25 ottobre '15 - domenica 25th October / Sunday visione post - 17
Risultati delle partite
Pescara 1 Vicenza 0 Ascoli 0 Bari 0 Brescia 2 Cagliari 4
Pro Vercelli 0 Novara 2 Crotone 1 Entella 0 Lanciano 1 Trapani 1
Como 1 Livorno 2 Salernitana 1 Spezia 1 Ternana 0
Latina 1 Modena 0 Cesena 1 Avellino 1 Perugia 1
Classifica
CROTONE 20 / Cagliari 19 / Cesena 17 / Livorno 16 /
Spezia, Pescara, Bari 15 / Latina, Brescia, Trapani 13 / Novara 12 /
Vicenza, Entella 11 / Ascoli, Perugia, Modena 10 / Lanciano, Salernitana 9 /
Pro Vercelli 8 / Ternana, Avellino 7 / Como 6
Continua... to be continued...
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domenica 25 ottobre 2015
venerdì 23 ottobre 2015
SPORT / Moto Gp - Nel Ricordo del Sic / Marco Simoncelli
23 ottobre '15 - venerdì 23rd October / Friday visione post - 4
Sic, Sic e Sic for ever
Lucianone
CIBO / salute - La Carta dei valori all'Expo dei bimbi
23 ottobre '15 - venerdì 23rd October / Friday visione post - 14
L'Expo dei bimbi: 'Cibo sano per tutti e lotta agli sprechi'
(da la Repubblica - 29 giugno '15 - Alessia Gallione / Milano)
La Carta dei valori diventa un fumetto
"Nelle scuole il messaggio per gli under 14"
La stessa matita che da più di un decennio fa da "regista" alle avventure di Geronimo
Stilton e la voce della scuola Holden di Torino per tradurre in immagini e parole il mes-
saggio di Expo. A cominciare dall'illustrazione di copertina: bambini di ogni latitudine
che con le forchette, le bacchette e le mani mangiano tutti da uno stesso grande piatto
a dimostrazione di quanto le diversità siano un valore e sia giusto rispettarle. E perchè
alla fine è anche così, rappresentando, un ragazzino obeso e uno denutrito che che gio-
cando al parco non sono in equilibrio sull'altalena, che si può parlare dei paradossi
globali del cibo. Di "tantissime persone che hanno sempre fame e sono deboli" e "altre
che invece sono molto grasse e si ammalano". Le contraddizioni che il documento sim-
bolo dell'Esposizione vuole denunciare per cercare, il più possibile, di cambiare. E che,
adesso, sono tradotte per gli under 14. Il diritto al cibo spiegato agli alunni di elementa-
ri e medie.
Si chiama "Carta di Milano dei bambini" e da oggi sarà lì, a fianco del testo "madre",
alla fine del percorso di Palazzo Italia. Ma anche su internet e, da settembre, "in tutte
le suole d'Italia". Ed è lì che i ragazzi, come già stanno facendo gli adulti (il contatore
delle adesioni ha superato quota 300mila) che visitano l'Esposizione, potranno firmare.
E' un racconto per immagini, quasi un fumetto ragionato, la Carta. E, insieme, un'ope-
razione di "educazione ambientale e alimentare", come la definisce il ministro dell'A-
gricoltura Maurizio Martina. Sarà lui, oggi, a presentarla a Expo. Un modo anche per
scrollarsi di dosso una delle accuse che viene ancora fatta all'evento, ovvero di indulge-
re troppo all'effetto luna park. "L'idea è di mettere subito a disposizione un certo nu-
mero di copie per i centri estivi - dice - e di preparare le attività per il prossimo anno
scolastico: tra settembre e ottobre vorremmo lanciare una "Settimana della Carta"
nelle scuole elementari di tutta Italia per fare in modo che tutti ragionino dei temi di
Expo".
E' stata Fondazione Feltrinelli - che con il Laboratorio creato con Expo spa e coordinato
dal filosofo Salvatore Veca ha lavorato alla carta originale - a pensare alla traduzione
per i ragazzi. E lo ha fatto, spiega il segretario generale Massimiliano Tarantino, "lavo-
rando sulle immagini con disegnatori come Roberta Bianchi che da tempo ha la direzio-
ne artistica di Geronimo Stilton, e sul testo con la Scuola Holden di Torino. Abbiamo
pensato anche a kit didattici dai 5 ai 14 anni per le scuole". Sono soprattutto i disegni a
rendere immediato e chiaro il messaggio: un mondo da curare protetto da sciarpa e cap-
pello, la saggezza dei vecchi racchiusa nel tratto che ha dato vita a un anziano contadino,
bambini che fanno la raccolta differenziata, che si scambiano piatti e cultura. Il testo è
diviso in tre parti e sono gli stessi protagonisti a prendere la parola. "Noi bambine e
bambini della Terra abbiamo deciso di firmare questo documento perchè sappiamo che
c'è un problema molto grande tra quello che il pianeta riesce a dare per farci mangiare
e il fatto che stiamo diventando sempre di più". Il rebus del futuro. Semplificato nel motto
dell'Expo dei piccoli: "Cibo buono per tutti". Seguono due sezioni: il "mondo che vorrei"
e gli impegni concreti che tutti possono prendere. A qualsiasi età. I principali: la battaglia
contro lo spreco, la difesa della biodiversità, il diritto al cibo.

Lucianone
L'Expo dei bimbi: 'Cibo sano per tutti e lotta agli sprechi'
(da la Repubblica - 29 giugno '15 - Alessia Gallione / Milano)
La Carta dei valori diventa un fumetto
"Nelle scuole il messaggio per gli under 14"
La stessa matita che da più di un decennio fa da "regista" alle avventure di Geronimo
Stilton e la voce della scuola Holden di Torino per tradurre in immagini e parole il mes-
saggio di Expo. A cominciare dall'illustrazione di copertina: bambini di ogni latitudine
che con le forchette, le bacchette e le mani mangiano tutti da uno stesso grande piatto
a dimostrazione di quanto le diversità siano un valore e sia giusto rispettarle. E perchè
alla fine è anche così, rappresentando, un ragazzino obeso e uno denutrito che che gio-
cando al parco non sono in equilibrio sull'altalena, che si può parlare dei paradossi
globali del cibo. Di "tantissime persone che hanno sempre fame e sono deboli" e "altre
che invece sono molto grasse e si ammalano". Le contraddizioni che il documento sim-
bolo dell'Esposizione vuole denunciare per cercare, il più possibile, di cambiare. E che,
adesso, sono tradotte per gli under 14. Il diritto al cibo spiegato agli alunni di elementa-
ri e medie.
Si chiama "Carta di Milano dei bambini" e da oggi sarà lì, a fianco del testo "madre",
alla fine del percorso di Palazzo Italia. Ma anche su internet e, da settembre, "in tutte
le suole d'Italia". Ed è lì che i ragazzi, come già stanno facendo gli adulti (il contatore
delle adesioni ha superato quota 300mila) che visitano l'Esposizione, potranno firmare.
