28 aprile '15 - martedì 28th April / Tuesday visione post - 6
Risultati delle partite
Udinese 2 Inter 2 Atalanta 2 Genoa 3 Verona 3 Lazio 1
Milan 1 Roma 1 Empoli 2 Cesena 1 Sassuolo 2 Chievo 1
Parma 1 Torino 2 Fiorentina 1 Napoli 4
Palermo 0 Juventus 1 Cagliari 3 Sampdoria 2
Lucianone
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martedì 28 aprile 2015
lunedì 27 aprile 2015
Riflessioni - Statue fatte a pezzi / Dolce & Gabbana e Elton Johm
27 aprile '15 - lunedì 27th April / Monday visione post - 13
Le statue sono pezzi di pietra, non dovrebbe succedere che la loro distruzione desti
uno sgomento perfino superiore a quello dell'assassinio di un essere umano. Eppure
succede; e se succede è perchè ognuno di quei pezzi di pietra incarna non solamente
chi lo ha concepito, ma le decine di generazioni (centinaia nel caso dei reperti assiri)
che lo hanno visto e toccato lungo i secoli. Sono, quei pezzi di pietra, stratificazioni di
innumerevoli vite umane, e distruggerne uno significa uddidere simbolicamente, con
un solo gesto, il figlio, il padre, il padre del padre, e aritroso fino all'inizio della storia,
strappando alle tombe anche chi è già morto per farlo morire di nuovo.
Come quando si sradica un albero millenario, a morire, attraverso la morte di quelli
che non per caso chiamiamo "monumenti vegetali", è il tempo. E' la storia umana
tutta intera che questi bruti obbrobriosi vorrebbero uccidere ruducendo in cocci, in
pochi minuti, ciò che i millenni ci hanno consegnato intatto. - Si odia sempre ciò di
cui si ha terrore, e la sproporzione tra la civiltà (qualunque civiltàqueds) e questi mi-
serabili fanatici è così annichilente che non possono che odiarla, e sognarne la distruzione.
(da la Repubblica - 28/02/2015 - L'AMACA - Michele Serra)
Non vestendo Dolce e Gabbana non sono nelle condizioni di aderire al boicottaggio
indetto da Elton John, ma anche se lo fossi, non aderirei lo stesso. Il tema delle ado-
zioni, e della paternità/maternità in genere, è troppo delicato e complicato perchè si
possano lanciare scomuniche come quella emessa dal musicista inglese, genitore
adottivo di un paio di magnifici pupi messi al mondo con l'ausilio delle migliori tec-
nologie disponibili, si suppone anche costose.
Mi sento favorevole a qualunque forma di allevamento della vita, anche le meno
convenzionali, ma non al punto di considerare blasfema o criminale un'opinione
aspra ma legittima come quella espressa dal signor Dolce, che al contrario di El-
ton John e del sottoscritto non è invece propenso alla riproduzione ad ogni costo.
Fatto salvo l'obbligo di non insultare nessuno e di non discriminare nessuno,
l'esercizio delle opinioni, in materia di genitalità e di genitorialità, è legittimo e
inappellabile. Bisogna finirla con l'omofobia, con l'idea ottusa che esista una
"famiglia tradizionale" legittima e tutto il resto sia "contro natura"; ma bisogna
gna finirla, prima ancora che cominci, anche con l'isterismo progressista /posi-
tivista che discrimina i dubbi. La via maestra, per fortuna, non esiste. E dunque
nessuno si impalchi a tutore delle Nuove Certezze.
(da la Repubblica - 17/03/'15 - L'AMACA - Michele Serra)
Lucianone
Le statue sono pezzi di pietra, non dovrebbe succedere che la loro distruzione desti
uno sgomento perfino superiore a quello dell'assassinio di un essere umano. Eppure
succede; e se succede è perchè ognuno di quei pezzi di pietra incarna non solamente
chi lo ha concepito, ma le decine di generazioni (centinaia nel caso dei reperti assiri)
che lo hanno visto e toccato lungo i secoli. Sono, quei pezzi di pietra, stratificazioni di
innumerevoli vite umane, e distruggerne uno significa uddidere simbolicamente, con
un solo gesto, il figlio, il padre, il padre del padre, e aritroso fino all'inizio della storia,
strappando alle tombe anche chi è già morto per farlo morire di nuovo.
Come quando si sradica un albero millenario, a morire, attraverso la morte di quelli
che non per caso chiamiamo "monumenti vegetali", è il tempo. E' la storia umana
tutta intera che questi bruti obbrobriosi vorrebbero uccidere ruducendo in cocci, in
pochi minuti, ciò che i millenni ci hanno consegnato intatto. - Si odia sempre ciò di
cui si ha terrore, e la sproporzione tra la civiltà (qualunque civiltàqueds) e questi mi-
serabili fanatici è così annichilente che non possono che odiarla, e sognarne la distruzione.
(da la Repubblica - 28/02/2015 - L'AMACA - Michele Serra)
Non vestendo Dolce e Gabbana non sono nelle condizioni di aderire al boicottaggio
indetto da Elton John, ma anche se lo fossi, non aderirei lo stesso. Il tema delle ado-
zioni, e della paternità/maternità in genere, è troppo delicato e complicato perchè si
possano lanciare scomuniche come quella emessa dal musicista inglese, genitore
adottivo di un paio di magnifici pupi messi al mondo con l'ausilio delle migliori tec-
nologie disponibili, si suppone anche costose.
Mi sento favorevole a qualunque forma di allevamento della vita, anche le meno
convenzionali, ma non al punto di considerare blasfema o criminale un'opinione
aspra ma legittima come quella espressa dal signor Dolce, che al contrario di El-
ton John e del sottoscritto non è invece propenso alla riproduzione ad ogni costo.
Fatto salvo l'obbligo di non insultare nessuno e di non discriminare nessuno,
l'esercizio delle opinioni, in materia di genitalità e di genitorialità, è legittimo e
inappellabile. Bisogna finirla con l'omofobia, con l'idea ottusa che esista una
"famiglia tradizionale" legittima e tutto il resto sia "contro natura"; ma bisogna
gna finirla, prima ancora che cominci, anche con l'isterismo progressista /posi-
tivista che discrimina i dubbi. La via maestra, per fortuna, non esiste. E dunque
nessuno si impalchi a tutore delle Nuove Certezze.
(da la Repubblica - 17/03/'15 - L'AMACA - Michele Serra)
Lucianone
sabato 25 aprile 2015
Viaggi / turismo della memoria - ITALIA 25 Aprile / 70 anniversario
25 aprile '15 - sabato 25th April / Saturday visione post - 18
Luoghi da ritrovare a 70 anni dal giorno più bello
della nostra storia, per la libertà riconquistata
VIVA L'ITALIA
(da 'Il Giorno' - 22/04/'15 - Pino Casamassima)
Settant'anni. Tanti ne sono passati dalla Liberazione del nostro Paese
dal nazifascismo. La primavera del 1945 si tinse di libertà dopo i drammi
della guerra e dei crimini compiuti dai nazisti che, ritirandosi, lasciavano
una scia di sangue lunga quanto l'intera penisola. Il primo luogo del Sud
a insorgere contro il nazifascismo fu Matera, come ricorda ai tanti turisti
una lapide posta nella "città dei sassi", che ha quindi dato il suo contri-
buto di vite per la riconquista della libertà. Risalendo per il Paese in un
ideale viaggio della memoria , c'è Lanciano, dove, oltre ai tanti cittadini
trucidati dai nazifascisti, la città dovette subire anche l'onta della devastazione.
A Gubbio, il giorno della Liberazione è ricordato per la rappresaglia contro i cit-
tadini inermi, fra cui donne, anziani e adolescenti, srguita all'uccisione di un sol-
dato tedesco.
Sant'Anna di Stazzema vicino Lucca è un paese che più di altri vive il giorno del-
la Liberazione, perchè ha versato il sangue di 560 civili, di cui 130 bambini: un
eccidio che i libri di storia riportano come crimine contro l'umanità. Come quello
di Marzabotto nell'appennino bolognese, sui cui luoghi viene ogni anno ricordato
l'eccidio nazifascista che costò la vita a 770 civili, donne e bambini compresi, con
"La camminata del postino", così chiamata da quando, 40 anni fa, per la prima
volta, il postino di Monte Sole accompagnò molti turisti lungo le strade delle stragi.
Ritornare su questi luoghi in occasione del 25 aprile unirebbe storia, partecipazione
civica e turismo "intelligente".
IL PASSO DEL TURCHINO
Questa è una località che permette di unire al meglio una camminata turistica a un
ricordo storico di particolare drammaticità: su questo passo dell'appennino ligure
furono infatti portati 59 detenuti politici provenienti da alcuni rastrellamenti.
Su di una grande fossa furono messe delle tavole, su cui vennero fatti passare i pri-
gionieri che venivano mitragliati, finendo poi nella fossa comune. Un luogo dun-
que di particolare intensità emotiva, perchè in esso si rivive l'oltraggio compiuto
anche contro le bellezze naturali.
L'ALTRA MAROSTICA
Il nome di Marostica, nel Vicentino, fa venire immediatamente in mente la famosa
partita a scacchi vivente che si svolge annualmente sulla scacchiera posta nella
principale piazza cittadina. Ma anche questo luogo, come molti altri del Veneto,
versò un contributo di sangue per la riconquista della libertà. Ogni anno vengono
infatti ricordati i martiri della furia nazifascista abbattutasi su Marostica con la
barbara fucilazione di quattro suoi concittadini appartenenti alla Resistenza.
IL MUSEO DI ANCONA
Ad Ancona, il Museo della Liberazione offre una particolare collezione di fotografie
che documentano la Liberazione della città marchigiana. Immagini recuperate pres-
so i musei di guerra di Londra con un'opera di paziente e meticolosa ricerca. Una po-
stazione mediatica consente di passare in rassegna oltre 7000 immagini, che offrono
al visitatore una visione molto curata di quanto avvenne e di quanto fu pesante il
contributo versato da queste terre per la riconquista della libertà.
