18 maggio '16 - mercoledì 18th May / Wednesday visione post - 33
(da il Corriere della Sera - 16/04/'16 - di Matteo Persivale)
La memoria corta
Come è possibile che tanti gruppi pop diventino famosi per una canzone o due e poi
svaniscano nel nulla, senza lasciare più traccia di sè? Nel 1974 una giovane autostop-
pista inglese che si autodefiniva "poetessa freelance", incontrata per caso in un bar
africano, spiegò allo scrittore americano George Plimpton che tutte quelle band spa-
rivano per colpa delle chitarre elettriche. Con gli amplificatori e i cavi ad alta tensio-
ne evidentemente i musicisti restavano fulminati, suonando. E per questo, ipotizza-
va lei, scomparivano. Quella giovane hippie, pur così fantasiosa, non poteva imma-
ginare che oltre quarant'anni dopo una tecnologia molto più sofisticata avrebbe
fatto più o meno la stessa cosa: non cancellando dalla memoria solo le band che non
fanno più canzoni di successo, ma tutto quello che è successo prima dell'arrivo della
rivoluzione digitale. - L'ultimo indizio? "American Crime Story" (in Italia su FX),
il telefilm dedicato al processo al campione di football O.J. Simpson, avvenuto nel
1995, è stato negli Stati Uniti un successone a sorpresa: per il pubblico più giovane
non era il replay di una cosa già vissuta (come temuto dai produttori) ma una novi-
tà, un fatto del 1995 sconosciuto ai nativi digitali perchè, semplicemente, avvenuto
nell'era pre-Internet (allora non era un fenomeno di massa). Un successo che ha fat-
to sì che la celebre serie di telefilm polizieschi "Law & Order" ora lanci "Law & Or-
der True Crime", i veri delitti degli anni 90 e 80 trasformati in fiction, inediti per una
parte molto appetibile (per gli inserzionisti) del pubblico, quella più giovane.
Come mai? Da una parte, ci spiegano i neurologi, la tecnologia digitale e, soprattutto,
la portabilità di Internet (grazie agli smartphone) abbinata ai sempre più pervasivi
social media, ha cambiato i nostri cervelli. E' la neuroplasticità, l'abilità del cervello
di ristrutturarsi influenzato da determinati stimoli: Internet ha cambiato la nostra
soglia di attenzione in un modo che fino a vent'anni fa era riservato soltanto a certe
professioni ben precise - i controllori di volo, per esempio, pionieri del multitasking
"spalmando" il tempo del turno lavorativo in una sorta di "presente continuo" nel
quale gestire tutto quel traffico aereo, quelle decine di migliaia di vite umane, lassù.
Nicholas Carr (Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervel-
lo, Cortina editore) spiega come ormai "noi vogliamo essere interrotti, perchè ogni
nuova interruzione ci porta un nuovo frammento d'informazione... Chiediamo a In-
ternet di interromperci costantemente, in modi sempre nuovi. Accettiamo, coscienti
di farlo, la perdita di concentrazione e di capacità di mettere a fuoco un solo argo-
mento, la divisione della nostra attenzione e la frammentazione dei nostri pensieri
in cambio dell'abbondanza di informazioni - interessanti o quantomeno capaci di
attrarre la nostra attenzione - che riceviamo. Staccare la spina è un'opzione che
molti di noi non sarebbero neppure disposti a prendere in considerazione".
Carr presenta studi scientifici che indicano come il multitasking non sia equivalen-
te alla complessità alla quale avevamo abituato - con fatica - i nostri cervelli negli
anni giovanili se siamo nati prima della rivoluzione digitale. Per i nativi digitali in-
vece questa realtà - mediatica e, come abbiamo visto, neurologica - è l'unica alla
quale siano mai stati abituati (il massmediologo della New York University Clay
Shirky chiama questa situazione "il deperimento dei filtri").
In Technopoly. La resa della cultura alla tecnologia (Bollati Boringhieri), scritto
in tempi non sospetti (quando Internet non era ancora un fenomeno di massa)
Neil Postman avvertiva di un fenomeno ripetuto attraverso millenni di storia
umana: ogni volta che l'homo sapiens ha costruito uno strumento - il fuoco tenu-
to sotto controllo, gli orologi, l'elettricità, le automobili, i cellulari - quello stru-
mento è diventato la nostra nuova realtà, e per quello strumento rivoluzionario
abbiamo adattato le nostre vite, e la nostra economia. - Oltre alla questione del-
la neuroplasticità c'è quella, ancora più delicata, del senso del tempo: ora che il
futuro tecnologico è arrivato viviamo in un "presente continuo", apparentemen-
te destinato a continuare per sempre perchè la costante interruzione dei media
digitali la tradizionale "narrativa temporale", come la chiamano i massmedio-
logi, è scomparsa in nome di un "presente continuo" tenuto costantemente
"acceso" da un nuovo stimolo, un nuovo post di Facebook, un nuovo tweet, e
una nuova immagine da postare - o da "like-are" - su Instagram. Con gli algo-
ritmi di Google che mettono a nostra disposizione lo scibile umano, dai Sume-
ri alle foto di gstti, collegati nello stesso identico modo, senza gerarchia - con
gli hyperlink. La tecnologia che ci permette di avere il controllo di spazi con-
cettuali diversi allo stesso tempo ha frammentato la nostra attenzione ma so-
prattutto il nostro tempo: utilizzando i nostri gadget tecnologici non siamo
nel momento "presente" come lo concepivamo una volta, ma occupiamo si-
multaneamente vari spazi concettuali, frammenti che semplicemente avven-
gono nello stesso momento, ci dice Douglas Rushkoff nel suo saggio "Presente
continuo. Quando tutto accade ora", Codice editore.
