni born to code, nati per programmare, e in questo palazzone su tre piani vicino
al périphérique (la tangenziale) più che un clima totalizzante da campus californiano
alla The Circle di Dave Eggers c'è la voglia di imparare subito tutto il possibile, per
poi uscire in fretta e scegliere una delle tante offerte di lavoro già pronte, o creare la
propria impresa.
La scuola 42 (citazione dalla saga di Douglas Adams) è un'invenzione di Xavier Niel,
che assieme al direttore Nicolas Sadirac, accoglie "La Lettura" nei locali del boulevard
Bessières, nel XVII arrondissement di Parigi, per un bilancio a un anno dall'inaugurazio-
ne. - Xavier Niel è un imprenditore felice in Francia, condizione rara nel Paese della
tassa al 75% (poi ritirata) e delle critiche continue di tanti industriali. Invece Niel, 47 an-
ni, nessun diploma e molto successo, alle lamentele preferisce l'invenzione, da quando
quattordicenne ebbe in regalo da suo padre un Sinclair ZX81, il suo primo computer. Co-
minciò a esplorare le potenzialità del Minitel, il proto-internet francese degli anni Ottan-
ta, lanciando il primo elenco telefonico al contrario (dal numero all'abbonato) e le chat
rosa. Poi il primo internet provider francese, WorldNet, e nel 2002 la prima "box", scato-
la oggi presente in ogni casa di Francia: internet, canali tv e telefono fisso illimitato per
un (basso) forfait mensile. Tre anni fa, con Free, l'ngresso nella telefonia mobile: prezzi
abbattuti e mercato rivoluzionato. Secondo la rivista " Challenges" l'autodidatta Niel,
origini modeste, è la nona fortuna di Francia (8,5 miliardi di euro nel 2014).
Coproprietario di "Le Monde" e dell'"Obs" ("Nouvel Observateur") assieme a Matthieu
Pigasse e Pierre Bergè, Niel rappresenta uno straordinario caso di self made man nel
Paese del capitalismo familiare. La scuola 42 rispecchia la sua personalità.
- Quali sono i requisiti per entrare?
"Una carta di identità ed età compresa tra i 18 e i 28 anni. Nessun curriculum, non vo-
gliamo sapere niente del passato del candidato. Arrivano circa 70 mila domande, faccia-
mo una prima selezione con dei giochi online, poi buttiamo tre mila ragazzi nella "piscina"
dove per un mese lavoreranno per 450 ore a ritmo molto sostenuto. I migliori mille, in
grado di nuotare, saranno finalmente gli allievi della scuola 42, dove insegniamo loro, mi
correggo..., diamo loro gli strumenti necessari per cavarsela nel mestiere della program-
mazione informatica".
- Come funziona la scuola?
"E' aperta 24 ore su 24 per 365 giorni all'anno. I ragazzi vengono quando vogliono all'ora
che vogliono, hanno un certo numero di progetti da consegnare, una volta che hanno finito
il loro progetto fanno uno stage in azienda. E' molto intensivo, ma vanno alla velocità che
viogliono. Abbiamo un sistema di valutazione peer to peer, cioè il lavoro viene valutato
dai compagni, allo stesso livello, l'allievo non si sente dominato da chi emette il giudizio".
- Chi finanzia?
"E' tutto a mio carico. Sono io che ho messo 70 milioni di euro. Abbiamo comprato il pa_
lazzo e lo abbiamo adattato ai nostri bisogni.".
- Perchè?
"Ho avuto l'occasione di guadagnare molto bene qui in Francia. Quindi si pone la questio-
ne: che fare di tutti questi soldi? O decido di darli ai miei figli, che è un buon modello, ma
non il mio preferito, oppure cerco di fare delle cose intelligenti per il mio Paese, grazie al
quale, partendo da origini molto modeste, sono riuscito a fare parecchio.
- Questo genere di iniziative sono comuni negli Stati Uniti, meno in Europa
"E' perchè abbiamo un vecchio capitalismo, legato all'eredità dei patrimoni. Non è stato
il mio caso".
- A un anno dalla fondazione della scuola quali sono i risultati?
"Formiamo solo dei geni, cioè dopo un anno questi ragazzi hanno conoscenze equivalenti
a gente che ha alle spalle molti anni di studi. Chi è andato in stage aveva lo stesso livello
di ingegneri con lunghi anni di esperienza".