NEL VERDE DI BOVES
Ogni anno e questo in particolare per il 70° anniversario della Liberazione, la citta-
dina di Boves, nel cuneese (Piemonte), ricorda i 32 innocenti trucidati dai nazifasci-
sti per rappresaglia dopo l'uccisione di un soldato delle SS da parte dei partigiani.
Quelli piemontesi sono luoghi - baciati dalla natura - che hanno dato un contributo
notevole per la riconquista della libertà e che vale la pena ripercorrere con la mente
rivolta alle bellezze dek paesaggio, ma anche alla Storia.
RICORDI A PARMA
Il Parmense è storicamente una delle zone d'Italia più attrattive sia per il paesaggio,
sia per la generosità di una terra che a livello di sapori è fra le più "golose".
Ma questi territori sentono in particolar modo la ricorrenza della Liberazione, per
i rastrellamenti che subirono più volte. Particolarmente cruento fu quello effettua-
to per il controllo della linea ferroviaria Parma-La Spezia, con lo sterminio di 134
persone, di cui 11 partigiani e 123 civili. Una strage che poi ebbe una coda di orro-
re fra le frazioni e i casolari sparsi sulle colline circostanti.
Lucianone
Luoghi da ritrovare a 70 anni dal giorno più bello
della nostra storia, per la libertà riconquistata
VIVA L'ITALIA
(da 'Il Giorno' - 22/04/'15 - Pino Casamassima)
Settant'anni. Tanti ne sono passati dalla Liberazione del nostro Paese
dal nazifascismo. La primavera del 1945 si tinse di libertà dopo i drammi
della guerra e dei crimini compiuti dai nazisti che, ritirandosi, lasciavano
una scia di sangue lunga quanto l'intera penisola. Il primo luogo del Sud
a insorgere contro il nazifascismo fu Matera, come ricorda ai tanti turisti
una lapide posta nella "città dei sassi", che ha quindi dato il suo contri-
buto di vite per la riconquista della libertà. Risalendo per il Paese in un
ideale viaggio della memoria , c'è Lanciano, dove, oltre ai tanti cittadini
trucidati dai nazifascisti, la città dovette subire anche l'onta della devastazione.
A Gubbio, il giorno della Liberazione è ricordato per la rappresaglia contro i cit-
tadini inermi, fra cui donne, anziani e adolescenti, srguita all'uccisione di un sol-
dato tedesco.
Sant'Anna di Stazzema vicino Lucca è un paese che più di altri vive il giorno del-
la Liberazione, perchè ha versato il sangue di 560 civili, di cui 130 bambini: un
eccidio che i libri di storia riportano come crimine contro l'umanità. Come quello
di Marzabotto nell'appennino bolognese, sui cui luoghi viene ogni anno ricordato
l'eccidio nazifascista che costò la vita a 770 civili, donne e bambini compresi, con
"La camminata del postino", così chiamata da quando, 40 anni fa, per la prima
volta, il postino di Monte Sole accompagnò molti turisti lungo le strade delle stragi.
Ritornare su questi luoghi in occasione del 25 aprile unirebbe storia, partecipazione
civica e turismo "intelligente".
IL PASSO DEL TURCHINO
Questa è una località che permette di unire al meglio una camminata turistica a un
ricordo storico di particolare drammaticità: su questo passo dell'appennino ligure
furono infatti portati 59 detenuti politici provenienti da alcuni rastrellamenti.
Su di una grande fossa furono messe delle tavole, su cui vennero fatti passare i pri-
gionieri che venivano mitragliati, finendo poi nella fossa comune. Un luogo dun-
que di particolare intensità emotiva, perchè in esso si rivive l'oltraggio compiuto
anche contro le bellezze naturali.
L'ALTRA MAROSTICA
Il nome di Marostica, nel Vicentino, fa venire immediatamente in mente la famosa
partita a scacchi vivente che si svolge annualmente sulla scacchiera posta nella
principale piazza cittadina. Ma anche questo luogo, come molti altri del Veneto,
versò un contributo di sangue per la riconquista della libertà. Ogni anno vengono
infatti ricordati i martiri della furia nazifascista abbattutasi su Marostica con la
barbara fucilazione di quattro suoi concittadini appartenenti alla Resistenza.
IL MUSEO DI ANCONA
Ad Ancona, il Museo della Liberazione offre una particolare collezione di fotografie
che documentano la Liberazione della città marchigiana. Immagini recuperate pres-
so i musei di guerra di Londra con un'opera di paziente e meticolosa ricerca. Una po-
stazione mediatica consente di passare in rassegna oltre 7000 immagini, che offrono
al visitatore una visione molto curata di quanto avvenne e di quanto fu pesante il
contributo versato da queste terre per la riconquista della libertà.
NEL VERDE DI BOVES
Ogni anno e questo in particolare per il 70° anniversario della Liberazione, la citta-
dina di Boves, nel cuneese (Piemonte), ricorda i 32 innocenti trucidati dai nazifasci-
sti per rappresaglia dopo l'uccisione di un soldato delle SS da parte dei partigiani.
Quelli piemontesi sono luoghi - baciati dalla natura - che hanno dato un contributo
notevole per la riconquista della libertà e che vale la pena ripercorrere con la mente
rivolta alle bellezze dek paesaggio, ma anche alla Storia.
RICORDI A PARMA
Il Parmense è storicamente una delle zone d'Italia più attrattive sia per il paesaggio,
sia per la generosità di una terra che a livello di sapori è fra le più "golose".
Ma questi territori sentono in particolar modo la ricorrenza della Liberazione, per
i rastrellamenti che subirono più volte. Particolarmente cruento fu quello effettua-
to per il controllo della linea ferroviaria Parma-La Spezia, con lo sterminio di 134
persone, di cui 11 partigiani e 123 civili. Una strage che poi ebbe una coda di orro-
re fra le frazioni e i casolari sparsi sulle colline circostanti.
Lucianone
mercoledì 22 aprile 2015
ARTE - Bergamo / La mostra di Cory Arcangel
22 aprile '15 - mercoledì 22nd April / Wednesday visione post - 3
L'ex hacker che gioca con il passato
Le opere dell'artista americano nello storico
Palazzo della Ragione, per la Gamec di Bergamo
(da 'la Repubblica' - 3 aprile 2015 - Cristiana Campanini)
A terra un arcobaleno digitale, uno spazio di sospensione tecnologica, una moquette
di 200 mq su cui camminare o (meglio) sedersi. I colori di questo gigantesco tappeto
realizzato dal divo americano dei new media Cory Arcangel per la sua prima persona-
le italiana a Bergamo sono ricavati dai gradienti di Photoshop, le sfumature di colore
del software di fotoritocco più diffuso, semplicemente trasporte e fuori scala.
Sul perimetro della suggestiva immagine astratta , l'artista colloca semplici galleggianti
da piscina appoggiati al muro e trasformati con qualc.he accessorio in ritratti ironici, sti-
lizzazioni esasperate di tipi umani. Alla parete anche sculture e video che mixano tecno-
logie assortite della storia recente dell'elettronica, da videogame 8bit all'iPod, accanto a immagini e musica, simboli della società dei consumi in via di dismissione o già dismessi
del tutto. come il volto di Britney Spears o una canzone country pop di Miley Cyrus.
Curata da Stefano Raimondi per la Gamec di Bergamo, la prima mostra dell'artista è al-
lestita nel più antico palazzo comunale italiano, il Palazzo della Ragione (1183-1198).
La Sala dei Giuristi, che stratifica frammenti di affreschi da varie epoche, amplifica i
temi della sua opera, sulla memoria e sulla sua conservazione ai tempi dell' obsolescen-
za tecnologica, l'invecchiamento precoce dei supporti digitali a cui affidiamo storia,
icone e simboli di un'epoca. Così stemmi e decori fanno da cornice straniante alle me-
morie tecnologiche evanescenti del trentaseienne cresciuto a Buffalo ma di origini pe-
scaresi (il bisnonno si chiamava Arcangelo). Aria da eterno skater ma formazione al
conservatorio (chitarra classica), ha precedenti da hacker e da programmatore.
Nei primi anni Dieci traffica per accelerare la velocità d'informazione sul web nel la-
boratorio, ancora underground, di Jonah Peretti, guru della comunicazione, tra i fon-
datori di Huffington Post, ReBlog e Buzzfeed, uno dei siti più visitati al mondo con
oltre 200 milioni di utenti. "E' il Warhol della mia generazione", lo definisce l'amico
Peretti. - E mentre progetta il futuro, guarda al passato. Riprogramma vecchie stam-
panti e videogame degli albori. Due dei suoi lavori più noti di quegli anni, presenti in
mostra, isolano dettagli di Super Mario Bross su fondi astratti. E delle nuvole a 8 bit
scorrono in un eterno loop oppure l'draulico Super Mario, baffuto eroe, in una impro-
babile versione esistenzialista, swcuote la testa all'infinito su un piccolo punto di do-
manda. Sempre a 8 bit, è la sua musica elettronica, fatta rimaneggiando pianole e
videogame , come al concerto al Metropolitan a nvembre scorso.
Con questa mostra, affiancata da una piccola personale milanese alla galleria Lisson
dal 10 aprile, la Gamec si conferma ricettiva nello scovare artisti di richiamo interna-
zionale ancora da valorizzare in Italia E il catalogo della mostra, realizzato come una
fanzine per teenager, è una dimostrazione: già esaurito nelle sue 700 copie inglesi.
lucianone
L'ex hacker che gioca con il passato
Le opere dell'artista americano nello storico
Palazzo della Ragione, per la Gamec di Bergamo
(da 'la Repubblica' - 3 aprile 2015 - Cristiana Campanini)
A terra un arcobaleno digitale, uno spazio di sospensione tecnologica, una moquette
di 200 mq su cui camminare o (meglio) sedersi. I colori di questo gigantesco tappeto
realizzato dal divo americano dei new media Cory Arcangel per la sua prima persona-
le italiana a Bergamo sono ricavati dai gradienti di Photoshop, le sfumature di colore
del software di fotoritocco più diffuso, semplicemente trasporte e fuori scala.
