martedì 1 agosto 2017

ARTE / Grandi mostre - Il pittore della montagna: Giovanni Segantini

1 agosto '17 - martedì                       1st August / Tuesday                      visione post - 26

(da la Repubblica - 18 settembre '14 - Milano-Cultura / Chiara Gatti)
Il pittore della montagna che sognava di salire in vetta per essere sempre più vicino al cielo.
E' un Giovanni Segantini (1858 - 1899) pieno d'aria e di vento  quello arrivato ieri sera a Pa-
lazzo Reale (Milano) per un'antologica incantevole. Centoventi le opere firmate dal maestro
dell'Ottocento italiano, signore delle Alpi e dei prati rigogliosi, della neve e del silenzio. Sce-
nari entrati nell'immaginario comune  per gli orizzonti immensi  che abbracciano le catene
dell'Engadina con la potenza di un grandangolo in pittura. Proprio zoomando sul sentimen-
to panico del creato, sulla sintonia del suo cuore silvestre con le forze della natura, il percor-
so propone una lettura ragionata che non si limita a mettere in fila capolavori, ma ne spiega,
la genesi, i simboli, l'evoluzione, complice un fondo di disegni testimoni di ogni fase di stu-
dio, di ogni dettaglio costruito in autonomia prima di ricomporsi, come un mosaico, in una visione totale. -  Un lavoro di analisi reso possibile grazie alla curatela scientifica di chi Se-
gantini l'ha esplorato per decenni:  Annie-Paule Quinsac, autrice del catalogo generale, e
Diana Segantini, la pronipote, che come lui ha le vette nel sangue.  Insieme hanno coordi-
nato l'esposizione prodotta da Skira con la Fondazione Mazzotta (il catalogo è una favola);
la più grande da quella di Trento dell'87 e la più importante insieme con quella recente al-
la Fondazione Beyeler di Basilea.  Pochi precedenti per un nome che meritava un "ritorno
a Milano", come  recita il titolo sui manifesti, pensando alla sua lunga assenza  dal sistema
delle mostre in città  -  l'ultima in Permanente negli anni Settanta, ma molti quadri oggi e-
sposti si possono apprezzare  in pianta stabile  alla Gam di via Palestro  -  e che allude an 
che a un ritorno ideale nella città che lo accolse da ragazzo, dopo il suo arrivo orfano e di-
sperato dal Trentino allora austriaco tirolese, che lo vide crescere sui banchi di Brera, tra-
sferirsi in Brianza e poi scappare tra i boschi  e le cime lontane. Via, per sempre. 
... Segantini e il suo inno a un'armonia superiore fanno fare pace con Palazzo Reale e il suo
trend esterofilo. Subito, dalla prima sala, dagli autoritratti magnetici  che bucano  la carta,
si capisce che il viaggio è iniziatico; le nature morte giovanili  mescolano  scuola barocca 
senso di precarietà, i primi scorsi campestri, i temporali, la fatica  di  vivere  dei  contadi-
ni gravano come macigni fino al momento in cui la fuga gli spalanca i polmoni e intona la
sua ode epica alla valle e al mondo.   Se l'istinto, davanti a soggetti come Riposo all'ombra 
o Mezzogiorno sulle Alpi, è quello di osservarli  da vicino  per contare  le schegge di colore
della sua maniera "divisa" per poi indietreggiare  e  vedere i toni fondersi, la sorpresa vie-
ne dall'incontro con opere ipnotiche come A messa prima, dove una scalinata grigia inghiot-
te un parroco strizzato dalla melanconia, o Ave Maria a trasbordo col suo senso del sacro al-
le stelle, arrivata al Museo Segantini di St. Moritz insieme con altri pezzi importanti.
Tranne il celebre Trittico delle Alpi, che non esce mai, ma è evocato dagli studi che lo gene-
rarono, lasciati incompiuti quando Giovanni, rapito dalla sua montagna incantata, a picco
su Pontresina, morì quarantenne  per un attacco  di peritonite, troppo lontano  dal mondo 
perchè il mondo potesse salvarlo.

