Il lato oscuro della Seconda guerra mondiale: sul bagnasciuga
(da la Repubblica - 24/03/'16 - 'Al cinema' / Paolo D'Agostini)
Infiniti sono i lati oscuri della seconda guerra mondiale e in particolare dell'immediato
dopoguerra, nelle altrettanto infinite articolazioni nazionali e variazioni locali, e quello
raccontato da Land of mine-Sotto la sabbia è uno dei tanti. Sconosciuto al pubblico e
tenuto sotto silenzio nella sua patria. Lungo le spiagge della costa occidentale della Da-
nimarca l'occupante tedesco aveva concentrato un numero di mine che, secondo una
delle didascalie finali del film di Martin Zandvliet, equivaleva a tutto il resto delle mi-
ne disseminate nell'intera Europa. Concentrazione dovuta alla supposizione che lo
sbarco alleato, quello che avrebbe preferito la Normandia nel giugno 1944, si sarebbe
potuto verificare sul litorale del piccolo paese scandinavo.
All'indomani della caduta della Germania hitleriana, dietro indicazione e autorizzazio-
ne britannica, in violazione della Convenzione di Ginevra che proibiva di utilizzare i
prigionieri di guerra per lavori forzati - sistematicamente elusa in questo come in mol-
ti altri casi - le nuove autorità danesi si servirono di alcune migliaia di soldati tedeschi
obbligandoli a sminare le spiagge. Erano in grande parte appena adolescenti, gli arruo-
lati all'ultimo dal Reich già morente. E il loro impiego in una missione di fatto omicida
data la mancanza di esperienza e addestramento, unito al trattamento durissimo - con-
dizioni ai limiti o perfino sotto i limiti della sopravvivenza, come nei lager nazisti - in
un contesto di odio e di sete di vendetta per quanto subito negli anni di guerra e occu-
pazione, si risolse in una prevedibile carneficina. Che nella realtà come nel film negò
a un gran numero dei prigionieri-schiavi il miraggio del ritorno a casa. L'opera di rimo-
zione delle mine si svolse durante l'estate del 1945, da maggio a ottobre.
Il film, carico di tensione perchè risulta subito evidente quanto quei ragazzi impauriti
fossero destinati a un penoso destino, senza rinunciare a fornire un'idea d'insieme
d'ambiente, storica e dunque anche delle motivazioni che erano dietro una così ferrea
durezza, concentra la sua attenzione sulla relazione tra un sergente danese (validamen-
te affidato all'attore Roland Moller) e la squadra che gli viene assegnata per ripulire il
settore di sua competenza, una spiaggia limitrofa a una fattoria isolata in cui abita una
madre con una bambina che sarà protagonista di un episodio importante della storia.
Ruvido fino alla crudeltà, il sergente non potrà sottrarsi a un processo interiore che
infine lo condurrà, trasgredendo agli ordini, a un atto di pietà. Mentre, con delicatez-
za e rifuggendo ogni prevedibile schema di tipizzazione, il film ci lascia esplorare i
profili dei prigionieri. Il "duro" che rifiuta ogni cameratismo e progetta un'impossibi-
le fuga, la coppia di gemelli dalla patetica fragilità, il ragazzo più maturo e più auto-
revole che persegue l'obiettivo di stabilire una difficile comunicazione con il carce-
riere.
Sullo sfondo dei grandi film sul tema della prigionia militare come Il ponte sul fiume
Kwai di Lean, La collina del disonore di Lumet, o Furyo di Oshima, una testimonian-
za che si aggiunge alla galleria con risultati più che degni, elevandosi oltre i confini
del contributo magari utile e dignitoso ma puramente e limitatamente didascalico.
_____________________
Lucianone
Nessun commento:
Posta un commento