mercoledì 29 luglio 2015

IDEE / riflessioni - La crisi greca: salvarsi con lo spirito del Dopoguerra?

29 luglio '15 - mercoledì           29th July / Wednesday                        visione post - 56

L'emergenza ellenica riguarda tutta l'economia, dai
dati "macro" alle singole imprese.  Ma  l'ipocrisia
tedesca e il rigore "copia e incolla" non servono:
bisogna agire come con la Germania post-1945.

(da 'la Repubblica'  -  13 luglio '15 - Le idee / L'analisi  -  Mariana Mazzucato)
Solo lo spirito del Dopoguerra potrà salvarci dalla crisi eterna
Gli economisti si dividono in macroeconomisti e microeconomisti. I primi focalizzano la loro
attenzione sugli aggregati, come l'inflazione, l'occupazione e la crescita del Pil.    I secondi si
occupano delle decisioni a livello individuale, che si tratti di un consumatore, di un lavorato-
re o di un'impresa. La crisi della Grecia pone al tempo stesso un problema macroeconomico e
un problema microeconomico, ma le soluzioni di rigore "copia incolla" proposte dai creditori
non hanno affrontato l'enormità di nessuno di questi due problemi.
Alla fine degli anni Novanta la germania aveva un problema di domanda aggregata  (un con-
cetto macroeconomico). Dopo un decennio di moderazione salariale, che aveva fatto calare il
costo unitario del lavoro, ma anche il tenore di vita, non c'era più abbastanza domanda in Ger-
mania per i beni prodotti dalla Germania stessa, che quindi dovette andare a cercare domanda
all'esterno. La liquidità in eccedenza nelle banche tedesche fu prestata all'estero, a banche stra-
niere come quelle greche. Le banche greche prendevano i prestiti dalla Germania e prestava-
no a loro volta alle imprese greche per consentire loro di acquistare beni tedeschi, incremen-
tando  in tal modo le esportazioni teutoniche. Tutto questo ha fatto crescere tanto l'indebita- 
mento del settore privato ellenico. Non a caso sono le banche tedesche a detenere una grossa
fetta del debito greco (21 miliardi di euro).-   Il fattore cruciale è che il maggiore indebitamen-
to non è stato accompagnato da  un incremento della competitività  (un concetto microecono-
mico).  Le imprese greche non investivano in quelle aree che fanno aumentare la produttività (formazione del capitale umano, ricerca e sviluppo, nuove tecnologie  e  cambiamenti strategi-
ci nella struttura delle organizzazioni). Oltre a questo, lo Stato non funzionava, per via della mancanza di riforme serie del settore pubblico. Pertanto, quando è arrivata la crisi finanzia-
ria, il settore privato greco si è ritrovato altamente indebitato, senza la capacità di reagire.
Come altrove, questa massa di debito privato si è tradotta in un secondo momento in un de-
bito pubblico di vaste proporzioni. Se è vero che il sistema greco era gravato di varie tipolo-
gie di inefficienze, è semplicemente falso  che  i problemi   siano     dovuti  esclusivamente
 all'inefficienza del settore pubblico e a "rigidità" di vario genere.  La causa principale è 
stata l'inefficienza del settore privato, capace di tirare avanti solo indebitandosi e sfruttan-
do i "fondi strutturali"  dell'Unione Europea per compensare la propria carenza di investi-
menti.  Quando la crisi finanziaria  ha messo a nudo  il problema, il governo ha finito per 
dover soccorrere le banche e si è ritrovato a fare i conti con un tracollo del gettito fiscale,
a causa del calo dei redditi e dell'occupazione. I livelli del debito in rapporto al Pil in Gre-
cia, come in quasi tutti i Paesi, sono cresciuti  in modo esponenziale  dopo la crisi, per le 
ragioni che abbiamo detto. -  La reazione della Troika è stata  di imporre  misure di rigore,
che come adesso ben sappiamo hanno provocato una contrazione del Pil greco del 25 per
 cento e una disoccupazione a livelli record, distruggendo in modo permanente le opportu-
nità per generazioni di giovani greci. Syriza ha ereditato questo disastro e si è focalizzata
sulla necessità di accrescere la liquidità incrementando le entrate fiscali attraverso la lot-
ta contro l'evasione, la corruzione e le pratiche monopolistiche, nonchè il contrabbando
di carburante e tabacco. Ha accettao di riformare la normativa del lavoro, di tagliare la
spesa e di alzare l'età pensionabile. Errori sono stati commessi dal giovane governo, ma
certo non si può dire che non stesse facendo progressi, perchè molte riforme avevano già
preso il via. Anzi, nei primi quattro mesi di governo Tsipras il Tesoro ellenico aveva ri-
dotto drasticamente il disavanzo e aveva un avanzo primario (cioè senza calcolare il pa-
gamento degli interessi sul debito) di 2,16 miliardi di euro, molto al di sopra degli ob-
biettivi iniziali di un disavanzo di 287 milioni di euro.
L'austerità ha aiutato? No. Come sottolineava John Maynard Keynes, nei periodi di re-