Sul perimetro della suggestiva immagine astratta , l'artista colloca semplici galleggianti
da piscina appoggiati al muro e trasformati con qualc.he accessorio in ritratti ironici, sti-
lizzazioni esasperate di tipi umani. Alla parete anche sculture e video che mixano tecno-
logie assortite della storia recente dell'elettronica, da videogame 8bit all'iPod, accanto a immagini e musica, simboli della società dei consumi in via di dismissione o già dismessi
del tutto. come il volto di Britney Spears o una canzone country pop di Miley Cyrus.
Curata da Stefano Raimondi per la Gamec di Bergamo, la prima mostra dell'artista è al-
lestita nel più antico palazzo comunale italiano, il Palazzo della Ragione (1183-1198).
La Sala dei Giuristi, che stratifica frammenti di affreschi da varie epoche, amplifica i
temi della sua opera, sulla memoria e sulla sua conservazione ai tempi dell' obsolescen-
za tecnologica, l'invecchiamento precoce dei supporti digitali a cui affidiamo storia,
icone e simboli di un'epoca. Così stemmi e decori fanno da cornice straniante alle me-
morie tecnologiche evanescenti del trentaseienne cresciuto a Buffalo ma di origini pe-
scaresi (il bisnonno si chiamava Arcangelo). Aria da eterno skater ma formazione al
conservatorio (chitarra classica), ha precedenti da hacker e da programmatore.
Nei primi anni Dieci traffica per accelerare la velocità d'informazione sul web nel la-
boratorio, ancora underground, di Jonah Peretti, guru della comunicazione, tra i fon-
datori di Huffington Post, ReBlog e Buzzfeed, uno dei siti più visitati al mondo con
oltre 200 milioni di utenti. "E' il Warhol della mia generazione", lo definisce l'amico
Peretti. - E mentre progetta il futuro, guarda al passato. Riprogramma vecchie stam-
panti e videogame degli albori. Due dei suoi lavori più noti di quegli anni, presenti in
mostra, isolano dettagli di Super Mario Bross su fondi astratti. E delle nuvole a 8 bit
scorrono in un eterno loop oppure l'draulico Super Mario, baffuto eroe, in una impro-
babile versione esistenzialista, swcuote la testa all'infinito su un piccolo punto di do-
manda. Sempre a 8 bit, è la sua musica elettronica, fatta rimaneggiando pianole e
videogame , come al concerto al Metropolitan a nvembre scorso.
Con questa mostra, affiancata da una piccola personale milanese alla galleria Lisson
dal 10 aprile, la Gamec si conferma ricettiva nello scovare artisti di richiamo interna-
zionale ancora da valorizzare in Italia E il catalogo della mostra, realizzato come una
fanzine per teenager, è una dimostrazione: già esaurito nelle sue 700 copie inglesi.
lucianone
lunedì 20 aprile 2015
Sport - calcio / Serie A - 31^ giornata - 2014/15
20 aprile '15 - lunedì 20th April / Monday visione post - 11
Risultati delle partite
Sampdoria 0 Juventus 2 Sassuolo 1 Chievo 1 Empoli 2 Palermo 2
Cesena 0 Lazio 0 Torino 1 Udinese 1 Parma 2 Genoa 1
Roma 1 Cagliari 0 Inter 0 Fiorentina 0
Atalanta 1 Napoli 3 Milan 0 Verona Hellas 1
CLASSIFICA
JUVENTUS 73 / Lazio, Roma 58 / Napoli 53 / Sampdoria 50 /
Fiorentina 49 / Genoa, Torino 44 / Milan 43 / Inter 42 / Palermo 41 /
Sassuolo, Chievo, Verona H. 36 / Udinese 35 / Empoli 34 / Atalanta 30 /
Cesena 23 / Cagliari 21 / Parma (-7) 13
COLPO DEL VERONA
Sbaglia Diamanti e Obbadi affonda la Fiorentina al 90'
La lunga settimana del Franchi comincia nel peggiore dei modi, Montella rischia e paga.
Ha sempre vinto contro Mandorlini, stavolta la sua Fiorentina viene infilata al 90' da
Obbadi e torna negli spogliatoi con i fischi dello stadio, quasi tutti all'indirizzo dell'allena-
tore, colpevole di aver scelto la Fiorentina due, una squadra piena di rincalzi che regala
il primo tempo al Verona e spreca tantissimo nel secondo, anche un rigore calciato ma-
le da Diamanti (il quarto su quattro in campionato) e alla fine viene sorpresa in contro-
piede. Quando partite così una squadra non riesce a vincerle, deve almeno evitare di
perderle. Invece il Verona nel finale alza il contropiede e al quarto tentativo fa centro:
Neto non trattiene il tiro di Lazaros e Obbadi buca i viola da centro area.
Tre punti salvezzape5r il Verona. La Fiorentina saluta, invece, in maniera definitiva le
speranze Champions e rimane dietro la Sampdoria. Una specie di vuoto cosmico at-
tendendo la Dinamo Kiev. E, come se non bastasse, i viola sono in ansia per Babacar:
oò centravanti entra al 10' della ripresa ed esce sette minuti dopo per una botta al gi-
nocchio dopo un o scontro con Pisano.
Primo tempo moscio che ha un solo sussukto quando Mandorlini se la prende con
Diamanti: "Sei sempre per terra". Il battibecco non provoca scintille sul campo. La
Fiorentina, avvitata su se stessa, seza fantasia e qualità, non costruisce niente e si li-
mita a qualche tiro da fuori area e ad un bel colpo di testa di Gilardino. Nel secon-
do tempo i viola provano a forzare i tempi e aumentano il ritmo, favoriti dall'ingres-
so di Salah. Ma non è serata.
Continua... to be continued...
Risultati delle partite
Sampdoria 0 Juventus 2 Sassuolo 1 Chievo 1 Empoli 2 Palermo 2
Cesena 0 Lazio 0 Torino 1 Udinese 1 Parma 2 Genoa 1
Roma 1 Cagliari 0 Inter 0 Fiorentina 0
Atalanta 1 Napoli 3 Milan 0 Verona Hellas 1
CLASSIFICA
JUVENTUS 73 / Lazio, Roma 58 / Napoli 53 / Sampdoria 50 /
Fiorentina 49 / Genoa, Torino 44 / Milan 43 / Inter 42 / Palermo 41 /
Sassuolo, Chievo, Verona H. 36 / Udinese 35 / Empoli 34 / Atalanta 30 /
Cesena 23 / Cagliari 21 / Parma (-7) 13
COLPO DEL VERONA
Sbaglia Diamanti e Obbadi affonda la Fiorentina al 90'
La lunga settimana del Franchi comincia nel peggiore dei modi, Montella rischia e paga.
Ha sempre vinto contro Mandorlini, stavolta la sua Fiorentina viene infilata al 90' da
Obbadi e torna negli spogliatoi con i fischi dello stadio, quasi tutti all'indirizzo dell'allena-
tore, colpevole di aver scelto la Fiorentina due, una squadra piena di rincalzi che regala
il primo tempo al Verona e spreca tantissimo nel secondo, anche un rigore calciato ma-
le da Diamanti (il quarto su quattro in campionato) e alla fine viene sorpresa in contro-
piede. Quando partite così una squadra non riesce a vincerle, deve almeno evitare di
perderle. Invece il Verona nel finale alza il contropiede e al quarto tentativo fa centro:
Neto non trattiene il tiro di Lazaros e Obbadi buca i viola da centro area.
Tre punti salvezzape5r il Verona. La Fiorentina saluta, invece, in maniera definitiva le
speranze Champions e rimane dietro la Sampdoria. Una specie di vuoto cosmico at-
tendendo la Dinamo Kiev. E, come se non bastasse, i viola sono in ansia per Babacar:
oò centravanti entra al 10' della ripresa ed esce sette minuti dopo per una botta al gi-
nocchio dopo un o scontro con Pisano.
Primo tempo moscio che ha un solo sussukto quando Mandorlini se la prende con
Diamanti: "Sei sempre per terra". Il battibecco non provoca scintille sul campo. La
Fiorentina, avvitata su se stessa, seza fantasia e qualità, non costruisce niente e si li-
mita a qualche tiro da fuori area e ad un bel colpo di testa di Gilardino. Nel secon-
do tempo i viola provano a forzare i tempi e aumentano il ritmo, favoriti dall'ingres-
so di Salah. Ma non è serata.
Continua... to be continued...
ULTIME NOTIZIE - dall'Italia e dal Mondo / Latest news
20 aprile '15 - lunedì 20th April / Monday visione post - 13
PALERMO
Migranti: arrestati 24 trafficanti / Erano "agenzia di viaggi" italiana
Uno scafista tra i superstiti
Racconto di due sopravvissuti. Renzi: guerra agli scafisti. Sulla Libia: «Non è sul tappeto un intervento militare». La Commissione Ue: «Raddoppiare mezzi e budget per Triton»
Strage di migranti, salme a Malta
PALERMO
Migranti: arrestati 24 trafficanti / Erano "agenzia di viaggi" italiana
Uno scafista tra i superstiti
Racconto di due sopravvissuti. Renzi: guerra agli scafisti. Sulla Libia: «Non è sul tappeto un intervento militare». La Commissione Ue: «Raddoppiare mezzi e budget per Triton»
Strage di migranti, salme a Malta
«Sopravvissuti si sono salvati aggrappandosi ai morti»
Nuovi particolari del naufragio al largo della Libia. Renzi: «Una crisi umanitaria». La Commissione Ue: «Raddoppio finanziamenti Triton». Mattarella: «Iniziativa internazionale nei Paesi d’origine». Giovedì vertice straordinario europeo
RODI - Grecia
Naufragio a Rodi, a bordo 200 migranti / Si temono molte vittime
All’indomani della tragedia nel canale di Sicilia, in cui un peschereccio con a bordo oltre 900 persone si è rovesciato in mare, un barcone con 200 migranti è naufragato davanti alla costa orientale di Rodi, in Grecia. Per ora 3 corpi sono stati recuperati, quello di un uomo, di una donna e di un bambino, e 90 persone sono state salvate. Tra i sopravvissuti ci sono in gran parte siriani ed etiopi, tra cui 22 donne e sei bambini, riferisce una fonte della polizia portuale greca, secondo la quale «la barca si è schiantata sulle rocce prima del porto di Rodi». Dopo ore di ricerche le autorità hanno dichiarato che non ci sono altri dispersi.