E' un racconto per immagini, quasi un fumetto ragionato, la Carta. E, insieme, un'ope-
razione di "educazione ambientale e alimentare", come la definisce il ministro dell'A-
gricoltura Maurizio Martina. Sarà lui, oggi, a presentarla a Expo. Un modo anche per
scrollarsi di dosso una delle accuse che viene ancora fatta all'evento, ovvero di indulge-
re troppo all'effetto luna park. "L'idea è di mettere subito a disposizione un certo nu-
mero di copie per i centri estivi - dice - e di preparare le attività per il prossimo anno
scolastico: tra settembre e ottobre vorremmo lanciare una "Settimana della Carta"
nelle scuole elementari di tutta Italia per fare in modo che tutti ragionino dei temi di
Expo".
E' stata Fondazione Feltrinelli - che con il Laboratorio creato con Expo spa e coordinato
dal filosofo Salvatore Veca ha lavorato alla carta originale - a pensare alla traduzione
per i ragazzi. E lo ha fatto, spiega il segretario generale Massimiliano Tarantino, "lavo-
rando sulle immagini con disegnatori come Roberta Bianchi che da tempo ha la direzio-
ne artistica di Geronimo Stilton, e sul testo con la Scuola Holden di Torino. Abbiamo
pensato anche a kit didattici dai 5 ai 14 anni per le scuole". Sono soprattutto i disegni a
rendere immediato e chiaro il messaggio: un mondo da curare protetto da sciarpa e cap-
pello, la saggezza dei vecchi racchiusa nel tratto che ha dato vita a un anziano contadino,
bambini che fanno la raccolta differenziata, che si scambiano piatti e cultura. Il testo è
diviso in tre parti e sono gli stessi protagonisti a prendere la parola. "Noi bambine e
bambini della Terra abbiamo deciso di firmare questo documento perchè sappiamo che
c'è un problema molto grande tra quello che il pianeta riesce a dare per farci mangiare
e il fatto che stiamo diventando sempre di più". Il rebus del futuro. Semplificato nel motto
dell'Expo dei piccoli: "Cibo buono per tutti". Seguono due sezioni: il "mondo che vorrei"
e gli impegni concreti che tutti possono prendere. A qualsiasi età. I principali: la battaglia
contro lo spreco, la difesa della biodiversità, il diritto al cibo.
Lucianone
LIBRO / Psicologia per bambini - "Il coniglio che voleva addormentarsi"
23 ottobre '15 - venerdì 23rd October / Friday visione post - 27
Il libro di uno psicologo scandinavo scala le classifiche
di Amazon e diventa un fenomeno editoriale.
La storia va letta usando diversi toni di voce e
sbadigliando insieme ai figli finchè non arriva
il sonno.
(da la Repubblica - 27/ 08/ '15 - Il caso / Raffaella De Santis)
La favola dei miracoli -
così il coniglio bestseller mette i bimbi a nanna
Non è una novità che i conigli siano i più grandi amici dei bambini. Spopolano nelle favole
almeno quanto gli orsi. Qualcuno dovrebbe divertirsi a calcolarne la frequenza. Il fenomeno
del momento però è un coniglio diverso dagli altri, un coniglio che ha il potere di far addor-
mentare i bambini. Si chiama Camillo ed è il protagonista di un bestseller, "Il coniglio che
voleva addormentarsi". Lo ha scritto Carl - Johan Forssén Ehrlin, uno psicologo compor-
tamentale svedese al suo debutto come autore di testi per bambini. La storia è delle più sem-
plici, la trama è quasi inesistente, ma il segreto è tutto qui: nella noia, che da che mondo è mondo è il più grande soporifero che esista. Si tratta di sole ventisei pagine in cui il coniglio incontra altri personaggi, dallo Zio Sbadiglio al Gufo Occhi Pesanti alla Lumaca Sonnac-
chiosa. Nessuna avventura eccitante, qualche chiacchiera e lo Zio Sbadiglio (destino dei
nomi!) che dà al nipote alcuni consigli per prendere sonno. Il risultato? Camillo si addor- menterà insieme a vostro figlio.
Secondo risultato, non previsto: il manualetto della buonanotte, autopubblicato dall'autore sulla piattaforma Amazon Createspace, ha inaspettatamente scalato le classifiche del colosso online, piazzandosi nella top ten in Francia, Germania e Inghilterra (dove ha venduto più di Harper Lee, "Và, metti una sentinella"). Un fenomeno editoriale inedito. Tanto che Alison
Forrestal, direttore di Amazon Libri nel Regno Unito, ha dichiarato il suo stupore al Tele-
graph: "Mai visto un autore indipendente arrivare italiaal primo posto". Il libro, sia la ver-sione ebook che cartacea, è stato tradotto in sette lingue. La versione Kindle italiana costa
4,99 (invece dei 15,60). Qualche anno fa aveva avuto un discreto successo il libro del neuro-
psichiatra spagnolo Edward Estivill, "Fate la nanna", ma non a questi livelli. In realtà rac-
contandola così sembra semplice ma non lo è. Anzi la gestazione di questo album illustrato,
è seria. Il professor Ehrlin ha impiegato tre anni e mezzo a scrivere le sue ventisei pagine.
L'idea gli è venuta un giorno mentre viaggiava in auto con la madre. Quel giorno è succes-
so quello che succede spesso: il guidatore parla e l'altro passeggero si addormenta. Ma Ehr-
lin non si è scoraggiato, nè offeso. Si è invece interrogato: "Mi sono chiesto perchè la storia
che stavo raccontando fosse così adatta a conciliare il sonno". La risposta è il libro. "Ho but-
tato giù la storia su un tovagliolo una sera - ha raccontato Ehrlin - ma poi avevo bisogno di
tempo perchè le tecniche fossero usate nel modo corretto". Tra le tecniche narcpotiche consi-
gliate c'è l'attenzione al tono della voce. Bisogna saperla modulare, capire quando fermarsi,
quando rallentare, costruire un ritmo ipnotico. Un pò come le vecchie filastrocche, le nenie
orali della tradizione favolistica popolare. Il professore lo ha sperimentato sul figlio Leon,
quando era nella pancia della madre.
"Le favole della buonanotte agiscono sull'inconscio del bambino", scrive nell'introduzione.
Per questo lo sbadiglio non solo è tollerato, ma è raccomandato. Non a caso Ehrlin è anche
un linguista, dunque sa che il linguaggio è un sistema articolato di segni, in cui il suono del-
la voce ha un grande ruolo. Bisognerebbe invece analizzare perchè nelle favole i conigli so-
no tanto gettonati. Forse anche la scelta dell'animale protagonista ha avuto il suo effetto
sul mercato. La storia è corredata da illustrazioni (opera di Irina Maununen) e si sa che il
coniglio non ha un aspetto aggressivo, tutt'altro, quindi concilia il relax. E' per seguire il
Coniglio Bianco che Alice intraprende il suo viaggio nel Paese delle Meraviglie. Il coniglio
ripete in modo ipnotico: "E' tardi, è tardi". Un ritornello che era già una favola della buo-
nanotte.
