21 aprile '21 - mercoledì 21st April / Wednesday visione post - 7
(da la Repubblica - 14 aprile '21 - di Stefano Massini)
L'ipocrisia di chi apre solo
in cambio di un'opera di bene
in cambio di un'opera di bene
Uno strappo alla regola. O meglio, al divieto. Il Museo d'arte moderna di Strasburgo per un
giorno riapre le porte, ma con un "se": l'accesso ti è permesso solo "se" doni il sangue, visto
che gli ospedali francesi ne sono alla disperata ricerca. E dietro lo scintillio della nobile cau-
sa , ecco finalmente che il velo del'ipocrisia si alza e riusciamo a mettere a fuoco l'idea abo-
minevole della cultura come premio, come posta in palio, come bonus riservato a chi se lo
merita. Già, perchè se il binomio fra la donazione del sangue e una galleria d'arte si ers ma-
nifestato in epoca non sospetta (per esempio ai Musei capitolini di Roma nel 2019), adesso
non può non lasciare interdetti che un'istituzione pubblica decida di mostrare le opere di
Monet, Picasso e Kandinsky esclusivamente come montepremi per gli eroi della pubblica
sanità. Non prendiamoci in giro, chiunque coglie la differenza drastica fra riservare a qual-
cuno un biglietto gratuito "fra gli altri", e il far accedere alle sale unicamente chi possiede
un certo requisito, indipendentemente dal fatto che egli sia il buon samaritano evangelico
pronto a svenarsi o il conte vampiro della Transilvania.
Scriveva Antonio Gramsci che la cultura è il requisito fondante e necessario di ogni evoluzione
umana, e come tale rientra fra i diritti essenziali di uno Stato emocratico. nessuno si sognereb-
be mai di proclamare che domani entrano in classe solo gli allievi che donano il sangue, lo ri-
terrebbero tutti un oltraggio al diritto allo studio e alla parità fra scolari. E l'arte? No. Quella
non è un diritto, può essere usta come più piace, può essere regalata oggi a chi dona il sangue,
domani a chi raggiunge mille ore di smart-working, dopodomani a chi scarica l'app di traccia-
mento. E tutti gli altri? Portone chiuso, tanto si sopravvive anche senza farsi il selfie fuori da-
gli Uffizi. Io insisterò sempre a dire , per parte mia, che nessun governo avrebbe facoltà di
precludere alla popolazione il godimento dell'arte (neanche a chi non ha tamponi o vaccini ese-
guiti), per la semplice ragione che il possesso fisico delle chiavi non significa affatto che l'uso
delle medesime sia rimesso ad alcun giudizio arbitrario, e chi si occupa della gestione di uno
spazio non ne è mai proprietariio ma solo custode per la comunità tutta. E' la ragione per cui
stona immensamente che i musei siano sbarrati a causa del virus: implica (in tutti i Paesi del
mondo che hanno imposto la serrata) un concetto distorto dell'arte come attrazione turistica,
focolaio di pericolose gozzoviglie, con l'aggravante che spesso i luoghi di culto vengono vi-
ceversa salvaguardati come sacrari dell'anima. - Fa male, dunque, dover constatare che la
pandemia legittima i peggiori baratri, ivi compreso l'equivoco mostruoso fra teatro e intrat-
tenimento, fra cultura e svago, fra arte e turismo, fra museo e parco giochi. Di tutto ciò di-
spone non un moderno Leviatano, ma un suo cugino zotico e venale che accomuna l'esposi-
zione al bookshop, il dipinto al poster, la lezione alla guida turistica e il catalogo al depliant,
riservandosi perfino il veto su "chi resta fuori e chi faccio entrare", magari come surrogato
della medaglietta al valore. Senza dire che il caso di Strasburgo costituisce un pericoloso
precedente, rendendo lecita una selezione dall'alto "per tutela della pubblica incolumità":
se l astrage di Nizza o del Bataclan fossero avvenute dopo la pandemia, è ragionevole cre-
dere che molto più agevole sarebbe stato interdire l'ingresso a chi magari proveniva da
Paesi a rischio, come quelli del Muslim Ban varato a più riprese dalla presidenza Trump.
Eccessivo? Non mi stupirei affatto, ormai le più distorte ombre assumono contorni reali.
Lucianone
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