15 febbraio '18 - giovedì 15 February / Thursday visione post - 14
(da Corriere della Sera - 8 febbraio '18 - di Sara Gandolfi)
Esmond Bradley Martin è stato ucciso con una pugnalata al collo, in casa sua, a Nairobi.
Non un crimine qualunque, anche se la polizia locale lo ha defino una "rapina fallita".
Il geografo americano, 75 anni, che da un trentennio risiedeva in Kenya, era il nemico
numero uno di bracconieri e contrabbandieri. Ex inviato speciale dell'Onu per la tutela
dei rinoceronti, aveva più volte rischiato la vita infiltrandosi sotto copertura nei merca-
ti illegali dell'avorio. Negli ultimi anni aveva viaggiato molto con la moglie in Cina, Viet-
nam, Laos e Myanmar, mioschiandosi a compratori, gangster e trafficanti. E' stato am-
mazzato domenica scorsa (4 febbraio). Il suo nome dunque non figura nel lunghissimo
elenco di ambientalisti uccisi nel 2017 stilato dalla Ong Global Witness, in collaborazio-
ne con il quotidiano The Guardian: 197, ben quattro volte di più che nel 2002.
"The defenders", i difensori che lottano per proteggere la naturae la terra contro traf-
ficanti, imprese e governi, sono a rischio ovunque, perfino nella civilissima Spagna do-
ve capita che due poliziotti rurali finiscano stecchiti sotto i colpi di un cacciatore dal
grilletto facile. Se in europa è un caso, in alcune parti del mondo è una strage: dagli in-
digeni in Amazzonia ai rangers della Repubblica democratica del Congo, passando dal-
le Filippine, il Paese più letale per ambientalisti e difensori della terra (41 morti). Il 60
per cento degli omicidi è imputabile agli interessi del business agricolo e minerario.
America Latina
Non è una novità: è il continente più pericoloso per attivisti e indigeni, spesso soli in
prima linea. Un caso simbolico è quello della colombiana Emilsen Manyoma, leader
di Compaz, organizzazione di comunità rurali che difendeva i contadini cacciati dal-
le proprie terre a causa dei narcos e delle bande paramilitari d'estrema destra. Ha
documentato omicidi e sparizioni, denunciato gli squadroni della morte, cercava di
ricostruire la pace dopo decenni di guerra civile. Le hanno teso un agguato nel gen-
naio dell'anno scorso e l'hanno freddata assieme al marito. Nel 2017, in Colombia
sono stati uccisi 32 attivisti, in Messico 15, in Brasile 46 ma si registrano morti an-
che in Perù, Guatemala, Honduras... In Amazzonia continua il massacro degli in-
digeni che lottano per i propri territori ancestrali, come i "guardiani di Guajajara",
sostenuti dall'ong Survival International, che da tempo ricevono continue minacce
di morte dai taglialegna per la strenua difesa di Araribola, un'isola di verde in mez-
zo a un mare di deforestazione. Tre "guardiani" sono stati uccisi nel 2016: Cantidio
Guajajara è stato investito da un camion dei taglialegna, Assis Oliveira Guajajara è
caduto in un'imboscata, picchiato, pugnalato e gettato in un fiume, Alfonso Guaja-
jara è stato freddato in strada. Delitti spesso impuniti. Come accade in altre parti
del pianeta.
Africa
Essere guardiano di parchi resta uno dei mestieri più pericolosi al mondo (21 omicidi
nel 2017) e la Repubblica Democratica del Congo è in assoluto il posto più pericoloso
per fare il ranger. Ne sono morti diversi. Il ventiseienne Patrick Muhayirwa si era 'ar-
ruolato' da poco quando è finito in un'imboscata dei miliziani Mai Mai mentre era di
pattuglia nel parco di Virungo, la più antica area protetta per i gorilla di montagna.
In Africa, però, i killer sono per lo più bracconieri, come quelli che hanno ucciso in
Tanzania Wayne Lotter, noto attivista sudafricano che da tempo combatteva contro
il traffico d'avorio e in difesa di elefanti e rinoceronti. E' stato ammazzato a colpi di
piostola lo scorso agosto.
Asia
Anche qui, contadini e indigeni rischiano quotidianamente la vita opponendosi alle
mega piantagioni di soia o palma da olio e alla deforestazione selvaggia che vuol far
spazio a pascoli per il bestiame. Nel bollettino di morte finiscono però anche avvoca-
ti e attivisti. Il caso forse più agghiacciante è quello di Mia Mascarinas-Green. Due
sicari hanno affiancato il suo Suv e hanno sparato 28 colpi. Mia, che seguiva diverse
cause ambientali di alto profilo, è morta sul colpo. Sui sedili posteriori c'erano i suoi
tre figli piccoli, miracolosamente illesi.
In questo quadro deprimente, la ong Global Witness evidenzia però alcuni (pochi)
dati positivi. Il numero degli attivisti morti, che cresceva da quattro anni, nel 2017 è
rimasto stabile. Honduras e Nicaragua, Paesi notoriamente violenti, hanno registra-
to un calo degli omicidi. E un'importante banca d'investimenti olandese, la Dutch
Development Bank, che aveva finanziato una diga in Honduras contro la quale si
batteva l'attivista Berta Caceres, uccisa da killer, ha annunciato che nei suoi investi-
menti futuri terrà conto del rispetto dei diritti umani.
Lucianone
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