Risultati immagini
Mezzogiorno sulle Alpi   -  Giovanni Segantini / 1891

Lucianone

venerdì 28 luglio 2017

Riflessioni - La perdita di peso della parola

28 luglio '17 - venerdì                      28th July / Friday                           visione post - 9

Se un deputato può dare pubblicamente  della "testa di circonciso"  a un suo avversario
politico ebreo, perchè un modesto gestore di spiaggia dovrebbe farsi degli scrupoli quan-
do invita all'altoparlante a "sterminare i tossici"?    Le leggi servono (compresaa quella 
contro l'apologia del nazifascismo, che come ben sanno i bagnanti di Chioggia è apologia
dello sterminio), ma il vero problema è la contagiosa perdita  di peso della parola, usata
con la leggerezza del rutto anche quando ha la pesantezza del sasso.  Massimamente sui
social (vero, onorevole Corsaro?) che sono la dinamo inesauribile del deperimento verba-
le, ma anche sui giornali, in televisione, sulla scena pubblica, si tira a parlare così come si 
tira a indovinare.  Sappiamo bene  quante vittime  ha fatto nei secoli, e ancora fa per ma-
no jihadista, la sacralità del Verbo.  Ma non è un buon rimedio questo parlare a vanvera,
e vomitare quello che capita addosso agli altri. Il rischio è che alla fine il cerchio si chiuda, 
e si chiuda malamente: ovvero che  l'uso scriteriato della parola  (l'uso scriteriato della li-
bertà) riporti in auge, come rimedio reazionario, la Parola Sacra.   Ne farebbe le spese la
parola libera, che è anche parola responsabile.
(Da la Repubblica - 14 luglio '17 - L'Amaca / Michele Serra)

Lucianone

domenica 23 luglio 2017

Cinema - Film "The dinner" con Richard Gere: delitti e recriminazioni

23 luglio '17 - domenica                       23rd July / Sunday                     visione post - 24


(da La Repubblica - 18 maggio '17 - Al cinema / Paolo D'Agostini)
Questo di Oren Moverman è il terzo adattamento cinematografico del romanzo La cena
(Het Diner, 2013; in Italia Neri Pozza) dell'olandese Herman Koch, Dopo il primo firma-
to dal compatriota dello scrittore Menno Meyjes c'è stato nel 2014 quello del nostro Iva-
no De Matteo intitolato I nostri ragazzi.  Più libera quest'ultima interpretazione e più let-
terale la nuova arrivata americana. Ma la dinamica drammaturgica è la stessa e riman-
da a molte altre assonanze con drammi a porte chiuse, "da camera" e con pochi perso-
naggi alle strette con i loro bilanci di vita: motivo pluri-frequentato da Roman Polanski.
Ma anche alimento di un paio di altri recenti film italiani, sia pur merscolando dramma 
e commedia: Il nome del figlio di Francesca Archibugi e Dobbiamo parlare di Sergio Ru-
bini. Mentre il dilemma contenuto nella storia ci ricorda quello che accade in Il capitale
umano, il film di Paolo Virzì ispirato con molte licenze al romanzo omonimo di Stephen
Amidon.
TRAMA - Si tratta del periodico  appuntamento  in un lussuoso ristorante, con abituale 
strascico di tensioni e disagi, tra due fratelli e le rispettive mogli. I due uomini, ciascuno
assecondato dalla moglie, sono molto diversi e in costante polemica, in aspro attrito tra
loro. Soprattutto in un senso, in verità: il fratello che ha avuto meno successo nella vita,
di carattere più chiuso  e  di indole più moralista, non risparmia disapprovazione all'al-
tro, al suo stile giudicato prevaricatore e alle sue scelte giudicate strumentali e ciniche.
Costui è un uomo di successo e di potere (nel libro futuro primo ministro, in questo film deputato e candidato alla carica di governatore, in De Matteo avvocato rampante). 
Le schermaglie, che il nuovo film dilata molto  in continue interruzioni  della continuità
della cena, nascondono la ragione profonda dell'incontro che emergerà solo poco a poco  
con effetti deflagranti oltre che sorprendenti. I figli delle due coppie, cugini e amici, ma
con un'aggravante di responsabilità da parte di uno in particolare (e la sua identità e ap-
partenenza familiare sono decisive nell'imprevisto bilancio finale), hanno commesso  un
atto gravissimo, durante una nottata  di annoiato  e  alcolico girovagare, ai danni di una miserabile e indifesa barbona.  Mano a mano che il nodo emerge, non senza che esso ven-
ga presentato secondo diverse angolazioni - con il loro affondare in radici e recriminazio-
ni lontane nel tempo - e alternando presente e flashback, emerge anche la reazione dei ge-
nitori e con essa le differenti sensibilità e consistenze etiche.  Il momento della verità - que-
sti ragazzi devono o non devono pagare per quanto hanno commesso? - sovvertirà quanto 
avremmo potuto aspettarci.
Richard Gere è il politico, Rebecca Hall e Laura Linney sono le due mogli, e Steve Coogan,
il fratello pieno di fragilità e di rospi, nel quartetto emerge  per la sua performance che dà
ragione a quanti sostengono la polivalenza dell'attore comico e i limiti di quello drammati-
co, dunque in ultima analisi la superiorità del primo. Attore britannico che ricordiamo nel
toccante Philomena di Stephen Frears, Coogan è infatti soprattutto noto come comico.