IL METODO
La voce
1 - Per conciliare il sonno del bambino, il libro suggerisce di leggere le favole
con la giusta intonazione. Bisogna sapere quando fermarsi e preferire un
ritmo molto lento.
2 - Le parole
Per l'autore ci sono parole chiave che agiscono sulla mente dei bambini insonni
aiutandoli a rilassarsi. Nel libro ricorrono per 80 volte i termini "dormire" e
"addormentarsi".
3 - I disegni
Secondo Ehrlin i disegni sono un corredo aggiuntivo, ma non bisogna
obbligare i bambini a guardarli. Meglio però che le immagini di una favola
siano riposanti.
4 - Gli sbadigli
Uno dei punti chiave del metodo dello psicologo svedese è lo sbadiglio: i genitori
non devono vergognarsi di leggere la fiaba sbadigliando, ma sono esortati a farlo.
5 - La trama
Una favola soporifera non deve contenere elementi che possano turbare il bambino:
meglio una trama semplice e lineare e pochi personaggi nei quali si possa rispecchiare.
Lucianone
Il libro di uno psicologo scandinavo scala le classifiche
di Amazon e diventa un fenomeno editoriale.
La storia va letta usando diversi toni di voce e
sbadigliando insieme ai figli finchè non arriva
il sonno.
(da la Repubblica - 27/ 08/ '15 - Il caso / Raffaella De Santis)
La favola dei miracoli -
così il coniglio bestseller mette i bimbi a nanna
Non è una novità che i conigli siano i più grandi amici dei bambini. Spopolano nelle favole
almeno quanto gli orsi. Qualcuno dovrebbe divertirsi a calcolarne la frequenza. Il fenomeno
del momento però è un coniglio diverso dagli altri, un coniglio che ha il potere di far addor-
mentare i bambini. Si chiama Camillo ed è il protagonista di un bestseller, "Il coniglio che
voleva addormentarsi". Lo ha scritto Carl - Johan Forssén Ehrlin, uno psicologo compor-
tamentale svedese al suo debutto come autore di testi per bambini. La storia è delle più sem-
plici, la trama è quasi inesistente, ma il segreto è tutto qui: nella noia, che da che mondo è mondo è il più grande soporifero che esista. Si tratta di sole ventisei pagine in cui il coniglio incontra altri personaggi, dallo Zio Sbadiglio al Gufo Occhi Pesanti alla Lumaca Sonnac-
chiosa. Nessuna avventura eccitante, qualche chiacchiera e lo Zio Sbadiglio (destino dei
nomi!) che dà al nipote alcuni consigli per prendere sonno. Il risultato? Camillo si addor- menterà insieme a vostro figlio.
Secondo risultato, non previsto: il manualetto della buonanotte, autopubblicato dall'autore sulla piattaforma Amazon Createspace, ha inaspettatamente scalato le classifiche del colosso online, piazzandosi nella top ten in Francia, Germania e Inghilterra (dove ha venduto più di Harper Lee, "Và, metti una sentinella"). Un fenomeno editoriale inedito. Tanto che Alison
Forrestal, direttore di Amazon Libri nel Regno Unito, ha dichiarato il suo stupore al Tele-
graph: "Mai visto un autore indipendente arrivare italiaal primo posto". Il libro, sia la ver-sione ebook che cartacea, è stato tradotto in sette lingue. La versione Kindle italiana costa
4,99 (invece dei 15,60). Qualche anno fa aveva avuto un discreto successo il libro del neuro-
psichiatra spagnolo Edward Estivill, "Fate la nanna", ma non a questi livelli. In realtà rac-
contandola così sembra semplice ma non lo è. Anzi la gestazione di questo album illustrato,
è seria. Il professor Ehrlin ha impiegato tre anni e mezzo a scrivere le sue ventisei pagine.
L'idea gli è venuta un giorno mentre viaggiava in auto con la madre. Quel giorno è succes-
so quello che succede spesso: il guidatore parla e l'altro passeggero si addormenta. Ma Ehr-
lin non si è scoraggiato, nè offeso. Si è invece interrogato: "Mi sono chiesto perchè la storia
che stavo raccontando fosse così adatta a conciliare il sonno". La risposta è il libro. "Ho but-
tato giù la storia su un tovagliolo una sera - ha raccontato Ehrlin - ma poi avevo bisogno di
tempo perchè le tecniche fossero usate nel modo corretto". Tra le tecniche narcpotiche consi-
gliate c'è l'attenzione al tono della voce. Bisogna saperla modulare, capire quando fermarsi,
quando rallentare, costruire un ritmo ipnotico. Un pò come le vecchie filastrocche, le nenie
orali della tradizione favolistica popolare. Il professore lo ha sperimentato sul figlio Leon,
quando era nella pancia della madre.
"Le favole della buonanotte agiscono sull'inconscio del bambino", scrive nell'introduzione.
Per questo lo sbadiglio non solo è tollerato, ma è raccomandato. Non a caso Ehrlin è anche
un linguista, dunque sa che il linguaggio è un sistema articolato di segni, in cui il suono del-
la voce ha un grande ruolo. Bisognerebbe invece analizzare perchè nelle favole i conigli so-
no tanto gettonati. Forse anche la scelta dell'animale protagonista ha avuto il suo effetto
sul mercato. La storia è corredata da illustrazioni (opera di Irina Maununen) e si sa che il
coniglio non ha un aspetto aggressivo, tutt'altro, quindi concilia il relax. E' per seguire il
Coniglio Bianco che Alice intraprende il suo viaggio nel Paese delle Meraviglie. Il coniglio
ripete in modo ipnotico: "E' tardi, è tardi". Un ritornello che era già una favola della buo-
nanotte.
IL METODO
La voce
1 - Per conciliare il sonno del bambino, il libro suggerisce di leggere le favole
con la giusta intonazione. Bisogna sapere quando fermarsi e preferire un
ritmo molto lento.
2 - Le parole
Per l'autore ci sono parole chiave che agiscono sulla mente dei bambini insonni
aiutandoli a rilassarsi. Nel libro ricorrono per 80 volte i termini "dormire" e
"addormentarsi".
3 - I disegni
Secondo Ehrlin i disegni sono un corredo aggiuntivo, ma non bisogna
obbligare i bambini a guardarli. Meglio però che le immagini di una favola
siano riposanti.
4 - Gli sbadigli
Uno dei punti chiave del metodo dello psicologo svedese è lo sbadiglio: i genitori
non devono vergognarsi di leggere la fiaba sbadigliando, ma sono esortati a farlo.
5 - La trama
Una favola soporifera non deve contenere elementi che possano turbare il bambino:
meglio una trama semplice e lineare e pochi personaggi nei quali si possa rispecchiare.
Lucianone
mercoledì 21 ottobre 2015
SPORT / Storie - SARA: la pallavolo nell'anima
21 ottobre '15 - mercoledì 21st October / Wednesday visione post - 20
Sara Anzanello, campionessa del mondo di pallavolo, racconta
il suo dramma e la rinascita dopo il trapianto di fegato a cui si
è dovuta sottoporre nel 2013 per colpa di una epatite fulminante.