Lucianone
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mercoledì 18 maggio 2016
ARTE / L'anno scorso - Mostre a Milano sull'arte e la Grande Guerra
18 maggio '16 - mercoledì 18th May / Wednesday
(da il Corriere della Sera - 31 marzo 2015 - di Antonio Carioti)
Dall'angoscia alla retorica
L'arte e la Grande Guerra
Per l'Italia la Prima guerra mondiale non cominciò nel 1914, come per il resto d'Europa, ma
cent'anni fa, il 24 maggio 1915, e durò fino al 1918. Ma era stata ampiamente preannunciata,
in campo artistico e culturale, da segnali e presagi che facevano intuire sviluppi sconvolgenti
all'orizzonte. Quando poi il sanguinoso conflitto terminò, le sue ripercussioni si proiettarono
a lungo nella vita del Paese. Per questo la mostra sulla Grande guerra organizzata da Intesa
Sanpaolo a Milano, presso le sue Gallerie d'Italia di piazza Scala (da domani al 23 agosto '15)
comprende oltre 200 opere, dipinti e sculture, che coprono un periodo ben più vasto, dal 1890
al 1935.
Continua... to be continued...
(da il Corriere della Sera - 31 marzo 2015 - di Antonio Carioti)
Dall'angoscia alla retorica
L'arte e la Grande Guerra
Per l'Italia la Prima guerra mondiale non cominciò nel 1914, come per il resto d'Europa, ma
cent'anni fa, il 24 maggio 1915, e durò fino al 1918. Ma era stata ampiamente preannunciata,
in campo artistico e culturale, da segnali e presagi che facevano intuire sviluppi sconvolgenti
all'orizzonte. Quando poi il sanguinoso conflitto terminò, le sue ripercussioni si proiettarono
a lungo nella vita del Paese. Per questo la mostra sulla Grande guerra organizzata da Intesa
Sanpaolo a Milano, presso le sue Gallerie d'Italia di piazza Scala (da domani al 23 agosto '15)
comprende oltre 200 opere, dipinti e sculture, che coprono un periodo ben più vasto, dal 1890
al 1935.
Continua... to be continued...
martedì 17 maggio 2016
Sport - calcio / Serie A - 38^ giornata 2015/16
17 maggio '16 - martedì 17th May / Tuesday visione post - 7
Ultima giornata di campionato di calcio di serie A, 2015-2016
Risultati delle partite
Juventus 5 Milan 1 Napoli 4 Sassuolo 3 Chievo 0 Empoli 2
Sampdoria 0 Roma 3 Frosinone 0 Inter 1 Bologna 0 Torino 1
Genoa 1 Lazio 2 Palermo 3 Udinese 1
Atalanta 2 Fiorentina 4 Verona H. 2 Carpi 2
CLASSIFICA finale
JUVENTUS 91 / Napoli 82 / Roma 80 / Inter 67 / Fiorentina 64 /
Sassuolo 61 / Milan 57 / Lazio 54 / Chievo 50 / Empoli, Genoa 46 /
Torino, Atalanta 45 / Bologna 43 / Sampdoria 40 / Palermo, Udinese 39 /
Carpi 38 / Frosinone 31 / Verona Hellas 28
Continua... to be continued...
Ultima giornata di campionato di calcio di serie A, 2015-2016
Risultati delle partite
Juventus 5 Milan 1 Napoli 4 Sassuolo 3 Chievo 0 Empoli 2
Sampdoria 0 Roma 3 Frosinone 0 Inter 1 Bologna 0 Torino 1
Genoa 1 Lazio 2 Palermo 3 Udinese 1
Atalanta 2 Fiorentina 4 Verona H. 2 Carpi 2
CLASSIFICA finale
JUVENTUS 91 / Napoli 82 / Roma 80 / Inter 67 / Fiorentina 64 /
Sassuolo 61 / Milan 57 / Lazio 54 / Chievo 50 / Empoli, Genoa 46 /
Torino, Atalanta 45 / Bologna 43 / Sampdoria 40 / Palermo, Udinese 39 /
Carpi 38 / Frosinone 31 / Verona Hellas 28
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sabato 14 maggio 2016
Spettacoli / cinema - "La sposa bambina" della regista yemenita Khadija al Salami
14 maggio '16 - sabato 14th May / Saturday visione post - 15
Nel primo film diretto da una donna yemenita
la vicenda di una ragazza simbolo di resistenza
(da la Repubblica - 6 maggio '16 - Visti da Natalia / Natalia Aspesi)
Non è difficile vendere una bambina come sposa a un uomo adulto e spesso vecchio.