BARCELLONA - Spagna
Alunno armato di balestra uccide professore
ll ragazzo, 14 anni, ha fatto irruzione a scuola poco dopo l’inizio delle lezioni: arrestato.
COLPITO AL PETTO
Lucianone
All’indomani della tragedia nel canale di Sicilia, in cui un peschereccio con a bordo oltre 900 persone si è rovesciato in mare, un barcone con 200 migranti è naufragato davanti alla costa orientale di Rodi, in Grecia. Per ora 3 corpi sono stati recuperati, quello di un uomo, di una donna e di un bambino, e 90 persone sono state salvate. Tra i sopravvissuti ci sono in gran parte siriani ed etiopi, tra cui 22 donne e sei bambini, riferisce una fonte della polizia portuale greca, secondo la quale «la barca si è schiantata sulle rocce prima del porto di Rodi». Dopo ore di ricerche le autorità hanno dichiarato che non ci sono altri dispersi.
BARCELLONA - Spagna
Alunno armato di balestra uccide professore
ll ragazzo, 14 anni, ha fatto irruzione a scuola poco dopo l’inizio delle lezioni: arrestato.
COLPITO AL PETTO
Secondo le prime ricostruzioni, il ragazzo sarebbe entrato nella scuola un’ora dopo l’inizio delle lezioni, dirigendosi verso la sua classe. Lì avrebbe puntato l’arma contro la professoressa di Castigliano. La donna, riferisce il quotidiano El Pais, è stata colpita in faccia. Poi il 13enne si è scagliato contro la figlia della docente, pugnalandola alla coscia. Udendo le grida di spavento, un altro insegnante si è precipitato nell’aula,il ragazzino gli ha puntato contro la balestra e lo ha colpito in pieno addome. L’uomo, stando ai testimoni, si è accasciato al suolo morto. Nell’istituto si è scatenato il panico e molti alunni sono stati costretti a barricarsi dentro le aule, finché il giovane non è stato fermato dalla polizia. In totale, i feriti sono quattro, nessuno in gravi condizioni.
Lucianone
domenica 19 aprile 2015
STORIE / Le guerre - Il Grande conflitto e la guerra di trincea
19 aprile '15 - domenica 19th April / Sunday visione post - 43
La città e il centenario / La Grande Guerra 1914 - 1918
Verona, il conflitto e le storie
RICERCHE STORICHE - Uno storico militare, Giacomo Vaccarezza, in un testo
elaborato dallo Stato maggiore dell'Esercito del 1996, descrive le terribili condizioni
dei soldati al fronte della Prima Guerra Mondiale
In trincea, tra il fango e l'odore della morte
L' avvento di armi innovative e micidiali, come la mitragliatrice,
obbligò i militari a ripararsi in lunghi corridoi scavati nel terreno.
( da "L'Arena" - 5 aprile 2015 - di Elena Cardinali )
"Ficcato nelle buche e nel fango... il popolo dei soldati, dei buoni e degli ignari si trovò di fronte
a una cosa imprevista, terribile e inafferrabile, a una macchina fatta di formule, di filo di ferro e di
canne rigate, di calcoli e di scienza, invisibili e onnipresenti, contro cui nulla poteva la sua povera
massa urlante, bestemmiante e piangente, fatta solo d'ossa, di carne e di qualità umane...". Così
Curzio Malaparte tratteggia la devastante realtà della vita dei militari, compresi moltissimi
veronesi, nelle trincee durante la prima guerra mondiale. La citazione si trova nel volume
di studi militari realizzato nel 1996 dall'Ufficio storico dello stato maggiore dell'esercito con
il contributo di diversi autori. - Uno di loro è Giacomo Vaccarezza, storico militare, che ha
dedicato un dettagliato capitolo allavita di trincea con spunti da numerose fonti.
Spiega Vaccarezza che nel 1914, dopo un mese di guerra sul fronte occidentale, una serie
di imprevisti, connessi all'innovativo utilizzo di armi mai comparse prima, come la micidiale mitragliatrice, rese necessario il ricorso al trinceramento delle truppe, procedimento che
consentiva di limitare la perdita di vite umane, "rivelatasi subito di una consistenza inaudi-
ta", e che costituiva anche un ostacolo alla progressione nemica. Inoltre la trincea permet-
teva d'avere basi di partenza per le offensive il più vicino possibile alle linee avversarie.
L'IMPIEGO generalizzato del trinceramento , continua Vaccarezza, "scompaginò d'un tratto
concetti tattici secolari e impose una nuova fisionomia al combattimento terrestre: la guer-
ra di trincea". E annota che la mitragliatrice fu l'arma che caratterizzè il primo conflitto
mondiale: il suo fuoco consentiva a pochi pezzi ben dislocati di annientare schiere di assa-
litori. Benito Mussolini la definì "motocicletta della morte". Per proteggersi il più possi-
bile dalla nuova devastante arma, e dallo scoppio di granate e altri ordigni, fu necessario
scavare fossati di circa due metri di profondità, di varia larghezza, camuffando l'orlo di
questi "corridoi" con vari materiali, in modo da renderli insospettabili all'avvicinarsi del
nemico., consentendo così azioni a sorpresa, ma anche per adattarli al controllo del terre-
no circostante senza far esporre i militari.
RETICOLATI di filo spinato venivano stesi nella parte anteriore e sui fianchi delle trincee,
a costituire una sorta di muro di difesa contro eventuali assalitori. Scrive Vaccarezza
che "ben presto i grovigli di reticolati costituirono un elemento preponderante del pa-
norama di trincea". All'interno dei fossati venivano ricavati ricoveri e nicchie dove i
soldati trovavano rifugio. La trincea diventava così una serie di ambienti di varie di-
mensioni con coperture di fortuna, costituite da travi di legno e ferro e strati di terra
compressa per renderli resistenti alle deflagrazioni. Strati di tela catramata o gomma-
ta servivano a riparare dalle infiltrazioni d'acqua. Successivamente queste costruzioni
si trasformeranno in molti tratti in campi trincerati con costruzioni in cemento armato,
postazioni per mitragliatrici, pozzi, posti di osservazione avanzati, ricoveri blindati in
caverna. "E tutt'intorno un reticolato di filo spinato, steso a siepe, a tappeto, in avval-
lamenti del terreno, su cavalli di frisia, a matasse lente e, quando possibile, percorso
da corrente ad alta tensione".
Il TERRENO dei combattimenti presentava enormi difficoltà materiali che faceva
del nostro fronte il più aspro in Europa, fa presente Vaccarezza. L'ascia, il piccone
e il badile diventano attrezzi indispensabili per il combattente. La lunga linea trince-
rata andava dallo Stelvio al mare, descrivendo due grandi anse, più o meno corri-
spondenti al confine politico, a sud del trentino e a nord della Carnia. Durante le
stagioni piovose, ricorda lo storico, il fondo della trincea si trasformava in una poz-
zanghera melmosa. I tavolati che venivano sistemati sul pavimento erano quasi
inutili perchè l'acqua scorreva da cento rigagnoli sulle pareti, invadeva continua-
mente la trincea e il drenaggio si rivelava impossibile. Molte trincee si trasforma-
rono presto in luoghi mefitici che, nonostante le continue disinfezioni, costituirono
l'ambiente ideale per l'insorgere e il diffondersi di gravi malattie infettive".
La VITA in trincea scorreva in modo monotono, tra due muraglie, mentre all'e-
sterno c'era quasi sempre una distesa brulla, punteggiata di cadaveri insepolti e
di detriti di ogni genere. "L'ozio forzato, la ripetitività delle incombenze quotidia-
ne, la tensione per gli attacchi improvvisi del nemico, erano tutte cause di una
generale depressione, che provocava tra i soldati una sorta di apatia collettiva",
annota Vaccarezza, "che rendeva tollerabile vivere in mezzo ai cadaveri e alla
sporcizia. L'incombenza più frequente era la riparazione delle trincee dopo gli
assalti che spesso distruggevano tutto". Tutto questo tra un bombardamento
nemico e un assalto. A confortre un pò gli animi era il cameratismo che permet-
teva ai soldati di condividere paure e speranze, e lo scambio di lettere con le
famiglie, che manteneva saldo il rapporto con la realtà degli affetti e della vita
"normale". A mitigare il senso di vuoto c'erano anche i giornali di trincea, con
le loro vignette satiriche che per qualche istante regalavano pillole di buonumo-
re. Un dono raro in un ambiente dominato dalla sofferenza e dalla paura.
LA MORTE era una compagna abituale dei soldati. Al termine delle azioni belliche,
i militari facevano il conto dei commilitoni rimasti uccisi e di quelli finiti all'ospedale
da campo. "I più vicini il soldato li aveva visti cadere, ne aveva visto le ferite, sen-
tito le grida, li aveva visti giacere immobili", annota lo storico. "Di notte li aveva
calpestati, correndo all'impazzata. Degli altri se ne parlava nel reparto, a livello di
cifre. Molti dei caduti non potevano essere rimossi dalla "terra di nessuno", lo
spazio che si trovava tra opposte trincee. I cadaveri restavano lì a disfarsi, inizial-
mente come un macabro monito, poi quasi privi di significato negativo, quasi parte
integrante del panorama di guerra, con i sassi, le bombe inesplose ed il groviglio
di reticolati dove a volte restavano impigliati i corpi. E intorno un tanfo pestilenzia-
le che si attaccava ai vestiti". Cimiteri improvvisati con centinaia di croci bianche
si formavano ovunque mentre lo spettro delle ferite e dei cadaveri creava assue-
fazione anche ai peggiori spettacoli.
