venerdì 31 luglio 2015

Cultura / IL LIBRO per non dimenticare: "L'uccello dipinto"

31 luglio '15 - venerdìì                 31st July / Friday                            visione post - 23

50 anni fa con "L'uccello dipinto" Jerzy Kosinski raccontava
l'odissea del 'bambino che volò via dall'inferno' nella Polonia
occupata dai nazisti..

(da 'la Repubblica' - 31 maggio 2015 - di Irene Bignardi)
Il bambino che volò via dall'inferno
Immaginate un mondo che assomigli agli inferni di Hieronymus Bosch per l'affollamento di 
strane creature, animali, case, villaggi  e  per l'atmosfera punitiva  da incubo medievale. Immaginatelo fuso con Chagall, con la magia di certe sue situazioni, la cultura ebraica, i personaggi   che volano  sui tetti  assieme ai violini, la povertà poetica  dei villaggi.     E 
immaginate  infine  su questo sfondo  (la Polonia rurale durante la Seconda guerra mon-
diale, piena di crudeltà contadine e di pregiudizi, di generosità mascherate e di paure, di
nazisti  e  di poveracci perseguitati, di villaggi distrutti e di fame) un bambino "diverso",
l'io narrante di L'uccello dipinto, occhi scuri e pelle olivastra in un mondo di occhi chiari,
e la sua odissea attraverso un mondo pieno di brutalità, di avidità, di sessualità trucida e
crudele, dove i rapporti umani svariano dall'incesto allo stupro, e l'ospitalità dal ricatto al 
puro sfruttamento. 
LA STORIA/ Trama  -  Il bambino è stato messo dai genitori, costretti in quanto ebrei a
nascondersi dai nazisti, nelle mani di  una vecchia signora, in un remoto villaggio, con la 
speranza di ritrovarlo quando il peggio sarà passato. Ma il peggio è lì. Ebrei e zingari sono deportati, la sua protettrice muore, i contadini sono avidi e pronti a consegnarlo in ogni mo-
mento. Lo brutalizzano, lo cacciano letteralmente nella merda (dei maiali), lo costringono 
a condividere esperienze terribili.  Ma il ragazzino sopravvive, fino a ritrovare  i  genitori. 
E l'uccello del titolo? E' l'uccello  che  un cacciatore cattura, dipinge con i più strani colori, 
e spedisce a raggiungere uno stormo di suoi simili - che non lo riconosce, lo attacca, lo uc-
cide. Perchè è diverso come è diverso il nostro piccolo protagonista.
Quando uscì, nel 1965, L'uccello dipinto suscitò, nel mondo della Guerra fredda, reazioni
diverse ed estreme. Una parte dell'intellighenzia ebraica - Elie Wiesel Cynthia Ozick, tra
gli altri - magnificò Jerzy Kosinski, polacco di Lodz, ebreo, emigrato negli Stati Uniti nel
1957, come narratore di una delle più toccanti esperienze della condizione ebraica. Ma fu
dall'Est europeo, dalla stessa Polonia patria dell'autore, che partirono i primi attacchi e le
prime accuse. La più inquietante: che si trattasse di propaganda finanziata dagli Stati Uni-
ti per convincere gli ultimi ebrei, sulla base  degli orrori  raccontati dal libro, a lasciare la
Polooia. Ci furono processi, trasmissioni tv  che mettevano  i superstiti  dell'Olocausto  a
confronto  con le storie  di Kosinski, incontri con falsi testimoni, accuse di aver rubato le
esperienze altrui. Una storia complicata e terribile che il lettore potrà leggere nell'introdu-
zione scritta da Kosinski stesso per il libro. Mentre Kosinski, intanto, insegnava (a Prince-
ton), scriveva, cercava di dipanare il gomitolo delle accuse.
Fu a seguire la pubblicazione nel 1970 di quel capolavoro dell'assurdo politico che è Oltre
il giardino, con l'invenzione di un grandioso personaggio come Chance il giardiniere, fu do-
po il successo del film che dal libro trasse Hal Ashby nel 1979  -  con la sua  feroce satira 
del sistema democratico, la lucida previsione del potere dei media. il gioco di intelligenza
tra l'apparire e l'essere - che nel 1982 si scatenò nuovamente, attizzata dal Village Voice,
una campagna denigratoria che accusava Kosinski di plagio, di essersi inventato  un pas-
sato inesistente, di essere  un falsario  che si faceva scrivere  i libri da un ghostwriter,  e
vendeva come proprie le esperienze altrui e come reali delle invenzioni.
Kosinski, al centro di questa tempesta mediatica di accuse, di denigrazioni, di insinuazioni,
difeso dal New York Times ma attaccato dai media polacchi  e  da molta stampa Usa, non
sentì la voglia o la forza degli argomenti  per reagire.  Scrisse e riscrisse per anni lo stesso
sfortunato romanzo, The Hermit.  Ma la sua salute  era  seriamente minata.  E il 3 maggio 
1991, dopo che il libro fu finalmente pubblicato, si tolse la vita, ormai troppo difficile e cari-
ca di incertezze e di dubbi. Lasciando un biglietto che diceva: "Vado a dormire un pò più a
lungo del solito. Chiamatela pure eternità".

Lucianone

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