Basta un sensale, due testimoni, il padre, tutti uomini seduti per terra, a decidere la
dote che lo sposo dovrà dare in cambio (una mucca, o due capre o altro). E Nijood,
10 anni, deve lasciare la famiglia, seguire uno sconosciuto, non riuscire a ribellarsi
allo stupro feroce, diventare una schiava. In Sudan è peggio, ma nelle campagne
dello Yemen succede ancora così: una sposa su sette ha meno di 15 anni, e nessuna
legge pone un limite d'età ai matrimonio.
La sposa bambina, primo film diretto da una donna yemenita, la documentarista
Khadija al-Salami, costato 80 mila dollari, girato clandestinamente nello Yemen
("Un incubo!") con una troupe egiziana non esistendone una locale, ha vinto il
premio per il miglior film al Festival di Dubai 2014, viene dato in anteprima ita-
liana al Festival dei Diritti di Milano ed esce nei nostri cinema il 12 maggio. Ci sono
due ragioni per vederlo: il meraviglioso infinito, vuoto, e attualmente irraggiungibi-
le paesaggio rupestre, e la bambinoa Nijood, una piccolina avvolta nei veli neri, i lu-
centi occhi scuri, il chiaro viso aggrottato nel dolore e nella cocciuta e coraggiosa
decisione di riprendersi la vita, la bambola rosa che canta, i giochi con gli altri bam-
bini. Nijood nasce e cresce in una famiglia contadina, è una bambina felice, amata,
solare, che dve lasciare la tribù e scendere a Sana'a, quella ex capitale che nei servi-
zi fotografici appare sontuosa e che nel film si vede deturpata dal traffico, dalla pol-
vere, dal rumore.
Nijood è l'unico tesoro della famiglia ormai poverissima, e quindi è necessario venderla
a uno sposo. Ma la bambina si rivela una mogliettina insopportabile, piange, fa dispera-
re la suocera che ha constatato felice la sua deflorazione dopo una notte di ribellione,
minaccia il suicidio e quasi lo mette in pratica. Il marito la riporta al padre, perchè la
domi: ma lei riesce a scappare e a farsi portare da un taxi in tribunale. Imbarazza il gio-
vane magistrato chiedendogli il divorzio, lui in città non ha mai visto una bambina spo-
sata, ancor meno una che vuole divorziare. Come giudice non ha che la legge, che però
non contempla un caso simile: gli accusati, il padre e il marito, come difesa hanno la
Sharia, le tradizioni secolari della loro gente, il non sapere nè leggere nè scrivere, l'asso-
luta buona fede. La legge non può che affidare la decisione al potere assoluto del grasso
sceicco della tribù. - Il film nasce ovviamente da una storia vera, in parte da quella del-
la stessa regista, che pur essendo di buona famiglia fu fatta sposare a 11 anni ma riuscì
poi ad andare a studiare negli Usa e adesso vive a Parigi.
combattuta contro il governo dai ribelli Houti delle tribù sciite, che hanno occupato Sa-
na'a, e dal recente arrivo dell'Is e di Al Qaeda. E anche dalla guerra sferrata da una
coalizione guidata dall'Arabia Saudita, con le armi fornite dall'Occidente. Sotto i bom-
bardamenti, la popolazione, i bambini, muoiono a migliaia, non solo quindi come la pic-
cola sposa yemenita Rawan, 8 anni, diventata famosa per essere morta la notte di nozze
per emorragia interna.
Durante la Primavera araba, furono raccolte un milione di firme per una nuova
costituzione, ma la guerra ha distrutto ogni tentativo di cambiamento, i bambini
muoiono a centinaia sotto le bombe , le case sono distrutte, manca ovunque l'acqua
e il cibo. Il destino delle spose bambine ormai non è più una priorità.
Khadija al-Salami racconta come la vita della vera Nijood sia stata diversa da quella
nel film. Diventata famosa, coccolata dalle donne occidentali, da Nicole Kidman e da
Hillary Clinton, sia stata eletta tra le donne dell'anno da una rivista americana, ab-
bia scritto la sua storia con la scrittrice francese Delphine Minoui (Io, Nojoud, 10
anni, divorziata) pubblicata in Francia nel 2009, e il padre per suo diritto le requisì
tutto il guadagno. Poi ha abbandonato gli studi che erano pagati da altri e la casa re-
galata dall'editore del libro, e si è sposata a 18 anni con il figlio di uno sceicco. L'in-
cantevole bambina del film è nipote del regista. L'assurdità è che la sua deliziosa
voce, le voci di quei pastori di un altro mondo per noi incomprensibile siano stati
doppiati, togliendo loro verità e realtà.
