27 giugno '13 - giovedì 27th June / Thursday visioni post - 10
Un romanzo atipico per raccontare, camminando,
pensieri e incontri tra due mondi: l'esordio del
nigeriano-americano Teju Cole
(da 'D laRepubblica' - 25 maggio 2013 / now libri - di Franco Marcoaldi)
Bisogna smettere di camminare a capo chino. Bisogna guardare in faccia il mondo,
con occhi vigili e ricettivi, e allora sì che la nostra traversata esistenziale saprà co-
gliere tutta la meraviglia e tutto lo strazio che ci circonda. Questo è l'assunto che
il nigeriano-americano Teju Cole fa proprio, accompagnandoci nella sua lunga
peregrinazione per le strade di New York.
"Città aperta" è il suo primo, atipico romanzo, che ha fatto molto rumore negli Usa, aggiudicandosi tra gli altri il premio PEN/Hemingway e il New York City Book Award
for Fiction. Dico romanzo atipico, perchè non siamo in presenza di un intreccio fanta-
stico e canonico, con inizio, svolgimento e conclusione, ma di fronte al rapsodico reso-
conto della vita quotidiana di un uomo. Julius, giovane psichiatra di colore, tedesco-
nigeriano - che racconta tutto quanto gli accade o gli passa per la testa. Julius ci rende
partecipi della sua ininterrotta 'flanerie', dove si succedono i più diversi incontri, con
luoghi e persone. Incontri che lo inducono a rivisitare il proprio passato e lo spingomo
verso altri luoghi (memorabili le pagine su Bruxelles, "una città in attesa, o sotto ve-
tro", dove si reca in cerca della nonna materna).
Julius si è appena lasciato con la fidanzata Nadège e ora conduce una vita solitaria.
Le sue giornate trascorrono tra l'ospedale ("tenevo sempre a mente il più antico dei
principi medici: non fare danni"), le sale da concerto (ascoltando l'adorato Mahler
alla Carnegie Hall nota con disappunto, e per l'ennesima volta, d'essere tra i pochis-
simi spettatori di colore), le visite a un vecchio e amato professore ormai prossimo
alla morte.
Ma soprattutto Julius cammina, cammina (anche per questo tra le sue ascendenze let-
terarie, s'è fatto non a torto il nome di Sebald). E camminando incontra l'umanità più
varia. Nelle tavole calde, sulle piazze, nei musei, sui treni della metropolitana.
Nel cielo, frattanto, passano gli uccelli migratori. E lui se ne sta a guardare quelle
formazioni di oche e rondoni "come per trarre auspici , sperando di assistere al mi-
racolo dell'immigrazione in natura". D'altronde anche lui è un migrante. E a quel
genere di storie presta particolare attenzione, inanellandole nel tentativo di trovare
un qualche senso alla propria vicenda personale.
"Viviamo la vita come un continuum, e solo quando trascorre, quando diventa passato,
vediamo che è discontinua". Ma anche il passato più cristallizzato può irrompere nel
presente, sconquassandolo. Come accade all'improvviso grazie al casuale incontro in
un negozio di Union Square "con qualcuno a lungo dimenticato, una parte di me
stesso che avevo relegato all'infanzia e all'Africa". Quella di Moji, sorella di un vec-
chio compagno di studi, è una vera apparizione, che imporrà a Julius di esplorare,
dolorosamente, in se stesso.
(Teju Cole, 'Città aperta', Einaudi, euro 17,50 - traduzione di Gioia Guerzoni,
uscito il 28 maggio 2013)
Lucianone
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