venerdì 19 ottobre 2012

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20 ottobre 2012 - sabato     20th October / Saturday      visioni post - 5

Elezioni USA / Presidenziali 2012

Obama, le tasse sono un boomerang?
Tre «paperoni» su quattro vivono
negli stati controllati dai democratici


Dalla mappatura politica del territorio americano disegnata sulla base delle più recenti tornate elettorali, nei 28 Stati democratici, e nella capitale D.C., vivono 45.415 ultra-ricchi, a fronte dei 14.865 residenti nei 22 Stati controllati dai repubblicani
tartassati dalle riforme fiscali
Ecco una di quelle notizie che suona quasi come un monito alle orecchie di Barack Obama e del suo partito: la lotta di classe e l’inasprimento della tassazione per le fasce di contribuenti più agiati rischia di penalizzare lo stesso elettorato democratico.  
A dispetto delle tradizionali logiche partitiche, infatti, i tre quarti dei «paperoni» degli Usa vivono in quegli Stati controllati proprio dall’asinello. A rivelarlo è uno studio della società di ricerca Wealth-X, secondo cui i ricchissimi d’America, ovvero quelli con un patrimonio netto di almeno 30 milioni di dollari, preferiscono i «Blue State».  
Dalla mappatura politica del territorio americano disegnata sulla base delle più recenti tornate elettorali, nei 28 Stati americani, e nella capitale D.C., vivono 45.415 ultra-ricchi, a fronte dei 14.865 residenti nei 22 Stati controllati dai repubblicani. A guidare la classifica in blu sono California e New York rispettivamente con 10.955 e 8.595 residenti con al loro attivo un patrimonio dai 30 milioni di dollari in su. Nonostante il massiccio apporto del Golden State e dello Stato dell’Impero, anche senza di loro la maggioranza dei «paperoni» rimarrebbe circoscritta nei feudi democratici con circa 26 mila presenze. Sul gradino più basso del podio troviamo invece la Florida con 3.650 presenze mentre il fanalino di coda è il Delaware con 55 super-ricchi. La leadership della classifica in rosso è del Texas dove sono residenti 5.890 persone con ricchezze per almeno 30 milioni di dollari
Seguono la Georgia e l’Arizona rispettivamente con 1.110 e 910 ricchissimi, mentre a chiudere la classifica delle roccaforti del Grand Old Party è l’Alaska con 50 presenze. «Da questo rapporto emerge un elemento decisamente ironico - spiega David Friedman, direttore di Wealth-X - Al contrario di quella che è la convinzione popolare consolidata, ovvero che i super-ricchi siano tendenzialmente più vicini a posizioni repubblicane, in realtà negli Stati a controllo democratico ne troviamo tre volte tanti quanti sono residenti negli stati repubblicani».  
presidenziali usa

Obama & Romney, la cena dell’ironia
Hillary scuote le donne: basta piagnistei

Paolo Mastrolilli, FRANCESCO SEMPRINI
Serata a New York con l’arcivescovo Dolan, gli sfidanti si affrontano a colpi di battute
per il voto cattolico. Gli applausi
danno l’impressione che il pubblico
preferisca il repubblicano.

Politica/Finanza - Italia
Davide Serra attacca Bersani:
«Lei mi offende, ci penseranno i miei legali»

Il finanziere: «Essere definito "bandito" da lei mi offende e delegittima il lavoro pulito
che ho portato avanti in 20 anni».

Dalle polemiche alle carte bollate. Dopo che il segretario del Pd Pier Luigi Bersani lo aveva attaccato una prima volta (per colpire il suo principale avversario nella corsa alle primarie del Pd, il sindaco di Firenze Matteo Renzi) definendolo un «bandito tra virgolette», non ha sopportato il secondo attacco sempre di Bersani. E ha risposto a muso duro. «Essere definito "bandito" da lei mi offende» e anche se «in Italia lei è ... immune» ci penseranno «i miei legali italiani e inglesi che chiameranno i giudici a decidere sulle sue parole. Prima o poi non lo sarà più (immune, ndr) e io procederò inesorabilmente, ho molto tempo e voglio che la verità venga ristabilita». Così Davide Serra, il finanziere sostenitore della campagna di Renzi, risponde a Pier Luigi Bersani in una lettera aperta all'Ansa.

BERSANI REPLICA - «Non so dove l'ho offeso», è la laconica replica del segretario del Pd, Pierluigi Bersani. «Non so perché si sia offeso - ha aggiunto - Io parlo solo di Cayman. Sto solo dicendo che, noi italiani, non dovremmo considerare tutti quelli che hanno base alle Cayman. Non c'è nulla da offendersi, e se lo fa sono problemi suoi». Ancora più netto il commento del portavoce del segretario: «Dove e come Bersani avrebbe detto che Davide Serra è un bandito? Il segretario del Pd ha parlato di Cayman e non di Davide Serra che non ha il piacere di conoscere». L'entourage di Serra, del resto, ha contro-replicato a stretto giro di posta: «Avremo forse letto male tutti i giornali e frainteso tutte le televisioni?».