Lucianone
Nel primo film diretto da una donna yemenita
la vicenda di una ragazza simbolo di resistenza
(da la Repubblica - 6 maggio '16 - Visti da Natalia / Natalia Aspesi)
Non è difficile vendere una bambina come sposa a un uomo adulto e spesso vecchio.
Basta un sensale, due testimoni, il padre, tutti uomini seduti per terra, a decidere la
dote che lo sposo dovrà dare in cambio (una mucca, o due capre o altro). E Nijood,
10 anni, deve lasciare la famiglia, seguire uno sconosciuto, non riuscire a ribellarsi
allo stupro feroce, diventare una schiava. In Sudan è peggio, ma nelle campagne
dello Yemen succede ancora così: una sposa su sette ha meno di 15 anni, e nessuna
legge pone un limite d'età ai matrimonio.
La sposa bambina, primo film diretto da una donna yemenita, la documentarista
Khadija al-Salami, costato 80 mila dollari, girato clandestinamente nello Yemen
("Un incubo!") con una troupe egiziana non esistendone una locale, ha vinto il
premio per il miglior film al Festival di Dubai 2014, viene dato in anteprima ita-
liana al Festival dei Diritti di Milano ed esce nei nostri cinema il 12 maggio. Ci sono
due ragioni per vederlo: il meraviglioso infinito, vuoto, e attualmente irraggiungibi-
le paesaggio rupestre, e la bambinoa Nijood, una piccolina avvolta nei veli neri, i lu-
centi occhi scuri, il chiaro viso aggrottato nel dolore e nella cocciuta e coraggiosa
decisione di riprendersi la vita, la bambola rosa che canta, i giochi con gli altri bam-
bini. Nijood nasce e cresce in una famiglia contadina, è una bambina felice, amata,
solare, che dve lasciare la tribù e scendere a Sana'a, quella ex capitale che nei servi-
zi fotografici appare sontuosa e che nel film si vede deturpata dal traffico, dalla pol-
vere, dal rumore.
Nijood è l'unico tesoro della famiglia ormai poverissima, e quindi è necessario venderla
a uno sposo. Ma la bambina si rivela una mogliettina insopportabile, piange, fa dispera-
re la suocera che ha constatato felice la sua deflorazione dopo una notte di ribellione,
minaccia il suicidio e quasi lo mette in pratica. Il marito la riporta al padre, perchè la
domi: ma lei riesce a scappare e a farsi portare da un taxi in tribunale. Imbarazza il gio-
vane magistrato chiedendogli il divorzio, lui in città non ha mai visto una bambina spo-
sata, ancor meno una che vuole divorziare. Come giudice non ha che la legge, che però
non contempla un caso simile: gli accusati, il padre e il marito, come difesa hanno la
Sharia, le tradizioni secolari della loro gente, il non sapere nè leggere nè scrivere, l'asso-
luta buona fede. La legge non può che affidare la decisione al potere assoluto del grasso
sceicco della tribù. - Il film nasce ovviamente da una storia vera, in parte da quella del-
la stessa regista, che pur essendo di buona famiglia fu fatta sposare a 11 anni ma riuscì
poi ad andare a studiare negli Usa e adesso vive a Parigi.
Concentrato in una storia drammatica privata, il film non accenna neppure alla guerra
che sta distruggendo lo Yemen, malgrado le continue tregue, c'è una rivoluzione civilecombattuta contro il governo dai ribelli Houti delle tribù sciite, che hanno occupato Sa-
na'a, e dal recente arrivo dell'Is e di Al Qaeda. E anche dalla guerra sferrata da una
coalizione guidata dall'Arabia Saudita, con le armi fornite dall'Occidente. Sotto i bom-
bardamenti, la popolazione, i bambini, muoiono a migliaia, non solo quindi come la pic-
cola sposa yemenita Rawan, 8 anni, diventata famosa per essere morta la notte di nozze
per emorragia interna.
costituzione, ma la guerra ha distrutto ogni tentativo di cambiamento, i bambini
muoiono a centinaia sotto le bombe , le case sono distrutte, manca ovunque l'acqua
e il cibo. Il destino delle spose bambine ormai non è più una priorità.
Khadija al-Salami racconta come la vita della vera Nijood sia stata diversa da quella
nel film. Diventata famosa, coccolata dalle donne occidentali, da Nicole Kidman e da
Hillary Clinton, sia stata eletta tra le donne dell'anno da una rivista americana, ab-
bia scritto la sua storia con la scrittrice francese Delphine Minoui (Io, Nojoud, 10
anni, divorziata) pubblicata in Francia nel 2009, e il padre per suo diritto le requisì
tutto il guadagno. Poi ha abbandonato gli studi che erano pagati da altri e la casa re-
galata dall'editore del libro, e si è sposata a 18 anni con il figlio di uno sceicco. L'in-
cantevole bambina del film è nipote del regista. L'assurdità è che la sua deliziosa
voce, le voci di quei pastori di un altro mondo per noi incomprensibile siano stati
doppiati, togliendo loro verità e realtà.