Lucianone

Ultime notizie - dall'italia e dal Mondo / Latest news

23 luglio '17 - domenica                    23rd July / Sunday                     visione post - 9

Stati Uniti
Il presidente Donald Trump cambia idea: via libera a
nuove sanzioni contro la Russia.
Russia
L'opposizione russa sfila contro la censura sul web:
"L'unica alternativa a Putin". 
Italia - Trentino
Valle dei Laghi: scatta la caccia all'orso che ha aggredito un uomo.
Ma le associazioni animaliste annunciano battaglia.
Italia - Problema siccità
Acqua razionata in 20 Comuni della provincia di Roma.
E la Calabria chiede lo stato di calamità.

Lucianone.

mercoledì 19 luglio 2017

LIBRI / utili - "Mimì fiore di cactus": la fiaba che aiuta i bambini

19 luglio '17 - mercoledì                    19th July - Wednesday                   visione post - 16

Un libro per tutti i genitori che della pedofilia vorrebbero parlarne, 
ma non osano. E per spiegare ai piccoli che "a volte ai grandi si 
deve dire di no"

(da La Repubblica - 22 maggio '17 -  Maria Novella De Luca / Roma)
Da qualche parte, in fondo al cuore, i bambini lo sanno. Se quella carezza di un adulto
è innocente oppure no. Se l'abbraccio, così stretto, di quell'amico di famiglia è affetto
puro, o invece l'intrusione in una loro sfera intima e inviolabile. Spesso però a questo
allarme interno i bambini non riescono a dare voce. Ed è del loro silenzio che gli Orchi
approfittano.   Può servire allora spiegare, seppure con leggerezza, a ragazzini di sette, 
otto anni, che cosa è e come riconoscre la pedofilia?     Affrontare cioè il tabù dei tabù,
dentro il quale spesso nemmeno i genitori, nonostante il terrore che qualcosa capiti ai 
loro figli, riescono ad addentrarsi?
Una casa editrice fiorentina, Librì, specializzata in progetti educativi, ha provato a 
rompere il silenzio con una favola dal titolo Mimì fiore di cactus. dove accade che la
bambina Mimì  e il suo amico porcospino Gastone  si trovino in situazioni "strane"
in cui diventa necessario, fondamentale e salvifico dire di no. C'è ad esempio Mimì
in piscina , che mentre cammina negli spogliatoi viene invitata da un adulto -ad en-
trare nella sua cabina: Mimì non capisce il perchè, ma sente  che quella situazione 
è ambigua. E allora non entra nella cabina ma avverte la sua maestra. Perchè, sot-
tolinea il porcospino, "non bisogna seguire il primo che passa".    C'è poi, ancora, 
Mimì che mentre attraversa il parco viene affiancata da un signore che le dice "sei
carina", le accarezza i capelli, ma poi l. fferra un braccio e tenta di toccarla. Mimì
fa: "Bleah, non mi piace che mi tocchi" e grida forte, un altro adulto la salva e poi