Continua... to be continued...
...
La città e il centenario / La Grande Guerra 1914 - 1918
Verona, il conflitto e le storie
RICERCHE STORICHE - Uno storico militare, Giacomo Vaccarezza, in un testo
elaborato dallo Stato maggiore dell'Esercito del 1996, descrive le terribili condizioni
dei soldati al fronte della Prima Guerra Mondiale
In trincea, tra il fango e l'odore della morte
L' avvento di armi innovative e micidiali, come la mitragliatrice,
obbligò i militari a ripararsi in lunghi corridoi scavati nel terreno.
( da "L'Arena" - 5 aprile 2015 - di Elena Cardinali )
"Ficcato nelle buche e nel fango... il popolo dei soldati, dei buoni e degli ignari si trovò di fronte
a una cosa imprevista, terribile e inafferrabile, a una macchina fatta di formule, di filo di ferro e di
canne rigate, di calcoli e di scienza, invisibili e onnipresenti, contro cui nulla poteva la sua povera
massa urlante, bestemmiante e piangente, fatta solo d'ossa, di carne e di qualità umane...". Così
Curzio Malaparte tratteggia la devastante realtà della vita dei militari, compresi moltissimi
veronesi, nelle trincee durante la prima guerra mondiale. La citazione si trova nel volume
di studi militari realizzato nel 1996 dall'Ufficio storico dello stato maggiore dell'esercito con
il contributo di diversi autori. - Uno di loro è Giacomo Vaccarezza, storico militare, che ha
dedicato un dettagliato capitolo allavita di trincea con spunti da numerose fonti.
Spiega Vaccarezza che nel 1914, dopo un mese di guerra sul fronte occidentale, una serie
di imprevisti, connessi all'innovativo utilizzo di armi mai comparse prima, come la micidiale mitragliatrice, rese necessario il ricorso al trinceramento delle truppe, procedimento che
consentiva di limitare la perdita di vite umane, "rivelatasi subito di una consistenza inaudi-
ta", e che costituiva anche un ostacolo alla progressione nemica. Inoltre la trincea permet-
teva d'avere basi di partenza per le offensive il più vicino possibile alle linee avversarie.
L'IMPIEGO generalizzato del trinceramento , continua Vaccarezza, "scompaginò d'un tratto
concetti tattici secolari e impose una nuova fisionomia al combattimento terrestre: la guer-
ra di trincea". E annota che la mitragliatrice fu l'arma che caratterizzè il primo conflitto
mondiale: il suo fuoco consentiva a pochi pezzi ben dislocati di annientare schiere di assa-
litori. Benito Mussolini la definì "motocicletta della morte". Per proteggersi il più possi-
bile dalla nuova devastante arma, e dallo scoppio di granate e altri ordigni, fu necessario
scavare fossati di circa due metri di profondità, di varia larghezza, camuffando l'orlo di
questi "corridoi" con vari materiali, in modo da renderli insospettabili all'avvicinarsi del
nemico., consentendo così azioni a sorpresa, ma anche per adattarli al controllo del terre-
no circostante senza far esporre i militari.
RETICOLATI di filo spinato venivano stesi nella parte anteriore e sui fianchi delle trincee,
a costituire una sorta di muro di difesa contro eventuali assalitori. Scrive Vaccarezza
che "ben presto i grovigli di reticolati costituirono un elemento preponderante del pa-
norama di trincea". All'interno dei fossati venivano ricavati ricoveri e nicchie dove i
soldati trovavano rifugio. La trincea diventava così una serie di ambienti di varie di-
mensioni con coperture di fortuna, costituite da travi di legno e ferro e strati di terra
compressa per renderli resistenti alle deflagrazioni. Strati di tela catramata o gomma-
ta servivano a riparare dalle infiltrazioni d'acqua. Successivamente queste costruzioni
si trasformeranno in molti tratti in campi trincerati con costruzioni in cemento armato,
postazioni per mitragliatrici, pozzi, posti di osservazione avanzati, ricoveri blindati in
caverna. "E tutt'intorno un reticolato di filo spinato, steso a siepe, a tappeto, in avval-
lamenti del terreno, su cavalli di frisia, a matasse lente e, quando possibile, percorso
da corrente ad alta tensione".
Il TERRENO dei combattimenti presentava enormi difficoltà materiali che faceva
del nostro fronte il più aspro in Europa, fa presente Vaccarezza. L'ascia, il piccone
e il badile diventano attrezzi indispensabili per il combattente. La lunga linea trince-
rata andava dallo Stelvio al mare, descrivendo due grandi anse, più o meno corri-
spondenti al confine politico, a sud del trentino e a nord della Carnia. Durante le
stagioni piovose, ricorda lo storico, il fondo della trincea si trasformava in una poz-
zanghera melmosa. I tavolati che venivano sistemati sul pavimento erano quasi
inutili perchè l'acqua scorreva da cento rigagnoli sulle pareti, invadeva continua-
mente la trincea e il drenaggio si rivelava impossibile. Molte trincee si trasforma-
rono presto in luoghi mefitici che, nonostante le continue disinfezioni, costituirono
l'ambiente ideale per l'insorgere e il diffondersi di gravi malattie infettive".
La VITA in trincea scorreva in modo monotono, tra due muraglie, mentre all'e-
sterno c'era quasi sempre una distesa brulla, punteggiata di cadaveri insepolti e
di detriti di ogni genere. "L'ozio forzato, la ripetitività delle incombenze quotidia-
ne, la tensione per gli attacchi improvvisi del nemico, erano tutte cause di una
generale depressione, che provocava tra i soldati una sorta di apatia collettiva",
annota Vaccarezza, "che rendeva tollerabile vivere in mezzo ai cadaveri e alla
sporcizia. L'incombenza più frequente era la riparazione delle trincee dopo gli
assalti che spesso distruggevano tutto". Tutto questo tra un bombardamento
nemico e un assalto. A confortre un pò gli animi era il cameratismo che permet-
teva ai soldati di condividere paure e speranze, e lo scambio di lettere con le
famiglie, che manteneva saldo il rapporto con la realtà degli affetti e della vita
"normale". A mitigare il senso di vuoto c'erano anche i giornali di trincea, con
le loro vignette satiriche che per qualche istante regalavano pillole di buonumo-
re. Un dono raro in un ambiente dominato dalla sofferenza e dalla paura.
LA MORTE era una compagna abituale dei soldati. Al termine delle azioni belliche,
i militari facevano il conto dei commilitoni rimasti uccisi e di quelli finiti all'ospedale
da campo. "I più vicini il soldato li aveva visti cadere, ne aveva visto le ferite, sen-
tito le grida, li aveva visti giacere immobili", annota lo storico. "Di notte li aveva
calpestati, correndo all'impazzata. Degli altri se ne parlava nel reparto, a livello di
cifre. Molti dei caduti non potevano essere rimossi dalla "terra di nessuno", lo
spazio che si trovava tra opposte trincee. I cadaveri restavano lì a disfarsi, inizial-
mente come un macabro monito, poi quasi privi di significato negativo, quasi parte
integrante del panorama di guerra, con i sassi, le bombe inesplose ed il groviglio
di reticolati dove a volte restavano impigliati i corpi. E intorno un tanfo pestilenzia-
le che si attaccava ai vestiti". Cimiteri improvvisati con centinaia di croci bianche
si formavano ovunque mentre lo spettro delle ferite e dei cadaveri creava assue-
fazione anche ai peggiori spettacoli.
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giovedì 16 aprile 2015
Istruzione - Francia / Università: lingue classiche a rischio
16 aprile '15 - giovedì 16th April / Thursday visione post - 7
Riduzione delle ore di lingue classiche ai licei francesi
LA SORBONA GUIDA LE PROTESTE: "Giù le mani
da latino e greco", e tutti gli studenti contro il ministro.
(da "La Stampa" - 11/04/2015 - il caso / Paolo Levi da Parigi)
"Giù le mani da latino e greco": nella Francia abbonata alle proteste contro i tentativi
di riforma si aggiunge anche quella di un folto gruppo di prof, intellettuali e studenti, sul
piede di guerra per l'ultima pazza idea della ministra dell'Istruzione Najat Vallaud-Belka-
cem - pupilla del presidente Francois Hollande - che intende ridurre le ore di latino e gre-
co nelle scuole superiori diluendone l'insegnamento in corsi pluridisciplinari di taglio più
storico. - Nell'anfiteatro della Sorbona, l'antica università parigina nel cuore della rive
gauche, un centinaio di persone si sono aggiunte al coro di proteste per chiedere al go-
verno di non "uccidere" le lingue antiche. Tra loro, pesi massimi del mondo intellettuale
come ol filosofo Regis Debray che denuncia "la miopia della classe dirigente" e il tenta-
tivo di "sostituire i verbi con i numeri". Messaggio simile a quello espresso qualche gior-
no prima da Elizabeth Antébi, organizzatrice del Festival europeo di latino e greco all'Ecole
normale supérieure di Lione. "Nel momento in cui lottiamo contro individui che distruggo-
no le opere della memoria - ha avvertito riferendosi alle azioni dei fondamentalisti islamici
dell'Isis nel museo di Mosul - ci stiamo massacrando da soli".
Secondo il testo di riforma del governo socialista, le opzioni di latino e greco verranno
sostituite da insegnamenti pratici interdisciplinari (Epi), tra cui "lingue e cultureb dell'an-
tichità". Vicina ai manifestanti, anche Aurélie Filippetti, l'ex ministra della Cultura nonchè
stella della "sinistra frondista" che ha abbandonato il governo dopo la svolta social-libera-
le voluta da Hollande. Agli esperti del ministero che bollano l'insegnamento di Omero e
Catullo come "elitista", gli alfieri del classicismo ricordano che oggi, nelle scuole superiori
di Francia, a scegliere opzioni di latino e greco sono ancora 520.000 studenti. "Elitista sarà
piuttosto l'inglese, riservato a chi può permettersi viaggi studio all'estero, davanti a latino
e greco siamo tutti uguali, puntualizzano i manifestanti: "Non sarà certo il primo progetto di
riforma che getteremo nel cestino della storia".