Ora la campionessa del mondo, a lungo centrale della nazionale
azzurra, torna a giocare in serie B a Novara, dopo oltre due anni
di stop e riabilitazione.
(da 'la Repubblica' - 12/ 10/ '15 - La storia / di Maurizio Crosetti)
LA VITA DI SARA
Lei corre piano senza smettere, girando intorno al campo di pallavolo. Ha una tuta grigia
sopra le gambe magrissime. Ogni tanto alza gli occhi e guarda le altre giocare, segue il
volo dei palloni. La lentezza dei gesti, la tenacia. Quel fischio che fa la palla quando sbat-
te a terra e si sente da fuori, fino alla ferrovia, dietro il palazzetto dello sport. Nuvole, tra
poco piove.
Girare in tondo, correre, saltellare tra i pioli di una specie di scala appoggiata a terra,
afferrare un pallone rosa e sorridere. "E' tutto una prima volta". Legarsi con l'elastico
in vita al preparatore atletico Marco, mimare il gesto del muro, fare salti laterali e torsioni.
I rintocchi di un campanile nel mezzogiorno, oltre la distesa dei prati. "Io lo faccio per me".
Sara Anzanello era una campionessa del mondo. Si prese l'epatite fulminante quando gio-
cava a Baku, marzo 2013, la trasportarono a Milano, sei giorni in coma, il trapianto di fe-
gato, 25 chili persi, il ritorno dentro se stessa e infine in palestra, dopo due anni e mezzo.
Con l'Agil Novara dove tutto cominciò: aveva 19 anni, ora ne ha 35. E un obiettivo: torna-
re a gennaio. - "Prima mi sono allenata per una vita decente, per non dover dipendere da-
gli altri, per camminare da sola, per potermi specchiare e sentirmi di nuovo io. Ora mi alle-
no per la pallavolo, perchè un giorno sarò io a dire basta, non un medico. Mi piace ancora
da matti, l'occhio e il gesto non si dimenticano, la forza verrà. E il corpo tornerà rapido co-
me la testa". Le altre 'altezzaragazze hanno preso i borsoni, invece Sara continua in palestra.
Un'ora e mezza il pomeriggio e un'altra in piscina. Nulla di estremo o patetico, solo la forza
della vita quando vive. "Le ricordo tutte le mie prime volte dopo il trapianto. La prima vol-
ta che ho toccato di nuovo l'acqua, che ho rivisto il sole, che ho camminato. La paura di
non essere all'altezza, di fare solo compassione. Bisogna capire e accettare i limiti, ma io
mica li conosco, i miei. Mi bastava essere di nuovo in piedi, però quest'estate ho giocato
con i bambini del mio Camp, a Jesolo, e mi sono detta: io ritorno. Sto ricostruendo il cor-
po come piace a me, sono contenta, le magagne di un'atleta di 35 anni sono pane quotidia-
no, il polso, il ginocchio, io in più ho questo fegato. Ma lo sapete quante cose fa, un fegato?".
La squadra gioca in B1. Le altre ragazze sorridono alla campionessa del mondo di Berlino
2002, all'azzurra famosa e quasi perduta. Le mani picchiano il pallone, l'aria schiocca nel
silenzio. Sara si mette il giubbotto, beve un pò d'acqua.
"Siamo fragilità e forza, siamo macchine semplici e complesse. Qui volevano una chioccia
per far crescere la squadra, sono felice di esserci e credo di potermi rendere utile. La pre-
sidentessa del Novara si chiama suor Giovanna Saporiti, sì, è una suora". Il senso, sempre
lì si torna. "Una storia del genere ti fa capire che devi essere positiva anche con quello
che non puoi cambiare, e che spesso i presunti problemi sono invece enormi scemenze,
cose superabilissime".
Il fegato di Sara apparteneva a un maceratese di 58 anni, morto per emorragia cerebrale. La
moglie decise la donazione, ancora poche ore è sarebbe stato tardi. Ma il capello a cui sia-
mo legati, quell'affacciata di finestra, può diventare un cavo d'acciaio. "Devo fare gli esami
del sangue ogni tre mesi e la paura ce l'hai prima, non ci si abitua mai. Però non mi sento
in bilico, anche se so di avere meno difese immunitarie del normale. La vita sana, beh, per
l'atleta è la regola: mai mangiato fritti, solo pasta e bistecche, anche il mio nuovo fegato sa-
rà d'accordo. Sono altri, semmai, i parametri che cambiano, i riferimenti. Si impara ad ap-
prezzare la lentezza, a godersi le piccole cose, i genitori, gli amici, il mare, Jesolo. Io ho
fatto la prima vacanza che avevo 26 anni. Lo sport è grande ma ne toglie, di cose".
Come Abidal, come lo sciagurato Armstrong quando ancora pareva vero, anche Sara An-
zanello sa che un campione che guarisce è una forza diffusa a disposizione di chi soffre e
vacilla. "Non mi sento un simbolo, però credo che una storia come la mia possa servire a chi
sta aspettando un nuovo organo, oppure a chi insegue il primo passo dopo un trapianto: io
impiegai un mese e restai in ospedale un anno, eppure eccomi qui. Certo, penso ai miei pri-
vilegi, soprattutto psicologici: chi ha perso una finale scudetto all'ultima palla sa che lo scon-
forto è un precipizio dal quale si può risalire. E sa pure che l'ultima palla è sempre la penul-
tima, perchè un'altra partita dovrà pur venire, al limite un'altra sconfitta".
L'odore di palestra, la luce che precipita dalle vetrate. Il linoleum, il giallo dei neon. Le panche,
i gradoni di cemento. A gennaio, allora. "Sì, e penso di esserci. Mi chiedono: e chi te lo fa fare?
La risposta è facile: io". Sara è grandiosa quando dice "forse bisogna rivalutare la retorica
dello sport: possiede comunque una forza enorme". E poi ci ride sopra.
Lucianone
Sara Anzanello, campionessa del mondo di pallavolo, racconta
il suo dramma e la rinascita dopo il trapianto di fegato a cui si
è dovuta sottoporre nel 2013 per colpa di una epatite fulminante.
Ora la campionessa del mondo, a lungo centrale della nazionale
azzurra, torna a giocare in serie B a Novara, dopo oltre due anni
di stop e riabilitazione.
(da 'la Repubblica' - 12/ 10/ '15 - La storia / di Maurizio Crosetti)
LA VITA DI SARA
Lei corre piano senza smettere, girando intorno al campo di pallavolo. Ha una tuta grigia
sopra le gambe magrissime. Ogni tanto alza gli occhi e guarda le altre giocare, segue il
volo dei palloni. La lentezza dei gesti, la tenacia. Quel fischio che fa la palla quando sbat-
te a terra e si sente da fuori, fino alla ferrovia, dietro il palazzetto dello sport. Nuvole, tra
poco piove.
