venerdì 24 luglio 2020

Cultura / Il saggio - "Difendersi. Una filosofia della violenza" di Elsa Dorlin, con intervista

24 luglio '20 - venerdì                               24th July / Friday                              visione post - 3

(da la Repubblica - 5 giugno 2020 - di Clotilde Veltri)
"Le minoranze hanno il diritto di difendersi"
C'e un filo rosso che lega i linciaggi degli afroamericani da parte dei bianchi nel periodo tra la fine del XIX secolo e la metà del XX e la reazione brutale della polizia negli ultimi decenni: tutte queste morti
arbitrarie non sono altro che  l'espressione  di discriminazioni razziali  di tipo sociale, economico, am- 
bientale, culturale".
 Elsa Dorin è una filosofa militante femminista francese il sui ultimo corposo saggio Difendersi. Una filosofia della violenza uscito in Italia per Fandango, affronta temi resi stringenti dall'attualità e quan-
to mai spinosi: dal razzismo della società americana alla violenza perpetrata dallo Stato contro alcu-
ne categorie di cittadini considerati meno cittadini degli altri, al diritto alla ribellione da parte di chi, non solo non è difeso dallo Stato, ma non è neanche considerato difendibile. - Il saggio oltre a incar-
dinare teoricamente il concetto di autodifesa, ha l'ambizione di ricostruire, su una mole no indifferente di fonti e documenti, il percorso di autodifesa affrontato da tre "gruppi resistenti" in mo-
menti storici e condizioni molto diverse.  Il movimento del Black Power, la resistenza degli operai
ebrei russi e polacchi (Bund) nel ghetto di Varsavia e le femministe del Woman's Social and Politi-
cal Union di inizio secolo.
INTERVISTA -
Clotilde Veltri - Il reverendo Jesse Jackson, commentando i fatti di Minneapolis, ha detto che la
violenza è parte della storia americana. Tesi condivisa anche dal "Progetto 1619" con il quale il
New York Times si è aggiudicato l'ultimo Pulitzer.
Elsa Dorin: "La storia degli Stati Uniti è quella della schiavitù, della colonizzazione, della segre-
tazione, cinque secoli di razzismo non sono pochi. Fino alla fine degli anni Sessanta in America
migliaia di neri sono stati linciati e milioni di donne nere hanno subito violenza. Il linciaggio non
 è stato solo un fenomeno circoscritto a piccoli gruppi razzisti, ma ha fatto aprte della cultura po-
polare: le esecuzioni di innocenti erano annunciate sui giornali, gli abitanti vi assistevano con le
famiglie, le foto dei cadaveri dei neri erano utilizzate  sulle cartoline postali per i turisti. Oggi il
tasso della povertà, la disoccupazione, il tasso di incarcerazione, persino le cifre sui decessi da
Covid dimostrano che gli afroamericani sono sempre le principali vittime di un sistema razzista".
C. V. - Lei sostiene che l'unico modo per contrastare la violenza razzista è l'autodifesa. Che dif-
ferenza c'è tra questa e la legittima difesa? 
E. D.: "In determinate situazioni lo Stato ci concede un diritto limitato a usare la violenza difen-
siva, controllando il possesso e la circolazione di armi sul suo territorio. Tuttavia, questa legisla-
zione sulla legittima difesa fa riferimento a una storia giuridica e politica che, negli Stati Uniti,
ma anche in Europa e in particolare in Francia, definisce chi è legittimato a difendersi e quindi 
chi è legittimo a essere difeso.  Ricostruendo la storia  di queste leggi, ho dimostrato che sono 
tutte legate al colonialismo: negli Stati Uniti, la legittima difesa e il diritto di armare il cittadi-
no sono fondativi della giovane nazione americana formata da una minoranza di coloni bianchi,
che si autoproclamano proprietari di una terra  e si danno tutti i mezzi  per conquistarla  e farla
prosperare per il loro profitto. Da questa storia  nasce  il mito dei pionieri americani: contadini 
bianchi, buoni cristiani, buoni padri di famiglia che, con la Bibbia in una mano, una pistola nel-
l'altra, hanno costruito gli Stati Uniti. E' così che i loro eredi continuano a rappresentare sè stes-
si - Donald Trump ne è la perfetta incarnazione - facendo finta  di non sapere  su cosa  si basa 
questo mito".
C. V. - Non è pericoloso legittimare  l'uso della forza  da parte  delle minoranze disarmate? So-
prattutto in democrazia come gli Stati Uniti o la Francia non si mette a rischio lo Stato di diritto?
E. D.: "Di fronte alla storia oscura della legittima difesa, le minoranza disarmate non hanno altra
scelta che difendersi. All'interno dei movimenti di resistenza troviamo un corpus teorico estrema-
mente ricco che ha riflettuto molto sulla violenza. Nei testi sulla rivoluzione haitiana fino ai Dan-
nati della terra di Franz Fanon, passando per gli scritti di Ida Wells e William Edward Burghardt
Du Bois, James Baldwin, non si pone la questione della legittimità o dell'illegittimità dell'uso del-
la violenza, perchè questa domanda è un lusso se non devi salvare la tua vita. La violenza è innan-
zitutto quella di una società che traccia una linea tra vite che vale la pena difendere e vite indegne
di difesa".
C. V. - Che cosa significa che l'autodifesa è anche una forma di cura?
E. D.: "L'autodifesa è l'ultima risorsa rimasta quando non si hanno diritti. E' una forza vitale perchè
si riferisce a una miriade di pratiche di cura che ripristinano il potere di agire. Spesso cito l'esempio
del Black Panthers Party for Selfdefense: nel 1966, il manifesto definiva l'autodifesa come un'etica
valida per gli attivisti - che così potevano recuperare il proprio corpo, la dignità, l'educazione -, ma
anche come una politica per creare trasporti pubblici, organizzare corsi serali per adulti, tutoraggio,
colazioni in modo che i bambini neri dei ghetti non andassero a scuola a stomaco vuoto...".

Lucianone

Nessun commento:

Posta un commento