29 agosto '15 - sabato 29th August / Saturday visione post - 7
LA MORTE (per fatica e per caldo) di qualcuno di loro ci porta, occasionalmente, a
"scoprire" che in Italia lavorano nei campi, per un salario offensivo, circa 400 mila
stagionali, in buona parte stranieri, reclutati e taglieggiati dai cosiddetti caporali.
definirla economia sommersa è abbastanza ipocrita, poichè emerge con la prepo-
tenza delle abitudini consolidate e del malaffare incallito.
Facile, in materia, fare del moralismo, più difficile intervenire data l'entità del feno-
meno, la disperazione (degli sfruttati) e la tracotante impunità (degli sfruttatori).
Ma vale la pena considerare con quale facilità e frequenza scenari ottocenteschi, di
sfruttamento disumano, trovino ampio spazio in un'epoca che ama dedicare quasi ogni
sforzo di analisi alla società immateriale, alle nuove tecnologie, all'economia in rete, e
si imbambola al computer convinta che il lavoro materiale non sia più necessario, non
più strutturale; ma può farlo solamente perchè la povera gente ancora crepa nei campi
con la schiena piegata, e spesso anche nelle fabbriche, Il lavoro materiale è quello che
ci dà da mangiare, da abitare, da viaggiare. Avere smesso di considerarlo centrale è
stato un errore politico e un abbaglio culturale. Noi fighetti che passiamo la giornata al
computer siamo sfamati, letteralmente, dai braccianti dei quali ci occupiamo solo quan-
do schiattano sotto il sole.
(da la Repubblica - 23 agosto '15 - L'AMACA / Michele Serra)
A ogni crollo delle Borse, per capire un poco meglio quello che accade in quell'universo
sospeso tra economia e alchimia bisognerebbe domandarsi quanto le Borse avevano
guadagnato prima, giorno dopo giorno. La differenza è che il "meno" è traumatico,
veloce e viene urlato nei titoli di giornale: bruciati migliaia di miliardi. Il "più", invece,
era stato progressivo e silenzioso. Sempre migliaia di miliardi, però annunciati da nes-
suna fanfara.
Provate anche voi a fare qualche conto della serva. Cercate su internet un grafico di
lungo periodo el Down Jones (indice di Wall Street), ce ne sono tanti. Cinque anni fa
il Down Jones viaggiava intorno ai diecimila punti, riemergendo dal tonfo del 2008
che lo aveva portato sotto quella quota simbolica. Pochi giorni fa era arrivato alla
vetta stratosferica dei diciottomila punti, al termine di una delle stagioni più lunghe
e costanti di crescita mondiale del mercato azionario. Oggi, dopo il colpo cinese, è
sceso quasi a sedicimila punti, con un bel tonfo. Ma la quota rimane comunque altis-
sima, come ben sanno i gestori di fondi e i singoli risparmiatori che nell'ultimo paio
d'anni hanno guadagnato in Borsa, una montagna di quattrini. Un altro suggerimento:
se la Borsa va male, abbiate o non abbiate azioni, andate nell'orto e consolatevi con-
tando le patate e i pomodori. Se non avete un orto, chiedete a un amico se vi fa vede-
re il suo.
(da la Repubblica - 25 agosto '15 - L'AMACA - Michele Serra)
Lucianone.
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