(da la Repubblica - 20 aprile 2013 - di Alexander Stille)
Il racconto
In trappola in una città surreale
simbolo dei fantasmi d'America
Boston
Eccomi bloccato per caso a Boston, proprio il giorno in cui la città è stata chiusa:
per le strade è in corso la caccia all'uomo, ai terroristi accusati d'avere esploso le
bombe alla maratona. E' un'esperienza surreale. "mi raccomando, resti al sicuro!",
mi dice il rappresentante di una ditta di auto a noleggio. L'ho contattato al telefo-
no nel disperato tentativo di trovare un modo per tornare a New York. Mi parla co-
me se su di me incombesse un pericolo imminente.
Sono in una casa confortevole a Cambridge, parte dell'area metropolitana di Boston
vicina a Watertown, dove si concentra la ricerca per il secondo dei due fratelli rite-
nuti responsabili della recente strage. Eppure, è una bellissima giornata di primave-
ra, la tranquillità sembra assoluta: non c'è un'anima per la strada. (Un ragazzo nel-
la casa accanto tenta di lanciare - senza risultato - un aquilone dal giardinetto recin-
tato, infatti nemmeno lui può uscire). Siamo a circa dieci chilometri dal luogo dove
si troverebbe il ragazzo diciannovenne che la polizia ha braccato a Watertown. Per-
ciò la raccomandazione del noleggiatore d'auto - a 30 chilometri di distanza - suona
come una precauzione risibile. Dobbiamo soltanto schivare la noia, aspettando che
le autorità ci permettano di circolare, per poter partire.
E' sempre stato così nei due giorni della mia imprevista avventura a Boston: un misto
di dramma e di normalità in un'America che fatica a trovare la risposta giusta al ter-
rorismo. Sono partito da New York giovedì (quattro giorni dopo l'esplosione delle
bombe che hanno fatto tre morti) per un impegno tra i più innocenti immaginabili:
una conferensa al Circolo italiano di Boston, un'associazione di amanti della cultu-
ra italiana. Già la stazione ferroviaria di New York era zeppa di militari e poliziotti
con cani addestrati a fiutare gli esplosivi. "Se vedete qualcosa informateci".
Appena arrivato alla stazione di Boston sento la stessa voce meccanica, che ripete:
"Se vedete qualcosa, informateci". ho sfiorato tutti i luoghi centrali di questo dram-
ma: sceso dal treno a pochi passi dal luogo della strage, ho preso la metropolitana a
Kendall Square, a Cambridge, dove i due presunti terroristi hanno tentato una rapi-
na un puio di ore dopo; ho tenuto un discorso accanto a Memorial Drive, dove han-
no ucciso un poliziotto. E Watertown - dove s'è svolto lo scontro a fuoco, e dove ora
la polizia cerca il più giovane dei due fratelli - è la zona dove abitano i miei suoce-
ri: il posto dove sto normalmente a Boston, tranne stavolta perchè i suoceri non ci
sono.
Insomma, ho anticipato i terroristi in quasi tutte le loro tappe più importanti senza
esserne consapevole. L'altro ieri mi sono coricato ignaro dei tragici eventi del gior-
no, e quando gli amici di New York mi hanno telefonato per chiedermi se io stessi
bene, non sapevo di che parlassero.
Stavo preparandomi a partire con un treno, presto la mattina - devo incontrare de-
gli studenti New York e prendere mio figlio a scuola alle tre e mezzo del pomerig-
gio -ma fra le sette e le nove si è bloccato gradualmente tutto: la metro, i treni, gli
autobus, i taxi, gli aerei. Si capisce la volontà di chiudere le strade nel quartiere
dove abitano i fratelli Tsarnaev, e dove forse potrebbe esserci ancora qualche bom-
ba. Si capisce che è necessario fermare tutto a Watertown, dove pare si sia rifugia-
to il giovane Dzhokhar Tsarnaev, questo per evitare morti innocenti e lasciare
libere di lavorare le forze dell'ordine. Però, io mi chiedo: era proprio necessario
l'intera area metropolitana di Boston, tappando circa 4 milioni di persone in casa?
Gli Stati Uniti hanno poca dimestichezza con il terrorismo e lo dimostrano. Si va
dalla A alla Zeta con una velocità impressionante. I politici - terrorizzati soprattutto
dell'accusa di non aver fatto abbastanza - adottano sempre le misure più drastiche.
lo spiegamento di forze qui a Boston sarebbe appropriato per affrontare un intero
esercito di uomini di Al Qaeda, mentre mi sembra piuttosto evidente (già dal tipo
di bomba casalinga usata usta alla maratona) che questi sono due ragazzi isolati,
terroristi improvvisati e autodidatti. Pericolosi sì ma non capaci di mettere in gi-
nocchio una grande città.
Qui a Boston amano ripetere "non ci faremo intimidire!". Però, è già fatto.
Muoiono oltre 30 mila americani ogni anno (circa 11 mila omicii, più 19
mila suicidi),eppure non riusciamo ad autorizzare i più elementari controlli
sulle armi. Ma ora che muioni 3 persone per una bomba, succede il finimon-
do! Forse dobbiamo mettere le cose nella giusta prospettiva - e questo vale
per entrambe le questioni.
Lucianone
Stavo preparandomi a partire con un treno, presto la mattina - devo incontrare de-
gli studenti New York e prendere mio figlio a scuola alle tre e mezzo del pomerig-
gio -ma fra le sette e le nove si è bloccato gradualmente tutto: la metro, i treni, gli
autobus, i taxi, gli aerei. Si capisce la volontà di chiudere le strade nel quartiere
dove abitano i fratelli Tsarnaev, e dove forse potrebbe esserci ancora qualche bom-
ba. Si capisce che è necessario fermare tutto a Watertown, dove pare si sia rifugia-
to il giovane Dzhokhar Tsarnaev, questo per evitare morti innocenti e lasciare
libere di lavorare le forze dell'ordine. Però, io mi chiedo: era proprio necessario
l'intera area metropolitana di Boston, tappando circa 4 milioni di persone in casa?
Gli Stati Uniti hanno poca dimestichezza con il terrorismo e lo dimostrano. Si va
dalla A alla Zeta con una velocità impressionante. I politici - terrorizzati soprattutto
dell'accusa di non aver fatto abbastanza - adottano sempre le misure più drastiche.
lo spiegamento di forze qui a Boston sarebbe appropriato per affrontare un intero
esercito di uomini di Al Qaeda, mentre mi sembra piuttosto evidente (già dal tipo
di bomba casalinga usata usta alla maratona) che questi sono due ragazzi isolati,
terroristi improvvisati e autodidatti. Pericolosi sì ma non capaci di mettere in gi-
nocchio una grande città.
Qui a Boston amano ripetere "non ci faremo intimidire!". Però, è già fatto.
Muoiono oltre 30 mila americani ogni anno (circa 11 mila omicii, più 19
mila suicidi),eppure non riusciamo ad autorizzare i più elementari controlli
sulle armi. Ma ora che muioni 3 persone per una bomba, succede il finimon-
do! Forse dobbiamo mettere le cose nella giusta prospettiva - e questo vale
per entrambe le questioni.
Lucianone
Nessun commento:
Posta un commento