tutti le dicono che è stata veramente brava a gridare forte. - "Il senso di questa fa-
vola è èproprio insegnare ai bambini a difendersi, a dire di No, a urlare il loro di-
sgusto per qualcosa che subiscono, ma anche entrare in contatto, attraverso le sto-
rie, con temi grandi  come  la paura o il lutto", spiega  Maria Cristina Zannoner,
psicopedagogista che ha fondato la casa editrice Librì, specializzata in pr ogetti e-
ducativi per le scuole.  "I genitori sono terrorizzati dall'idea che i loro figli possa-
no subire abusi  o violenze, ma spesso non sanno come muoversi in questa sfera 
delicatissima.  Leggere insieme Mimì fiore di cactus, scritto dalla pedagoga fran-
cese Marie-France Botte, che ha lavorato moltissimo sul contrasto della pedofilia, 
può essere l'inizio di un discorso, l'apertura di un varco nel silenzio tra genitori e 
figli. L'obiettivo è far conoscere ai bambini in quali situazioni si potrebbero trova-.
re.  E quindi come difendersi.  Lo stile è leggero, i disegni alludono ai fumetti, ma
le informazioni sono chiare e dirette".
Ed è qui che bisogna  porsi degli interrogativi.   Elencare situazioni di pericolo, di
Orchi mascherati da adulti affettuosi, come accade  per un'altra protagonista  del
libro, la piccola Sara, molestata da Giovanni, amico di famiglia, o per Tommy, cui
un vicino di casa chiede di spogliarsi, non può indurre nei bambini  paure  e ansie 
preventive? Portandoli magari a vedere pericoli là dove non ci sono?
"Il tono leggero del libro, l'invito che viene  rivolto ai bambini  di esprimersi, rac-
contare, dire di no anche agli adulti, se questi li infastidiscono, è un antidoto inve-
ce alla paura e al segreto, un appello alla libertà dell'infanzia", risponde Cristina
Zannoner.  "L'autrice della favola ha lavorato a lungo con Terre des Hommes, ong
che si occupa  in tutto il mondo  di lotta alla pedofilia, e che utilizza per la preven-
zione proprio  materiale informativo  come questo, scritto con un linguaggio  che 
possa arrivare ai bambini".
"Il mio corpo è il mio corpo", dice forte Mimì, "è proprietà privata", a far capire
che al di là delle situazioni ambigue  non sempre  i più piccoli gradiscono comun-
que abbracci e solletico non richiesti. Aggiunge Zannoner: "La storia di Mimì  è
all'interno di una collana  che si chiama  Colli lunghi, come il collo della giraffa,
così alto da poter vedere oltre le cose di tutti i giorni. E' la nostra idea: i bambini
possono sapere tutto, anche le cose più difficili. La sfida è trovare le parole giuste".



Lucianone

giovedì 6 luglio 2017

Società / terrorismo in Inghilterra - Westminster, simbolo di democrazia

6 luglio '17 - giovedì                       6th July / Thursday                   visione post - 26