Lucianone
Riduzione delle ore di lingue classiche ai licei francesi
LA SORBONA GUIDA LE PROTESTE: "Giù le mani
da latino e greco", e tutti gli studenti contro il ministro.
(da "La Stampa" - 11/04/2015 - il caso / Paolo Levi da Parigi)
"Giù le mani da latino e greco": nella Francia abbonata alle proteste contro i tentativi
di riforma si aggiunge anche quella di un folto gruppo di prof, intellettuali e studenti, sul
piede di guerra per l'ultima pazza idea della ministra dell'Istruzione Najat Vallaud-Belka-
cem - pupilla del presidente Francois Hollande - che intende ridurre le ore di latino e gre-
co nelle scuole superiori diluendone l'insegnamento in corsi pluridisciplinari di taglio più
storico. - Nell'anfiteatro della Sorbona, l'antica università parigina nel cuore della rive
gauche, un centinaio di persone si sono aggiunte al coro di proteste per chiedere al go-
verno di non "uccidere" le lingue antiche. Tra loro, pesi massimi del mondo intellettuale
come ol filosofo Regis Debray che denuncia "la miopia della classe dirigente" e il tenta-
tivo di "sostituire i verbi con i numeri". Messaggio simile a quello espresso qualche gior-
no prima da Elizabeth Antébi, organizzatrice del Festival europeo di latino e greco all'Ecole
normale supérieure di Lione. "Nel momento in cui lottiamo contro individui che distruggo-
no le opere della memoria - ha avvertito riferendosi alle azioni dei fondamentalisti islamici
dell'Isis nel museo di Mosul - ci stiamo massacrando da soli".
Secondo il testo di riforma del governo socialista, le opzioni di latino e greco verranno
sostituite da insegnamenti pratici interdisciplinari (Epi), tra cui "lingue e cultureb dell'an-
tichità". Vicina ai manifestanti, anche Aurélie Filippetti, l'ex ministra della Cultura nonchè
stella della "sinistra frondista" che ha abbandonato il governo dopo la svolta social-libera-
le voluta da Hollande. Agli esperti del ministero che bollano l'insegnamento di Omero e
Catullo come "elitista", gli alfieri del classicismo ricordano che oggi, nelle scuole superiori
di Francia, a scegliere opzioni di latino e greco sono ancora 520.000 studenti. "Elitista sarà
piuttosto l'inglese, riservato a chi può permettersi viaggi studio all'estero, davanti a latino
e greco siamo tutti uguali, puntualizzano i manifestanti: "Non sarà certo il primo progetto di
riforma che getteremo nel cestino della storia".
Lucianone
martedì 14 aprile 2015
Sport - calcio / Serie B - 35^ giornata - classifica aggiornata
14 aprile '15 - martedì 14th April 2/ Tuesday visione post - 7
Il posticipo di Lunedì 13 aprile:
Perugia 2
Varese 0
Nuova Classifica
Carpi 71 / Bologna 58 / Frosinone 57 / Vicenza 56 / Perugia 53
Avellino 52 / Livorno 51 / Spezia 50 / Pescara 48 / Lanciano 47
Bari 45 / Ternana 43 / Modena, Trapani 42 / Catania, Latina 41
Crotone, Pro Vercelli, Entella 40 / Cittadella 39 / Brescia 32 / Varese 28
C o m m e n t o
Il posticipo di Lunedì 13 aprile:
Perugia 2
Varese 0
Nuova Classifica
Carpi 71 / Bologna 58 / Frosinone 57 / Vicenza 56 / Perugia 53
Avellino 52 / Livorno 51 / Spezia 50 / Pescara 48 / Lanciano 47
Bari 45 / Ternana 43 / Modena, Trapani 42 / Catania, Latina 41
Crotone, Pro Vercelli, Entella 40 / Cittadella 39 / Brescia 32 / Varese 28
C o m m e n t o
CIBO / economia - Il problema latte in Italia
15 aprile '15 / mercoledì 15th April / Wednesday visione post - 6
(da la Repubblica - 7 febbraio 2015 - di Carlo Petrini)
QUALE LATTE BERREMO
Il futuro del latte vaccino non è mai stato tanto incerto in questo Paese dopo che
quasi l'argomento era passato nel dimenticatoio, una volta finiti gli anni ruggenti
della vacca Ercolina e della contestazione del sistema della produzione contingenta-
ta. Adesso ci siamo: il primo aprile 2015 sarà finito il regime, ormai trentennale,
delle quote. Nel frattempo l'Italia non è riuscita a chiudere la partita degli irridu-
cibili, che volevano affermato il principio secondo cui si deve produrre quanto si
vuole (o meglio: quanto si può), lasciando che il mercato decida chi ce la può fare
e chi no. - Una grande catena di supermercati ha appena iniziato un battage pub-
blicitario per spiegare che il suo latte è solo italiano e viene pagato alle stalle 38
centesimi per litro. Pensate: il latte che fresco non si vende nei supermercati a me-
no di un euro e venti, si propaganda dicendo che all'allevatore è pagato meno di
40 centesimi. Equesta pubblicità si basa sul fatto che già oggi, il latte comunitario
ungherese è proposto ai nostri casari e ai nostri imbottigliatori di latte ben al di
sotto dei 30 centesimi.
In che mondo viviamo. Chi produce un alimento tanto prezioso non ha diritto che
a un terzo del suo prezzo finale (nella migliore delle ipotesi) e da parte del Paese
si guarda per lo più incuranti al tracollo di un sistema zootecnico che è pieno di
punti deboli, ma non è qualcosa che si può liquidare come si chiude una discote-
ca perchè la gente non ci balla più. - Il LATTE è fra i modi più razionali di tra-
sformare in energia per la vita le fonti vegetali ricche di cellulosa, altrimenti in-
digeribili per l'uomo. Esso ha stratificato culture, reso protagoniste di tradizioni
locali razza bovine diverse e peculiari dei cento paesaggi di questo Paese. Da esso
infine traiamo una varietà di produzioni dai nomi affascinanti, dalle forme varia-
bili e dai gusti incomparabilmente diversi che è il nostro patrimonio caseario.
Se il latte per fare i formaggi nati sulle pendici delle nostre montagne verrà dalla
pianura ungherese, non sarà solo una questione di DOP e IGP italiane a rischio.
Sarà molto di più. Sarà il suicidio di un patrimonio culturale gastronomico.
Guardo con attenzione alle azioni che il ministro Martina ha messo in campo, af-
finchè la qualità italiana venga ricompensata, riconoscendo così, attraverso il
prezzo , un sostegno non irriguardoso alla produzione lattiero.casearia dell'Italia.
Ma sono convinto che senza l'acquisizione di una diversa consapevolezza da parte
dei consumatori, orientati e messi finalmente in condizione di consumare latte mi-
gliore, italiano certo, ma non solo, si< il necessario strumento , sul lungo periodo,
per la salvezza di questo alimento prezioso e straordinariamente significativo.
Lucianone
(da la Repubblica - 7 febbraio 2015 - di Carlo Petrini)
QUALE LATTE BERREMO
Il futuro del latte vaccino non è mai stato tanto incerto in questo Paese dopo che
quasi l'argomento era passato nel dimenticatoio, una volta finiti gli anni ruggenti
della vacca Ercolina e della contestazione del sistema della produzione contingenta-
ta. Adesso ci siamo: il primo aprile 2015 sarà finito il regime, ormai trentennale,
delle quote. Nel frattempo l'Italia non è riuscita a chiudere la partita degli irridu-
cibili, che volevano affermato il principio secondo cui si deve produrre quanto si
vuole (o meglio: quanto si può), lasciando che il mercato decida chi ce la può fare
e chi no. - Una grande catena di supermercati ha appena iniziato un battage pub-
blicitario per spiegare che il suo latte è solo italiano e viene pagato alle stalle 38
centesimi per litro. Pensate: il latte che fresco non si vende nei supermercati a me-
no di un euro e venti, si propaganda dicendo che all'allevatore è pagato meno di
40 centesimi. Equesta pubblicità si basa sul fatto che già oggi, il latte comunitario
ungherese è proposto ai nostri casari e ai nostri imbottigliatori di latte ben al di
sotto dei 30 centesimi.
In che mondo viviamo. Chi produce un alimento tanto prezioso non ha diritto che
a un terzo del suo prezzo finale (nella migliore delle ipotesi) e da parte del Paese
si guarda per lo più incuranti al tracollo di un sistema zootecnico che è pieno di
punti deboli, ma non è qualcosa che si può liquidare come si chiude una discote-
ca perchè la gente non ci balla più. - Il LATTE è fra i modi più razionali di tra-
sformare in energia per la vita le fonti vegetali ricche di cellulosa, altrimenti in-
digeribili per l'uomo. Esso ha stratificato culture, reso protagoniste di tradizioni
locali razza bovine diverse e peculiari dei cento paesaggi di questo Paese. Da esso
infine traiamo una varietà di produzioni dai nomi affascinanti, dalle forme varia-
bili e dai gusti incomparabilmente diversi che è il nostro patrimonio caseario.
Se il latte per fare i formaggi nati sulle pendici delle nostre montagne verrà dalla
pianura ungherese, non sarà solo una questione di DOP e IGP italiane a rischio.
Sarà molto di più. Sarà il suicidio di un patrimonio culturale gastronomico.
Guardo con attenzione alle azioni che il ministro Martina ha messo in campo, af-
finchè la qualità italiana venga ricompensata, riconoscendo così, attraverso il
prezzo , un sostegno non irriguardoso alla produzione lattiero.casearia dell'Italia.