Lucianone
Intervista - Il giornalista Can Dundar sulla censura nella Turchia di Erdogan
14 maggio '16 - sabato 14th May / Saturday visione post - 6
(da la Repubblica - 27/02/'16 - L'Intervista / di Marco Ansaldo)
"Quale sarà il titolo della nostra prima pagina? Naturalmente 'Grazie, signor Presidente'.
Grazie per l'aiuto che ci ha dato mettendoci in prigione e portando il caso del passaggio se-
greto di armi dalla Turchia alla Siria sotto gli occhi dell'opinione pubblica mondiale".
Ride ora Can Dundar, il direttore del quotidiano Cumhuriyet, libero dopo 92 giorni in cella
passati insieme al capo della redazione di Ankara, Erdem Gul. E l'ironia del titolo sul suo
giornale brucia tremendamente a Tayyp Erdogan, che si è visto sorpassare da una decisione
della Corte Costituzionale: la detenzione dei due giornalisti viola i "diritti individuali, la li-
bertà di espressione e di stampa". La Presidenza della Repubblica schiuma di rabbia, se si leggono le parole del portavoce Ibrahim Kalin: "Questa decisione non è un'assoluzione. Il
caso resta aperto. La presidenza turca lo segue da vicino. Quando i Paesi occidentali pren-
dono misure in casi simili, vengono definite come parte della lotta al terrorismo. Distorsio-
ni dello stesso tipo non possono essere accattate in Turchia", ha concluso Kalin paragonan-
do òa vicenda a WikiLeaks e riferendosi ai casi fatti emergere da Julian Assange e Edward
Snowden). Adesso Ca Dundar è tornato al suo giornale, portato in trionfo da tutta la reda-
zione su un pullman che alle due dell'altra notte l'ha prelevato dal carcere alla periferia di Istanbul.
INIZIO INTERVISTA
"Grazie, grazie a voi di Repubblica che avete pubblicato il mio articolo dalla prigione e i
nostro appello alla libertà di stampa in Turchia".
M. Ansaldo - L'avrebbe fatta ogni giornalista. Come ha saputo la notizia del vostro
rilascio?
"Ci siamo trovati fuori. E ieri era il deserto, oggi il paradiso. Per me è cambiato il mondo.
Ogni cosa ora ha un colore. E la libertà è come l'acqua quando hai sete".
M. Ansaldo - Come ha speso questo periodo dentro?
"Scrivendo. Articoli per la stampa internazionale e un libro sui miei giorni nella prigione
di Silivri. Poi ho letto molto".
M. Ansaldo - Che cosa?
"Tutto quello che avevo saltato prima (ride ancora, ndr): il Don Chisciotte di Cervantes,,
libri di autori che hanno fatto la galera, scrittori turchi".
M. - La reazione della Presidenza della Repubblica non è stata esattamente positiva.
Si parla di contrasti interni nel partito al potere, fra Erdogan e il suo predecessore
Abdullah Gul. A lei che pare?
"Forse è andata così. E comunque è Erdogan ad averci messo dentro. Poi oggi è il suo
compleanno. Siamo felici di festeggiarlo con questa decisione, con un regalo per lui. Il
suo portavoce ci ha paragonato ad Assange, però non è corretto: il fondatore di Wiki-
Leaks non è un giornalista. Noi invece abbiamo l'obbligo di fare il nostro mestiere".
M. Ansaldo - Dunque ripubblicherebbe lo scoop che ha rivelato il traffico di armi
dalla Turchia alla Siria su camion protetti dai sevizi segreti turchi, e che vi è costa-
to il carcere?
"Abbiamo seguito molto quella storia, ma ci siamo dovuti fermare. Quel servizio ha
mostrato il coinvolgimento del nostro Paese nella guerra in Siria. Ora sappiamo quan-
to questa trama sia importante".
M. Ansaldo - Come vede la situazione della stampa da voi?
"Per la maggior parte non è libera. Ha grosse difficoltà di carattere politico ed economico.
Dunque, per me, provare la solidarietà dei media collocati all'opposizione è stato confor-
tante. E l'appoggio della stampa mondiale è stato sorprendente, questo il governo turco
non lo ha potuto arginare. Così Erdogan ci ha fatto diventare degli eroi. Davvero grazie,
signor Presidente".
Lucianone
(da la Repubblica - 27/02/'16 - L'Intervista / di Marco Ansaldo)
"Quale sarà il titolo della nostra prima pagina? Naturalmente 'Grazie, signor Presidente'.