Politica - Lombardia
In Lombardia le “primarie” della Lega
Maroni: voglio fare pulizia in Regione

Migliaia di gazebo in tutta la regione per scegliere i candidati e firmare
i tre quesiti referendari su tasse,
Imu ed euro proposti dal Carroccio
Milano
Il segretario federale della Lega Nord, Roberto Maroni, ha dato il via a Rho, in provincia di Milano, alle primarie del Carroccio per scegliere chi candidare alla Regione Lombardia. Nella scheda viene chiesto ai militanti della Lega di indicare anche una preferenza per il voto anticipato tra “l’election day nel 2013” e il “2015 con Formigoni”. L’ex ministro dell’Interno non ha detto chi voterà, ma ha escluso di voler dare la preferenza a se stesso: “Il voto è segreto, voterò domani a Varese, ma nella Lega ci sono tanti uomini validi”.  
 «Ho fatto pulizia nella Lega e voglio fare pulizia anche nel palazzo della Regione Lombardia, dove abbiamo visto che la `ndrangheta è riuscita ad entrare»: lo ha detto il segretario della Lega Roberto Maroni inaugurando la `Gazebata´ per i referendum promossi dal Carroccio. Maroni ha inaugurato la Gazebata della Lega (che si terrà oggi e domani per promuovere tre referendum ma anche chiedere opinioni sul futuro candidato della Lombardia) a Rho, alle porte di Milano. E ai giornalisti che gli chiedevano se non sia in imbarazzo a continuare un’alleanza con un partito, il Pdl, che ha avuto diversi indagati in Lombardia, l’ex ministro dell’Interno ha risposto: «Io distinguo sempre le responsabilità personali da quelle politiche». Dunque, al di là dei singoli nomi, il leader del Carroccio ha ribadito la «disponibilità a continuare un’esperienza di Governo in Regione Lombardia che è stata positiva e di successo, evitando di dare la Lombardia alle sinistre». 

Roma - Manifestazione in piazza della Cgil
Cgil in piazza contro la legge di Stabilità
Camusso: l’austerità di Monti ha fallito

Protesta a Roma contro la legge di stabilità
Camusso: l’austerità ha fallito, ora il lavoro
Il premier: non sprecare la fiducia ottenuta
Bersani: il governo ascolti di più i lavoratori
Camusso: «Il governo non pensa all’occupazione».
Bonanni punge: «Il corteo? Non me n’ero accorto»
Passera: «Aperti a modifiche, ma a saldi invariati»
Il sindacato: spostiamo sul lavoro
dei giovani i soldi della produttività
Roma,  20 ottobre '12
La Cgil è tornata a Piazza San Giovanni dopo due anni per difendere il lavoro e per contrastare «la politica di austerità», che, denuncia il segretario generale Susanna Camusso «ha fallito» e si è resa «colpevole» dell’attuale situazione del Paese. Per rilanciare l’economia Camusso suggerisce di spostare sul lavoro dei giovani i soldi previsti per produttività. E la Cgil non manca di dare un altro appuntamento alla piazza: Camusso chiude il suo discorso dal palco assicurando la partecipazione dell’Italia alla manifestazione, indetta dal sindacato europeo, per mercoledì 14 novembre. Manca quindi poco meno di un mese alla prossima iniziativa, a cui la Cgil si augura partecipino anche Cisl e Uil. Intanto, però, bisogna pensate alla legge di stabilità, che secondo Camusso necessita di «profondi modifiche», non di qualche correzione, per ridurre «l’iniquita».

La giornata a piazza San Giovanni è stata lunga, l’iniziativa organizzata dalla Cgil per riunire le centinaia di vertenze ha, infatti, rappresentato una novità: si è trattato di una non stop con lo slogan “Il lavoro prima di tutto”. Sulla piazza, che si è così riempita pian piano (la linea del sindacato è di non dare numeri), hanno campeggiato sin dal mattino 30 stand regionali e di categoria. Mentre sul palco si alternavano alla musica di Eugenio Finardi, La Casa del Vento, Enzo Avitabile, le volti e i voci della crisi, ovvero le testimonianze di lavoratori a rischio. Camusso prima ha passeggiato tra gli stand, seguendo dal palco le note di “Bella ciao” e poi ha preso la parola nel pomeriggio per dire ad alta voce che «Il Paese non si salva se non si salva il lavoro», che le aziende in crisi pagano «una politica sbagliata» fatta di finanza e non di investimenti. Al governo la leder della Cgil riserva parole dure, sottolineando che l’Italia non «aveva bisogno di professori» per ritrovarsi in una «situazione disastrata», su cui pesano mezzo milione di cassaintegrati e un altro mezzo milione di posti persi in tre anni. Infatti per Camusso «passando di spending review in spending review non si mettono a posto i conti dello Stato ma si fanno licenziamenti di massa». Dal palco non viene mai pronunciata la parola “sciopero”, incitato dal segretario generale della Fiom Maurizio Landini. E ai cronisti che hanno fatto notare come la manifestazione del 14 novembre cada di mercoledì, ovvero di giorno lavorativo, Camusso ha risposto che la forma di partecipazione all’iniziativa del sindacato europeo non è stata ancora decisa «vedremo nei prossimi giorni», visto che è stata deciso solo ieri la data, «ne discuteremo con Cisl e Uil». Camusso evidenzia anche che ogni paese è libero di articolare come meglio crede la manifestazione e così alcuni Stati hanno optato per incrociare le braccia e altri no.

La protesta della Cgil a Roma

Il sindacato: spostiamo sul lavoro

Lucianone

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