sabato 7 luglio 2012

Scienze - Londra: in mostra il cervello di Einstein

7 luglio 2012 - sabato       7th July / Saturday       visioni del post - 32

In Mostra: i neuroni di Einstein

Si chiama "Brain: the mind as matter" e si è tenuta
a Londra, alla Wellcome Collection fino al 17 giugno
scorso. Si può ancora andarla a vedere facendo visi-
ta al sito relativo: http://www.wellcomecollection.org/
Non c'è solo il cervello di Einstein, ma anche quelli
di famosi assassini, suffragette e scienziati. Oltre a
video, fotografie, strumenti antichi di sale operatorie.

(da 'Panorama' - 13 giugno 2012 / di Luca Sciortino da Londra)
A Londra sono esposte, per la prima volta, le cellule neuronali
del padre della relatività. E già questo è singolare.
Ma la storia più incredibile è un'altra.  -  Riguarda un medico
truffaldino e i tanti neurologi che gli chiedevano qualche fetta
di quella materia cerebrale per scoprire il mistero del genio...

1.
Alla mostra "Brains: the mind as matter", della Wellcome Collection
di Londra, la gente vi si affolla come fosse la reliquia di un santo.
Del resto, quella non è materia cerebrale qualunque. E' quella che
ha prodotto una delle più grandi rivoluzioni  della storia del pensiero,
sovvertendo le più radicate concezioni dell'universo. A questo simbolo
della genialità la targhetta della mostra non rende giustizia: "a slice of
Einstein's brain", una fettina del cervello di Einstein.
Vicende alterne l'hanno tenuta nascosta per 57 anni, quelli che vaqno
dalla morte del padre della Relatività ad oggi, un arco di tempo in cui
gli scienziati  hanno sezionato, analizzato, pensato, in un gioco continuo
di congetture e confutazioni,  In ballo il tentativo di decifrare il segreto
del genio. Un mistero da risolvere, tanto più che domande come: "Cos'è
il talento?", "Dove risiede?" rimandano a una delle questioni insolute
della conoscenza:  come i prodotti invisibili della mente siano connessi
alla struttura fisica del cervello.
Data la difficoltà della questione, ogni scienziato avrebbe voluto che il
cervello di Einstein fosse rimasto in un laboratorio per essere analizza-
to da cima a fondo.  Il grande fisico, invece, per scoraggiare gli idolatri,
aveva chiesto che i suoi resti fossero cremati e sparsi al vento. La sio-
ria si è incaricata di deludere sia l'uno sia gli altri.

2.
La sera del 1 7 aprile 1955, a 76 anni, Einstein fu portato all'ospedale di
Princeton, dove morì di aneurisma aortico. Un esame autopico non sareb-
be stato necessario, ma per Thomas Harvey , l'anatomopatologo che era
di turno, l'occasione era imperdibile: fece l'autopsia  e  si trovò  di fronte 
alla pepita d'oro della neurologia...   Non era permesso prenderlo per sè
(il cervello del grande scienziato), ma in nome della scienza   perchè non
violare la regola? Il furto venne alla luce qualche giorno dopo mandando
su tutte le furie  Hans Albert, il figlio di Einstein, il quale  si convinse ad
accettare l'increscioso episodio jn cambio di una promessa: quel cervello
sarebbe stato usato solo nell'interesse della scienza...
Qunado la notizia si sparse, il direttore dell'ospedale di Princeton intimò
a Harvey di cedere la refurtiva, Quest'ultimo, però, il cervello se lo tene-
va stretto. Il suo superiore lo fece espellere dall'ordine degli anatomopa-
tologi e a quel punto Harvey sentì di dover cedere.   Consegnare tutto il
cervello però era troppo. Lo portò all'ospedale di Filadelfia, lo fece affet-
tare in un centinaio di parti e ne consegnò alcune a  Harry Zimmerman,
il medico di Einstein. Poi tirò un respiro di sollievo: aveva ancora fette
in abbondanza ben conservate in un vaso colmo di formalina.
 In quegli anni  un neuroscienziato  dell'Università della California, Ma-
rian Diamond, venne a conoscenza dell'esistenza di porzioni del cervello
di Einstein e ne chiese qualcuna a Harvey.  -  Questi pensò che in fondo
non gli costava poi tanto cederne una manciataì; così Diamond nel 1985
potè pubblicare su Experimental Neurology il suo studio: nell'area del-
la corteccia cerebrale numero 39 di Brodman il cervello di Einstein dif-
feriva da quello di un campione di 11 cervelli di 64enni  nel rapporto tra
cellule gliali e neuroni.  -    Einstein aveva sviluppato un alto numero di
cellule gliali rispetto ai neuroni, suggerì Diamond, come conseguenza
di maggiuri stimoli intellettuali. Eureka? Non proprio.