(Da la Repubblica - 23 marzo 2017 - Allarme terrorismo / Il luogo - John Lloyd)
Londra -
Quasi tutti i giorni  a Londra  i turisti si affollano  intorno al Parlamento, guardando
le statue di re Riccardo I, a cavallo, e del rivoluzionario del Seicento Oliver Cromwell,
in piedi con la mano poggiata sulla spada. Tutte e due queste statue sono appena al 
di fuori delle mura.  Poi, dall'altro lato della strada, nei giardini della piazza del Parla-
mento, c'è la statua ingobbita di Winston Churchill, un terzo personaggio che combat-
tè la sua battaglia più grande tra il 1940 e il 1945 da Downing Street, 200 metri più in là.
Tre guerrieri che enfatizzano  il modo in cui molti britannici  ancora amano vedersi. co-
me difensori della loro isola. Ogni democrazia ha un centro  dove i deputati eletti dibat-
tono delle sue problematiche. <per noi britannici il Parlamento - costruito dopo che un 
incendio  aveva distrutto  l'edificio originario, negli anni '30  dell'Ottocento - rimane il 
simbolo potente di un'assemblea  che  in varie forme  esiste  da quasi  otto secoli: è fra
più antichi di questi luoghi di riunione e si è gradualmente evoluto  in una democrazia 
elettiva.  -  Il Parlamento fu danneggiato 14 volte dalle bombe durante la guerra, ma so-
lo una volta seriamente, quando l'ultimo giorno  di incursioni intensive  dei bombarda-
menti tedeschi, un ordigno distrusse la principale sala di dibattito della Camera dei co-
muni. Fu ripristinata solo nel 1948.    Negli oltre 70 anni dalla fine della guerra, il Parla-
mento è cambiato poco nel suo aspetto esterno, e i suoi rituali vengono ancora in gran
parte osservati. Ma è molto più aperto, ora: il pubblico, come i giornalisti, può assiste-
re alle sedute nelle sale principali e nelle stanze delle commissioni.     Grandi battaglie 
oratorie hanno infuriato tra le mura di Westminster, ora non più dominate soltanto da
uomini. Anzi una donna, Theresa May, è tornata a ricoprire la carica più alta. Le bat-
taglie che si preparano sono cruciali come non mai: Il governo è deciso a portare il Re-
gno Unito fuori dall'Unione Europea, fra le tante ragioni per restituire potere al Parla-
mento. Al contempo, la Scozia, con il suo di Parlamento, potrebbe essere presto chiama-
ta di nuovo a scegliere attraverso un referendum se diventare indipendente. Un voto al
riguardo è stato sospeso a causa dell'attentato. Il Parlamento, mentre si sta occupando
di riportare in patria poteri delegati all'Unione Europea, affronta la prospettiva di per-
dere il potere sul Paese con cui si è unito più di tre secoli fa.  Essendo una tappa di tutti
gli itinerari turistici, la piazza del Parlamento solitamente ha un'atmosfera festosa, con
i bambini presi in braccio per fargli vedere i monumenti  e gli adulti che cercano di av-
vistare qualche politico famoso. Il terrorismo è stato discusso molte volte in Parlamento:
è la prima volta che vi entra.

La storia di Westminster
- La costruzione
Il palazzo di Westminster oggi ospita il Parlamento inglese: costruito nell'XI secolo, 
prima era la residenza del Re
- La congiura delle polveri
Nel 1605 il complotto dei cattolici e di Guy Fawkes contro re Giacomo I
- Carlo I ucciso
Qui nel 1649 venne decapitato re Carlo I, dopo la guerra civile vinta da Cromwell
- L'incendio
Westminster è stato distrutto da un incendio nel 1834, come raccontato da Turner
in un celebre quadro

Lucianone

lunedì 3 luglio 2017

Ambiente - Il Mediterraneo di plastica

3 luglio '17 - lunedì                        3rd July / Monday                             visione post - 22

Uno studio del Cnr ha individuato dove le correnti portano
l'immondizia galleggiante. La massima concentrazione tra
Toscana e Corsica: 10 chili per chilometro quadrato

