L'ultima opera-libro di Salman Rushdie è "Joseph Anton",
uscita il 18 settembre '12 per Mondadori. In essa l'autore
rievoca in terza persona la giornata in cui, il 14 febbraio 1989,
apprese della fatwa emessa nei suoi confronti.
Il brano che segue è un estratto dal libro di Rushdie.
Pseudonimo - Joseph Alton è la falsa identità adottata da Rushdie
negli anni della vita clandestina. E' ricavata dai nomi di Conrad e
Cechov.
"Condannato a morte":
così una fatwa ha cambiato la mia vita
(da 'la Repubblica' - martedì 18 settembre 2012)
di Salman Rushdie
Tempo dopo, quando ormai il mondo gli stava esplodendo attorno e i corvi assassini
si ammassavano sulle sbarre del castello nei giardinetti della scuola, se la prese con
se stesso per essersi dimenticato il nome di quella giornalista della Bbc che gli aveva
annunciato la fine della sua vecchia vita e l'inizio di una nuova oscura esistenza.
Lo aveva chiamato direttamente a casa, senza spiegare come avesse avuto il nume-
ro. "Come ci si sente" gli aveva chiesto "a sapere di essere appena stati condannati
a morte dall'ayatollah Khomeini?". Era un bel mattino di sole, quel giorno a Londra,
ma la domanda fece di colpo calare il buio. "Per niente bene", aveva risposto, senza
rendersi perfettamente conto di cosa stesse dicendo. Gli passò pr la testa un pensie-
ro: "Son un uomo morto". Si chiese quanti giorni gli restassero da vivere, e pensò
che probabilmente li avrebbe potuti contare sulle dita di una mano. Riattaccò, si pre-
cipitò fuori dal suo studio in cima alla stretta casetta a schiera nel borgo di Islington
dove abitava, e corse giù per le scale. Con un gesto assurdo, bloccò le imposte delle
finestre del soggiorno, poi chiuse a chiave l'ingresso.
Era San Valentino, ma anche quel giorno non erano mancati gli screzi con sua
moglie, la scrittrice americana Marianne Wiggins. Sei giorni prima gli aveva
comunicato quanto il loro matrimonio la rendesse infelice, dicendo che " non
si sentiva più bene al suo fianco", benchè fossero sposati da appena un anno,
e anche lui ormai sapeva che era stato un errore. - Adesso era lì, a fissarlo,
mentre lui si aggirava nervosamente per casa, tirava le tende e controllava i
fermi delle finestre, il corpo elettrizzato dalla notizia come se avesse preso la
scossa. Dovette spiegarle cosa stava succedendo. Lei reagì bene, e cominciò
a riflettere sul da farsi. Usò il termine "noi". Un atto di coraggio.
Un'auto inviata dalla Cbs giunse davanti a casa. Lui aveva un appuntamento
alla Bowater House di Knightsbridge , la sede londinese dell'emittente ameri-
cana., per partecipare in diretta alla trasmissione del mattino, in collegamen-
to via satellite. "E' meglio che vada " disse. "E' in diretta, non è che posso
semplicemente non farmi vivo". Più tardi nella mattinata si sarebbe celebra-
to il servizio funebre del suo amico Bruce Chatwin nella chiesa ortodossa di
Moscow Road, a Bayswater. Non erano passati nemmeno 2 anni da quando
avevano festeggiato insieme i suoi 40 anni a Homer End, la casa che Bruce
aveva nell'Oxfordshire. Ora Bruce era morto di Aids, , e la morte stava bus-
sando anche alla sua porta. "E il funerale?" chiese sua moglie. Non seppe
cosa risponderle. Riaprì la porta d'ingresso, uscì, salì in macchina e si allon-
tanò. Lasciò l'abitazione dove aveva vissuto nei 5 anni precedenti senza che
quel congedo fosse carico di alcun significato particolare; non sapeva che
non vi sarebbe più tornato per 3 anni, e che a quel punto non sarebbe più
stata casa sua.
Agli uffici della Cbs si accorse di essere diventato la notizia del giorno. In
redazione e sui vari monitor tutti stavano già pronunciando la parola che
presto gli sarebbe stata incatenata al piede come una palla di ferro. la uti-
lizzavano come un sinonimo di 'pena di morte' e lui, pignolo, voleva pun-
tualizzare che in realtà voleva dire ben altro. Ma a partire da quel giorno
il suo significato sarebbe stato quello per la maggior parte delle persone
in tutto il mondo. E anche per lui.
"FATWA".