Grazie per l'aiuto che ci ha dato mettendoci in prigione e portando il caso del passaggio se-
greto di armi dalla Turchia alla Siria sotto gli occhi dell'opinione pubblica mondiale".
Ride ora Can Dundar, il direttore del quotidiano Cumhuriyet, libero dopo 92 giorni in cella
passati insieme al capo della redazione di Ankara, Erdem Gul. E l'ironia del titolo sul suo
giornale brucia tremendamente a Tayyp Erdogan, che si è visto sorpassare da una decisione
della Corte Costituzionale: la detenzione dei due giornalisti viola i "diritti individuali, la li-
bertà di espressione e di stampa". La Presidenza della Repubblica schiuma di rabbia, se si leggono le parole del portavoce Ibrahim Kalin: "Questa decisione non è un'assoluzione. Il
caso resta aperto. La presidenza turca lo segue da vicino. Quando i Paesi occidentali pren-
dono misure in casi simili, vengono definite come parte della lotta al terrorismo. Distorsio-
ni dello stesso tipo non possono essere accattate in Turchia", ha concluso Kalin paragonan-
do òa vicenda a WikiLeaks e riferendosi ai casi fatti emergere da Julian Assange e Edward
Snowden). Adesso Ca Dundar è tornato al suo giornale, portato in trionfo da tutta la reda-
zione su un pullman che alle due dell'altra notte l'ha prelevato dal carcere alla periferia di Istanbul.
INIZIO INTERVISTA
"Grazie, grazie a voi di Repubblica che avete pubblicato il mio articolo dalla prigione e i
nostro appello alla libertà di stampa in Turchia".
M. Ansaldo - L'avrebbe fatta ogni giornalista. Come ha saputo la notizia del vostro
rilascio?
"Ci siamo trovati fuori. E ieri era il deserto, oggi il paradiso. Per me è cambiato il mondo.
Ogni cosa ora ha un colore. E la libertà è come l'acqua quando hai sete".
M. Ansaldo - Come ha speso questo periodo dentro?
"Scrivendo. Articoli per la stampa internazionale e un libro sui miei giorni nella prigione
di Silivri. Poi ho letto molto".
M. Ansaldo - Che cosa?
"Tutto quello che avevo saltato prima (ride ancora, ndr): il Don Chisciotte di Cervantes,,
libri di autori che hanno fatto la galera, scrittori turchi".
M. - La reazione della Presidenza della Repubblica non è stata esattamente positiva.
Si parla di contrasti interni nel partito al potere, fra Erdogan e il suo predecessore
Abdullah Gul. A lei che pare?
"Forse è andata così. E comunque è Erdogan ad averci messo dentro. Poi oggi è il suo
compleanno. Siamo felici di festeggiarlo con questa decisione, con un regalo per lui. Il
suo portavoce ci ha paragonato ad Assange, però non è corretto: il fondatore di Wiki-
Leaks non è un giornalista. Noi invece abbiamo l'obbligo di fare il nostro mestiere".
M. Ansaldo - Dunque ripubblicherebbe lo scoop che ha rivelato il traffico di armi
dalla Turchia alla Siria su camion protetti dai sevizi segreti turchi, e che vi è costa-
to il carcere?
"Abbiamo seguito molto quella storia, ma ci siamo dovuti fermare. Quel servizio ha
mostrato il coinvolgimento del nostro Paese nella guerra in Siria. Ora sappiamo quan-
to questa trama sia importante".
M. Ansaldo - Come vede la situazione della stampa da voi?
"Per la maggior parte non è libera. Ha grosse difficoltà di carattere politico ed economico.
Dunque, per me, provare la solidarietà dei media collocati all'opposizione è stato confor-
tante. E l'appoggio della stampa mondiale è stato sorprendente, questo il governo turco
non lo ha potuto arginare. Così Erdogan ci ha fatto diventare degli eroi. Davvero grazie,
signor Presidente".
Lucianone
giovedì 12 maggio 2016
L'Opinione del Giovedì - Selfie, bullismo, camorra/mafia, razzismo di ogni tipo
12 MAGGIO '16 - Giovedì 12th MAY / Thursday
Sport - calcio / Serie A - 37^ giornata 2015/16
12 maggio '16 - giovedì 12th May / Thursday visione post - 5
Risultati delle partite
Inter 2 Bologna 0 Roma 3 Atalanta 1 Carpi 1 Fiorentina 0
Empoli 1 Milan 1 Chievo 0 Udinese 1 Lazio 3 Palermo 0
Frosinone 0 Sampdoria 0 Verona H. 2 Torino 1
Sassuolo 1 Genoa 3 Juventus 1 Napoli 2
CLASSIFICA
Juventus 88 / Napoli 79 / Roma 77 / Inter 67 / Fiorentina 61 /
Sassuolo 58 / Milan 57 / Lazio 54 / Chievo 49 / Genoa 46 / Torino 45 /
Empoli 43 / Atalanta 42 / Bologna 41 / Sampdoria 40 / Udinese 39 /
Palermo 36 / Carpi 35 / Frosinone 31 / Verona H. 28
Continua... to be continued...
