5 aprile '16 - martedì 5th April / Tuesday VISIONE POST - 19
(da DRepubblica - 17/10/2015 - Jhumpa Lahiri)
Uno sguardo sul Campus
Qualche mese prima di cominciare a insegnare all'università di Princeton ho sempre
lo stesso incubo: sono lì, frastornata. Cerco l'aula per ore, arrivo troppo tardi per la
lezione, mi aspettavo cento studenti anzichè dieci. Per tranquillizzarmi decido, pochi
giorni dopo essere rientratya a New York, di farci un salto con i miei figli, che hanno
10 e 13 ann,i. Conosco già il campus, ma ancora poco. Voglio capire dove devo arriva-
re , qual è il mio palazzo, com'è l'ufficio. Il dipartimento di creative writing è vicino
alla stazione ferroviaria, nel palazzo più brutto, secondo me, che ci sia a Princeton:
grigio, severo, deprimente. L'aspetto tremendo è intenzionale: lo stile architettonico
si chiama "brutalismo". Quando lo vedo non mi fermo, sperando che il mio palaz-
zo sia un altro più avanti. Sentendomi però già persa, chiamo l'assistente del dipar-
timento. 2L'avrai già superato", mi dice. Era quello. L'assistente ci saluta, mi fa ve-
dere l'ufficio, mi dà la chiave. Mi trovo in una stanza quasi spoglia, con una luce
fredda. C'è una scrivania istituzionale, poco accogliente. Sugli scaffali di metallo
c'è un mucchio di fogli abbandonati. La finetra dà su un cantiere gigantesco. L'aria
condizionata è eccessiva, insopportabile. Non mi aspettavo uno spazio così triste.
Ci restiamo per poco tempo. "Facciamo un giro del campus, prendiamo un gelato",
suggerisco. Scendendo nell'ascensore mio figlio mi dice, in inglese, "Il tuo ufficio
mi pare bleak". - Mi colpisce subito l'aggettivo che ha usato. E' quello perfetto. Una
parola tanto raffinata quanto dura. Significa, come nella traduzione italiana del ro-
manzo di Dickens, desolato. Il resto di Princeton non è affatto bleak. Attraversando
il campus ammiriamo i tanti edifici gotici, una cattedrale imponente, un cortile ma-
gnifico. Prendiamo il gelato, ci sediamo sull'erba e ci troviamo bene.
Ritorno in ufficio la settimana seguente unae mi preparo per la prima lezione. Mi siedo
alla scrivania, Sistemo qualche cartolina incorniciata sugli scaffali per rendere lo spa-
zio più mio, ma non fa differenza. Mangio da sola - una manciata di mandorle, una fet-
ta di pane e formaggio - guardando la parete vuota. Apro e chiudo i cassetti della scriva-
nia, altrettanto vuoti. La lezione va bene, mi piace incontrare gli studenti. Ma le ore tra-
scorse nell'ufficio sono decisamente bleak.
La seconda settimana del semestre sono ospite di una coppia italiana che abita a Prince-
ton. Lui insegna nel dipartimento d'italiano, lei è una professoressa di latino. Con la mo-
glie parlo spesso di parole. Descrivendole il mio ufficio, mi riferisco al giudizio di mio fi-
glio, citando la sua definizione. Come si direbbe, le chiedo, in italiano? Sarà "squallido",
risponde. Sono confusa. Pensavo che squallido significasse qualcosa di sporco, ripugnan-
te. Squalid, in inglese, ha quest'accezione. Invece la mia amica mi spiega che un ambien-
te squallido è uno misero, privo di grazia, cioè, bleak. Mi chiedo perchè bleak vuol dire squallido mentre squallido non è in effetti l'equivalente di squalid. La questione mi ri-
porta, dopo più di tre anni, al mio vocabolario inglese. Vedo che squalid, come squallido,
viene da squallore in latino. La definizione di squalid evoca qualcosa di lercio, fangoso.
Bleak, d'altronde, ha una radice norrena. Vuole dire brullo, poco accogliente. Cioè squal-
lido.
Faccio un altro passo indietro e controllo il mio dizionario latino-inglese. Lì scopro che
squalidus si traduce "rough, dirty, foul, filthy": diciamo scabro, sudicio, schifoso, lurido.
Il mio ufficio è tutt'altro, lo trovo sterile. Subito dopo "squallore", nel vocabolario italia-
no, si trova "squalo", nome generico di pesci cartilaginei. Stranamente, bleak, oltre a si-
gnificare squallido, ha un doppio senso: è un pesce europeo.
Il mio ufficio resta bleak in inglese, squallido in italiano. Un ambiente privo di ornamenti
che mi fa riflettere comunque sulla ricchezza delle parole, sulle loro origini, sulle loro sfu
mature e sulle parentele che le legano, separano, trasformano.
Lucianone
DI TUTTO e di PIU Ambiente / Appuntamenti / Arte / / Cibo-cucina / Commenti / Cultura / Curiosità-comicità / Dossier / Economia-Finanza / Fotografia / Inchiesta / Intervista / Istruzione / Lavoro / Lettere / Libri / Medicina / Motori / Musica / Natura / Opinione del Giovedì / Personaggi / Psicologia / Reportage / Riflessioni-Idee / Salute / Scienze / Società-Politica / Spettacoli (cinema/tv) / Sport / Stampa-giornali / Storie / Tecnologia-Internet / Ultime notizie / Viaggi
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento