martedì 29 agosto 2017

CULTURA - Paradisi artificiali / La storia del "peyote", la pianta che altera la percezione visiva

29 agosto '17 - martedì                   29th August / Tuesday                 visione post - 20


(da la Repubblica - 11/08/'17  -  R2Cultura - Storie d'Estate / Marco Belpoliti)
Un viaggio messicano chiamato "peyote"
Il 10 gennaio 1936 Anmtonin Artaud parte per il Messico. Segue le tracce di una tribù de-
ditall'uso e al culto del peyote. Nell'agosto dell'anno seguente esce anonimo sulle pagi-
ne della  "Nouvelle Revue Francaise"  il racconto Al paese dei Tarahumara: "Il soggioga-
mento fisico era sempre presente, Quel cataclisma che era il mio corpo...  Dopo 28 giorni
d'attesa, non ero ancora rientrato in me: - bisognerebbe dire uscito in me". L'esperienza 
che Artaud compie non concerne il divino, bensì se stesso. Lo spiegherà nel 1945 all'ami-
co Henri Parisot: "Significa che non è Gesù Cristo che sono andato a cercare dai Tarahu-
maras, ma me stesso, il signor Antonin Artaud, nato il 4 settembre 1896 a Marsiglia". 
Il peyotl è un cactus, Lophophora willimasii, che si trova nelle zone aride del Messico set-
tentrionale. La sua comparsa ufficiale data 1886, quando Ludwig Lewin pubblica la pri-
ma relazione che  lo classifica dal punto di vista botanico descrivendone le qualità alluci-
nogene. Alla fine dell'Ottocento  sono diversi  gli studiosi, tra cui Havelock Ellis attratti
dalle modificazioni psicologiche che provoca nelle persone che lo ingeriscono.  Un frate
francescano, Bernardino de Sahagùn, arrivato quarant'anni dopo la conquista del Mes-
sico da parte di Hernan Cortés, aveva steso  la prima testimonianza scritta  sulla storia 
del cactus peyote.  In Historia General de las Cosas de Nueva Espana informa sulle ceri-
monie a base di piante sacre; dopo di lui  un naturalista e botanico, Francisco Hernàn-
dez, mandato nel 1570 da Filippo II a conoscere  la botanica  del Nuovo Mondo, redige
De historia plantarum Novae Hispaniae in 16 volumi. Vi esamina droghe e medicamenti
usati dagli indiani, tra cui anche questa pianta. L'Europa apprende così l'esistenza del-
la "radice diabolica".  La parola peyotel, o peyote, è di origine Nahuatl e probabilmen-
te significa "splendore" o "illuminazione" attraverso il riferimento al bianco del bozzo-
lo da seta, tocapeyotl.  Ugo Leonzio la fa derivare invece da piule, nome generico nessi- 
cano per significare "allucinogeno".
Il peyote lo si consuma sotto forma di "bottoni" masticati o ingurgitati dissecati, oppu-
re bevuti in un infuso; di sapore disgustoso, provoca vomito e nausea. Uno degli alcaloi-
di estratti dalla pianta è la mescalina. Gli effetti di questa droga riguardano la percezio-
ne visiva: "Dpo qualche tempo compaiono arabeschi o figure colorate, che s'avvolgono 
e svolgono in un gioco delicato, incessante, talora attenuate da ombre scure, talaltra di
una chiarezza inondante". Così scrive Lewin che ha portato il cactus al museo botanico
di Berlino, l'ha classificato e chiamato Anhalonium Lewinii.

Continua... to be continued...

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