giovedì 27 febbraio 2014

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27 febbraio '14 - giovedì           27th February / Thursday                     visione post - 5

Esteri - UCRAINA

Crimea: sale la tensione / Blitz armato di un commando filorusso
al Parlamento a Simferopoli / Rispunta Yanukovich: "Io il Presidente"
Il leader deposto chiede aiuto a Putin: 'combatterò fino alla fine
questa battaglia'


ALLERTA RUSSA  
I movimenti delle truppe russe al confine con l’Ucraina fanno paura a Kiev e lasciano col fiato sospesol’intera comunità internazionale. Washington e la Nato si dicono «preoccupati» per queste esercitazioni che, in un momento così delicato, fanno temere una possibile invasione dell’Ucraina, e invitano la Russia a non compiere «azioni che possano accrescere la tensione». Ma il braccio di ferro tra Ucraina e Russia per ora si gioca soprattutto in Crimea, la penisola a maggioranza russofona regalata da Krusciov alla repubblica sovietica ucraina nel 1954 e dove Mosca ha un’importante base navale (a Sebastopoli). E sono proprio i russofoni a premere per allentare i legami con il governo centrale di Kiev di un territorio che è già costituito in repubblica autonoma all’interno dell’Ucraina. Una prima importante vittoria l’hanno ottenuta questo pomeriggio, quando i deputati del parlamento locale - che pure è occupato da paramilitari – hanno indetto un referendum per dare alla Crimea maggiore autonomia: si voterà il 25 maggio, lo stesso giorno in cui sono previste le elezioni presidenziali in tutta l’Ucraina. 

KIEV MINACCIATA  
Ma mentre i filorussi occupano i palazzi del potere e innalzano le prime barricate, a Kiev non stanno a guardare, e oggi il ministro dell’Interno Arsen Avakov ha messo in allerta le forze di polizia, comprese quelle speciali, «per fronteggiare lo sviluppo di azioni estremiste» ed «evitare un bagno di sangue». Secondo alcuni, dietro queste azioni ci sarebbe lo stesso Cremlino. La pensa ad esempio così Refat Chubarov, presidente del Medjlis, l’assemblea che rappresenta i tatari di Crimea, un’importante minoranza etnica della penisola che appoggia in tutto e per tutto le nuove autorità di Kiev e non ne vuole sapere di Mosca. Così, mentre continuano le esercitazioni delle truppe russe al confine, il governo ucraino che si sente evidentemente minacciato fa sentire la sua voce. Oggi l’incaricato d’affari russo in Ucraina, Andrei Vorobiov (che fa le veci dell’ambasciatore richiamato a Mosca) è stato convocato al ministero degli Esteri ucraino, dove gli è stato precisato che la Russia deve astenersi dagli spostamenti dei reparti militari della flotta del Mar Nero. Non solo, ma il presidente ucraino ad interim, Oleksandr Turcinov, non ha esitato a definire «aggressione» qualsiasi movimento dei militari della flotta russa in Crimea fuori delle zone prestabilite. Kiev non vuole insomma più vedere blindati russi scorrazzare nel centro di Sebastopoli, come è avvenuto qualche giorno fa. Il nuovo premier Iatseniuk ha però anche aperto a Mosca, invitando al dialogo per costruire delle buone relazioni di vicinato. 

PAURA DEFAULT  
E a preoccupare l’Ucraina è anche la situazione finanziaria, aggravata, secondo Iatseniuk, dal fatto che il governo del defenestrato yanukovich avrebbe sottratto 70 miliardi di dollari dalle casse dello Stato negli ultimi tre anni per trasferirli su conti all’estero. Per superare questo momento di difficoltà il capo del governo ha dovuto annunciare «decisioni impopolari sui sussidi, sulle tariffe e sui programmi sociali». In aiuto di Kiev dovrebbe arrivare un prestito del Fondo monetario internazionale, che si è detto «pronto» a rispondere a una richiesta lanciatagli dall’Ucraina. 
  
Italia - Politica
M5S, insulti e addii  /  I fedelissimi di Grillo: "Via i parassiti"
Accuse e veleni via Web nel Movimento dopo l’espulsione dei quattro dissidenti. 
Sei senatori si dimettono dal Parlamento e due deputati approdano al gruppo misto:

È ormai ai livelli di guardia l’emorragia di parlamentari Cinque Stelle provocata dalle espulsioni dei quattro senatori del Movimento. Si è messa in moto una reazione a catena che, tra insulti e attacchi di basso profilo, ha portato alla decisione di sei senatori pentastellati di annunciare le loro dimissioni da Palazzo Madama. Tra di loro c’è anche un espulso, anzi l’espulso numero uno: Luis Orellana. Gli altri sono parlamentari che non erano affatto in procinto di essere sfiduciati. E che hanno però chiesto al presidente del Senato di essere rimandati a casa. Maria Mussini, Monica Casaletto, Maurizio Romani, Alessandra Bencini e Laura Bignami non hanno digerito l’operazione di «epurazione» e hanno polemicamente rassegnato le dimissioni. 
FMI promuove Renzi e Padoan: "Positive le misure annunciate"
Il Fondo: disoccupazione alta, la riforma chiave è quella del lavoro

Economia -  Germania
Divario ricchi poveri: è la Germania la maglia nera in Ue
Per l’istituto “Diw” è il Paese con le maggiori differenze: un quinto 
delle persone non ha un patrimonio, l’1% invece è quasi milionario.



In nessun altro Paese dell’Eurozona le differenze tra ricchi e poveri sono grandi quanto in Germania. Nella patria della socialdemocrazia, un quinto della popolazione non possiede alcun patrimonio, mentre l’un per cento più ricco ha immobili, azioni, assicurazioni e altro per un valore di almeno 800mila euro; il dieci per cento più ricco può contare su una ricchezza di minimo 217mila euro.  

L’indice che misura le diseguaglianze, il coefficiente Gini, nel Paese di Angela Merkel, raggiunge 0,78 punti. Assieme a quello austriaco, è il valore più alto fra i Paesi della moneta unica. Il coefficiente segnala una diseguaglianza crescente man mano che si avvicina all’1. Per fare un paragone extra europeo, l’indice Gini degli Stati Uniti è ancora più alto, a quota 0,87.  

Lucianone


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