Passa una ragazza, avrà vent'anni,, dice a Niel: "scusi, quando ha un secondo avrei da
chiederle una cosa". Lui risponde "subito"; allora lei dice: "Non avrebbe mica dei con-
tatti alla Pixar". "Perchè vuoi andare a lavorare alla Pixar? Fonda tu una nuova Pixar 2".
Lei sorride e dice: "Sì, mas avrei delle idee su come migliorare un software: certo è già
eccesionale, ma si può sempre migliorare qualcosa, no?". "Su questo hai ragione, buona
fortuna". Nicolas Sadirac le dà il contatto con un direttore tecnico che conosce alla Pixar.
Riprendiamo la conversazione.
- Quali sono i principali pilastri della formazione alla scuola 42?
"Imparare a cavarsela. Non insegnamo delle nozioni, dei saperi formali, ma il metodo",
Nicolas Sadirac aggiunge: "La fiducia in se stessi, la collaborazione, trovare sempre
qualcuno con cui potere lavorare...".
- Il messaggio contemporaneo di solito è competizione, non collaborazione.
"Qui è il contrario. Per avanzare si è obbligati a collaborare, a lavorare insieme".
- Il fatto di seguire il proprio ritmo responsabilizza gli allievi?
"Pensi se tutti i bambini del mondo dovessero imparare a leggere la stessa parola, lo
stesso giorno alla stessa ora...".
- Questo è il modello della scuola centralista francese.
"Esatto, il nostro è un altro. La libertà e la motivazione personale".
- C'è un profilo tipo dell'allievo della scuola 42?
"Gente creativa, che ha iniziativa. Alcuni sono reduci da un fallimento scolastico. Vengono
qui persone che un giorno hanno deciso di prendersi carico di se stesse, e di riuscire nella
vita grazie esclusivamente ai propri sforzi".
Continua... to be continued...
Aperta 24 ore, niente curriculum nè nozioni
"Insegniamo ai ragazzi a diventare geni"
La scuola, fondata da Xavier Niel, ex prodigio dell'informatica,
è la "42" di Parigi, e muta gli studenti in talenti della programmazione.
(da 'Corriere della Sera' - 11 gennaio 2015 - LA LETTURA / Orizzonti,
di Stefano Montefiori - da Parigi)
La distesa di iMac fa impressione, più del prevedibile spazio per i videogiochi, della
musica a tutto volume negli ascensori o dei ragazzi che arrivano in skateboard e felpa,
fedeli all'iconografia da Silicon Valley. La scuola 42 di parigi è per i giovani dai 18 ai
28 anni born to code, nati per programmare, e in questo palazzone su tre piani vicino
al périphérique (la tangenziale) più che un clima totalizzante da campus californiano
alla The Circle di Dave Eggers c'è la voglia di imparare subito tutto il possibile, per
poi uscire in fretta e scegliere una delle tante offerte di lavoro già pronte, o creare la
propria impresa.
La scuola 42 (citazione dalla saga di Douglas Adams) è un'invenzione di Xavier Niel,
che assieme al direttore Nicolas Sadirac, accoglie "La Lettura" nei locali del boulevard
Bessières, nel XVII arrondissement di Parigi, per un bilancio a un anno dall'inaugurazio-
ne. - Xavier Niel è un imprenditore felice in Francia, condizione rara nel Paese della
tassa al 75% (poi ritirata) e delle critiche continue di tanti industriali. Invece Niel, 47 an-
ni, nessun diploma e molto successo, alle lamentele preferisce l'invenzione, da quando
quattordicenne ebbe in regalo da suo padre un Sinclair ZX81, il suo primo computer. Co-
minciò a esplorare le potenzialità del Minitel, il proto-internet francese degli anni Ottan-
ta, lanciando il primo elenco telefonico al contrario (dal numero all'abbonato) e le chat
rosa. Poi il primo internet provider francese, WorldNet, e nel 2002 la prima "box", scato-
la oggi presente in ogni casa di Francia: internet, canali tv e telefono fisso illimitato per
un (basso) forfait mensile. Tre anni fa, con Free, l'ngresso nella telefonia mobile: prezzi
abbattuti e mercato rivoluzionato. Secondo la rivista " Challenges" l'autodidatta Niel,
origini modeste, è la nona fortuna di Francia (8,5 miliardi di euro nel 2014).