Fu un gioco da ragazzi per i colleghi criticare lo studio: campione troppo
piccolo, stato del tessuto non ottimale e pur sempre quello di un 76enne
e il dubbio che  le cellule gliali  fossero più numerose dei neuroni solo a
causa di una rapida moria di questi ultimi.
3.
Nel frattempo Harvey divorziò dalla moglie... e partì con la sua parte di
cervello  in un barattolo  per il Kansas, dove  fece  amicizia con il poeta
William Burroughs. Forse fu l'effetto delle bevute con l'amico, fatto sta
che Hrvey cedette fettine ad altri ricercatori. Dopotutto, non doveva te-
nere fede alla promessa fatta a Einstein Junior?
 Agli inizi degli anni Novanta, quando Harvey ritornò a Princeton, un ri-
cercatore dell'Osaka bioscience institute , in Giappone, mise in connes-
sione i risultati di diamond con il fatto che Einstein iniziò a parlare dopo
i tre anni mostrando un comportamento dislessico.      Il conteggio delle
cellule di Diamond rivelava in effetti una lesione  nell'area del linguag-
gio, poi guarita: altro che tante cellule gliali, il bambino Einstein aveva
una regione della corteccia compromessa. Se i genitori lo avessero sa-
puto, lo avrebbero certo distolto dalla carriera accademica.
La caccia al segreto di Einstein era in fase di stallo. Finchè nel 1996,
su Neuroscience Letters, apparve un articolo di Britt Anderson , del-
l'Università dell'Alabama, che esaminava porzioni dell'area 9 di Brod-
mann . Questa volta emergeva che Einstein aveva un cervello piutto-
to piccolo ma di peso nella nedia, e che la corteccia cerebrale era più
sottile ma con un impacchettamento più serrato dei neuroni. E allora
dov'era localizzato il suo talento? Andersob suggerì che quell'impac-
chettamento  doveva tradursi  in un'economia  del processo mentale
del grande fisico.    Una tesi che comunque non diceva molto sul suo
genio.
4.
Nel 1997 la vicenda del cervello di Einstein sfiorò la farsa, A Harvey
venne in mente di incontrare Evelyn, la nipote di Einstein in Califor-
nia e  il giornalista scientifico Michael Paterniti, che aveva fiiutato
la storia, si offrì di accompagnarlo. I due affittarono un'enorme Buick
Skylark, un'automobile da film poliziesco , e si misero in viaggio con
le porzioni del cervello in un contenitore a chiusura ermetica riposto
in una sacca da viaggio. Così, il giovane Paterniti e l'84enne Harvey
attraversarono  il New Jersey e l'Ohio, passarono per Kansas City,
Los Alamos e Las Vegas, e raggiunsero Berkeley in California dove
incontrarono Evelyn. Dopo i primi convenevoli, Harvey, ormai stanco,
la buttò lì: "Signora, io vorrei farle dono di questi preziosi resti...".
Neanche per sogno: Evelyn rifiutò. Non solo. Al momento di conge-
darsi, quando Harvey dimenticò il contenitore, lei glielo fece notare:
il cervello del nonno proprio non lo voleva. -   Stufo di tutto, Harvey
depositò  definitivamente  i reperti  al  dipartimento  di patologia di
di Princeton.
5.

Continua... to be continued...

Nessun commento:

Posta un commento