venerdì 29 marzo 2013

Politica / L' analisi - Sulla democrazia elettorale

30 marzo '13 - sabato           30th March / Saturday                   visioni post - 5

(recuperato da 'la Repubblica' - 19 marzo 2013 - Nadia Urbinati)
La democrazia dell'anatema
Molti cittadini hanno espresso il loro disappunto per l'anatema lanciato da
Beppe Grillo  contro i "traditori"  che in Senato  non  se la sono sentita di  
considerare Schifani e Grasso equivalenti.   Quei cittadini hanno messo  il 
dito nella piaga di un movimento che crede che la democrazia implichi una-  
nimità (salvo poi praticare la regola di maggioranza quando deve espellere
i traditori).  E hanno messo in luce una verità fondamentale: non ci può es-
sere Parlamento senza libertà. Non solo libertà di parola e di associazione
dei cittadini che devono poter fare campagna elettorale e tenere libere ele-
zioni, ma anche libertà di decisione di chi siede in Parlamento.  
Come sanno bene i partiti, nemmeno la loro più ferrea disciplina può toglie-
re al singolo rappresentante la libertà di decidere e votare secondo il pro-
prio giudizio. E le espulsioni dal partito non si traducono in decadenza del
mandato parlamentare. La nostra libertà come cittadini dipende da questa
intraducibilità, e cioè dalla libertà dei nostri rappresentanti.
Nel libero mandato sta la forza della democrazia elettorale.   Senza il quale
i deputati sarebbero dipendenti al servizio di un padrone che sta al di sopra
dell'interesse generale.
Ha colto nel segno quel blogger che ha scritto, rivolgendosi a Grillo e alla
sua minaccia di espellere chi ha votato Grasso, queste parole: "E voi sare-
ste contro la partitocrazia? Ma è proprio questo! Limitare la libertà di scel-
ta perchè fa comodo al partito. Siete peggio dei peggiori partiti della prima
repubblica. Viva la libertà di pensiero.   Viva i cittadini che hanno scelto di
dire no al padrone del partito. Così hanno reso un servizio alla gente".
La libertà dei rappresentanti si incontra con quella dei cittadini e, se la pri-
ma viene meno, anche la seconda è violata.  Il mandato libero, ripetiamolo
a chi ne ha dato  una definizione distorta  e sbagliatissima, non seve a dare
all'eletto la libertà di saltare i fossi e passare da uno schieramento a un al-
tro - se questo avviene, non si deve concludere che la norma è sbagliata.
Ad essere "sbagliato" - nel senso di eticamente riprovevole - è il compor-
tamento del deputato. Ma meglio rischiare queste violazioni (e, se neces-
sario, lasciare che la legge le punisca se il salto è stato pagato con moneta
sonante) che volere  una violazione fatale: quella che ci sarebbe  se non ci
fosse mandato libero.
La libertà di essere responsabili di fronte ai cittadini significa anche rendersi
conto che chi siede in Parlamento è come un pezzettino del popolo sovrano e
che, quando si trova a dover decidere su questioni istituzionali, dovrebbe ra-
gionare  mettendosi  dal punto di vista  dell'interesse  generale, ovvero  del
"come se" al suo posto ci fosse il popolo tutto.    Un processo che potrebbe
sembrare astratto, ma non lo è  perchè  tutti noi  siamo capaci  di ragionare
mettendoci dal punto di vista degli altri, anzi di tutti.    Questa visione larga
del giudizio politico, che ci consente di pensare a noi come parte di un tutto
grande è alla base della nostra capacità di cittadinanza.  Il parlamentare si
identifica  certamente  con una bandiera, ma sa che perfino mettendosi dal
suo punto di vista può riuscire a vedere il tutto, il generale.



CONTINUA...to be continued...

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