Ma sono convinto che senza l'acquisizione di una diversa consapevolezza da parte
dei consumatori, orientati e messi finalmente in condizione di consumare latte mi-
gliore, italiano certo, ma non solo, si< il necessario strumento , sul lungo periodo,
per la salvezza di questo alimento prezioso e straordinariamente significativo.
Lucianone
sabato 11 aprile 2015
Sport - calcio / Serie B - 35^ giornata - 2014(15
12 aprile - domenica 12th April / Sunday visione post - 9
Risultati delle partite
Vicenza 1 Bari 1 Brescia 1 Catania 4 Cittadella 0 Frosinone 2
Avellino 0 Crotone 1 Bologna 1 Trapani 1 Carpi 1 Pescara 1
Modena 2 Pro Vercelli 3 Spezia 0 Lanciano 1 Perugia
Entella 0 Livorno 3 Ternana 1 Latina 1 Varese (lunedì sera)
Classifica
CARPI 71 / Bologna 57 / Vicenza 56 / Frosinone 54 / Avellino 52 /
Livorno 51 / Perugia, Spezia 50 / Pescara 48 / Lanciano 47 / Bari 45 /
Ternana 43 / Modena, Trapani 42 / Latina, Catania 41 / Crotone, Pro >
Vercelli, Entella 40 Cittadella 39 / Brescia 32 / Varese 28
Perugia e Varese
una partita in meno
Continua... to be continued...
Risultati delle partite
Vicenza 1 Bari 1 Brescia 1 Catania 4 Cittadella 0 Frosinone 2
Avellino 0 Crotone 1 Bologna 1 Trapani 1 Carpi 1 Pescara 1
Modena 2 Pro Vercelli 3 Spezia 0 Lanciano 1 Perugia
Entella 0 Livorno 3 Ternana 1 Latina 1 Varese (lunedì sera)
Classifica
CARPI 71 / Bologna 57 / Vicenza 56 / Frosinone 54 / Avellino 52 /
Livorno 51 / Perugia, Spezia 50 / Pescara 48 / Lanciano 47 / Bari 45 /
Ternana 43 / Modena, Trapani 42 / Latina, Catania 41 / Crotone, Pro >
Vercelli, Entella 40 Cittadella 39 / Brescia 32 / Varese 28
Perugia e Varese
una partita in meno
Continua... to be continued...
mercoledì 8 aprile 2015
Cultura - Libro / Armeni, cristiani e la strage rimossa
11 aprile '15 - sabato 11th April / Saturday visione post - 15
Un saggio di Andrea Riccardi ricostruisce
le persecuzioni del 1915 e le collega al presente
Un secolo fa a Mardin (Turchia) la strage rimossa
Il cinico calcolo dei Giovani turchi, laici:
aizzare l'odio delle popolazioni islamiche
(da Corriere della Sera - 31/03/2015 - Anniversari / di Sergio Romano)
Nella Turchia sudorientale, in una zona abitata prevalentemente da curdi, vi è una
delle più belle città del Medio Oriente. E' Mardin, una meta turistica premiata dal-
l'Unesco per la straordinaria varietà della sua architettura religiosa: chiese, monaste-
ri, moschee, sinagoghe, castelli medioevali. Oggi la sua popolazione è in grande mag-
gioranza musulmana, ma nel 1915, quando fu teatro degli avvenimenti evocati in un
libro di Andrea Riccardi pubblicato (ora) da Laterza, i cristiani avevano nove chiese,
tre conventi e formavano una sorta di catalogo vivente del Cristianesimo romano e
greco: armeni in buona parte, ma anche cattolici di rito latino, ortodossi, assiri, siria-
ci, caldei, tutti assistiti dai loro vescovi e patriarchi. I campanili e i minareti svettano
ancora sulla città, costruita sul pendio di una grande montagna, ma le comunità cat-
toliche e ortodosse sono oggi soltanto il pallido ricordo di un mondo in buona par-
te scomparso.
Questo libro ("La strage dei cristiani, Mardin, gli armeni e la fine di un mondo",
pp. 240 euro 18) è anzitutto un'opera di pietà storica, scritta per ricordare la sorte
dei cristiani d'Oriente, travolti anche in anni più recenti dalle guerre combattute
in Libano, in Iraq, e in Siria. Riccardi dice implicitamente al lettore che la tragi-
ca cronaca delle persecuzioni subite dagli armeni agli inizi della Grande guerra
non sarebbe completa se non ricordasse che il loro destino, in particolare a Mardin,
fu condiviso dai cristiani. - Ma l'autore non è soltanto il fondatore della Comunità
di Sant'Egidio e, quindi, un cattolico militante. E' anche uno studioso a cui preme
ricostruire il contesto storico di quelle persecuzioni. Nel luglio del 1914, qundo il
governo austro-ungarico inviò alla Serbia l'ultimatum che avrebbe scatenato la
Grande guerra, la Turchia era appena uscita da una umiliante sconfitta nella Se-
conda guerra balcanica e dal colpo di Stato che aveva dato il potere ai "Giovani
turchi" di Unione e Progresso. I suoi tre Pascià - Djemal, Enver, Talaat - erano
ferocemente nazionalisti e profondamente convinti che la sovranità dello Stato
ottomano fosse minacciata dalle continue ingerenze delle potenze straniere nella
politica dell'Impero. Le sue finanze erano soggette alla vigilanza di banchieri eu-
ropei, organizzati in una specie di Fondo monetario internazionale. Le comunità
religiose non musulmane avevano potenti protettori stranieri: la Russia, per gli
ortodossi e gli armeni, la Francia e altri Paesi cattolici per i cristiani latini, la
Gran Bretagna per i protestanti e gli ebrei. I trattati sulle capitolazioni avevano
garantito alle comunità nazionali straniere una sorta di indipendenza giudizia-
ria, che intaccava profondamente la sovranità dello Stato.
Al nuovo governo di Costantinopoli la guerra europea parve una provvidenziale
via d'uscita. Il 9 settembre 1914 fu annunciato al mondo che le capitolazioni sa-
rebbero state abolite, con un documento in cui si affermava tra l'altro che l'abo-
lizione avrebbe permesso di realizzare le riforme ripetutamente sollecitate dalle
grandi potenze. Due mesi dopo, mentre la Turchia era da qualche giorno in
guerra a fianco della Germania, fu proclamata la Grande Jihad. La guerra san-
ta presentava in quel momento un doppio vantaggio. Forniva alle masse anato-
liche, ancora devotamente musulmane, una motivazione spirituale sul campo
di battaglia; e dava alle persecuzioni contro i cristiani una giustificazione pa-
triottico-religiosa. Per quanto concerneva gli armeni, , in particolare, la guer-
ra contro la Russia avrebbe permesso al governo turco di trattare la loro comu-
nità come una pericolosa quinta colonna. armate di questi argomenti le auto-
rità turche dettero il via alle deportazioni e ai massacri. Quando gli ambascia-
tori dei Paesi neutrali, fra cui Henry Morgenthau, rappresentante degli Stati
Uniti, deplorarono i metodi utilizzati, Enver replicò con sfacciata franchezza:
"L'odio tra turchi e armeni è così grande che dobbiamo farla finita con loro,
altrimenti si vendicheranno su di noi".
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Un saggio di Andrea Riccardi ricostruisce
le persecuzioni del 1915 e le collega al presente
Un secolo fa a Mardin (Turchia) la strage rimossa
Il cinico calcolo dei Giovani turchi, laici:
aizzare l'odio delle popolazioni islamiche
(da Corriere della Sera - 31/03/2015 - Anniversari / di Sergio Romano)
Nella Turchia sudorientale, in una zona abitata prevalentemente da curdi, vi è una
delle più belle città del Medio Oriente. E' Mardin, una meta turistica premiata dal-
l'Unesco per la straordinaria varietà della sua architettura religiosa: chiese, monaste-
ri, moschee, sinagoghe, castelli medioevali. Oggi la sua popolazione è in grande mag-
gioranza musulmana, ma nel 1915, quando fu teatro degli avvenimenti evocati in un
libro di Andrea Riccardi pubblicato (ora) da Laterza, i cristiani avevano nove chiese,
tre conventi e formavano una sorta di catalogo vivente del Cristianesimo romano e
greco: armeni in buona parte, ma anche cattolici di rito latino, ortodossi, assiri, siria-
ci, caldei, tutti assistiti dai loro vescovi e patriarchi. I campanili e i minareti svettano
ancora sulla città, costruita sul pendio di una grande montagna, ma le comunità cat-
toliche e ortodosse sono oggi soltanto il pallido ricordo di un mondo in buona par-
te scomparso.
Questo libro ("La strage dei cristiani, Mardin, gli armeni e la fine di un mondo",
pp. 240 euro 18) è anzitutto un'opera di pietà storica, scritta per ricordare la sorte
dei cristiani d'Oriente, travolti anche in anni più recenti dalle guerre combattute
in Libano, in Iraq, e in Siria. Riccardi dice implicitamente al lettore che la tragi-
ca cronaca delle persecuzioni subite dagli armeni agli inizi della Grande guerra
non sarebbe completa se non ricordasse che il loro destino, in particolare a Mardin,
fu condiviso dai cristiani. - Ma l'autore non è soltanto il fondatore della Comunità
di Sant'Egidio e, quindi, un cattolico militante. E' anche uno studioso a cui preme
ricostruire il contesto storico di quelle persecuzioni. Nel luglio del 1914, qundo il
governo austro-ungarico inviò alla Serbia l'ultimatum che avrebbe scatenato la
Grande guerra, la Turchia era appena uscita da una umiliante sconfitta nella Se-
conda guerra balcanica e dal colpo di Stato che aveva dato il potere ai "Giovani
turchi" di Unione e Progresso. I suoi tre Pascià - Djemal, Enver, Talaat - erano
ferocemente nazionalisti e profondamente convinti che la sovranità dello Stato
ottomano fosse minacciata dalle continue ingerenze delle potenze straniere nella
politica dell'Impero. Le sue finanze erano soggette alla vigilanza di banchieri eu-
ropei, organizzati in una specie di Fondo monetario internazionale. Le comunità
religiose non musulmane avevano potenti protettori stranieri: la Russia, per gli
ortodossi e gli armeni, la Francia e altri Paesi cattolici per i cristiani latini, la
Gran Bretagna per i protestanti e gli ebrei. I trattati sulle capitolazioni avevano
garantito alle comunità nazionali straniere una sorta di indipendenza giudizia-
ria, che intaccava profondamente la sovranità dello Stato.
