mercoledì 5 giugno 2013

Società - Usa e università / Italia e competitività

5 giugno '13 - mercoledì             5th June / Wednesday

Iscriversi all'università negli Usa:
costa e non sempre serve
Il sindaco di New York Bloomberg ha tirato il sasso nello stagno, invitando i ragazzi
a non andare all'università e a diventare artigiani. Ma il fatto è che nemmeno negli
Usa, paese che piace ai nostri laureati che non trovano lavoro in Italia, sono più si-
curi che un college sia sempre un investimento fruttuoso. Il dubbio gli è venuto per
2 ragioni abbastanza decisive.  
LA PRIMA: un'università privata negli Stati Uniti costa in media 21.600 euro all'an-
no. Aggiungendo il mantenimento dello studente, una laurea in 4 anni (in corso) vola
in media a quota 130mila euro.    LA SECONDA: anche negli States si è scoperto che
una laurea non dà automaticamente lavoro. In più ci sono studi che dimostrano la so-
stanziale identità di reddito tra un laureato all'università della Pennsylvania (34mila
euro all'anno di retta) e al college Penn State (statale, 12.300 euro all'anno). 
Sono molti i miti universitari a stelle e strisce che si stanno sfaldando.  Jeff Selingo,
autore di un saggio molto documentato sul tema, ne distrugge almeno tre. Non è vero
che le università Usa sono le migliori del mondo. Un 14° posto nel ranking globale si
scontra con un costo medio tra i più alti. Non è vero che tutti gli studenti si laureano
in corso e non perdono tempo. Solo il 40% ci riesce. Non è vero che la laurea determi-
na il futuro in azienda. Sempre più datori di lavoro guardano alle reali capacità e non
ai titoli e ai nomi dei college.  Se avete figli che stanno per finire la scuola superiore,
ragionate con loro in modo molto concreto sui costi e sugli obiettivi che hanno in testa.
Non è detto che abbia ragione Bloomberg, ma è certo che sia sempre più indispensabi-
le fare i conti bene prima di investire decine di migliaia di euro all'anno sulla forma-
zione superiore.  In America hanno tirato su una generazione di debitori. Giovani che
non solo non trovano lavoro dopo la laurea, ma che inoltre hanno contratto mutui pe-
santi per studiare. Oggi la chiamano Generation I.O.U. (Io ti devo).
(da 'La Gazzetta dello Sport' - 31 maggio 2013 - di Francesco Carla, Presidente
www.finanzaworld.it)
Competitività: l'Italia scende al 44° posto,
la causa: 'non sa diversificare'
Mercoledì (29 maggio) era arrivato il plausa dell'Ue che aveva ritirato la
"procedura d'infrazione" all'Italia.  Ieri, giovedì 30 maggio, è invece arri-
vata la bocciatura dell'Institute for management development (Imd) di Lo-
sanna (Svizzera). Nella Classifica internazionale della competitività, stila-
ta ogni anno, l'Italia è scesa dal 40esimo al 44esimo posto (dietro il Perù)
ed è stata inserita anche tra i "perdenti", cioè tra i Paesi che hanno perso
più di 5 posizioni dal 1997 ad oggi. Tra le motivazioni il "non aver diversi-
ficato  la sua industria e controllato la spesa pubblica".
La graduatoria, che comprende 60 Stati e assegna il primo posto agli Usa,
vede  il  peggioramento  di Spagna (da 39 a 45), Portogallo (da 41 a 46)  e
Francia (28 a 29). A mettere un dito nella piaga ci ha pensato pure l'Ocse
che ha diffuso  i dati  sulla  disoccupazione italiana: nel Paese il 39%  dei
giovani è senza lavoro. "Servono azioni di ampio respiro, non solo urgenti",
il monito lanciato.

Lucianone

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