lunedì 19 marzo 2012

LIBRI / Cultura - "Auschwitz. Ero il numero 220543" e "Suttree"

Primo libro
Una storia vera:  "Auschwitz. Ero il numero 220543" 
                              di Denis Avey (con Rob Broomby)  


'Era il 1944. Sono entrato ad Auschwitz di mia volontà.'    visualizzazioni
E' possibile immaginare che qualcuno si sia introdotto           10236
volontariamente ad Auschwitz?   Eppure, nel 1944, un 
uomo è stato capace di farlo.
Denis Avey è un prigioniero di guerra inglese, che durante il giorno
è costretto ai lavori forzati insieme ai detenuti ebrei. Gli basta poco
per capire  quale sia  l'orrore che attende quegli uomini, consunti e
stravolti, quando la sera fanno ritorno al loro campo...   Quello che
intuisce è atroce, ma Denis sente di voler vedere con i propri occhi:
in un gesto che pare folle, decide di scambiare la sua divisa da mili-
tare  con gli stracci  a righe  di un ebreo  di nome Hans, ed entrare
nell'inferno di Auschwitz. - Da quel momento ha inizio la sua lotta
per salvare la propria vita e quella di tanti altri prigionieri ebrei.
E' una storia vera, scioccante e commovente che, a più di 60 anni
dalla fine  della 2^ guerra mondiale, Denis Avey    ha finalmente
trovato la forza di raccontare. Per testimoniare, ancora una volta,
l'errore dell' Olocausto.
Denis Avey è nato nell' Essex nel 1919, si è arruolato nel 1939
nell'esercito britannico  e  ha combattuto  nel deserto durante la 2^
guerra mondiale. Dopo essere stato catturato viene trasferito prima
in Italia e poi nel campo di prigionia vicino ad Auschwitz.   Alla fine 
del  conflitto  riesce tra mille peripezie  a tornare  nel Regno Unito,
dove vive tutt'ora. E' stato insignito dall'ex Primo Ministro inglese,
Gordon Brown, della medaglia d'onore come eroe dell'Olocausto.
  Grazie a Rob Broomby, giornalista della BBC. la storia di Avey è
finalmente diventata di pubblico dominio, dapprima con un docu-
mentario e poi con un libro tradotto in tutto il mondo. 
                   Denis Avey in divisa militare  


Secondo libro 
"Suttree"  di  Cormac McCarthy  (1979 - Ediz. Einaudi)


Prescindendo dai valori soggettivi della qualità narrativa in "Suttree",
libro di 560 pagine, l'autore racconta  con stile asciutto e  oggettivo
le vite lacerate e le turpitudini di derelitti, e nonostante ciò si legge
con fluidità forse perchè da esso (dal libro) vi traspare chiara fino a
trasudarne 'l'anima dell'uomo'.-   Sembra quasi, nel corso della sua
lettura, di trovarsi immersi  in un girone dell'inferno (dantesco?)...e
invece no: siamo nel sud degli States, precisamente nel Tennessee.
In questa terra vengono ambientate e descritte le vite picaresche di
persone emarginate che vivono in un'America degradata, una parte
d'America abitata  da esseri umani  ben diversi, spesso sconosciuti,
rispetto a quelli che la maggioranza della gente ha in mente avendo
come riferimento di base  l'edonismo  dei tipici film hollywoodiani o
la scintillante quinta Avenue a New York.
Il lungo romanzo di Cormac McCarthy si dipana, nella sua trama,
narrando episodi aspri di 'Vite' esacerbate dalla povertà, dall'alcol,
dal freddo e dalle malattie.  Gente che vive di espedienti, che dorme 
in depositi industriali abbandonati, che si ritrova vecchia e irreversi-
bilmente malata a 30 anni. 
Il protagonista
Suttree, non ancora trentenne, dopo essere stato cacciato dalla moglie,  
va ad abitare a Knoxville in una baracca sul fiume, e vende pesce gatto
a negozietti scalcinati. Il pesce se lo procura recuperandolo con un sorta
di bagnarola scalcinata. che fa acqua. Nella sua vita  - sempre vissuta ai
limiti dell'illegalità tra laide osterie di alcolizzati e outsider di ogni gene-
re  -  fa anche l'esperienza del carcere. Le sue amicizie sono ex galeotti
con i quali coltiva comunque una sua forma di solidarietà umana in nome
della sopravvivenza tra simili. 
Poi c'è Harrogate, un amico occasionale di Suttree, definito "topo di città"
perchè vive in ahfratti di fabbriche abbandonate  ed è uno dei personaggi 
più tipici: letteralmente  un 'morto di fame'  che viene  processato per le
depravazioni con i cocomeri e spesso scoppia a piangere dalla disperazione
come un bambino.  
 Lo scrittore McCarthy, senza sentimentalismi nè introspezioni, fa prova-
re emozioni nelle descrizioni più particolareggiate scrivendo  di rivoltanti 
discariche così come di squallidi rottami di antichi opifici. Il disordine e il
caos irrimediabile gravitano ovunque minacciosi e opprimenti.


Continua... Be continued




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