Al nuovo governo di Costantinopoli la guerra europea parve una provvidenziale
via d'uscita. Il 9 settembre 1914 fu annunciato al mondo che le capitolazioni sa-
rebbero state abolite, con un documento in cui si affermava tra l'altro che l'abo-
lizione avrebbe permesso di realizzare le riforme ripetutamente sollecitate dalle
grandi potenze. Due mesi dopo, mentre la Turchia era da qualche giorno in
guerra a fianco della Germania, fu proclamata la Grande Jihad. La guerra san-
ta presentava in quel momento un doppio vantaggio. Forniva alle masse anato-
liche, ancora devotamente musulmane, una motivazione spirituale sul campo
di battaglia; e dava alle persecuzioni contro i cristiani una giustificazione pa-
triottico-religiosa. Per quanto concerneva gli armeni, , in particolare, la guer-
ra contro la Russia avrebbe permesso al governo turco di trattare la loro comu-
nità come una pericolosa quinta colonna. armate di questi argomenti le auto-
rità turche dettero il via alle deportazioni e ai massacri. Quando gli ambascia-
tori dei Paesi neutrali, fra cui Henry Morgenthau, rappresentante degli Stati
Uniti, deplorarono i metodi utilizzati, Enver replicò con sfacciata franchezza:
"L'odio tra turchi e armeni è così grande che dobbiamo farla finita con loro,
altrimenti si vendicheranno su di noi".
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venerdì 3 aprile 2015
Spettacoli - cinema / "French connection": un film alla Scorsese
3 aprile 2015 - venerdì 3rd April / Friday visione post - 24
Guardie e ladri francesi:
un film alla maniera del grande Scorsese
(da la Repubblica - 26/03/'15 / Al cinema - di Roberto Nepoti)
Dopo che, in qualità di giudice del tribunale minorile di Metz, ha sperimentato gli effetti
devastanti della droga sui giovanissimi, Pierre Michel è trasferito a Marsiglia per contra-
stare la criminalità organizzata. Qui intraprende un'azione contro il boss Gaetan Zampa
che assume quasi i tratti di una guerra privata, inducendolo ad agire ai limiti della lega-
lità e a rischiare la vita. Negli anni Settanta la "french connection" fu un'organizzazio-
ne mafiosa tentacolare che, da Marsiglia, inondò di eroina gli Stati Uniti. L'espressione
"french connection" era anche il titolo originale di due celebri actioner del decennio,
conosciuti da noi come "Il braccio violento della legge " 1 e 2. I fatti cui si riferisce il
film però, pur romanzandoli in parte, sono accaduti davvero e hanno coinvolto il giudi-
ce Michel e il gangster Zampa, potente malavitoso francese di origine napoletana.
Il finale, dunque, era scritto: anche se non è il caso di rivelarlo a chi non lo conosca.
Quel che vale la pena osservare è che il romanzo criminale del giovane Cédric Jimenez
non soffre affatto della pesantezza dei film-dossier ispirati ad avvenimenti reali. Ha, in-
vece, il ritmo del buon cinema d'azione fatto secondo la ricetta tradizionale: alternando
piani-sequenza descrittivi e macchina da presa a spalla e catalogando tutti i luoghi ob-
bligati delle saghe gangsteristiche - minacce e sfide, tradimenti e dilemmi morali, delit-
ti e castighi - con uno stile dinamico e accattivante, Assai probabile che i precedenti cui
French Connection somiglia di più siano i noir francesi anni Settanta di Henri Verneuil
e José Giovanni, quelli col vecchio Gabin e i giovani Delon o Belmondo; però il suo mo-
dello è piuttosto Martin Scorsese: inarrivabile, certo, ma che Jimenez emula senza diso-
nore. E' "scorsesiano" il carattere del gangster Zampa , cattivo tutt'altro che banale o ste-
reotipato. Così il film può a buon diritto focalizzare il dramma intorno a una coppia di
character di grande carisma personale, sottolineando i tratti che li accomunano pur se
schierati su sponde opposte della legge.
Facce della stessa medaglia, Pierre e Gaetan sono due eroi tragici, entrambi amanti della
famiglia ma anche - altrettanto - del rischio, oltre che consapevoli dell'alto prezzo che do-
vranno pagare. Benchè incentrato sulla guerra dei due uomini "duri da cuocere", tutta-
via, il film non dimentica di trattare il milieu criminale per quello che, a certi livelli, in-
variabilmente è: la punta di un iceberg di collusioni e complicità a livelli istituzionali
che infetta le forze dell'ordine (qui un gruppo di poliziotti corsi in combutta con la mala-
vita) e le alte sfere della politica, pronta a servirsi della malavita come di uno strumento
e a ostacolare, al caso, chi la combatte in prima linea. Niente di nuovo? Può darsi, però
conta anche il modo in cui il cinema ripropone le cose già note. Qui lo fa bene e trae ul-
teriore vantaggio da un cast scelto come si deve. Vicino a Jean Dujardin, ormai consa-
crato star internazionale, non sfigura affatto il meno noto Gilles Lellouche nella parte
dello spietato, ma tutt'altro che privo di fascino, Zampa. Pur disegnando caratteri a tut-
to tondo, il binomia protagonista non scivola mai nel caricaturale. Lo asseconda un cast
di facce bene assortite tra cui spicca Benoit Magimel, già attore di Claude Chabrol, nel-
la parte di un "mad dog" dalla pistola facile.
Il Regista
Cédric Jimenez, classe 1976, è un regista. produttore e sceneggiatore.
Al suo attivo finora il documentario Scorpione e il film Aux yeux de tous,
un thriller politico con protagonista un giovane hacker.
Lucianone
Guardie e ladri francesi:
un film alla maniera del grande Scorsese
(da la Repubblica - 26/03/'15 / Al cinema - di Roberto Nepoti)
Dopo che, in qualità di giudice del tribunale minorile di Metz, ha sperimentato gli effetti
devastanti della droga sui giovanissimi, Pierre Michel è trasferito a Marsiglia per contra-
stare la criminalità organizzata. Qui intraprende un'azione contro il boss Gaetan Zampa
che assume quasi i tratti di una guerra privata, inducendolo ad agire ai limiti della lega-
lità e a rischiare la vita. Negli anni Settanta la "french connection" fu un'organizzazio-
ne mafiosa tentacolare che, da Marsiglia, inondò di eroina gli Stati Uniti. L'espressione
"french connection" era anche il titolo originale di due celebri actioner del decennio,
conosciuti da noi come "Il braccio violento della legge " 1 e 2. I fatti cui si riferisce il
film però, pur romanzandoli in parte, sono accaduti davvero e hanno coinvolto il giudi-
ce Michel e il gangster Zampa, potente malavitoso francese di origine napoletana.
Il finale, dunque, era scritto: anche se non è il caso di rivelarlo a chi non lo conosca.
Quel che vale la pena osservare è che il romanzo criminale del giovane Cédric Jimenez
non soffre affatto della pesantezza dei film-dossier ispirati ad avvenimenti reali. Ha, in-
vece, il ritmo del buon cinema d'azione fatto secondo la ricetta tradizionale: alternando
piani-sequenza descrittivi e macchina da presa a spalla e catalogando tutti i luoghi ob-
bligati delle saghe gangsteristiche - minacce e sfide, tradimenti e dilemmi morali, delit-
ti e castighi - con uno stile dinamico e accattivante, Assai probabile che i precedenti cui
French Connection somiglia di più siano i noir francesi anni Settanta di Henri Verneuil
e José Giovanni, quelli col vecchio Gabin e i giovani Delon o Belmondo; però il suo mo-
dello è piuttosto Martin Scorsese: inarrivabile, certo, ma che Jimenez emula senza diso-
nore. E' "scorsesiano" il carattere del gangster Zampa , cattivo tutt'altro che banale o ste-
reotipato. Così il film può a buon diritto focalizzare il dramma intorno a una coppia di
character di grande carisma personale, sottolineando i tratti che li accomunano pur se
schierati su sponde opposte della legge.
Facce della stessa medaglia, Pierre e Gaetan sono due eroi tragici, entrambi amanti della
famiglia ma anche - altrettanto - del rischio, oltre che consapevoli dell'alto prezzo che do-
vranno pagare. Benchè incentrato sulla guerra dei due uomini "duri da cuocere", tutta-
via, il film non dimentica di trattare il milieu criminale per quello che, a certi livelli, in-
variabilmente è: la punta di un iceberg di collusioni e complicità a livelli istituzionali
che infetta le forze dell'ordine (qui un gruppo di poliziotti corsi in combutta con la mala-
vita) e le alte sfere della politica, pronta a servirsi della malavita come di uno strumento
e a ostacolare, al caso, chi la combatte in prima linea. Niente di nuovo? Può darsi, però
conta anche il modo in cui il cinema ripropone le cose già note. Qui lo fa bene e trae ul-
teriore vantaggio da un cast scelto come si deve. Vicino a Jean Dujardin, ormai consa-
crato star internazionale, non sfigura affatto il meno noto Gilles Lellouche nella parte
dello spietato, ma tutt'altro che privo di fascino, Zampa. Pur disegnando caratteri a tut-
to tondo, il binomia protagonista non scivola mai nel caricaturale. Lo asseconda un cast
di facce bene assortite tra cui spicca Benoit Magimel, già attore di Claude Chabrol, nel-
la parte di un "mad dog" dalla pistola facile.
Il Regista
Cédric Jimenez, classe 1976, è un regista. produttore e sceneggiatore.
Al suo attivo finora il documentario Scorpione e il film Aux yeux de tous,
un thriller politico con protagonista un giovane hacker.
Lucianone
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