30 novembre '15 - lunedì 30th November / Monday visione post - 14
Come sono vicini quei due mondi lontani
In Europa per decenni abbiamo visto solo la pace.
Altrove, una generazione è cresciuta tra le bombe.
Ora queste realtà diverse sono entrate in contatto.
(da l'Espresso - 26 / 11/ '15 - Roberto Saviano / L'antitaliano)
Roberto Bolano chiuse "Amuleto" con questa frase: "E anche se il canto che ascoltavo
parlava della guerra , delle imprese eroiche di un'intera generazione di giovani latino-
americani sacrificati, io capii che al di là di tutto, parlava del coraggio (,,,). E quel canto
è il nostro amuleto". Quando colpiscono la vita con atti di forza, quando la storia ci
presenta il conto e non capiamo cosa stiamo pagando, penso che abbiamo bisogno di
canti e ancor di più di amuleti. E ne abbiamo bisogno perchè stiamo vivendo un corto-
circuito. Venerdì scorso per i fatti di Parigi, qualche settimana fa per l'aereo russo pre-
cipitato nel Sinai e per l'attacco kamikaze a Beirut, ad Aprile per il massacro nel cam-
pus di Garissa e per quello a Gennaio alla redazione di "Charlie Hebdo", reperivamo
informazioni in tempo reale sui social. Venerdì scorso sapeva più l'adolescente con un
account Twitter che il giornalista che provava a contattare colleghi a Parigi per poter
dare informazioni attendibili. L'essere connessi e quindi idealmente vicinissimi, rende
ancora più stridenti le diversità che vivono identiche generazioni di paesi separati che
da poche ore di volo. E fa capire come l'umanità, oggi più che mai, si divida innanzitut-
to tra chi riconosce e chi non riconosce colpi di proiettile. L'umanità che sa riconoscere
colpi di pistola, colpi di mitra, colpi di artiglieria, la differenza tra una granata e una
bombola del gas che esplode, generazioni e generazioni di giovani in Libia, Egitto, Isra
ele, Libano, Turchia, Palestina, Kosovo nati e cresciuti con questa conoscenza che i lo-
ro coetanei europei, vicinissimi non hanno. Quando parlo di Napoli come di territorio
in guerra, è esttamente a questo che mi riferisco. A Napoli un colpo di pistola lo ricono-
scono anche i bambini; invece al Bataclan, venerdì scorso, ci sono testimoni che riferi-
scono di aver sentito colpi di arma da fuoco ma di averli creduti effetti speciali. Di aver-
li creduti rumori innocui.
Ecco il cortocircuito: siamo una generazione che sta vivendo guerre su molti fronti,
eppure siamo nati per essere incapaci di imbracciare un fucile, di saperlo caricare, in-
capaci di riconoscere un bossolo o di mettere la sicura a un'arma. Siamo la speranza
partorita dalla Seconda guerra mondiale, una speranza non solo abortita, ma anche
in larga parte incapace di leggere il presente che del passato è la logica conseguenza.
Questa superficialità ci ha portati a non essere nemmeno capaci di leggere l'inutilità
e persino la pericolosità di certe decisioni in politica estera, come ad esempio l'inva-
sione decisa da Bush e Blair dell'Iraq a guerra già vinta, contro Saddam Hussein già
sconfitto, con l'unico effetto di creare proselitismo e un sentimento antioccidentale
ancora più diffuso. Siamo in balia di interessi che a volte non comprendiamo, e a vol-
te siamo proprio noi i destinatari di certe azioni. Noi che abbiamo bisogno che ci si di-
ca che non si sta a braccia conserte, inattivi, mentre aspettiamo che la prossima bomba
ci cada in testa o che la prossima raffica di mitra pieghi le nostre già deboli volontà.
Del resto a Garissa, come in Francia, si è voluto colpire esattamente ciò per cui sono
iniziate le primavere arabe: ovvero l'affermazione della sacrosanta volontà di poter
scegliere come vivere. Gli attentati di Parigi non hanno preso di mira ambasciate o
parlamenti, non sono più questi i loro nemici, ma i luoghi della nostra felicità quoti-
diana. Hanno colpito prima un aereo di turisti di ritorno da una vacanza, poi a Bei-
rut hanno ammazzatpo 47 persone che si trovavano per strada. E in Francia un tea-
tro, poi un ristorante, lo stadio. Capiscono ciò per cui vale la pena vivere: la libertà
di scegliere dove andare in vacanza, a che ora uscire per fare la spesa, che musica
ascoltare, che persona amare, dove andare a mangiare, come poter passare insieme
il tempo. Ecco cosa hanno voluto attaccare.
Ecco perchè nessuna vacanza, nessun concerto e nessuna uscita possono essere date
per scontate: perchè ci sono persone, a poca distanza da noi, con cui ci capita di dia-
logare sui social, che questa libertà non ce l'hanno da molto tempo o non l'hanno
mai avuta. Persone che decidono di lasciare i loro paesi e chiedono asilo a noi, pro-
prio perchè dove sono nati non possono vivere, figuriamoci se possono scegliere.
Un concerto, una cena, una partita di calcio sono la costituzione della libertà che
non appartiene solo a noi. Sono il segno della possibilità di scegliere. Ricordiamolo
ogni volta che siamo lì, semplicemente e superficialmente a vivere.
Continua... to be continued...
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