venerdì 7 febbraio 2020

Psicologia - I cellulari a tavola e la fatica dell'incontro

7 febbraio '20 - venerdì                            7th February / Friday                         visione post - 12


(da la Repubblica - 30 dicembre - Stili di vita / di Massimo Recalcati)
Papa Francesco invita a recuperare la comunicazione nelle famiglie devastate dall'irruzione prepotente degli smartphone. Anche il luogo del convivio dove la parola e il cibo si alterna-
vano sembra essere stato demolito dalla chiusura autistica  che l'uso illimitato della tecnolo-
gia ha provocato. E' un problema di grande attualità che coinvolge non solo i figli, ma anche
gli adulti altrettanto alienati nei loro partner tecnologici.  Il richiamo di Francesco  non con-
tiene tanto l'evocazione nostalgica di un tempo perduto dove la famiglia  era luogo idilliaco
di scambio e comunicazione. Nel tempo dominato dalla figura patriarcale del padre padrone,
molto frequentemente, lo spazio della parola era sequestrato dalla sua voce il cui timbro se-
vero otteneva un silenzio impaurito. Non si tratta quindi di mendicare un tempo irreversibil-
mente alle nostre spalle e per nulla ideale; non si tratta di guardare nostalgicamente al passa-
to per trovare una soluzione ai problemi del nostro tempo. La famiglia  non è un'istituzione
ideale come non lo è nessuna istituzione umana. Come genitori brancoliamo sempre nel buio,
precari, in dificoltà. Nessuno, tantomeno il padre disciplinare del patriarcato, possiede la chia-
ve èer rendere la vita insieme generativa. Ma il nostro tempo pone un problema supplementa-
re: esiste una tendenza sempre più diffusa - soprattutto nel mondo giovanile - (che ho definito
recentemente "neo-melanconica") alla fobia, al ritiro sociale, alla chiusura. I nostri figli tendo-
no a costruire nicchie separate che però anzichè proteggerli dalla vita li separano dalla vita. E'
una scorciatoia che comprende anche il mondo degli adulti: preferire la chiusura all'apertura;
la difesa dalla vita all'incontro con la pienezza della vita.
L'illusione dell'iper-connessione è quella di mettere le nostre vite in rapporto con quelle degli
altri quando invece molto spesso separa dal rapporto. Ma ogni rapporto, compreso quello fa-
miliare, non è al riparo dalla difficoltà, dall'incomprensione e dal conflitto.  Forse per questa
ragione si preferisce il rapporto senza rapporto del partner tecnologico alle asperità inevitabi-
li del rapporto reale. Il richiamo di Francesco dovrebbe allora essere letto in modo diverso da
quello di un generico ritorno alla retorica patriarcale della famiglia.   Lo sappiamo per  espe-
rienza; se c'è una bellezza nella famiglia è quella  che possiamo  trovare  in ogni  istituzione
umana; una bellezza che non esclude la crepa, l'incrinatura, il disagio, la ferita.   Nel  tempo
dove la parola non è più (giustamente) sequestrata dall'autorità dei padri, nel tempo dove una
nuova pluralità si configura, quello che più conta è preservare il luogo della parola come luo-
go di una connessione diversa da quella alimentata dagli oggetti tecnologici.  Non  la  parola
retorica del dialogo tra le generazioni - spesso impossibile - , non quella  conformistico bor-
ghese, nè quella pacificante del buon senso.  Abitare la vita della famiglia impone oggi più
di ieri un nuovo equipaggiamento: sopportare la solitudine  in cui  tutti noi siamo  evitando
di coltivare l'illusione di un'armonia che semplicemente non esiste.  Ma questa disillusione
anzichè scoraggiare, abbattere, frustrare dovrebbe aiutarci a raccogliere come "preziosi te-
sori" quei frammenti  di umanità e bellezza  che ancora oggi  possiamo trovare  nello stare
insieme in famiglia. Non pretendere la felicità dei figli, non porsi come esempi di come sia
giusto vivere, non nascondere le nostre difficoltà. Stare, insomma, insieme nel disagio che
ogni essere insieme comporta.
Allora, letto in questa chiave, il messaggio di Francesco non ci esorta a coltivare l'illusione
di una famiglia ideale, ma a non nascondere la testa nella sabbia  di fronte alla difficoltà di
costruire rapporti umani non artificiosi e unilaterali come quelli che la tecnologia offre.
Quei rapporti sono infatti non rapporti. Sono rapporti - connessioni - che promettono di sal-
vare dalla difficoltà reale di ogni rapporto compreso quello della famiglia.

Lucianone

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