Daverio, il critico d'arte che
parla anche di musica
Philippe Daverio è uno dei pochissimi critici d'arte a parlare sempre
anche di musica, dimostrando di comprendere come un discorso sul-
l'arte non possa evitare di occuparsi di musica. Come nel primo dei
cinque incontri organizzati da Idem, in cui il tema era "L'arte visiona-
ria nei primi decenni del Novecento: quando con la provocazione surrealista
"l'immaginario invade l'immagine". E invade anche la musica.
Daverio racconta divertito di quando a Milano come assessore alla cultura fe-
ce eseguire Vexation di Satie, trentacinque battute di musica senza melodia,
senza conclusione armonica, ripetute 840 volte per una durata totale di circa
venti ore, come un mantra dissonante che realizza un perpetuum mobile.
"La grande truffa dell'arte del Novecento è che per capirla si deve far parte
del gioco", afferma Daverio. E ancora: "Quello che produce non ha un valo-
re formale, ha valore solo in quanto provoca". - Ma il discorso meriterebbe
di tornarci su. Daverio accenna alla nascita di lì a poco della nuova disciplina
della linguistica e allora tutto diviene chiaro: il voluto corto circuito semantico
dell'arte del primo Novecento è meno semplicistico di come sembra. Tutte le
arti sferrano un preciso attacco contro quella facoltà antropologica primaria
che è il narrare. Raccontare è mettere ordine, individuare nessi, ma la vita,
nella realtà, è assai più simile a come la racconta Joyce in Ulisses. Un coacer-
vo di percezioni che si affacciano di continuo nella nostra mente, un gioco inaf-
ferrabile di associazioni impreviste e immotivate.
Il mondo onirico è la vera, vertiginosa, scoperta della modernità.
Lucianone
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