domenica 11 maggio 2014

Società - Sui social network / L'uso di Facebook in tempo di crisi (visto da R. Saviano)

11 maggio '14 - domenica         11th May / Sunday                           visione post - 6


Centri storici deserti. Coprifuoco. Negozi che chiudono.
Ma nuove sale giochi, distributori di alcol e solarium. E'
l'Italia che mi raccontano i giovani attraverso i social
network. E che non è quella di Tg e talk show.

(da 'l'Espresso' - 20/09/2012 - L'antitaliano / Roberto Saviano)
Com'è diversa la crisi via Facebook
Volevo capire. Oltre un milione e 600 mila persone  che mi seguono sulla pagina Facebook
e quasi 250 mila sulla neonata pagina Twitter: volevo capire se questa immensa comunità
che commenta riflette discute, avrebbe potuto costruire un bacino per racconatre in forma
diretta come la crisi  sta cambiando  le mappe delle città. I negozi che a centinaia muoiono, 
i locali che si svuotano, la sera che diventa per molti centri cittadini coprifuoco. 
L'esperimento è stato incredibile nella sua semplicità.  Migliaia di risposte  in pochissimo
tempo, con racconti in prima persona, senza mediazioni. La crisi ci viene spiegata dai tg e
dai giornali , eppure le persone sentono quelle descrizioni distanti. Ce la raccontano i talk 
show  che necessariamente devono far ruotare tutto attorno a un evento che certo suscita
empatia, ma che spesso è troppo eccezionale per poter essere condiviso: un suicidio, l'as-
sedio di un ufficio  dell'Agenzia delle Entrate  di un disperato, operai che protestano sulle
gru.  -  Mi interessava la percezione individuale, la verità che si sente nello stomaco. Vo-
levo utilizzare Facebook e Twitter come spazi di condivisione e di scambio e anche se do-
vessero mostrare verità troppo individuali, smentite dai dati, sarebbero verità necessarie
che meritano lettura e ascolto.
A quanto pare la geografia urbana, negli ultimi mesi, risulta completamente mutata. Pres-
sochè ovunque chiudono attività e difficilmente al loro posto ne aprono di nuove.  I centri
storici restano deserti e si riempiono i centri commerciali. Da Secondigliano a Genova, da
Avezzano a Bergamo  la sensazione  è  che le città  siano  meno sicure  perchè  le persone 
hanno smesso di frequentarle di sera, di stare per strada. Troppi i luoghi totalmente abban-
donati.  Pasquale scrive che a Casavatore "il coprifuoco è anticipato" e Patrizia che a Ge-
nova "quando chiudono negozi e bar, tutto diventa buio, deserto".    Poi c'è chi scrive che
questa crisi ha compromesso l'umore e l'ottimismo.  Che "si  potrebbe anche  vivere c on
qualche euro in meno, ma quello che non si può fare è vivere senza sorridere". I pochi sol-
di che restano dalle spese quotidiane non si pensa più di investirli. E  così spuntano "sale, 
giochi, solarium, centri di scommesse, distributori automatici di alcol".
Si ha la sensazione che la vita, con quel poco che ti offre, vada vissuta ora, goduta subito.
Se i ristoranti li si vede pieni, se le spiagge sono affollate, non è perchè gli italiani fingono
una crisi che non c'è, ma perchè si preferisce in fin dei conti portare i figli al mare dal mo-
mento che una casa e un mutuo non ce li si può più permettere.     E se Marina scrive che 
"in Sicilia la disoccupazione  è entrata  a far parte  del nostro Dna, la si accetta come una
malattia rara, non curabile" e Daniele  che questa crisi non ha portato "in provincia di Ca- 
gliari nulla di diverso, stesse difficoltà con l'aggravante dell'insularità", alcuni fanno nota-
re come nelle regioni in la crisi la si affronta da decenni, l'umore sia generalmente  miglio-
re, più alto rispetto " alle grandi  aree urbane del Nord, dove troppe serrande  si sono ab-
bassate per non rialzarsi mai più".
E poi, anche se minoritaria, c'è la caccia al cinese "che compra negozi in fallimento, all'ex- tracomunitario "che sulla spiaggia vende metce e non fa gli scontrini": i migranti in Italia
trovano forse  le peggiori leggi  per l'immigrazione d'Europa, attenzione quindi a non tra-
sformare il momento difficile in una guerra di poveri contro disperati.   C'è  chi teme  poi 
che la crisi rappresenti un'opportunità per chi dispone di grossi capitali da investire - or-
ganizzazioni criminali - e chi pur non disponendo di grossi capitali sa, perchè la storie ce
lo insegna, che ad avere spirito d'iniziativa la crisi può essere un'opportunità per molti.
Ma questo è un discorso difficile da fare in un'Italia piegata, che non vede prospettive.
Giulia ha ventitrè anni e come molti ha dovuto lasciare la sua città, eppure ha voglia di
raccontare i lati positivi della crisi: "sembra un ossimoro" scrive, "eppure dai momenti 
grigi a volte siamo in grado di tirar fuori le cose migliori, perchè sottoposti a pressanti e
urgenti stimoli".  E Teresa: "La crisi e la successiva chiusura dell'azienda ci ha portati
a Istanbul... che meravigliosa sorpresa!".

Lucianone


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