Risultati delle partite
Inter 2 Bologna 0 Roma 3 Atalanta 1 Carpi 1 Fiorentina 0
Empoli 1 Milan 1 Chievo 0 Udinese 1 Lazio 3 Palermo 0
Frosinone 0 Sampdoria 0 Verona H. 2 Torino 1
Sassuolo 1 Genoa 3 Juventus 1 Napoli 2
CLASSIFICA
Juventus 88 / Napoli 79 / Roma 77 / Inter 67 / Fiorentina 61 /
Sassuolo 58 / Milan 57 / Lazio 54 / Chievo 49 / Genoa 46 / Torino 45 /
Empoli 43 / Atalanta 42 / Bologna 41 / Sampdoria 40 / Udinese 39 /
Palermo 36 / Carpi 35 / Frosinone 31 / Verona H. 28
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mercoledì 11 maggio 2016
Ultime notizie dall'Italia /dal Mondo - Latest news today
11 maggio '16 - mercoledì 11th May / Wednesday visione post - 15
LONDRA
Sadiq Khan: "Occidente e Islam compatibili, ne sono la prova"
Il nuovo sindaco di Londra: "Io sono europeo, asiatico e tifoso
del Liverpool". E parla di Brexit ("Mi coordinerò con Cameron"), di Trump
e di come fare per avere più bus ecologici.
Italia - CREMONA
Don Inzoli, accusato di pedofilia, risarcisce cinque vittime degli abusi
alla Cultura - Tre giorni fa aveva detto: «Per sistemare i problemi a volte è necessario sporcarsi le mani»
Lucianone
LONDRA
Sadiq Khan: "Occidente e Islam compatibili, ne sono la prova"
Il nuovo sindaco di Londra: "Io sono europeo, asiatico e tifoso
del Liverpool". E parla di Brexit ("Mi coordinerò con Cameron"), di Trump
e di come fare per avere più bus ecologici.
Italia - CREMONA
Don Inzoli, accusato di pedofilia, risarcisce cinque vittime degli abusi
Il religioso, esponente di spicco di Comunione e Liberazione e fondatore del Banco Alimentare, ha consegnato 25mila euro alle famiglie di cinque ragazzi che lo accusano di violenza sessuale. Otto gli episodi contestati a Don Inzoli.
MILANO
Investe una ragazza e scappa, la crede morta e si butta sotto un treno
L’incidente alle 3 di notte tra il 23 e il 24 aprile scorsi. Una ragazza sta attraversando la strada in piazzale Baiamonti, vicino al cimitero Monumentale, quando viene travolta da un automobilista di 28 anni. L’uomo era alla guida ubriaco ed è scappato subito dopo l’incidente. La ragazza però era rimasta miracolosamente illesa
SPORT / Londra
Tuffi: Cagnotto, 2 medaglie in una sera / E' oro da 1 mt e argento nel sincro misto
La veterana e la Bertocchi (argento) realizzano una doppietta azzurra nella gara singola. Verzotto accompagna la superstar nel doppio
PARMA - politica
Pizzarotti indagato per abuso d'ufficio / Il sindaco: "Vado avanti"
L’inchiesta sulle nomine al Teatro Regio. Insieme al sindaco, eletto con il M5S, avviso anche per l’assessore SPORT / Londra
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alla Cultura - Tre giorni fa aveva detto: «Per sistemare i problemi a volte è necessario sporcarsi le mani»
Lucianone
Storie/ esemplari - "Calcio insieme": la rivincita degli autistici
11 maggio '16 - mercoledì 11th May / Wednesday VISIONE POST - 22
Il primo progetto integrato di calcio
per i ragazzi con disabilità mentali
da la Repubblica - 23 aprile '16 - Alessandra Retico)
Io non resto da solo:
la rivincita degli autistici su un campo di pallone
Giulio aveva paura della pioggia. Ma c'era un pallone da inseguire e chessene venisse
giù pure la tempesta. Anna con le mani sempre dietro la schiena e Maria sull'orecchio,
ma per fare gol si sono liberate di se stesse. Nomi di fantasia e vite vere, quelle oltre il
silenzio. E' lo strano caso dche non è prprietario diel calcio giocato a Roma e da (quasi) nessun'altra parte.
Trenta bambini dai 5 ai 12 anni con disabilità psicomotorie di vario livello, l'80 per
cento con autismo, provenienti dalle scuole pubbliche della capitale per partecipare
a "Calcio insieme", un programma iniziato due mesi fa e nato dalla collaborazione
tra la Fondazione Roma Cares e l'Associazione dilettantistica "Calcio integrato".
