sabato 23 gennaio 2016

Spettacoli / cinema - Il capitolo finale di "Hunger Games"

23 gennaio '16 - sabato               23rd January / Saturday                     visione post - 13

L'uscita dell'ultimo capitolo della saga di "Hunger Games"
propone una figura femminile rivoluzionaria, la più radicale
mai prodotta a Hollywood nei blockbuster per ragazzi

(da la Repubblica - 20/11/'15 - R2Spettacoli / Curzio Maltese)
L'EROE E' DONNA
Katniss tra il Che e Giovanna D'Arco
Prima che il capitolo finale di "Hunger Games" sia sommerso da un mare di cifre d'incassi
e spettatori , o ridotta a una diatriba fra milioni di fan, merita cercare di capire perchè que-
sta saga pop più di ogni altra abbia mobilitato un esercito d'interpreti anche raffinatissimi,
dai critici letterari  del New Yorker  fino a seri studiosi marxisti  che in genere disdegnano 
d'occuparsi di blockbuster. E questo ben al di là  dei meriti letterari  dei tre romanzi di Su-
zanne Collins o della qualità cinematografica dei ...film che è duro considerare bellis-
simi, se non per la qualità straordinaria di un cast stellare, da Jennifer Lawrence a Julian-
ne Moore, da Donald Sutherland a Philip Seymour Hoffman alla sua ultima apparizione, e
per il genio artistico delle scenografie di Philip Messina.
In Hunger Games almeno un paio d'invenzioni sono sorprendenti e controcorrente. Una è
la figura della protagonista, Katniss Everdeen, l'altra è la società futuribile  nella quale  si
muove l'avventura, l'impero fantastico di Panem. L'adolescente Katniss, la sempre più bra-
va Jennifer Lawrence, che nell'episodio finale guida la rivoluzione contro il regime autorita-
rio del presidente Snow, una specie di Giovanna D'Arco del futuro, è probabilmente la figu-
ra femminile più radicale mai prodotta a Hollywood, come ha scritto il critico del New York
Times, Tony Scott. E rappresenta anche un sovvertimento dei canoni della macchina holly-
woodiana, dove alla fine la complessità è sempre maschile e i caratteri femminili sono ridu-
cibili a un'unica dimensione, familiare o pubblica. 
Katniss è al contrario un'eroina del dubbio che attraversa una molteplicità di ruoli senza
mai identificarsi in nessuno. Non vorrebbe essere ma diventa una rivoluzionaria, è e non
è l'incarnazione dei simboli del successo nella nostra società. E' e non è un'atleta, è e non
è una star tv, una leader politica, una testimonial della pubblicità così  come nel privato
è e non è una fidanzata o una compagna, e in famiglia  è al tempo stesso sorella  e  figlia
amorevole, ma anche un'adolescente che ha assunto  dalla morte  del padre minatore il  
vero ruolo di capofamiglia  e  ha un atteggiamento genitoriale nei confronti di sorella e
madre. Un'indomabile inquietudine non le permetterà mai di vivere felice e contenta co-
me nell'ultima riga delle vecchie e delle nuove favole. Per usare una categoria non più di
moda, Katniss Everdeen è il trionfo dell'ideale femminista.  Non è un caso  che  l'autrice 
Suzanne Collins sia  per anagrafe (53 anni) la capostipite  della schiera di scrittrici  che
dall'inizio del nuovo millennio hanno rivoluzionato al femminile la letteratura (e il cine-
ma) per l'infanzia, formidabile strumento di educazione sentimentale  delle nuove gene-
razioni, accanto alla quasi coetanea J.K. Rowlings di Harry Potter, prima della quaran-
tenne Stephenie Meyer di Twilight fino alla ventenne Veronica Roth di Divergent.
L'altro grande mito che Hunger Games rievoca ai giovani di tutto il mondo è quello
della rivoluzione. Espulso dalla politica, dove non ne parlano neppure i più estremisti,
il mito della rivoluzione armata dei poveri contro i ricchi è il cuore del capitolo finale
della saga.

Lucianone

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