(Da la Repubblica - 17 dicembre '16 - L'ambiente / Elena Dusi - Roma)
Il Mediterraneo  è diventato  una zuppa di plastica.  Un chilometro quadro, nei mari
italiani, ne contiene in superficie fino a 10 chili. E' questo il record del Tirreno setten-
trionale, fra Corsica e Toscana. Attorno a Sardegna, Sicilia e coste pugliesi, la media 
è invece di 2 chili. Sono valori superiori perfino alla famigerata "isola di plastica" nel
vortice del Pacifico del nord: un'area di circa un milione di chilometri quadri in cui le
correnti accumulano la spazzatura dell'oceano. Qui la densità delle microplastiche - i
frammenti do pochi millimetri das cui è formata la "zuppa" - è di 335mila ogni chilo-
metro quadrato. Nel Mediterraneo arriva a 1,25 milioni. Per evitarlo, tutta la spazza-
tura dovrebbe andare nei cassonetti anzichè nell'ambiente.
L'analisi che ha riguardato i mari della penisola  arriva  da un gruppo di biologi del 
Cnr ed è pubblicata su Scientific Reports.  "A finire in mare sono soprattutto i rifiuti
della nostra vita quotidiana"  spiega  uno dei coordinatori, Stefano Aliani, che con i 
colleghi nel 2013  ha raccolto  i campioni di spazzatura  a bordo  della nave  del Cnr 
Urania. "Sacchetti e bottiglie vengono degradati dalla luce. Nel giro di anni o perfino
secoli, a seconda del tipo di plastica e dell'ambiente in cui finiscono, questi rifiuti si ri-
ducono in poltiglia". I frammenti microscopici sono stati raccolti con una rete specia-
le trainata dall?Urania in 74 punti di Adriatico e Tirreno. "Nel complesso - scrivono
i biologi nello studio - la plastica è meno abbondante nell'Afriatico, con una media di
468 grammi per chilometro quadro, rispetto  al Mediterraneo occidentale"   con una 
media di 811 grammi.  "La gravità della situazione del Mediterraneo non ci stupisce"
dice Aliani. "E' un mare sostanzialmente chiuso, in cui una particella ha un tempo di 
permanenza di circa mille anni. Teoricamente, cioè, impiega tutto quel tempo  per at-
traversare la stretta imboccatura di Gibilterra. Nelle sue acque sboccano anche fiumi
importanti come Danubio, Don, Po e Rodano". Anche se i mari diventano sempre più
torbidi (si calcola  che  dei 300 milioni di tonnellate all'anno  di plastica  prodotta  nel
mondo, una dozzina finiscano in mare), quale sia la sorte di buona parte della spazza-
tura resta un mistero. "Non sappiamo dove sia oggi tutta la plastica che abbiamo pro-
dotto" spiega Aliani.  "Quella che ritroviamo  nelle nostre spedizioni  non si avvicina
neanche lontanamente all'ammontare che secondo i nostri calcoli dovrebbe esere fini-
to in mare.  Può darsi  che molta si perda  in fondo agli oceani, dove non abbiamo  la 
possibilità di osservarla". -   La responsabilità delle zuppe marine va in buona parte
al packaging non riciclabile. In Europa scatole e involucri contribuiscono al 40% del-
la produzione di questo materiale e a più del 10% dei rifiuti. Il 92% della plastica tro-
vata in mare è composta da frammenti di meno di 5 millimetri. Tracce sono comparse
in Artide e Antartide. Sono finite inglobate in alcune rocce (un campione dei cosiddet-
ti "plastiglomerati" è stato osservato alle Hawaii nel 2014)  e  si sono infilate nei sedi-
menti dei fondali oceanici. Questo materiale è perfino stato proposto come uno dei se-
gni distintivi dell'antropocene, l'era geologica caratterizzata dai segni della presenza
umana sulla Terra.  "Per l'ecosistema marino, i danni sono molteplici" conferma Alia-
ni. "Il pericolo più evidente per gli animali è il soffocamento".  Ma questi frammenti
possono anche essere ingoiati dal plancton, le minuscole creature  che si trovano  alla
base della catena alimentare del mare.  In Spagna è nata un'azienda - la Ecoalf - che
raccoglie sacchetti e bottiglie finite nelle reti dei pescatori e li ricicla producendo vesti-
ti.  "Il problema non è solo la plastica in sè"  prosegue il biologo del Cnr    "Mancano 
studi approfonditi, ma si pensa che questo materiale sia inerte per gli organismi". Più
pericolose sono le sostanze che alla plastica  vengono combinate  durante i processi in-
dustriali, per fornirle le caratteristiche volute. "Potrebbero agire come pseudo-ormoni,
creando scompensi nel sistema endocrino. "Abbiamo osservato il problema nelle balene".
Le tappe e i dati
Le spedizioni -
I campioni di plastica sono stati raccolti durante due spedizioni nel 2013 sulla nave
Urania del Cnr.  I 74 campionamenti sono avvenuti fra Tirreno e Adriatico.
La rete -
La rete era trainata per 5 minuti a 1,5-2 nodi. Le plastiche sono state suddivise per
dimensioni e osservate al microscopio.



Lucianone

sabato 17 giugno 2017

Riflessioni - Sul salvataggio in mare dei migranti / La Tav e il sentimento di esclusione

17 giugno '17 - sabato                   17th June / Saturday                       visione post - 13