Finanziato dal club di Totti, con l'appoggio del Coni e del Cip, è gratuito per i ragaz-
zi e per le famiglie. Entusiaste. "L'attività di charity costruisce l'identità di un cam-
pione e di una società, che non è proprietario di un valore, ma solo custode" spiega
Catia Augelli, responsabile della ong benefica del club. Il direttore generale, Mauro
Baldissoni: "La Roma è una grande piattaforma sociale che vuole restituire opere
ed esempi alla collettività".
Tre giorni a settimana sui campi del Centro Olimpico Giulio Onesti, a tirare calci
alla paura. Io non sto da solo. Accanto un gruppo di specialisti: 10 istruttori e 2 re-
sponsabili tecnici della Roma, 4 psicologi dello sport, un logopedista e un medico
della Asl. Coordinati dallo psicologo della sport, il professor Alberto Cei: "Voglia-
mo creare un sistema di allenamento che sia strutturato per diventare metodo di-
dattico. Alla fine del progetto triennale pubblicheremo uno studio scientifico anche
se abbiamo già degli indicatori di miglioramento delle prestazioni motorie e di so-
cializzazione. Prima e dopo l'allenamento i ragazzi stanno in circolo abbracciati.
Non è banale per chi spesso rifiuta il contatto fisico". E se non lo rifiutano, ci pen-
sano gli altri, vedi il bimbo autistico di Livorno che la scuola ha "dimenticato" di
coinvolgere nella gita dell'istituto. Sindrome con poche certezze: la prevalenza a
livello mondiale è di circa l'1%, ha una frequenza di 4 volte maggiore nei maschi
rispetto alle femmine. Maresa Sannucci, coordinatrice del progetto: "Vedremo se
diminuisce l'uso dei farmaci e se la socializzazione calcio si ripercuote nella vita
scolastica. Con l'idea di portare i bimbi con disabilità a giocare con gli altri".
Niente di simile nel mondo, se non alla scuola del Manchester United. Adesso an-
che noi diamo un calcio alla pioggia.
Lucianone
Il primo progetto integrato di calcio
per i ragazzi con disabilità mentali
da la Repubblica - 23 aprile '16 - Alessandra Retico)
Io non resto da solo:
la rivincita degli autistici su un campo di pallone
Giulio aveva paura della pioggia. Ma c'era un pallone da inseguire e chessene venisse
giù pure la tempesta. Anna con le mani sempre dietro la schiena e Maria sull'orecchio,
ma per fare gol si sono liberate di se stesse. Nomi di fantasia e vite vere, quelle oltre il
silenzio. E' lo strano caso dche non è prprietario diel calcio giocato a Roma e da (quasi) nessun'altra parte.
Trenta bambini dai 5 ai 12 anni con disabilità psicomotorie di vario livello, l'80 per
cento con autismo, provenienti dalle scuole pubbliche della capitale per partecipare
a "Calcio insieme", un programma iniziato due mesi fa e nato dalla collaborazione
tra la Fondazione Roma Cares e l'Associazione dilettantistica "Calcio integrato".
Finanziato dal club di Totti, con l'appoggio del Coni e del Cip, è gratuito per i ragaz-
zi e per le famiglie. Entusiaste. "L'attività di charity costruisce l'identità di un cam-
pione e di una società, che non è proprietario di un valore, ma solo custode" spiega
Catia Augelli, responsabile della ong benefica del club. Il direttore generale, Mauro
Baldissoni: "La Roma è una grande piattaforma sociale che vuole restituire opere
ed esempi alla collettività".
Tre giorni a settimana sui campi del Centro Olimpico Giulio Onesti, a tirare calci
alla paura. Io non sto da solo. Accanto un gruppo di specialisti: 10 istruttori e 2 re-
sponsabili tecnici della Roma, 4 psicologi dello sport, un logopedista e un medico
della Asl. Coordinati dallo psicologo della sport, il professor Alberto Cei: "Voglia-
mo creare un sistema di allenamento che sia strutturato per diventare metodo di-
dattico. Alla fine del progetto triennale pubblicheremo uno studio scientifico anche
se abbiamo già degli indicatori di miglioramento delle prestazioni motorie e di so-
cializzazione. Prima e dopo l'allenamento i ragazzi stanno in circolo abbracciati.
Non è banale per chi spesso rifiuta il contatto fisico". E se non lo rifiutano, ci pen-
sano gli altri, vedi il bimbo autistico di Livorno che la scuola ha "dimenticato" di
coinvolgere nella gita dell'istituto. Sindrome con poche certezze: la prevalenza a
livello mondiale è di circa l'1%, ha una frequenza di 4 volte maggiore nei maschi
rispetto alle femmine. Maresa Sannucci, coordinatrice del progetto: "Vedremo se
diminuisce l'uso dei farmaci e se la socializzazione calcio si ripercuote nella vita
scolastica. Con l'idea di portare i bimbi con disabilità a giocare con gli altri".
Niente di simile nel mondo, se non alla scuola del Manchester United. Adesso an-
che noi diamo un calcio alla pioggia.
Lucianone
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