24 febbraio '17 - venerdì 24th February / Friday visione post - 13 SCRITTORI raccontano Firenze / Palazzo Strozzi - Sala Ferri / ore 11.00 11 febbraio - 13 maggio 2017
STORIE dell'Impressionismo I grandi protagonisti da Monet a Renoir da Van Gogh a Gauguin Treviso / Museo di Santa Caterina fino al 17 aprile 2017 Manet e la Parigi moderna Milano / Palazzo Reale 8 marzo - 2 luglio 2017 La Mostra -TERREMOTI Art Déco. Gli anni ruggenti in Italia Forlì - Musei San Domenico fino al 18 giugno '17 TERREMOTI Origini, storie e segreti dei movimenti della terra Milano - Museo di storia naturale di Milano Corso Venezia 55 MI Palestro fino al 30 aprile '17 I maestri cantori di Norimberga Die Meistersinger von Nurnberg - Richard Wagner Milano - Teatro alla Scala 16, 19, 23, 26, 30 marzo '17 2, 5 aprile '17 Lucianone
18 febbraio '17 - sabato 18th February / Saturday visione post - 16 (da la Repubblica - 27 nov. '16 - Roberto Esposito) L'equilibrio che si spezza Che la globalizzazione sia entrata, forse per la prima volta, in una crisi profonda è sotto gli occhi di tutti. Certo, sul piano tecnologico, il mondo è sempre più connesso. E nel- l'economia finanziaria l'interdipendenza tra i mercati si è addirittura accentuata, Ma sul terreno politico i punti di arresto, e anche di arretramento, sono altrettanto visto- si. L'idea di uno spazio globale senza frontiere batte ogni giorno contro nuovi muri. Tutt'altro che occasione di crescita comune, la globalizzazione sta diventando l'arena di scontro tra identità contrapposte. La Brexit e la vittoria di Trump sono le conse- guenze di un'onda lunga che da tempo porta acqua al mulino dell'isolazionismo. Gli Stati tornano a parlare il linguaggio della sovranità nazionale e delle sfere d'influen- za. Contro una logica cosmopolitica, la politica riprende a radicarsi nel territorio - se perfino il terrorismo globale cerca di costruirsi un profilo statale. Dopo che per qualche tempo si è pensato che non esistesse più un "fuori", l'esclusione prevale sull'inclusione. Per dirla con i filosofi, il "negativo" ricomincia a far sentire la sua voce attraverso emigrazioni forzate, guerre, terrorismo. Ma la crisi politica della globalizzazione non si limita a segnare nuove linee di frat- tura tra Stati sovrani. Essa configura in maniera inedita i regimi politici, scompo- nendone gli elementi costitutivi. Ad andare in crescente difficoltà è la forma istitu- zionale che da tempo siamo abituati a chiamare "liberal-democrazia". Se già, alle porte dell'Europa, Russia e Turchia hanno imboccato un percorso autoritario, an- che gli Stati Uniti di Trump sembrano tentati di girare le spalle all'alleanza occi- dentale, per candidarsi a leader dell'antiglobalizzazione. Ma è soprattutto in Euro- pa che il binomio democrazia-liberalismo pare disgregarsi in una maniera che tra- sforma, e insieme deforma, entrambi i suoi termini-. Per almeno un escolo il luogo tra democrazia e liberalismo è stato il rapporto tra diritti individuali e sovranità popolare. Esso implicava che gli interessi individuali si integrassero con le scelte politiche di governi legittimamente eletti, in un equilibrio di poteri garantito dal- la Costituzione. E' appunto questo equilibrio complessivo che rischia oggi di spez- zarsi nella prevalenza dei diritti individuali su quelli collettivi, del mercato globa- le sulle volontà nazionali, della logica finanziaria sulle scelte politiche. Certo, nei nostri sistemi politici, il diritto costituisce il collante della democrazia. La stessa idea di democrazia presuppone un insieme di regole condivise, all'inter- no delle quali le forze politiche si misurano contendendosi il governo dei rispetti- vi Paesi. Ma ciò è possibile per gli Stati nazionali. Negli organismi sopranaziona- li - come l'Unione Europea - la legislazione tutela un sistema di interessi che non coincide con il diritto pubblico. Il quale resta, al momento, appannaggio degli Stati nazionali. In fondo il contenzioso aperto da alcuni di essi - tra cui anche l'Italia - riguarda proprio questa