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(da La Repubblica - 17 gennaio '22 - di Federico Varese)
L'anniversario
Lo sguardo di Salamov che visse nell'inferno
Lo sguardo di Salamov che visse nell'inferno
Quarant'anni fa la morte del grande autore russo rinchiuso
da Stalin nei gulag della Siberia. Nel lager, diceva,' il male
regna incontrastato' .
Varlam Salamov, l'autore de I racconti della Kolyma, muore a Mosca il 17 gennaio di quarant'anni
fa, nel 1982. L'ultimo periodo della sua vita non è felice. Ormai sordo e cieco vive a Mosca in una camera dell'ospizio dei letterati Literaturnyj Fond, al terzo piano, nella stanza numero 244. In que-
sto edificio "impregnato di un odore di vecchiaia impotente e indifesa" (come racconta una sua ami-
ca), ha trovato una sistemazione che teme di perdere in ogni momento. Le ansie non gli lasciano
tregua: quando arriva il cibo si getta avidamente su di esso perchè teme che altri lo possano prece-
dere, nasconde le lenzuola e le federe sotto il materasso, porta legato al collo l'asciugamano. Que-
sti erano beni preziosissimi nei campi, difficili da trovare e da proteggere.
Anziano e prossimo alla morte, rivive le fobie della vita quotidiana del lager. Ma sono anche gli an-
ni in cui la sua fama cresce e i riconoscimenti internazionali cominciano ad arrivare: nel 1980 esce
a Parigi il primo colume dei Racconti e vince un premio del Pen Club, nel 1981 è la volta della tra-
duzione inglese, parziale, dela sua opera principale. Un gruppo i ammiratori comincia a manifesta-
re in suo favore, ma lui teme che la piccola fama raggiunta diventi un buon motivo per arrestarlo di
nuovo. una terza volta, e così tornare nella Kolyma ("io vengo dall'inferno" è una sua frase celebre).
Nel gulag ci aveva passato quasi vent'anni. Giovane studente di giurisprudenza a Mosca, viene arre-
stato una prima volta nel 1929 per aver partecipato ad un gruppo che domanda la pubblicazione del
testamento di Lenin e viene spedito al campo della Visera, nella regione di Perm' (su quell'esperien-
za scriverà Visera. Antiromanzo, pubblicato solo nel 1989). Liberato nel 1931, torna a Mosca dove lavora come giornalista e pubblica diversi racconti e poesie. Nel 1937 il nuovo arresto, per "attivi-
tà antirivoluzionaria trotzkista". La lettera T (che indicava i troskisti) aggiunta al suo dossier equi-
vale ad una condanna a morte. Infatti, gli tocca uno dei campi più pericolosi, detto "il crematorio bianco", nell'estremo Nord-Est russo-asiatico, dove la temperatura arriva fino a 50 gradi sottozero.
La regione prende il nome dal fiume che l'attraversa, Kolyma, un nome che grazie a Salamov di-
venterà sinonimo delle repressioni staliniane. - Qui vi sono giacimenti d'oro, e i carcerati vi lavo-
rano come mano d'opera forzata. Salamov prima viene impiegato nelle miniere di carbone, ma
quando è sull'orlo della fine per assideramento e fame, viene salvato da un medico che lo assume
come infermiere al reparto di chirurgia dell'Ospedale per detenuti, sulla "riva sinistra" del fiume
Kolyma (questo è anche il titolo di una sezione dei Racconti). Viene liberato nel 1951, ma rimane confinato in Siberia fino al 1956. Una volta ritornato nella capitale russa, scopre che la moglie lo
ha lasciato e la figlia non vuole più vederlo. Un rientro non certo da eroe.
Inizia a scrivere I racconti della Kolyma nel 1954. L'opera contiene 145 racconti ordinati in sei
raccolte, ma è un libro organico, con temi e personaggi che si rincorrono. E' anch'esso un anti-
romanzo, che contiene frammenti, brani di epistolario, storie individuali, memorie e confessioni
sulla sua incapacità di ricordare esattamente. Salamov non credeva che il lager insegnasse nulla,
che gli anni passati là producessero una Epifania, una redenzione. E' semplicemente un luogo
dove il male regna incontrastato. La morte era l'esito più probabile per il carcerato e Varlam si
salva solo grazie al caso, attraverso un medico-detenuto che lo assume in infermeria. Mentre
Solzhenitsyn ha l'aspirazione a catalogare i fatti e misfatti avvenuti nel gulag, Salamon dichia-
ra: "Il ricordo non serve a nulla". Dopo il gulag, Auschwitz e la bomba atomica , l'arte ha perso
il diritto di predicare. Nella grande frattura che attraversa la letteratura russa, il Nostro sta dal-
la parte di Dostoevskij, contro Tolstoj. Come ha scritto un altro autore e sopravvissuto al Gulag,
Gustaw herling, "Salamov è innanzi tutto un grande scrittore".
La recezione di Salamov in Italia fu non lineare. Diversi editori si rifiutarono di pubblicare le
traduzioni dello slavista Piero Sinatti, che pubblicò una raccolta nel 1976 presso la casa editri-
ce della nuova sinistra Savelli. Oggi disponiamo di un'eccellente edizione Einaudi in due vo-
lumi e di opere tradotte da Adelphi. - Anche in punto di morte non vi fu redenzione per Sala-
mov. Il 15 gennaio 1982 viene trasferito a forza in manicomio, internato benchè non avesse
alcun disturbo psichico. La direzione dell'ospizio era preoccupata della sua crescente fama di
dissidente e per le manifestazioni a suo favore. Regge solo due giorni e muore il 17 gennaio
di quaranta anni fa.
Lucianone
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