cessione, quando i consumatori e il settore privato tagliano le spese, non ha senso che lo
Stato faccia altrettanto: è così che una recessione si trasforma in depressione.  Invece la 
Troika ha chiesto sempre più tagli e sempre più in fretta, lasciando ai greci poco spazio
di manovra per continuare con le riforme intraprese  e al tempo stesso cercare di accre-
scere la competitività attraverso una strategia di investimenti.
La crisi economica (poi) ha prodotto una crisi umanitaria a tutti gli effetti, con la gente
incapace di acquistare cibo e medicine. Secondo uno studio, per ogni punto precentuale
in meno di spesa pubblica si è avuto un aumento dello 0,43 per cento dei suicidi fra gli
uomini: escludendo altri fattori che possono indurre al suicidio, tra il 2009 e il 2010 si
sono uccisi "unicamente per il rigore di bilancio" 551 uomini.  Syriza ha reagito pro-
mettendo cure mediche gratuite per disoccupati e non assicurati, garanzie per l'alloggio
ed elettricità gratuita per 80 milioni di euro. Si è anche impegnata a stanziare 765 milio-
ni di euro per fornire sussidi alimentari.
La priorità data da Syriza alla crisi umanitaria e il rifiuto di imporre altre misure di au-
sterità sono stati accolti  con grande preoccupazione e una totale mancanza di riconosci-
mento  per le riforme già avviate. I media hanno alimentato questo processo  e  il resto è 
storia:  quello che è successo poi, ovviamente, è stato  abbondantemente  raccontato dai 
giornali. -  L'indisponibilità a condonare almeno in parte il debito greco  è ovviamente
un atto di ipocrisia, sew si considera che al termine della guerra (Seconda guerra mon-
diale) la Germania ottenne il condono del 60 per cento del suo debito. Una seconda for-
ma di ipocrisia, spesso trascurata dai mezzi di informazione, è il fatto che tante banche
sono state salvate e condonate senza che la cosa abbia suscitato  grande scandalo  fra i
ministri dell'economia. Oggi il salvataggio di cui avrebbe bisogno la Grecia ammonta 
a circa 370 miliardi di euro, ma non è nulla in confronto ai salvataggi internazionali
messi  in piedi  per banche  come  la Citigroup (2.513 miliardi di dollari), la Morgan  
Stanley (2.041 miliardi), la Barclays (868 miliardi), la Goldman Sachs (814 miliardi),
la JP Morgan (391 miliardi), la Bnp Paribas (175 miliardi) e la Dresdner Bank (135 
miliardi). Probabilmente l'impazienza di Obama nei confronti della Merkel nasce dal
fatto che lui conosce queste cifre! Sa  perfettamente  che  quando  il debito  è  troppo
grosso, ed  è impossibile  che venga  restituito  alle  condizioni correnti,   dev'essere  
ristrutturato
Il terzo tipo di ipocrisia è il fatto che mentre  la Germania imponeva  ai greci (e agli
altri vicini del Sud) politiche di austerità, per quanto la riguardava incrementava la 
spesa per ricerca  e sviluppo, collegamenti fra scienza e industria, prestiti strategici
alle sue medie imprese (attraverso una banca di investimenti pubblica molto dinami-
ca come la KfW) e così via. Tutte queste politiche ovviamente hanno migliorato  la
competitività tedesca a scapito di quella altrui. La Siemens non si è aggiudicat ap-
palti all'estero  perchè paga poco  i suoi lavoratori, ma perchè è una delle aziende
più innovative al mondo, anche grazie a questi investimenti pubblici. Un concetto 
microeconomico. Che rimanda a un altro macroeconomico: una vera unione mo-
netaria è impossibile tra paesi così divergenti nella competitività.
Riassumendo, la rigorosa disciplina di bilancio  usata oggi  dall'Eurogruppo  per
mettere "in riga" la Grecia non porterà crescita al Paese ellenico.  La mancanza
di domanda aggregata (problema macroeconomico) e la mancanza di investimenti 
in aree capaci di accrescere la produttività e l'innovazione (problema microecono-
mico) serviranno solo a rendere la Grecia più debole e pericolosa per gli stessi pre-
statori. Sì, servono riforme di vasta portata, ma riforme  che aiutino  a migliorare
questi due aspetti. Non soltanto tagli. Allo stesso modo, è necessario che la Germa-
nia si impegni di più a livello nazionale per accrescere la domanda interna,  e che 
consenta in altri Paesi  europei quel genere di politiche che le hanno permesso  di
raggiungere una competitività reale. Il fatto che l'Eurogruppo non comprenda tut-
to questo è dimostrazione  di incapacità  di pensare a lungo termine  e  ignoranza 
economica (chi comprerà le merci tedesche se l'austerità soffoca la domanda negli
altri paesi?).
Speriamo questa settimana di vedere meno mediocrità e più capacità di pensare in
grande, come successe dopo la guerra e come abbiamo bisogno che suvveda adesso,
dopo una delle peggiori crisi finanziarie della storia.

Lucianone

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