differenza. Che è quella che sempre più tende a separare neoliberalismo e democrazia. Mentre il primo presuppone un merca- to regolato dal principio di concorrenza, garantito da istanze terze di natura non politica, la democrazia ha al proprio centro la volontà popolare espressa dai go- verni politici. In questo senso è vero che non esistono governi puramente tecnici. Un governo nazionale esprime comunque scelte in ultima analisi politiche. Ed è quello che manca all'Unione Europea. Non essendo espressione di un unico po- polo, essa sconta necessariamente un deficit di democrazia. A essere sempre più contestato - con accenti spesso populisti - è un progetto costruito su una trama di accordi giuridici adeguati alla logica globale del mercato, ma privi di legitti- mità politica. In questo modo la latente divaricazione tra liberalismo e democrazia spinge l'u- no e l'altra verso due estremi che rischiano di allontanarsi sempre di più. Da un lato il sistema globale neoliberale tende ad emanciparsi dai governi nazionali, dettando loro le proprie regole, senza farsi carico degli interessi e delle volontà dei popoli. Dall'altro le democrazie, chiuse nei confini dei singoli Stati, incorpo- rano dosi sempre maggiori di populismo anti-istituzionale, col rischio di can- cellare le indispensabili mediazioni rappresentative. Così i due processi oppo- sti di globalizzazione e nazionalizzazione minacciano di deflagrare. Quando la via da seguire sarebbe un'altra. Quella di articolare istituti democratici e istan- ze sovranazionali, diritto pubblico e diritto privato. La stessa Unione Europea, con tutte le sue contraddizioni, costituisce per sempre l'unico spazio in cui tali esigenze possono trovare una misura comune. Solo se ciò accadrà, un'Europa politica potrà competere da pari a pari con gli altri grandi spazi in cui si divide il mondo.
16 febbraio '17 - giovedì 16th February / Thursday visione post - 10 Dopo Papa Paolo II (il polacco Woytila), molto amato dai devoti e non fino al punto da venire a ragione santificato anche per alcuni miracoli accertati, sembrava proprio che non potessero esistere altri "Vescovi di Dio" alla sua altezza. Invece spuntò alla fine, e in brevissimo tempo, un Papa che seppe e ha continuato a sapere a tutt'oggi prendere il posto di Karl Woytila in modo non solo altrettanto carismatico, ma addirittura con un piglio da protagonista, e però umile e allo stesso tempo rivoluzionario: cosa assolu- tamente mai vista prima in un Papa di Roma. Questo Papa eccezionale aveva scelto di prendere come nome FRANCESCO, e mai nessun Papa prima aveva scelto quel nome. CONTINUA... to be continued...
14 febbraio '17 - martedì 14th February / Tuesday visione post - 11 Gli italiani parlano peggio, come sostiene l'appello di alcuni linguisti e docenti, oppure meglio, come dice un contrappello altrettanto firmato? Il problema è che non esiste un metro di misura oggettivo: la lingua è uno strumento e non un fine, ognuno se ne serve a seconda dell'uso che intende farne. Se ti preme migliorare il tuo pensiero e aumentare le tue capacità logico-cognitive, sarai costretto ad affinare l'uso delle parole. Se ti basta quello che già sei e quello che già sai non hai alcun bisogno di distinguere tra coordina- te e subordinate, e di conseguenza il congiuntivo, come direbbero alla Crusca, va a farsi fottere. La lingua non rispecchia solamente il titolo di studio, che pure un poco conta; rispecchia soprattutto le ambizioni di chi la usa e il rispetto che ha di sè. Vale, come eter- no paradigma, lo sforzo emozionante dell'operaio che si sforza di parlare bene in assem- blea, e si scusa di non farlo abbastanza; di contro ci sono senatori della Repubblica (ti- po Razzi) che considerano "popolare", e forse spiritoso, parlare un italiano orrendo. Il problema, come si sarebbe detto una volta, è politico: chi ambisce a non essere più subalterno cerca di alzare il proprio livello e con esso quello del suo italiano. Chi non ambisce parla come Razzi. (da la Repubblica - 11/02/'17 - L'Amaca / Michele Serra)