sabato 15 giugno 2013

Società - La questione dei centri sociali in Italia (Milano)

15 giugno '13 - sabato           15th June / Saturday                         visioni post - 17


E' ora di affrontare la questione dei centri sociali,
che non si risolve con i manganelli

(da la Repubblica - 10/06/2013  /  da le pagine di Milano - Ivan Berni) 
L'ultimo sgombro di un centro sociale, in via Cola di Rienzo (a Milano),
ha avuto, per contorno, un breve scontro con la polizia, l'incendio di alcu-
ni cassonetti sulla circonvallazione e, qualche ora dopo, l'occupazione di
un altro  stabile abbandonato, poco distante, in via del Fusaro, da parte
dei giovani sgomberati il giorno prima.      Una quindicina di giorni fa lo
sgombero del centro sociale Zam ha seguito, con qualche variante, ana-
logo copione: barricate e tafferugli con la polizia in via Olgiati, alla Ba-
rona. Manifestazione di protesta, con manganellate ai giovani sotto le
finestre di Palazzo Marino.   E il giorno dopo  occupazione  di  un altro
spazio abbandonato: la scuola dismessa (di proprietà comunale) di via
Santa Croce.
La ripetizione del canovaccio conferma alcune cose note, peraltro, da
decenni: i centri sociali occupati non sono un problema di ordine pub-
blico. Lo diventano nel momento in cui si affida alla polizia il compito
di chiuderli. La repressione dell'illegalità delle occupazioni non induce
i protagonisti a cambiare comportamenti e opzioni. L'invito del Comu-
ne a partecipare a bandi per l'assegnazione di spazi, che presume una
qualche forma associativa  e  l'identificazione di un soggetto giuridico
non funziona: chi sceglie di occupare rifiuta "l'istituzionalizzazione",
o perlomeno rigetta l'idea di un rigido percorso burocratico che preve-
de statuti, quote, regolamenti.
Piaccia o meno, questa è la realtà: i gruppi di giovani  "autorganizzati"
che occupano spazi abbandonati pera fare musica, cultura, attività spor-
tive e spesso  servizi importanti  per i quartieri  dove  si sono insediati, 
non sono "imbrigliabili" nelle maglie di istituzioni che sentono lontane,
se non addirittura nemiche.  E' così da almeno 38 anni, ovvero dal lon-
tano 1975, quando un gruppo di militanti "canisciolti" occupò i capan-
noni abbandonati di via Leoncavallo, dando vita al prototipo di tutti i
centri sociali: il Leonka, per l'appunto.
Fa una certa impressione, a tale distanza di tempo, constatare che il
conflitto fra istituzioni e "okkupanti" (o squatter) si ripropone in fon-
do negli stessi termini. E si dovrebbe anche constatare l'obiettiva biz-
zarria che, quasi quarant'anni dopo, il Leoncavallo  è  ancora un cen-
tro sociale occupato, a dispetto di tentativi di "legalizzazione" in cor-
so dai tempi di Albertini; che il suo portavoce Daniele Farina è il re-
sponsabile cittadino di Sel, cioè della forza politica più vicina  al sin-
daco  Giuliano  Pisapia, nonchè un ex deputato  già  vicepresidente
della Commissione giustizia: che  in Consiglio  comunale  siede nei
banchi della maggioranza, l'avvocato Mirko Mazzali, ovvero il lega-
le che  negli ultimi vent'anni  ha sempre difeso  i giovani occupanti
nelle aule di Tribunale.
Per questo sarebbe ora, forse, di affrontare  il toro per le corna e
discutere, apertamente, davanti alla città, del  problema  politico
posto dai centri sociali e dalle generazioni di giovani, ed ex giova
ni, che hanno attraversato questa esperienza negli ultimi decenni.
L'epilogo, augurabilmente, dovrebbe essere un passo avanti del
"movimento" verso il rispetto della legalità e forme di interlocu-
zione aperte con l'istituzione. Mentre da parte di Palazzo Marino
ci si aspetta il riconoscimento politico , e il rispetto, di una storia
fatta di sperimentazione, di cultura di strada, di nuovo protagoni-
smo sociale, di capacità di identificare e rispondere anuovi biso-
gni. E fatta, certo, anche di trasgressione. Non curabile a man-
ganellate.

Lucianone   

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