1 agosto '17 - martedì 1st August / Tuesday visione post - 26
(da la Repubblica - 18 settembre '14 - Milano-Cultura / Chiara Gatti)
Il pittore della montagna che sognava di salire in vetta per essere sempre più vicino al cielo.
E' un Giovanni Segantini (1858 - 1899) pieno d'aria e di vento quello arrivato ieri sera a Pa-
lazzo Reale (Milano) per un'antologica incantevole. Centoventi le opere firmate dal maestro
dell'Ottocento italiano, signore delle Alpi e dei prati rigogliosi, della neve e del silenzio. Sce-
nari entrati nell'immaginario comune per gli orizzonti immensi che abbracciano le catene
dell'Engadina con la potenza di un grandangolo in pittura. Proprio zoomando sul sentimen-
to panico del creato, sulla sintonia del suo cuore silvestre con le forze della natura, il percor-
so propone una lettura ragionata che non si limita a mettere in fila capolavori, ma ne spiega,
la genesi, i simboli, l'evoluzione, complice un fondo di disegni testimoni di ogni fase di stu-
dio, di ogni dettaglio costruito in autonomia prima di ricomporsi, come un mosaico, in una visione totale. - Un lavoro di analisi reso possibile grazie alla curatela scientifica di chi Se-
gantini l'ha esplorato per decenni: Annie-Paule Quinsac, autrice del catalogo generale, e
Diana Segantini, la pronipote, che come lui ha le vette nel sangue. Insieme hanno coordi-
nato l'esposizione prodotta da Skira con la Fondazione Mazzotta (il catalogo è una favola);
la più grande da quella di Trento dell'87 e la più importante insieme con quella recente al-
la Fondazione Beyeler di Basilea. Pochi precedenti per un nome che meritava un "ritorno
a Milano", come recita il titolo sui manifesti, pensando alla sua lunga assenza dal sistema
delle mostre in città - l'ultima in Permanente negli anni Settanta, ma molti quadri oggi e-
sposti si possono apprezzare in pianta stabile alla Gam di via Palestro - e che allude an
che a un ritorno ideale nella città che lo accolse da ragazzo, dopo il suo arrivo orfano e di-
sperato dal Trentino allora austriaco tirolese, che lo vide crescere sui banchi di Brera, tra-
sferirsi in Brianza e poi scappare tra i boschi e le cime lontane. Via, per sempre.
... Segantini e il suo inno a un'armonia superiore fanno fare pace con Palazzo Reale e il suo
trend esterofilo. Subito, dalla prima sala, dagli autoritratti magnetici che bucano la carta,
si capisce che il viaggio è iniziatico; le nature morte giovanili mescolano scuola barocca
e senso di precarietà, i primi scorsi campestri, i temporali, la fatica di vivere dei contadi-
ni gravano come macigni fino al momento in cui la fuga gli spalanca i polmoni e intona la
sua ode epica alla valle e al mondo. Se l'istinto, davanti a soggetti come Riposo all'ombra
o Mezzogiorno sulle Alpi, è quello di osservarli da vicino per contare le schegge di colore
della sua maniera "divisa" per poi indietreggiare e vedere i toni fondersi, la sorpresa vie-
ne dall'incontro con opere ipnotiche come A messa prima, dove una scalinata grigia inghiot-
te un parroco strizzato dalla melanconia, o Ave Maria a trasbordo col suo senso del sacro al-
le stelle, arrivata al Museo Segantini di St. Moritz insieme con altri pezzi importanti.
Tranne il celebre Trittico delle Alpi, che non esce mai, ma è evocato dagli studi che lo gene-
rarono, lasciati incompiuti quando Giovanni, rapito dalla sua montagna incantata, a picco
su Pontresina, morì quarantenne per un attacco di peritonite, troppo lontano dal mondo
perchè il mondo potesse salvarlo.
Mezzogiorno sulle Alpi - Giovanni Segantini / 1891
Lucianone
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