martedì 18 febbraio 2014

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18 febbraio '14 - martedì                     18th February / Tuesday                      

UCRAINA

Kiev, riesplode la protesta di piazza: 13 morti, uccisi 6 poliziotti.
Guerriglia in piazza, fuoco sulle forze dell'ordine.

Tensione a Kiev, 13 morti e 150 

feriti. -  Biltz alla sede del partito del Ianukovich

Riprendono gli scontri tra manifestanti e polizia. Esplosioni in 
piazza Maidan.  La Russia accusa i paesi occidentali.  Appello
di Ban Ki-moon contro la violenza.


Si rinfiamma la protesta in Ucraina e le strade del centro di Kiev tornano a macchiarsi di sangue. Sono almeno tredici i morti nella battaglia tra polizia e manifestanti oggi nella capitale, ma il bilancio potrebbe essere destinato a salire ulteriormente. 
Dopo una giornata tesissima infatti, centinaia di poliziotti in assetto antisommossa hanno assaltato in serata Maidan Nezalezhnosti, la piazza Indipendenza da tre mesi cuore della rivolta antigovernativa. 
Nel pomeriggio, le autorità avevano lanciato un ultimatum ai dimostranti per sgomberare il Maidan entro due ore (alle 18, le 17 in Italia). La polizia ha atteso due ore in più, poi, alle otto di sera in punto, è entrata in azione premendo su due lati della piazza. 
Una barricata in piazza dell'Indipendenza a Kiev

Gli agenti delle forze speciali `Berkut´ sono tanti e ben equipaggiati, ma devono vedersela con migliaia e migliaia di dimostranti, alcuni dei quali armati di spranghe, qualcuno, una minoranza, anche di pistole. Alle granate della polizia i manifestanti hanno rispondosto con pietre, molotov e fuochi d’artificio. Un copione purtroppo già visto più volte a Kiev nelle ultime settimane. 
Tra i morti negli scontri di oggi ci sono sei poliziotti e un militante del partito delle Regioni del presidente Viktor Ianukovich. Almeno sette degli altri sei deceduti dovrebbero invece essere manifestanti antigovernativi. 
Le violenze sono scoppiate stamattina, quando un cordone di agenti ha impedito a un corteo di migliaia di dimostranti di avvicinarsi al parlamento, dove si sarebbe dovuta discutere una riforma costituzionale chiesta dall’opposizione per ridurre i poteri del presidente. Non è chiaro chi abbia iniziato gli scontri. Fatto sta che i combattimenti si sono presto propagati in altri punti del centro di Kiev. Quelli più violenti sono avvenuti proprio davanti al parlamento, tra via Institutska e via Shovkovichna, ma altri scontri si sono registrati anche a parco Marinski - dove sono accampate centinaia di simpatizzanti del governo - e in via Grushevski, teatro dei combattimenti di fine gennaio in cui hanno perso la vita almeno quattro persone. E proprio in via Grushevski la polizia ha piegato la resistenza dei manifestanti e si è aperta un varco tra le barricate a forza di manganellate e fucilate (per lo più con proiettili di gomma) arrivando fino alle porte del «fortino» di Maidan. 

Gli agenti sono però accusati di aver usato anche fucili caricati con proiettili convenzionali. Secondo il direttore sanitario del centro medico degli insorti, Oleg Musii, uno dei manifestanti morti è stato colpito alla testa da un colpo di arma da fuoco. Altri due hanno invece perso la vita per delle ferite alla testa, mentre non è chiara la causa del decesso degli ultimi due, un uomo e una donna di mezza età. 
D’altra parte, anche gli insorti sono accusati di usare armi da fuoco, e secondo il ministero dell’Interno ucraino almeno due poliziotti sono stati colpiti da proiettili di pistola. Nelle violenze sono inoltre morti due agenti e almeno 37 sono rimasti feriti. I feriti tra i manifestanti, invece, secondo l’opposizione sono più di 150, ma si tratta di un bilancio del primo pomeriggio di oggi. 

Stamane, inoltre, un impiegato del partito di Ianukovich è morto quando alcune centinaia di manifestanti hanno fatto irruzione a colpi di molotov nella sede del movimento politico in via Lipska. Secondo il Kyiv Post, tra le persone che hanno scavalcato l’inferriata esterna dell’edificio del partito c’era anche la giornalista e militante dell’opposizione Tetiana Chornovol, assalita brutalmente nella notte di Natale. 
Intanto in serata, poco prima dell’attacco della polizia a Maidan, un gruppetto di insorti ha occupato nuovamente il municipio di Kiev, sgomberato domenica scorsa dai dimostranti per permettere l’entrata in vigore di un’amnistia per i manifestanti. 