"Informo il fiero popolo musulmano del mondo che nei confronti dell'autore
dei Versi satanici, che è contro l'Islam, il Profeta e il Corano, e nei confronti
di tutte le persone coinvolte nella pubblicazione del libro che ne conoscevano
il contenuto è proclamata la condanna a morte. Chiedo a tutti i musulmani di
giustiziarli ovunque si trovino". Mentre lo scortavano verso lo studio televi-
sivo per l'intervista, qualcuno gli diede una stampata del testo. Il suo vecchio
sè provò l'impulso di puntualizzare ancora, in questo caso a proposito del ter-
mine "condanna". Era una sentenza pronunciata da una corte che non ricono-
sceva, e che non aveva nessuna giurisdizione su di lui. Si trattava dell'editto
di un uomo in là con gli anni, crudele e morente. Ma sapeva anche che le abi-
tudini di quel suo vecchio sè erano ormai inutili. Ora aveva un nuovo sè. Era
l'uomo nell'occhio del , non più il "Salman" che i suoi amici conoscevano, ma
il " Rushdie", autore dei Versi satanici, un titolo sottilmente distorto dall'o-
missione dell'articolo iniziale. I versi satanici era un romanzo, Versi satanici,
invece, dei versi che erano satanici, e lui ne era il satanico autore, "Satan
Rushdie" la creatura cornuta sui cartelli dei manifesti innalzati lungo le stra-
de di una città lontana, l'uomo impiccato con la rosss lingua sporgente che
compariva nei loro rudimentali disegni. "Impiccate Satan Rushdy". Con che
facilità si cancellava il passato di un uomo e se ne costruiva una nuova, tra-
volgente versione contro cui sembrava impossibile lottare. Re Carlo I aveva
negato la legittimità della condanna che pendeva sul suo capo. Ciò non ave-
va impedito a Cromwell di decapitarlo. E lui non era un re. Era l'autore di
un libro.
Osservò un giornalista che lo stava fissando e si chiese se fosse quello il
modo in cui la gente guardava chi viene portato alla forca, alla sedia elet-trica, alla ghigliottina. - Un corrispondente straniero si avvicinò con fare
amichevole. Lui gli chiese cosa pensasse di ciò che aveva detto Khomeini.
Avrebbe dovuto prendere la cosa sul serio? Riteneva si trattasse più che
altro di una provocazione plateale e retorica o di qualcosa di realmente pe-
ricoloso? - "Oh, non si preoccupi troppo" rispose il giornalista, "Khomei-
ni condanna a morte il presidente degli Stati Uniti ogni venerdì pomeriggio".
In diretta, quando gli fu chiesto di replicare a quella minaccia, disse: "Vor-
rei aver scritto un libro più critico". Fu orgoglioso di quell'affermazione, lo
fu allora e lo restò sempre. Era la verità. Non credeva che il suo romanzo
fosse particolarmente critico nei confronti dell'islam, ma, come disse alla
televisione americana quella mattina, qualche critica non poteva che fare
bene a una religione i cui capi si comportavano in quella maniera.
Terminata l'intervista, gli comunicarono che sua moglie aveva chiamato.
Telefonò a casa. "Non tornare qui", disse lei. "Ci sono duecento giorna-
listi sul marciapiede che ti aspettano". "Allora andrò in agenzia", rispose.
"Fai una valigia e raggiungimi lì". La Wylie, Aitken & Stone, la sua agenzia letteraria, aveva gli uffici in un
palazzo con decorazioni di stucco bianco sulla Fernshaw Road, a Chelsea.
Davanti all'ingresso non si era accampato nessun giornalista . evidente-
mente la stampa mondiale aveva ritenuto inverosimile che andasse a tro-
vare il suo agente in un giorno come quello - ma quando entrò tutti i tele-
foni dell'edificio stavano squillando contemporaneamente, e ogni chiamata
riguardava lui. Gillon Aitken, il suo agente letterario per l'Inghilterra, lo
guardò sbigottito. Era al telefono con Keith Vaz, il parlamentare anglo-in-
diano rappresentante della circoscrizione di Leicester East. Coprì la cor-
netta con la mano e sussurrò: "Ci vuoi parlare?". Al telefono Vaz disse
che quanto era successo era "esecrabile, assolutamente esecrabile", e gli
promise il suo "totale appoggio". Poche settimane dopo, quello stesso par-
lamentare sarebbe stato tra i principali oratori in una manifestazione con-
tro "I versi satanici", a cui parteciparono più di tremila musulmani, e
avrebbe definito quella protesta "un grande giorno per la storia dell'Islam
e della Gran Bretagna".
Lui si accorse di non essere in grado di pensare al futuro, di non avere nes-
suna idea di quale forma avrebbe preso la sua vita, assolutamente incapace
di fare progetti.
(Traduzione di Lorenzo Flabbi)
Lucianone
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