Girare in tondo, correre, saltellare tra i pioli di una specie di scala appoggiata a terra,
afferrare un pallone rosa e sorridere. "E' tutto una prima volta". Legarsi con l'elastico
in vita al preparatore atletico Marco, mimare il gesto del muro, fare salti laterali e torsioni.
I rintocchi di un campanile nel mezzogiorno, oltre la distesa dei prati. "Io lo faccio per me".
Sara Anzanello era una campionessa del mondo. Si prese l'epatite fulminante quando gio-
cava a Baku, marzo 2013, la trasportarono a Milano, sei giorni in coma, il trapianto di fe-
gato, 25 chili persi, il ritorno dentro se stessa e infine in palestra, dopo due anni e mezzo.
Con l'Agil Novara dove tutto cominciò: aveva 19 anni, ora ne ha 35. E un obiettivo: torna-
re a gennaio. - "Prima mi sono allenata per una vita decente, per non dover dipendere da-
gli altri, per camminare da sola, per potermi specchiare e sentirmi di nuovo io. Ora mi alle-
no per la pallavolo, perchè un giorno sarò io a dire basta, non un medico. Mi piace ancora
da matti, l'occhio e il gesto non si dimenticano, la forza verrà. E il corpo tornerà rapido co-
me la testa". Le altre 'altezzaragazze hanno preso i borsoni, invece Sara continua in palestra.
Un'ora e mezza il pomeriggio e un'altra in piscina. Nulla di estremo o patetico, solo la forza
della vita quando vive. "Le ricordo tutte le mie prime volte dopo il trapianto. La prima vol-
ta che ho toccato di nuovo l'acqua, che ho rivisto il sole, che ho camminato. La paura di
non essere all'altezza, di fare solo compassione. Bisogna capire e accettare i limiti, ma io
mica li conosco, i miei. Mi bastava essere di nuovo in piedi, però quest'estate ho giocato
con i bambini del mio Camp, a Jesolo, e mi sono detta: io ritorno. Sto ricostruendo il cor-
po come piace a me, sono contenta, le magagne di un'atleta di 35 anni sono pane quotidia-
no, il polso, il ginocchio, io in più ho questo fegato. Ma lo sapete quante cose fa, un fegato?".
La squadra gioca in B1. Le altre ragazze sorridono alla campionessa del mondo di Berlino
2002, all'azzurra famosa e quasi perduta. Le mani picchiano il pallone, l'aria schiocca nel
silenzio. Sara si mette il giubbotto, beve un pò d'acqua.
"Siamo fragilità e forza, siamo macchine semplici e complesse. Qui volevano una chioccia
per far crescere la squadra, sono felice di esserci e credo di potermi rendere utile. La pre-
sidentessa del Novara si chiama suor Giovanna Saporiti, sì, è una suora". Il senso, sempre
lì si torna. "Una storia del genere ti fa capire che devi essere positiva anche con quello
che non puoi cambiare, e che spesso i presunti problemi sono invece enormi scemenze,
cose superabilissime".
Il fegato di Sara apparteneva a un maceratese di 58 anni, morto per emorragia cerebrale. La
moglie decise la donazione, ancora poche ore è sarebbe stato tardi. Ma il capello a cui sia-
mo legati, quell'affacciata di finestra, può diventare un cavo d'acciaio. "Devo fare gli esami
del sangue ogni tre mesi e la paura ce l'hai prima, non ci si abitua mai. Però non mi sento
in bilico, anche se so di avere meno difese immunitarie del normale. La vita sana, beh, per
l'atleta è la regola: mai mangiato fritti, solo pasta e bistecche, anche il mio nuovo fegato sa-
rà d'accordo. Sono altri, semmai, i parametri che cambiano, i riferimenti. Si impara ad ap-
prezzare la lentezza, a godersi le piccole cose, i genitori, gli amici, il mare, Jesolo. Io ho
fatto la prima vacanza che avevo 26 anni. Lo sport è grande ma ne toglie, di cose".
Come Abidal, come lo sciagurato Armstrong quando ancora pareva vero, anche Sara An-
zanello sa che un campione che guarisce è una forza diffusa a disposizione di chi soffre e
vacilla. "Non mi sento un simbolo, però credo che una storia come la mia possa servire a chi
sta aspettando un nuovo organo, oppure a chi insegue il primo passo dopo un trapianto: io
impiegai un mese e restai in ospedale un anno, eppure eccomi qui. Certo, penso ai miei pri-
vilegi, soprattutto psicologici: chi ha perso una finale scudetto all'ultima palla sa che lo scon-
forto è un precipizio dal quale si può risalire. E sa pure che l'ultima palla è sempre la penul-
tima, perchè un'altra partita dovrà pur venire, al limite un'altra sconfitta".
L'odore di palestra, la luce che precipita dalle vetrate. Il linoleum, il giallo dei neon. Le panche,
i gradoni di cemento. A gennaio, allora. "Sì, e penso di esserci. Mi chiedono: e chi te lo fa fare?
La risposta è facile: io". Sara è grandiosa quando dice "forse bisogna rivalutare la retorica
dello sport: possiede comunque una forza enorme". E poi ci ride sopra.
Lucianone
Lettera / Idee - Quale progetto dopo l'Expo Universale di Milano
21 ottobre '15 - mercoledì 21st October / Wednesday visione post - 8
(da 'Corriere della sera' - 10/ 10/ '15 - di Corrado Passera)
La visione ambiziosa
di un progetto dopo l'Expo
Caro direttore, il dopo Expo è una occasione formidabile per creare all'interno della nostra
Città Metropolitana un nuovo moderno centro di sviluppo e di lavoro. Questo però solo a
patto di interpretare la vocazione del territorio all'apertura e metterci buonsenso e pragma-
tismo milanesi. - Colgo infatti una paura nelle amministrazioni coinvolte a muoversi con
coraggio: sembrano avvitarsi in dibattiti senza svolgimento e per mancanza di progettualità stanno trasformando l'opportunità in un problema quasi irrisolvibile.
La destinazione dell'area Expo dev'essere il motore di una grande, nuova, moderna urbana
di 5-6 milioni di metri quadri, il "quadrante Nord Ovest di Milano", strategicamente collo-
cato in un'area metropolitana tra le più dinamiche d'Europa. "Milano non può, nel nome
dell'identità, perdere la sua vocazione all'apertura. La forza di questa città sta in una soli-
da identità e nella capaciotà di integrare il nuovo, non solo di contenerlo spazialme,da dove,
allargare l'orizzonte di opportunità, lavoro e benessere per i cittadini di oggi, , i nostri figli
e i nostri nipoti. Un orizzonte che muove lungo due coordinate: aprire e valorizzare.
Aprire: non più un'Expo da distruggere e ricostruire cercando difficili equilibri urbanisti-
ci e finanziari solo al suo interno, ma aprendosi al contesto ben più interessante del "qua-
drante Nord Ovest di Milano" dove Expo è inserita.