Quando a dire "io so, ma non ho le prove" era Pasolini, si trattava di un intellettuale
cosciente di dare scandalo, forte solamente del proprio pensiero, e rischiando di suo.
Ma se a dire "io so, ma non ho le prove"  è un procuratore della Repubblica, ovvero 
una persona che solo attraverso le prove dovrebbe esprimersi, allora c'è qualcosa che
non va. Anche perchè a rischiare, se è un magistrato inquirente e non uno scrittore a
pronunciare l'"io so", sono i potenziali inquisiti.
Africa. faccenda del salvataggio in mare dei migranti salpati dall'Africa. Come è facile 
capire, tra dire che  la presenza delle navi ong  vicino alle coste libiche  "costituisce un
un incentivo indiretto" al traffico di umani (rapporto Frontex)  e dire che "le ong sono 
in combutta con i trafficanti" sono due posizioni un pò diverse.    
Nel primo caso si tratterebbe di un eccesso di zelo umanitario, nel secondo di un'ignobile speculazione e soprattutto di un crimine. Cercare di usare le parole con precisione, per i 
giudici, per i politici, per i giornalisti, dovrebbe essere importante quanto per i migranti
indossare il salvagente.
(Da la Repubblica - 29/04/2017 - L'Amaca / Michele Serra)

Si capisce che la Tav, che costa caterve di denaro pubblico, tiene aperti per anni enormi
cantieri, buca le montagne, sposta milioni di metri cubi di detriti, cambia l'orografia e il
regime delle acque sotterranee, divida gli animi e inneschi forti proteste. Ma cavare qual-
che  ulivo per far passare un tubo sottoterra, e poi rimetterlo al suo posto, il tutto a spese
di una società privata, come è possibile che produca  una rivolta  che non ha  alcuna vera
pezza d'appoggio di carattere ambientale o tecnico o naturalistico?
La sola spiegazione plausibile è il sentimento di esclusione, motore di molte delle meno
ragionevoli prese di posizione politiche degli ultimi anni  (vedi quel coacervo di ostilità 
assortite che chiamiamo pupulismo). Molte persone, molte comunità si sentono escluse
da ogni decisione e da ogni scelta. Dunque sono ostili per principio a quella decisione e
a quella scelta, indipendentemente  dalla sua utilità  e  dalla sua bontà.  A questo si ag-
giunge la crisi drammatica del concetto stesso di delega, di autorità, di classe dirigente.
O si prova a costruire con pazienza e rispetto un rapporto decente, e nuovo, tra gover-
nati e governanti, o anche spostare un vaso di gerani sarà il possibile innesco di una ri-
voluzione.
(Da la Repubblica - 28/04/'17 - L'Amaca / Michele Serra)

Lucianone

venerdì 16 giugno 2017

SOCIETA' - Stati Uniti / Gli afroamericani e il cinema: che cosa è cambiato

16 giugno '17 - venerdì                     16th June / Friday                           visione post - 27  


(da la Repubblica - 23/12/2013 - Arianna Finos / Londra)
Oprah Winfrey  e  Forest Whitake, la regina dei media americani e  l'attore premio Oscar
si sono spesi fino allo sfinimento per The Butler - Un mggiordomo alla Casa Bianca, epo-
pea delle lotte  per i diritti civili  e  i traguardi degli afroamericani, raccontata attraverso
la storia vera di Eugene Allen, servitore per 34 anni (dal '57 alll'86) di sette presidenti de-
gli Stati Uniti. Come già per Precious, il "black pack" di famosi e potenti  (ci sono anche
la comunità afroamericana Mariah Carey e Lenny Kravitz) ha chiamato a raccolta la co-
munità afroamericana: 116 milioni di dollari d'incasso solo in Usa, per un film  che ne è 
costato trenta. Ma non ha convinto i critici la rilettura fin troppo politicamente corretta
di 50 anni di battaglie  contro la discriminazione, raccontata attraverso  il rapporto  tra 
un padre e un figlio: l'ex schiavo diventato il primo maggiordomo nero alla White House
(Whitaker) e il figlio, leader delle Pantere Nere, interpretato da David Oyelowo.
Signora Winfrey, dai tempi di Il colore viola è cambiata la presenza degli afroamericani
nel cinema.
Winfrey: "Sì, lo dimostrano film come 12 anni schiavo, Fruitvale station, Mandela-Longwalk
to freedom. Spero che il successo di The Butler spinga in questa direzione. Ma, piuttosto
che sottolineare che ci sono buoni film sui neri o sui gay, sarebbe meglio dire solo che 
sono buoni film: mostrarli come la normalità, sottolinenado le similitudini, piuttosto che 
le differenze.

CONTINUA... to be continued...