La situazione in Ucraina rischia di sprofondare in una guerra civile e inviti alla «moderazione» e condanne delle violenze sono arrivati dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, dal capo della diplomazia Ue, Catherine Ashton, dalla Casa Bianca, dalla Nato e dal Consiglio d’Europa. Mentre Mosca accusa l’Occidente: il ritorno della violenza nelle strade di Kiev è il «risultato diretto» della politica occidentale, ha affermato il ministero degli Esteri russo in una nota, accusando «i politici occidentali e le organizzazioni europee» di incoraggiare «le provocazioni contro il potere legale» in Ucraina. 


ROMA
Artigiani e commercianti in piazza: "Siamo 60 mila, il governo ci ascolti"
Roma invasa da manifestanti arrivati da tutta Italia per esprimere 
il malessere delle imprese: «Siamo disperati». In piazza anche il M5S e la Lega

Imprenditori in piazza, per chiedere una svolta al nuovo governo Renzi. L’Italia delle pmi artigiane e del commercio ha riempito Piazza del Popolo per partecipare alla mobilitazione «Senza impresa non c’è Italia, riprendiamoci il futuro», organizzata da Rete Imprese Italia. 


Da tutta la Penisola sono arrivate decine di migliaia di imprenditori, 60 mila per gli organizzatori, più del previsto, che si sono assiepati in tutta la piazza, intorno all’obelisco e su fino alla terrazza del Pincio. Un evento storico per protestare contro le riforme che non arrivano, contro un fisco opprimente e una burocrazia soffocante. Ambulanti, negozianti, balneari, artigiani, hanno sventolato bandiere bianche, blu, verdi, con i vessilli di Confesercenti, 
Confcommercio, Cna, Casartigiani e Confartigianato, le cinque associazioni che aderiscono a Rete Imprese Italia. Poco dopo le 12, come da programma, si sono alternati sul palco i loro leader, il portavoce di Rete Imprese e presidente di Confesercenti Marco Venturi, il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli, il presidente di Confartigianto Giorgio Merletti, di Cna Daniele Vaccarino e di Casartigiani Giacomo Basso. Tutti e cinque si sono ritrovati uniti per gridare alla politica, alle istituzioni e al nuovo governo che si sta costituendo, delusione, rabbia e un «enorme malessere».  
«Il nuovo presidente del Consiglio ci deve convocare, noi non molleremo, saremo propositivi ma incalzanti», ha detto Venturi e poi, rivolto alla politica, ha affermato: «i partiti devono capire che senza di noi il Paese si ferma, senza imprese non c’è lavoro e non c’è futuro» ricordando che 372 mila imprese hanno chiuso i battenti nel 2013, oltre 1.000 al giorno. Merletti, incarnando il disappunto degli artigiani, a un certo punto si è rivolto direttamente al Premier incaricato e lo ha pubblicamente sollecitato: «Matteo stai preoccupato, se non abbasserai le tasse alle piccole imprese ti faremo nero». Un monito a cui è seguito un vero e proprio sfogo: «non ne possiamo più come imprenditori e cittadini di essere soffocati dalle tasse e dalla burocrazia. Ci hanno rotto i coglioni», ha urlato accompagnato da un grido di acclamazione. «Basta, basta. Fatevi sentire: vale più un urlo di tanti discorsi» ha fatto eco un altro rappresentante degli artigiani, Giacomo Basso, che con soddisfazione ha detto «oggi piazza del Popolo diventa piazza del Popolo degli imprenditori italiani».  

Non meno incisivo anche il leader di Confcommercio Carlo Sangalli nell’arringare la folla. «Siamo stanchi, chiediamo rispetto, meritiamo più rispetto. Famiglie e imprese - ha sostenuto - sono sull’orlo della disperazione ma poi come esortava Papa Francesco non ci faremo rubare la speranza». E ancora, «se non avremo risposte ci ritroveremo ancora e saremo più numerosi e più determinati» ha minacciato Sangalli.  
«La politica ci ha deluso, ma non abbiamo perso la speranza, abbiamo perso la pazienza, non siamo sereni, siamo incazzati» ha affermato il presidente di Cna Daniele Vaccarino per il quale «gli invisibili oggi sono tornati visibili”. «Troppe tasse, troppe spese, un credito sempre più scarso, poche risorse per lo sviluppo e un peso insostenibile della burocrazia» lamenta Rete Imprese Italia, «un attore sociale ignorato per anni dalla politica» e che oggi chiede considerazione in ragione del «peso economico» delle micro, piccole e medie imprese del commercio, del turismo, dei servizi di mercato che producono il 62% del Pil, il 69% del fatturato e contano il 58,8% degli occupati. Rete Imprese Italia, in attesa di interloquire con il nuovo governo, comunque porta avanti il suo manifesto di proposte sintetizzate in 10 punti: riformare gli assetti istituzionali e garantire la governabilità, fare la riforma fiscale, far ripartire le imprese e uscire dall’emergenza occupazionale, dare credito alle imprese, proseguire nell’azione di semplificazione, tornare alla legalità, portare a competere più imprese sui mercati internazionali, innovare il sistema dei trasporti e della logistica, ridurre i costi energetici per le pmi e superare il Sistri, il nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti.  

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Lucianone

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