Valorizzare: il dopo Expo non deve rifare da capo Expo, ma esaltare il più possibile quan-
to è stato investito, completando quanto ancora incompiuto. Le vie d'acqua che circondano
Expo, da mettere a disposizione dell'agricoltura, la piattaforma strutturale e impiantistica
su cui è stato costruito Expo, le piste ciclabili, nodo della "mobilità lenta" in uscita verso
Nord Ovest. Per fondare un nuovo centro della Città Metropolitana attiviamo le leve del
quadrante Nord Ovest a partire da infrastrutture logistiche (autostrade, metropolitana,
passante ferroviario, alta velocità nazionale e presto internazionale, aeroporti) che già ser-
vono i due motori di quest'area: Fiera ed Expo.
A questo si possono unire altre aree convergendo verso una prossimitò di scopo e una col-
laborazione eccezionali. Tra la zona delle cascine e le parti degli scali ferroviari limitrofe
ad Expo esistono aree che potrebbero dar vita ad un vero parco agro-rurale urbano di di-
mensioni simili a Expo, valorizzando una delle identità più forti della nostra Città Metro-
politana. Un parco in grado di rispondere alla domanda di verde espressa nel referendum
del 2011 con costi nettamente più bassi rispetto a quelli della trasformazione in verde di
metà dell'area espositiva. Contigua esiste una seconda area della stessa ampiezza con de-
stinazione industriale artigianale, che ha subito un progressivo degrado e oggi è in buona
parte inutilizzata. Un'adeguata riqualificazione ne potrebbe fare un parco tecnologico di
nuova generazione. - Lo spazio attorno a Cascina Merlata rappresenta poi una terza
area equivalente ad Expo con funzione residenziale, complementare ad altri progetti co-
me la parte residenziale di un nuovo campus. Tutti questi "pezzi" vanno composti in un
unico sistema, perchè presi singolarmente hanno limiti difficili da superare.
.Continua... to be continued...
(da 'Corriere della sera' - 10/ 10/ '15 - di Corrado Passera)
La visione ambiziosa
di un progetto dopo l'Expo
Caro direttore, il dopo Expo è una occasione formidabile per creare all'interno della nostra
Città Metropolitana un nuovo moderno centro di sviluppo e di lavoro. Questo però solo a
patto di interpretare la vocazione del territorio all'apertura e metterci buonsenso e pragma-
tismo milanesi. - Colgo infatti una paura nelle amministrazioni coinvolte a muoversi con
coraggio: sembrano avvitarsi in dibattiti senza svolgimento e per mancanza di progettualità stanno trasformando l'opportunità in un problema quasi irrisolvibile.
La destinazione dell'area Expo dev'essere il motore di una grande, nuova, moderna urbana
di 5-6 milioni di metri quadri, il "quadrante Nord Ovest di Milano", strategicamente collo-
cato in un'area metropolitana tra le più dinamiche d'Europa. "Milano non può, nel nome
dell'identità, perdere la sua vocazione all'apertura. La forza di questa città sta in una soli-
da identità e nella capaciotà di integrare il nuovo, non solo di contenerlo spazialme,da dove,
allargare l'orizzonte di opportunità, lavoro e benessere per i cittadini di oggi, , i nostri figli
e i nostri nipoti. Un orizzonte che muove lungo due coordinate: aprire e valorizzare.
Aprire: non più un'Expo da distruggere e ricostruire cercando difficili equilibri urbanisti-
ci e finanziari solo al suo interno, ma aprendosi al contesto ben più interessante del "qua-
drante Nord Ovest di Milano" dove Expo è inserita.
Valorizzare: il dopo Expo non deve rifare da capo Expo, ma esaltare il più possibile quan-
to è stato investito, completando quanto ancora incompiuto. Le vie d'acqua che circondano
Expo, da mettere a disposizione dell'agricoltura, la piattaforma strutturale e impiantistica
su cui è stato costruito Expo, le piste ciclabili, nodo della "mobilità lenta" in uscita verso
Nord Ovest. Per fondare un nuovo centro della Città Metropolitana attiviamo le leve del
quadrante Nord Ovest a partire da infrastrutture logistiche (autostrade, metropolitana,
passante ferroviario, alta velocità nazionale e presto internazionale, aeroporti) che già ser-
vono i due motori di quest'area: Fiera ed Expo.
A questo si possono unire altre aree convergendo verso una prossimitò di scopo e una col-
laborazione eccezionali. Tra la zona delle cascine e le parti degli scali ferroviari limitrofe
ad Expo esistono aree che potrebbero dar vita ad un vero parco agro-rurale urbano di di-
mensioni simili a Expo, valorizzando una delle identità più forti della nostra Città Metro-
politana. Un parco in grado di rispondere alla domanda di verde espressa nel referendum
del 2011 con costi nettamente più bassi rispetto a quelli della trasformazione in verde di
metà dell'area espositiva. Contigua esiste una seconda area della stessa ampiezza con de-
stinazione industriale artigianale, che ha subito un progressivo degrado e oggi è in buona
parte inutilizzata. Un'adeguata riqualificazione ne potrebbe fare un parco tecnologico di
nuova generazione. - Lo spazio attorno a Cascina Merlata rappresenta poi una terza
area equivalente ad Expo con funzione residenziale, complementare ad altri progetti co-
me la parte residenziale di un nuovo campus. Tutti questi "pezzi" vanno composti in un
unico sistema, perchè presi singolarmente hanno limiti difficili da superare.
.Continua... to be continued...
giovedì 15 ottobre 2015
Sport - calcio / Europei 2016 - Le qualificazioni
15 ottobre '15 - giovedì 15th October / Thursday
(da la Repubblica - 12 ottobre '15)
Storica Albania:
con il ct De Biasi arrivano i primi europei
Leggendaria Albania che con De Biasi ct, dopo 11 qualificazioni europee e
11 mondiali senza speranza, accede per la prima volta a una fase finale.
Infatti ieri (domenica 11 ottobre, ndr) storica vittoria in Armenia per 0-3.
Pass europeo anche per Romania (0-3 alle FarOer), Germania e Polonia
(ancora Lewandowski decisivo, 13 reti in 10 partite di girone).
Ora le squadre ammesse sono 16. Danimarca e Irlanda ai playoff.
L'Ungheria spera di essere la migliore 3^ - ma c'è anche l'Ucraina.
Questi i risultati di ieri (11 ottobre):
Armenia - Albania 0 - 3
FarOer - Romania 0 - 3
Finlandia - Irlanda del Nord 1 - 1
Grecia - Unghera 4 - 3
Serbia - Portogallo 1 - 2
Germania - Georgia 2 - 1
Gibilterra - Scozia 0 - 6
Polonia - Irlanda 2 - 1
Amichevole: Danimarca - Francia 1 - 2
Lucianone
(da la Repubblica - 12 ottobre '15)
Storica Albania:
con il ct De Biasi arrivano i primi europei
Leggendaria Albania che con De Biasi ct, dopo 11 qualificazioni europee e
11 mondiali senza speranza, accede per la prima volta a una fase finale.
Infatti ieri (domenica 11 ottobre, ndr) storica vittoria in Armenia per 0-3.