Coproprietario di "Le Monde" e dell'"Obs" ("Nouvel Observateur") assieme a Matthieu
Pigasse e Pierre Bergè, Niel rappresenta uno straordinario caso di self made man nel
Paese del capitalismo familiare. La scuola 42 rispecchia la sua personalità.
- Quali sono i requisiti per entrare?
"Una carta di identità ed età compresa tra i 18 e i 28 anni. Nessun curriculum, non vo-
gliamo sapere niente del passato del candidato. Arrivano circa 70 mila domande, faccia-
mo una prima selezione con dei giochi online, poi buttiamo tre mila ragazzi nella "piscina"
dove per un mese lavoreranno per 450 ore a ritmo molto sostenuto. I migliori mille, in
grado di nuotare, saranno finalmente gli allievi della scuola 42, dove insegniamo loro, mi
correggo..., diamo loro gli strumenti necessari per cavarsela nel mestiere della program-
mazione informatica".
- Come funziona la scuola?
"E' aperta 24 ore su 24 per 365 giorni all'anno. I ragazzi vengono quando vogliono all'ora
che vogliono, hanno un certo numero di progetti da consegnare, una volta che hanno finito
il loro progetto fanno uno stage in azienda. E' molto intensivo, ma vanno alla velocità che
viogliono. Abbiamo un sistema di valutazione peer to peer, cioè il lavoro viene valutato
dai compagni, allo stesso livello, l'allievo non si sente dominato da chi emette il giudizio".
- Chi finanzia?
"E' tutto a mio carico. Sono io che ho messo 70 milioni di euro. Abbiamo comprato il pa_
lazzo e lo abbiamo adattato ai nostri bisogni.".
- Perchè?
"Ho avuto l'occasione di guadagnare molto bene qui in Francia. Quindi si pone la questio-
ne: che fare di tutti questi soldi? O decido di darli ai miei figli, che è un buon modello, ma
non il mio preferito, oppure cerco di fare delle cose intelligenti per il mio Paese, grazie al
quale, partendo da origini molto modeste, sono riuscito a fare parecchio.
- Questo genere di iniziative sono comuni negli Stati Uniti, meno in Europa
"E' perchè abbiamo un vecchio capitalismo, legato all'eredità dei patrimoni. Non è stato
il mio caso".
- A un anno dalla fondazione della scuola quali sono i risultati?
"Formiamo solo dei geni, cioè dopo un anno questi ragazzi hanno conoscenze equivalenti
a gente che ha alle spalle molti anni di studi. Chi è andato in stage aveva lo stesso livello
di ingegneri con lunghi anni di esperienza".
Passa una ragazza, avrà vent'anni,, dice a Niel: "scusi, quando ha un secondo avrei da
chiederle una cosa". Lui risponde "subito"; allora lei dice: "Non avrebbe mica dei con-
tatti alla Pixar". "Perchè vuoi andare a lavorare alla Pixar? Fonda tu una nuova Pixar 2".
Lei sorride e dice: "Sì, mas avrei delle idee su come migliorare un software: certo è già
eccesionale, ma si può sempre migliorare qualcosa, no?". "Su questo hai ragione, buona
fortuna". Nicolas Sadirac le dà il contatto con un direttore tecnico che conosce alla Pixar.
Riprendiamo la conversazione.
- Quali sono i principali pilastri della formazione alla scuola 42?
"Imparare a cavarsela. Non insegnamo delle nozioni, dei saperi formali, ma il metodo",
Nicolas Sadirac aggiunge: "La fiducia in se stessi, la collaborazione, trovare sempre
qualcuno con cui potere lavorare...".
- Il messaggio contemporaneo di solito è competizione, non collaborazione.
"Qui è il contrario. Per avanzare si è obbligati a collaborare, a lavorare insieme".
- Il fatto di seguire il proprio ritmo responsabilizza gli allievi?
"Pensi se tutti i bambini del mondo dovessero imparare a leggere la stessa parola, lo
stesso giorno alla stessa ora...".
- Questo è il modello della scuola centralista francese.
"Esatto, il nostro è un altro. La libertà e la motivazione personale".
- C'è un profilo tipo dell'allievo della scuola 42?
"Gente creativa, che ha iniziativa. Alcuni sono reduci da un fallimento scolastico. Vengono
qui persone che un giorno hanno deciso di prendersi carico di se stesse, e di riuscire nella
vita grazie esclusivamente ai propri sforzi".
Continua... to be continued...
Iscriviti a:
Post (Atom)