L'Abbraccio a Morosini
10.000 al funerale
Stamattina, giovedì 19 aprile, tutto il mondo del calcio
ha salutato Piermario.
Bergamo, 19 aprile
La pioggia e il freddo non hanno fermato l'affetto di quattro-
mila persone che ieri hanno salutato Piermario Morosini
(lo sfortunato calciatore che ha perso la vita sul campo di
calcio domenica scorsa). - Il feretro situato nella chiesa di
San Gregorio nel quartiere Monterosso a Bergamo, è stato
ricoperto di sciarpe e fiori. Le sciarpe che hanno fatto anche
da corollario alla scalinata d'ingresso. - Per terra una felpa
rossa griffata dell'oratorio. Sulla bara la maglia numero 25
del Livorno e quella dell'Atalanta con l'8 e poi il suo cognome
stampato fatta recapitare apposta dai tifosi bergamaschi.
Alle spalle del feretro una sua foto gigante
La camera ardente ha aperto ben prima delle 9. In prima fila
gli zii, i cugini e la fidanzata.Anna. Riservata come Piermario
e decisa a evitare telecamere e taccuini.
Il funerale si è svolto al mattino alle 11. A officiarlo è stato don
Luciano Manenti, il padre spirituale di Morosini, che ha detto:
"E' ancora presente tra noi, ce lo ha insegnato lui. Ricorderò
che questa è una terra di gente santa, semplice e buona. Lo
ricordo sventolare la bandiera dell'oratorio al mare: veniva
ancora con noi in vacanza". - Don Luciano ha parlato con voce
debole, fiaccata dal dolore e forse anche dalla presenza media-
tica.
(Da la Gazzetta dello Sport / l'Editoriale > Colpiti al cuore
- domenica, 15 aprile '12 - di Andrea Monti)
Il silenzio degli stadi è un dolente atto di civiltà. l'unico possibile
di fronte al dramma di Piermario Morosini, 25 anni, morto in
diretta sul campo di Pescara. Mille volte rivedremo quelle
immagini terribili. E mille volte ancora ci stringeremo a chi gli
ha voluto bene. - La Gazzetta non lo dimenticherà: Piermario
sarà per sempre uno dei nostri
Il calcio italiano, colpito al cuore, ha deciso di fermarsi. - Dalla
Spagna alla Germania, l'internazionale del pallone gli fa eco
con il raccoglimento e il cordoglio.
Eppure qualcuno si interroga se sia giusto bloccare il campionato.
Altri ricordano con rabbia che i tanti, troppi morti sul lavoro non
fermano i cantieri.
Rispettiamo ogni morto e ogni opinione, ma applicare in questo
momento di disperazione le categorie del giusto e dell'errore è
un esercizio inutile: meglio interrogarsi se simili tragedie, per
quanto imprevedibili, possano essere evitate attraverso con-
trolli ancor più incisivi rispetto a quelli, già severi, in uso nel
nostro sport.
Il calcio è uno spettacolo collettivo che parla di gioia e di passione
a tutti noi che lo seguiamo. Quale gioia e passione avrebbero
trasmesso le partite in un weekend di lutto? Avremmo trovato la
forza di discutere del gol-non-gol o del fuorigioco? Una comunità
in cui ciascuno, fisicamente o idealmente, ha vissuto le gesta
sportive di Piermario è chiamata ad assistere al funerale di un
ragazzo generoso e sfortunato come si conviene:
in silenzio, arrestando il passo, con il cappello in mano.
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Lucianone:
Sentivo doveroso riprendere l'Editoriale di Andrea Monti,
perchè, adesso, con le esequie completate di Piermario,
a mente più fredda, magari tutti possiamo capire (personal-
mente l'avevo compreso) che è stato bene fermare i giochi,
è stata una volta tanto un'idea saggia: fermarsi e riflettere.
Forse si dovrebbe fare, almeno qualche volta, anche per gli
operai, edili o non edili, che muoiono sul lavoro soprattutto
per le mancate regole di sicurezza, di prevenzione almeno.
E Piermario è morto sul campo di calcio, cioè sul suo campo
di lavoro anche per mancanza di qualcosa, oltre che per fa-
talità o destino, forse è mancato quel defibrillatore in quel
momento giusto che ci voleva, forse per l'ambulanza, forse...
Ma è proprio questo forse che ci pesa, che ci lascia attoniti,
perplessi, insomma non del tutto convinti.
Poi lui, Piermario, era una persona speciale nella sua
normalità di ragazzo che sorrideva alla vita pur avendo
dovuto sopportare avversità non da poco. E qui mi fermo.
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Ciao grande "Moro"
Piermario diceva: "Io alla vita devo ringraziamenti"
L'omelia di don Luciano: "Piermario come un albero d'ulivo"
La fidanzata Anna con la foto tra le mani - Le canzoni di Ligabue
Le cose belle: la fidanzata (Anna) che stringe tra le mani la foto
di Piermario, la commozione e gli aneddoti di don Luciano, il
prete del "Moro"; la madre di Anna che dice "Almeno da lassù
non chiamarmi più signora"; la maglia sulla bara e il pallone
lì vicino, sul pavimento; le canzoni di Ligabue a chiudere la messa.
Le cose di cui avremmo fatto a meno: fumogeni e cori dei tifosi
(era un funerale, non una partita); i soliti fragorosi applausi ( che
senso ha applaudire una salma? Perchè si ha così paura del silen-
zio? Perchè costringe a pensare?); troppi giornalisti e fotografi,
troppe telecamere (perdonaci Piermario, sapevamo quel che stava-
mo facendo e lo abbiamo fatto lo stesso)
Ieri a Bergamo - quartiere Monterosso, chiesa di San Gregorio
Barbarigo - si sono celebrati i funerali di Piermario Morosini.
Migliaia di persone: 700 davanti all'altare, le altre per strada
e allo stadio.
Le parole del "Liga": Morosini amava la musica del rocker di
Correggio e i ragazzi della parrocchia hanno intonato due can-
zoni di Ligabue , "Il giorno di dolore che uno ha" e "Non è
tempo per noi". La prima a un certo punto dice: "Quando
tiri in mezzo Dio/ o il destino o chissà che/ e nessuno te lo
spiega/ perchè sia successo a te". La seconda comincià così:
"Ci han concesso solo una vita/ soddisfatti o no qua non
rimborsano mai".
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