Pass europeo anche per Romania (0-3 alle FarOer), Germania e Polonia
(ancora Lewandowski decisivo, 13 reti in 10 partite di girone).
Ora le squadre ammesse sono 16. Danimarca e Irlanda ai playoff.
L'Ungheria spera di essere la migliore 3^ - ma c'è anche l'Ucraina.
Questi i risultati di ieri (11 ottobre):
Armenia - Albania 0 - 3
FarOer - Romania 0 - 3
Finlandia - Irlanda del Nord 1 - 1
Grecia - Unghera 4 - 3
Serbia - Portogallo 1 - 2
Germania - Georgia 2 - 1
Gibilterra - Scozia 0 - 6
Polonia - Irlanda 2 - 1
Amichevole: Danimarca - Francia 1 - 2
Lucianone
martedì 13 ottobre 2015
Riflessioni - I ricchi despoti dell'Arabia Saudita / Su Expo 2015
13 ottobre '15 / martedì 13th Octeber / Tuesday visione post - 10
E' difficile, nell'abbondanza e nella varietà dei crimini di Stato commessi in giro
per il mondo, riuscire a fare spicco, attirandosi la compatta repulsione di tutta o
quasi l'opinione pubblica mondiale. C'è riuscita l'Arabia Saudita annunciando la
condanna a morte (per decapitazione seguita da crocefissione fino ad avvenuta pu-
trefazione, vogliamo commentare?) di un ragazzo di 21 anni, Alì al Nimr, reo di
avere partecipato, quando aveva 17 anni, a una manifestazione contro la teocra-
àsua natura compete solo con la stalino-monarchia della Corea del Nord.
Ha spiegato bene lo scritt;ore marocchino Tahar Ben Jelloun (repubblica di ieri)
quanto rivoltante sia l'assassinio che sta per compiersi; e quanto vergognosa l'in-
capacità dei governi democratici di provare a impedirlo con qualcosa di meno
virtuale dei belati di protesta. Come è arcinoto, eccellenti rapporti d'affari con
quei ricchi despoti rendono Usa e Europa molto arrendevoli nei loro confronti;
al puntodi includere l'Arabia Saudita nel novero dei "paesi islamici moderati",
grottesca definizione che annega nel petrolio dignità e diritti. Ma ci sarà pure,
accidenti, uno straccio di trattato internazionale (firmato anche dai sauditi!)
da far valere, o perlomeno da far presente. Per il poco che serve, questi i due
indirizzi mail ufficiali sauditi ai quali inviare la propria indignazione:
ambasciata.saudita@arabia-saudita.it e item@mofa.gov.sa. Su Twitter l'hash-
tag utile è #freenimr. Molti, nel mondo e in Italia, i siti, i partiti politici e i gior-
nali (come l'Unità) che fanno campagna, basta cliccare Alì al Nimr e si trova un
pò di tutto. Almeno provarci
(da la Repubblica - 26/ 09/ '15 - L'AMACA / Michele Serra)
A parte l'emozionante, magnifico padiglione Zero (quello delle Nazioni Unite),
Expo non brilla per l'impostazione critica. Nel proprio spazio espositivo ogni
Paese tende, comprensibilmente, a illustrare i propri meriti in tema di agricol-
tura e cibo, come in ogni' fiera di questo mondo. ma ne esce un'immagine trop-
po pacificata, troppo morbida della questione, che come si sa è molto spinosa
e piena di implicazioni politiche e sociali.
Per quel poco che si riesce a visitare in una giornata, colpiscono le eccezioni del
padiglione più grande, l'appena citato Padiglione Zero, e di quello più piccolo.
Il solo nel quale campeggiano da protagoniste le parole fame, sete, ingiustizia,
ferite del pianeta, ferite dell'umanità. E' il padiglione della Santa Sede, nazione
anomala e non dotata, a quanto se ne sa, di una fiorente agricoltura. L'allesti-
mento rimanda diritto - e non poteva essere altrimenti - alla dura enciclica di
papa Bergoglio sulla "cura della casa comune", la Terra. Lo zelo, la fatica vir-
tuosa, l'ordine di Expo hanno il solo difetto di farci credere che questa cura sia
in pieno corso, e dunque di rassicurarci più del necessario e più del verosimile.
Un breve passaggio nel piccolo padiglione vaticano aiuta a non cullarsi troppo
nelle illusioni.
(da la Repubblioca - 25/ 09/ '15 - L'AMACA - Michele Serra)
Lucianone
E' difficile, nell'abbondanza e nella varietà dei crimini di Stato commessi in giro
per il mondo, riuscire a fare spicco, attirandosi la compatta repulsione di tutta o
quasi l'opinione pubblica mondiale. C'è riuscita l'Arabia Saudita annunciando la
condanna a morte (per decapitazione seguita da crocefissione fino ad avvenuta pu-
trefazione, vogliamo commentare?) di un ragazzo di 21 anni, Alì al Nimr, reo di
avere partecipato, quando aveva 17 anni, a una manifestazione contro la teocra-
àsua natura compete solo con la stalino-monarchia della Corea del Nord.
Ha spiegato bene lo scritt;ore marocchino Tahar Ben Jelloun (repubblica di ieri)
quanto rivoltante sia l'assassinio che sta per compiersi; e quanto vergognosa l'in-
capacità dei governi democratici di provare a impedirlo con qualcosa di meno
virtuale dei belati di protesta. Come è arcinoto, eccellenti rapporti d'affari con
quei ricchi despoti rendono Usa e Europa molto arrendevoli nei loro confronti;
al puntodi includere l'Arabia Saudita nel novero dei "paesi islamici moderati",
grottesca definizione che annega nel petrolio dignità e diritti. Ma ci sarà pure,
accidenti, uno straccio di trattato internazionale (firmato anche dai sauditi!)
da far valere, o perlomeno da far presente. Per il poco che serve, questi i due
indirizzi mail ufficiali sauditi ai quali inviare la propria indignazione:
ambasciata.saudita@arabia-saudita.it e item@mofa.gov.sa. Su Twitter l'hash-
tag utile è #freenimr. Molti, nel mondo e in Italia, i siti, i partiti politici e i gior-
nali (come l'Unità) che fanno campagna, basta cliccare Alì al Nimr e si trova un
pò di tutto. Almeno provarci
(da la Repubblica - 26/ 09/ '15 - L'AMACA / Michele Serra)
A parte l'emozionante, magnifico padiglione Zero (quello delle Nazioni Unite),
Expo non brilla per l'impostazione critica. Nel proprio spazio espositivo ogni
Paese tende, comprensibilmente, a illustrare i propri meriti in tema di agricol-
tura e cibo, come in ogni' fiera di questo mondo. ma ne esce un'immagine trop-
po pacificata, troppo morbida della questione, che come si sa è molto spinosa
e piena di implicazioni politiche e sociali.
Per quel poco che si riesce a visitare in una giornata, colpiscono le eccezioni del
padiglione più grande, l'appena citato Padiglione Zero, e di quello più piccolo.
Il solo nel quale campeggiano da protagoniste le parole fame, sete, ingiustizia,
ferite del pianeta, ferite dell'umanità. E' il padiglione della Santa Sede, nazione
anomala e non dotata, a quanto se ne sa, di una fiorente agricoltura. L'allesti-
mento rimanda diritto - e non poteva essere altrimenti - alla dura enciclica di
papa Bergoglio sulla "cura della casa comune", la Terra. Lo zelo, la fatica vir-
tuosa, l'ordine di Expo hanno il solo difetto di farci credere che questa cura sia
in pieno corso, e dunque di rassicurarci più del necessario e più del verosimile.
Un breve passaggio nel piccolo padiglione vaticano aiuta a non cullarsi troppo
nelle illusioni.
(da la Repubblioca - 25/ 09/ '15 - L'AMACA - Michele Serra)
Lucianone
SOCIETA' - economia / Germania: in crisi l'immagine del made in Germany (dopo la truffa della Vw)
13 ottobre '15 - martedì 13th October / Tuesday visione post - 8
(da la Repubblica - 26/ 09/ '15 - LettereCommenti&Idee / Peter Schneider)
... E quindi l'anima tedesca è in crisi, perchè scopre all'improvviso che un simbolo
decennale del suo successo di Paese risorto nel dopoguerra dalle macerie, democrazia
solida e aperta al mondo - Io dico per Vw, non so quantquesi e quali altri produttori mon-
diali siano coinvolti - è fondata da tempo sull'inganno. L'anima tedesca è in crisi, per-
chè questo inganno fa a pezzi l'immagine di credibilità attendibile che a fatica il Paese
si era ricostruito. Il caso colpisce al cuore l'anima tedesca , anche perchè abbiamo sempre
pensato che tutti gli altri paesi sono corrotti, ma noi no: addio all'illusione di essere diversi,
migliori rispetto agli altri, in Europa e nel mondo.
Inutile illudersi, noi tedeschi e il resto d'Europa e del mondo, che sia in gioco solo la reputazione
di Vw (Volkswagen): è in gioco l'immagine del made in Germany quale sinonimo costitutivo
della ricostruzione postbellica, e della fierezza di se stessi, delle virtù tedesche - onestà, serietà,
affidabilità - che dopo il 1945 ci fu così arduo ritrovare. Sono spesso in America, sento spesso
dire dagli amici americani che per loro i sinonimi della Germania nel loro immaginario collet-
tivo sono "Hitler and good engineering". Ora purtroppo quel primo Truffa con cui Vw si è
creata un vantaggio illegale e scorretto rispetto alla concorrenza mondiale, e questa sua truffa
pesa oggi sulla coscienza della nazione.
Riflettendo ancor più a fondo, emergono altre consapevolezze amare: per anni Vw e forse altri
produttori hanno mentito al mondo. Proprio loro simbolo del Made in Germany, di eccellenze
di un Paese ecologista come pochi altri, hanno detto il falso, hanno sostenuto che è possibile
produrre e vendere auto sempre più grandi, potenti e pesanti ma sempre meno inquinanti. Fu
soprattutto l'industria dell'auto tedesca e americana a illudere i consumatori mondiali convin-
cendoli che i SUV, quelle orrende jeep di lusso sinonimo di visibile egoismo arrogante, erano
ecologici. E' una menzogna di cui adesso paghiamo il conto. La situazione è tanto seria, che
persino la Schadenfreude (la gioia maligna per le disgrazie altrui, in questo caso gioia di altri
per la disgrazia tedesca) non fa piacere. Nella mia vita , ho avuto la fortuna di vivere nella
Germania più felice, migliore, più amata dal mondo che la Storia abbia mai visto. Fino a po-...
chi giorni fa era così... anche con Angela Merkel e le sue braccia aperte ai migranti, risposta
civile europea ai razzisti come Orbàn. Ma adesso ci troviamo a una cesura seria. Non siamo
alla fine della Storia di questa Germania felice e in pace col mondo, ma alla fine della sua
identificazione folle con i successi dell'industria dell'auto.
Continua... to be continued...
(da la Repubblica - 26/ 09/ '15 - LettereCommenti&Idee / Peter Schneider)
... E quindi l'anima tedesca è in crisi, perchè scopre all'improvviso che un simbolo
decennale del suo successo di Paese risorto nel dopoguerra dalle macerie, democrazia
solida e aperta al mondo - Io dico per Vw, non so quantquesi e quali altri produttori mon-
diali siano coinvolti - è fondata da tempo sull'inganno. L'anima tedesca è in crisi, per-
chè questo inganno fa a pezzi l'immagine di credibilità attendibile che a fatica il Paese
si era ricostruito. Il caso colpisce al cuore l'anima tedesca , anche perchè abbiamo sempre
pensato che tutti gli altri paesi sono corrotti, ma noi no: addio all'illusione di essere diversi,
migliori rispetto agli altri, in Europa e nel mondo.
Inutile illudersi, noi tedeschi e il resto d'Europa e del mondo, che sia in gioco solo la reputazione
di Vw (Volkswagen): è in gioco l'immagine del made in Germany quale sinonimo costitutivo
della ricostruzione postbellica, e della fierezza di se stessi, delle virtù tedesche - onestà, serietà,
affidabilità - che dopo il 1945 ci fu così arduo ritrovare. Sono spesso in America, sento spesso
dire dagli amici americani che per loro i sinonimi della Germania nel loro immaginario collet-
tivo sono "Hitler and good engineering". Ora purtroppo quel primo Truffa con cui Vw si è
creata un vantaggio illegale e scorretto rispetto alla concorrenza mondiale, e questa sua truffa
pesa oggi sulla coscienza della nazione.
Riflettendo ancor più a fondo, emergono altre consapevolezze amare: per anni Vw e forse altri
produttori hanno mentito al mondo. Proprio loro simbolo del Made in Germany, di eccellenze
di un Paese ecologista come pochi altri, hanno detto il falso, hanno sostenuto che è possibile
produrre e vendere auto sempre più grandi, potenti e pesanti ma sempre meno inquinanti. Fu
soprattutto l'industria dell'auto tedesca e americana a illudere i consumatori mondiali convin-
cendoli che i SUV, quelle orrende jeep di lusso sinonimo di visibile egoismo arrogante, erano
ecologici. E' una menzogna di cui adesso paghiamo il conto. La situazione è tanto seria, che
persino la Schadenfreude (la gioia maligna per le disgrazie altrui, in questo caso gioia di altri
per la disgrazia tedesca) non fa piacere. Nella mia vita , ho avuto la fortuna di vivere nella
Germania più felice, migliore, più amata dal mondo che la Storia abbia mai visto. Fino a po-...
chi giorni fa era così... anche con Angela Merkel e le sue braccia aperte ai migranti, risposta
civile europea ai razzisti come Orbàn. Ma adesso ci troviamo a una cesura seria. Non siamo
alla fine della Storia di questa Germania felice e in pace col mondo, ma alla fine della sua
identificazione folle con i successi dell'industria dell'auto.
Continua... to be continued...
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